

Piero Bonaguri
Membri-
Numero contenuti
476 -
Iscritto
-
Ultima visita
-
Giorni Vinti
5
Tipo di contenuto
Profili
CD della collana CGWC
Forum
Download
Tutti i contenuti di Piero Bonaguri
-
Eccidio
Piero Bonaguri ha risposto a Ilaria Tallarida nella discussione Quattro chiacchiere e voci di corridoio.
Se l'insegnante diceva che il livello è buono (e se lui è attendibile, cioè sa il fatto suo, è onesto e ha esperienza come "preparatore" di candidati agli esami) io potendo insisterei. Tra l'altro non è sicuro che il prossimo anno i privatisti possano sostenere gli esami, e in vista anche di un proseguimento degli studi è meglio formalizzare i risultati raggiunti finora. Prima di tutto io ci metterei una pausa di riposo e svago di almeno una settimana, poi riprenderei. Adesso è difficile e non serve prendere decisioni. Oltre al suonare in pubblico suggerisco una cosa che faccio spesso con i miei allievi di conservatorio quando hanno esami, e cioè la “prova d’esame”. A partire diciamo da qualche mese prima dell’esame – prima è inutile - dedico ogni tanto una lezione ad una simulazione dell’esame, nella quale l’allievo suona senza interruzioni o commenti da parte mia durante la performance. Io mi limito ad annotare su un foglio le single prove, il risultato di ogni prova, la media finale, e osservazioni (positive e di correzione) rispetto a quello che ascolto. Alla fine dedico qualche minuto a spiegare quello che è scritto sul foglio, che poi lascio all’allievo. Dopo qualche settimana si ripete l’esperimento, - io non riguardo il foglio della volta prima per non farmi influenzare - e così via, potendo, per tre o quattro volte. Alla fine l’allievo ha a disposizione sui fogli uno specchio del lavoro fatto, dei suoi punti di forza e di quelli deboli, e di come ci ha lavorato su. Per me si è rivelato un sistema valido: ho appena festeggiato il mio trentesimo diploma (un bel dieci) e non sono poi ancora tanto vecchio… In bocca al lupo. -
Eccidio
Piero Bonaguri ha risposto a Ilaria Tallarida nella discussione Quattro chiacchiere e voci di corridoio.
Altra considerazione: gli esami sono pubblici, quindi presumo l'insegnante abbia assistito alla prova. La sua valutazione è in linea con quella della commissione? E prima dell'esame era di quel tipo? Cioè la trovava "insicura e non pronta a superare l'esame"? Se la risposta è sì, chiaramente l'esame è stato un po' "tentato"; allora uno può "provarci" (come mi consigliò una volta un vigile urbano a Roma quando ero senza biglietto e volevo prendere l'autobus...), ma non si deve poi meravigliare se l'esame non va. Se la risposta è no ci sono due possibilità: 1) la preparazione era giudicata adeguata dall'insegnante prima dell'esame, ma all'esame c'è stato un calo di rendimento dovuto a emotività o altro. E' un punto su cui lavorare. 2) Il rendimento dell'esame è stato in linea con la preparazione, e allora c'è una discrepanza tra il voto che avrebbe espresso l'insegnante e quello assegnato dalla commissione. In questo secondo caso, bisogna vedere chi ha ragione... Ci possono essere commissioni che penalizzano ingiustamente i privatisti - e allora è meglio cambiare conservatorio e prendere anche altri provvedimenti se è il caso; ma spesso i privatisti che mi capita di ascoltare agli esami prendono voti più bassi degli interni perché la loro preparazione è più carente. E allora il problema sarebbe dell'insegnante, più che della commisssione d'esame... A questo punto i ragionamenti in astratto si fermano...per dire di più, come altre volte emerso sul forum, bisognerebbe vedere e ascoltare di persona. -
Eccidio
Piero Bonaguri ha risposto a Ilaria Tallarida nella discussione Quattro chiacchiere e voci di corridoio.
Dipende dal livello di perparazione a cui si è; se il livello è adeguato almeno alla sufficenza io consiglierei di riprovare l'esame a settembre cercando nel frattempo di capire su cosa bisogna lavorare. Certo, quello della commissione appare un comportamento abbastanza strano (c'è da dire però che io non ho sentito gli esami; se sono insufficienti sono insufficienti e c'è poco da fare, anche se fossero in cinquanta il voto non può essere diverso; però è vero che statisticamente sembra una stranezza). La commissione non è tenuta a dare spiegazioni del voto, ma neanche è obbligata a non farlo - normalmente nel mio conservatorio e in quelli in cui sono commissario esterno alla fine diciamo il voto e ne diamo le ragioni al candidato; forse si potrebbe con tatto chiedere a qualche componente della commissione come vede la cosa. -
Non è ancora detto che l'anno prossimo i privatisti non possano dare esami, a quanto mi risulta. Certo, nel dubbio, e potendolo fare, meglio farlo quest'anno. In caso l'anno prossimo non si possa né dare l'esame di diploma da privatista né quello di ammissione al corso tradizionale, il consiglio sarebbe tentare la ammissione al biennio (se in possesso di una maturità e maggiorenne) oppure al triennio del nuovo corso.
-
info Repertorio dedicato alla chitarra e alla danza
Piero Bonaguri ha risposto a kokis80 nella discussione Altre discussioni sul repertorio
Ci sono un paio di pezzi di Carlos Surinach editi da Associated Music Press: Bolero de los Picaros (from the ballet "Suite Espagnole") e Song and Dance from the ballet "Chronique". C'è una nota nella partitura diell'ultimo pezzo secondo cui il balletto ebbe la prima a New York nel 1974 con la compagnia di Marta Graham e Donald Frost come chitarrista solista. -
Panico da palcoscenico
Piero Bonaguri ha risposto a Leon nella discussione Quattro chiacchiere e voci di corridoio.
Mi riferivo a veri e propri disturbi di tipo psicologico (come ad esempio gli attacchi di panico intesi come tipica patologia psichica, o cose del genere). -
Panico da palcoscenico
Piero Bonaguri ha risposto a Leon nella discussione Quattro chiacchiere e voci di corridoio.
A meno di disturbi patologici, che andrebbero ovviamente trattati in sede appropriata, la emozione "brutta", quella che frena, dovrebbe poter essere eliminata o almeno controllata. Per me si tratta, anzitutto, di avere un giudizio chiaro sulla posta in gioco. Diceva Stravinski: "Quella gioia che proviamo vedendo venire alla luce una cosa che ha preso vita dalla nostra operazione creatrice, come non cedere al bisogno irresistibile di farne partecipi i nostri simili?". Concepire il fatto di suonare come il tramite di questo fenomeno è decisivo per avere l'emozione "giusta" di fronte al pubblico, e per servire "veramente e lealmente la musica" invece di servirsene, diceva ancora il grande Igor. Un altro diceva che "suonare per qualcuno, e non di fronte a qualcuno" fa la differenza. E da questo punto di vista è importante anche cercare di portare il pubblico in sintonia con questo scopo, in modo che si crei quella partecipazione che esalta anche la interpretazione. Lo dico perché non è per nulla scontato il fatto avere questa motivazione quando si suona in pubblico, credo sia sempre una cosa da recuperare. Diceva poi Diaz che non bisogna pensare che il pubblico venga ad ascoltarci "col fucile puntato" per scovare i nostri errori. Il pubblico, diceva, normalmente viene ad un concerto per la gioia di ascoltare musica, attendendo con simpatia l'interprete (forse questo può non valere per qualche festival chitarristico di oggi, ma ...). E certamente la consapevolezza del lavoro ben fatto, quando c'è, è un grosso aiuto; se ci sono anche le altre cose dette prima, il lavoro fatto in qualche modo verrà fuori, anche se possono sempre capitare incidenti di percorso, che però non devono diventare un dramma per noi, come normalmente non lo sono per un pubblico sano. Ciò detto, è di grande aiuto suonare in pubblico spesso. Chi di noi fa concerti credo possa dire che differenza fa quando si è in tour e si fa un concerto al giorno o quasi: dopo un po' di volte c'è una scioltezza enorme. Io da molti anni faccio fare ai miei allievi in conservatorio una esercitazione di classe al mese; non è abbastanza, ma meglio che niente. Per loro è importante e li "provoca" come se suonassero alla Scala, anche se suonano "solo" in un'aula di conservatorio per i loro compagni e qualche amico o parente. C'è anche un aspetto fisico da non sottovalutare: un calo di sali minerali può essere corresponsabile di tremori o problemi simili (una volta si diceva di mangiare le banane, ricche di potassio, prima di suonare). Integratori di sali minerali come Gatorade, Enervit o simili assunti una mezz'oretta prima di suonare possono essere di grande aiuto specialmente all'inizio della performance. Si potrebbe parlare a lungo di queste cose (ricordo che ancora Alirio Diaz diceva che suonare con la chitarra non bene accordata è una delle cose che crea più nervosismo nel pubblico- e questo poi si rispercuote su chi suona), ma per adesso mi fermo qui. -
Programma del diploma?!? boh...
Piero Bonaguri ha risposto a akaros nella discussione Quinto anno, Ottavo anno, Diploma
No, io davo semplicemente dei criteri per la scelta del programma "finale", quello da portare all'esame. D'accordissimo, come avevo già detto, sul fatto di lavorare in modo particolare su quello che non viene meglio. E' che a volte poi - faccio esami ormai da venticinque anni e se ne vedono di tutti i colori -le due cose si confondono, o perchè il tempo è quello che è o per altro, e alla fine può capitare di ascoltare programmi inadatti alle caratteristiche di chi suona; la prestazione e quindi il voto ne risentono. Se l'insegnante conosce l'allievo dovrebbe anche aiutarlo a rendersi conto delle sue caratteristiche e, da un lato, stimolarlo a colmare le lacune ed aprirsi a nuove possibilità, d'altro lato aiutarlo ad usare intelligentemente di tali personali caratteristiche tecniche, temperamentali e artistiche, sempre con l'occhio al tempo a disposizione. L'esempio di Paganini ne Castelnuovo- Tedesco mi pare aiuti; sono due pezzi caratterizzati da un certo tipo di virtuosismo tecnico. Se un allievo ha altre caratteristiche, certo può essere opportuno che se li studi per essere stimolato a migliorare, ma direi che è praticamente impossibile, e lo si capisce benissimo prima se si è minimamente realisti, che quelli siano i pezzi su cui può rendere meglio. Prima lo capisce anche lui, meglio è. -
Programma del diploma?!? boh...
Piero Bonaguri ha risposto a akaros nella discussione Quinto anno, Ottavo anno, Diploma
Su questo argomento concordo totalmente con quello che ha scritto qualche tempo fa sul forum Angelo Gilardino: si studia quello che non viene bene, ma all'esame si porta quello che ci viene meglio. Non consiglierei proprio a nessuno di fare diversamente. -
Programma del diploma?!? boh...
Piero Bonaguri ha risposto a akaros nella discussione Quinto anno, Ottavo anno, Diploma
Io partirei dalle cose "irrinunciabili", quelle che mi interessano di più tra quelle che possono venirmi meglio (può essere una certa Suite di Bach oppure il Capriccio Diabolico di castelnuovo - Tedesco, ecc.). Poi cercherei degli abbinamenti, tenendo conto a quel punto delle durate, ma non solo. Ho appena ascoltato a un diploma la Sonata Op. 22 di Sor seguita dalla Sonata Romantica di Ponce e poi dallo Studio da Concerto di Ghedini. Anche se uno ama alla follia i tre pezzi presi separatamente, secondo me è almeno pericoloso, se non sbagliato, metterli insieme in sequenza. E' un po' come mettere insieme il primo piatto col secondo e il dessert al ristorante; oltre alla bontà di ciascun piatto vanno valutati anche gli accostamenti e la digeribilità del tutto. Per rendere ascoltabile una sequenza di tre pezzi così (anche ad un esame, figuriamoci in un concerto) ci vogliono poi delle doti interpretative particolari, altrimenti meglio scegliere il pezzo irrinunciabile tra quei tre e circondarlo di compagnia più adeguata. Un altro criterio che adotterei (se poi voglio fare una certa strada) è scegliere pezzi il più possibile "spendibili" in concorsi e programmi da concerto. -
Ma perchè è così difficile?...
Piero Bonaguri ha risposto a zeliko nella discussione Quinto anno, Ottavo anno, Diploma
Scriveva Zeliko: “Però, ultimamente mi rendo conto che non riesco a raggiungere un obiettivo importante: suonare senza commettere errori, suonare un brano in modo pulito, dall'inizio alla fine. C'è sempre qualcosa che non va, qualche nota presa male,” Mi permetto di dire la mia su questo. Forse non ho capito bene io, ma posto così il problema mi sembra posto male. “Suonare senza commettere errori, suonare un brano in modo pulito, dall’inizio alla fine” non è affatto “un obiettivo importante”, anzi può essere qualcosa che addirittura distoglie dall’obiettivo vero e quindi fa perdere tempo e causa preoccupazioni inutili e che ostacolano il cammino. E lo dico per esperienza, è un “giochino” che facevo anch'io all’inizio dei miei studi e una tentazione credo abbastanza diffusa. Posto, s’intende, che non stiamo affrontando prematuramente un pezzo il cui livello di difficoltà è troppo superiore alla nostra preparazione attuale al punto che è meglio aspettare e fare altro, va ricordato che imparare a suonare è una avventura senza fine. L’obiettivo, se così si può parlare, è come quella “x” di cui parlava il grande matematico Francesco Severi in un suo libro: una x che , più procedeva la sua ricerca, più si spostava in avanti davanti a sé. Darsi come obiettivo “il non fare sbagli” può significare ridurre l’obiettivo dell’apprendimento musicale e tecnico a qualcosa di finito e programmabile; e, pur di non fare sbagli, uno può magari suonare “in dentro”, senza mai buttarsi nel fare musica per non correre rischi (allora si frena la ricerca su forma, dinamica, agogica, timbro, accentuazione, ecc. per riuscire a “suonare pulito”). Anche se ci riesce, è una ben magra soddisfazione rispetto alla gioia di fare musica. Viceversa, tenere vivo davanti a sé un obiettivo artistico che è sempre, per definizione, “oltre” quel che si riesce a realizzare (e più si va avanti, più si sposta in avanti anch’esso, come diceva Severi), rende lo studio una avventura affascinante, anche se ci si trova sempre in qualche modo inadeguati, pieni appunto di “errori”. Un esempio concreto sono le incisioni di Segovia: fin dalle primissime, quelle dove non è che si potessero fare tanti tagli, è evidente che lui si preoccupava di tutto tranne che “di non far sbagli dall’inizio alla fine”: seguiva , buttandosi con impeto e senza freni, una idea musicale viva; l’errorino, anche di nota, capitava, ma era come bruciato dalla forza con cui lui inseguiva la sua idea artistica - e certo non si può dire che suonasse senza “sapere il pezzo”. Certo, anche l’ascoltatore può ascoltare in modo sbagliato, ridotto, e allora ascolta quelle incisioni cercando gli errorini - “Non ti curar di lor, ma guarda e passa” direbbe Dante. L’ascoltatore può invece sintonizzarsi sulla ricerca artistica dell’interprete, e allora anche per lui quegli incidenti diventano irrilevanti. La stessa esecuzione può deludere o affascinare a seconda della prospettiva con cui la si ascolta. Spero che sia chiaro che questo non è certo un invito alla approssimazione, anzi… o meglio, è un invito ad “approssimarsi” il più possibile ad una idea musicale in continua evoluzione (se lavoriamo), come quella “sintesi in continua espansione” che era la definizione di interpretazione che dava Segovia. Questo, lo sa chi lo fa, è un lavoro continuo anche sul gesto strumentale, e quindi tocca sempre anche la tecnica; ma è tutta un'altra cosa dal proporsi di fare il pezzo “senza errori” dall’inizio alla fine. Come esito di questo lavoro, quasi un sottoprodotto, c’è anche normalmente una esecuzione più “corretta” - tenendo conto però di tutti i fattori: anche non fare una dinamica quando ci vuole è un “errore”, e può essere ben più grave che sbagliare una nota. Compito di un maestro dovrebbe essere anche quello di “alzare il tiro” su queste cose; altrimenti potremo avere un esecutore che è “perfetto, ma nulla di più” come disse ironicamente Segovia al corso di Ginevra tanti anni fa. Piero Bonaguri -
info Repertorio per quartetto di chitarre
Piero Bonaguri ha risposto a Andrea Ferrario nella discussione Altre discussioni sul repertorio
Il pezzo di Rodrigo è una trascrizione, ma credo approvata dall'autore in quanto pubblicata da Schott mentre Rodrigo era in vita. -
"come ho già detto, ho lottato con i miei per fare il musicista, e qui devo rimanere perchè loro non mi consentono di andare via...in parole povere il loro discorso è questo: "nella vita farai il morto di fame, se devo spendere altri soldi per fare il morto di fame, non se ne parla...". "Allora l'unica cosa da fare è starci fino in fondo e vedere se può essere utile anche questo tipo di studio, magari capirò qualcosa che ora non immagino nemmeno. Mi spiace, ma non sono d'accordo. Le cose da fare sono almeno queste: 1)Avere, da chi è in grado di darla, una valutazione attendibile sulle proprie possibilità e una indicazione attendibile sul lavoro migliore da fare per svilupparle al meglio. 2)Provare tutti modi per fare il lavoro suggerito. A 18 anni l'ostacolo della famiglia oggi mi pare relativo e non assoluto, ammesso che un genitore sia e resti convinto che la cosa migliore è continuare a finanziare studi inutili al figlio (perché questo scempio di triennio costa pure, e non pochissimo). Se proprio non si potesse far altro- nel senso di un muro assolutamente impenetrabile verso qualsiasi ipotesi di studio serio - non è detto che non sia allora il caso di cambiare strada: fare il musicista impreparato e male non è detto che sia meglio che fare un'altra cosa bene, anche dal punto di vista delle possibilità lavorative future.Però non inventiamoci che siccome adesso il papà non è disponibile a far lasciare il conservatorio al figlio questo voglia per forza dire che bisogna star lì, sorbirsi quelle assurdità e chissà quali cose meravigliose potranno succedere...Questi discorsi varrebbero solo in caso di circostanze assolutamente inevitabili, e mi sembra che siamo ancora ben lontani da una situazione di quel tipo. Finché c'è un margine di azione l'indicazione che viene dalle circostanze è quella di agire per il meglio provandole proprio tutte, altro che storie.
-
Io aderirei subito. Purtroppo ai tempi in cui si prospettò la riforma sembrava che la alternativa (e temo che molti la pensino ancora così) non fosse tenere i conservatori così come sono migliorandoli un po' come aggiornamento e sotto il profilo culturale, ma la pura e semplice secondarizzazione dei conservatori, con la creazione di alcune, poche, isole felici di livello universitario. Era un progetto perseguito da tempo (non so se si può dire da chi senza andare off-topic, ma credo che molti sarebbero sorpresi nel saperlo). Poi c'era la questione dell' adeguamento del titolo al sistema europeo ...la riforma sembrò a molti il male minore. Invece sta succedendo come all'università italiana: la riforma ha abbassato il livello (quanti stranieri si siscrivono oggi per studiare in una università italiana?), e poi con la corsa ad avere allievi e la autonomia didattica di ogni istituto può succedere veramente di tutto, come dai casi che sappiamo. Comunque io aderirei volentieri, che so, ad un appello in difesa di una salvaguardia del conservatorio come "saper fare".
-
Non amo fare lo sputasentenze, ma sono abbastanza sicuro che questa situazione va presa in mano. Fare il musicista professionista ha delle esigenze oggettive; iscriversi a 18 anni in conservatorio è già (in teoria, non conosco la situazione personale) un rischio, se la preparazione non è già abbastanza avanzata: potrebbe già essere un po' tardi. In più, fare tre anni in questo modo-da quel che si può intuire- significa perdere altro tempo (che percorso si può fare iniziando in giugno, facendo qualche ora qui e qualche ora là, magari senza tempo per studiare perché si devono fare centinaia di ore di frequenza in conservatorio? Io dico che non ci siamo). Se la priorità è studiare seriamente allora meglio togliersi da lì e fare magari un viaggio la settimana per andare da qualcuno in grado di aiutare. Se la priorità è il pezzo di carta, non si può andar via dal conservatorio di Matera e non si può fare il passaggio al corso tradizionale, almeno uno sa a cosa va incontro rimanendo nella situazione descritta. Ma almeno non prendiamoci in giro e diciamoci le cose come stanno. Mi scuso per la franchezza, disponibile a dare una mano per quello che posso.
-
Alla seconda domanda rispondo sì. Purtroppo non ho invece il riferimento alle leggi, ma qualsiasi segreteria di conservatorio dovrebbe averlo.
-
Se, e finché possibile, conviene certamente fare il corso tradizionale cercando un insegnante di fiducia. Non so se è possibile (temo di no) ma valuterei anche un trasferimento sia di conservatorio che di ordinamento. Se no meglio tagliar la corda e riiscriversi al tradizionale, o studiare privatamente. Sapere di uno che perde tempo così fa "accattonare" (non conoscevo l'espressione) la pelle anche a me. Se può essere di consolazione, si potrebbe dire a quei signori (non so chi siano) da parte mia, da collega a collega, che non si può andare avanti così.
-
La equiparazione riguarda la valutazione del punteggio nei concorsi pubblici. Cioè, se un diplomato del corso tradizionale partecipa ad un concorso il suo diploma ha diritto alla stessa valutazione di una laurea di primo livello.
-
Non mi risulta che il tirocinio post diplomaabbia un valore quantificabile precisamente in punteggio. Riguardo la sua utilità effettiva, la mia esperienza non è molto positiva: spesso il tirocinante continua a vagare nostalgicamente per il conservatorio-parcheggio che non si decide a lasciare per salpare verso la sua strada; e d'altra parte, non avendo più obblighi di frequenza né esami, non è aiutato a vivere il tirocinio come un impegno preciso. D'altra parte la carenza di aule rende difficile, almeno per la mia esperienza, impiegare il tirocinante facendogli fare esperienza di insegnamento, cosa che se non sbaglio dovrebbe essere lo scopo primario del tirocinio post-diploma. Se si rendesse il tirocinio abilitante, con relativo programma, monte ore ed esame, potrebbe essere utile. Ma temo che i docenti di didattica insorgerebbero e quindi immagino non se ne farà nulla. Una mia allieva iscritta al biennio post-diploma ha inserito il tirocinio come esperienza valutabile ai fini dei crediti formativi; in questo caso abbiamo segnato nel registro la sua presenza in qualità di tirocinante, e mi sembra che così la cosa abbia almeno un certo senso.
-
Insegnare in conservatorio
Piero Bonaguri ha risposto a RobPanzelli nella discussione Leggi e musica
Il concorso nazionale è stato fatto una volta sola, un bel po' di anni fa (non ricordo esattamente quanti, una quindicina direi) e la graduatoria di allora è ancora valida. Per il resto si entra con supplenze di durata annuale; la riforma invece prevede che si entri con contratto quinquennale. Io, come tantissimi altri attuali docenti, entrai di ruolo nel 1989 dopo aver fatto per sette anni supplenze annuali (facendo quindi domanda ogni due anni in vari conservatori e allegando ad ogni domanda pacchi di titoli): poi arrivò l'italica sanatoria...D'altra parte i concorsi allora non si facevano - del resto se ne fece solo uno, dopo, e mi chiamarono pure in commissione, ma rifiutai elegantemente. -
studio e analisi Studio No.10 (Num. Segoviana), Fernando Sor
Piero Bonaguri ha risposto a RobPanzelli nella discussione Altre discussioni sul repertorio
Il motivo di interesse che permane in quella edizione degli studi di Sor per me sono sostanzialmente le diteggiature come espressione di un alto pensiero musicale e strumentale applicato a materiale didattico. Lavorare su quel libro a me serve, anche se ci sono discordanze rispetto all'originale, e per questo continuo sia ad usarlo io che a proporlo. Didatticamente il "Sor-Segovia" mi sembra una operazione funzionante. Ma, avendo ormai detto abbondantemente il perché, non intrattengo oltre i lettori. Ciao -
studio e analisi Studio No.10 (Num. Segoviana), Fernando Sor
Piero Bonaguri ha risposto a RobPanzelli nella discussione Altre discussioni sul repertorio
Caro Angelo, lungi da me ogni intento polemico, io direi che se devo insegnare ad un allievo a suonare non posso evitare di proporre i testi che hanno aiutato e aiutano me. Il lascito didattico segoviano è quantitativamente minuscolo (pochi volumetti; del resto ricordo bene dal mio corso a Ginevra come era parco di parole Segovia nell’insegnamento), ma a me è stato e continua ad essere utilissimo, anche se qualche volume è stato scritto per far fronte a problemi economici.(L’ “Histoire du Soldat” di Stravinski è stata pensata per fare soldi in un momento difficile, ma questo non le impedisce di essere un capolavoro). Certo è giusto informare l’allievo che nei “20 studi” revisionati da Segovia ci sono differenze rispetto alle edizioni originali. I “20 studi” di Sor – Segovia sono poi, come sappiamo tutti, all’origine delle prove d’esame ministeriali per V e VIII anno e non credo che un allievo debba temere nel presentare quella edizione all’esame. Sulla datazione delle 24 scale diteggiate da Segovia ho una curiosità sulla quale forse tu puoi aiutarci: sono in possesso di una vecchia edizione, un po’ diversa da quella della Columbia che tutti conosciamo, pubblicata da Romero & Fernandez a Buenos Aires. Non c’è data di pubblicazione, ma il volumetto che ho, oltre all’autografo manoscritto di Segovia, ha una firma e una data vergate a penna sulla copertina: Riccardo Vaccari, 1923. Se non ci sono errori, questo farebbe pensare ad una edizione delle scale decisamente anteriore agli anni ‘30. -
studio e analisi Studio No.10 (Num. Segoviana), Fernando Sor
Piero Bonaguri ha risposto a RobPanzelli nella discussione Altre discussioni sul repertorio
Mi sembra che l’alternativa sia questa: 1) Se si vuole usare gli Studi di Sor per assimilare il suo “sistema” occorre evidentemente seguire scrupolosamente tutte le sue indicazioni. Sor spiega dettagliatamente il suo modo di suonare nel Metodo, dando precise indicazioni che vanno dal tipo di chitarra che preferisce (e bisognerebbe dotarsi allora di uno strumento almeno di dimensioni simili a quello che usava lui) alla posizione dello strumento (ad esempio la paletta molto spostata in avanti rispetto al ponticello, dico velocemente) e delle mani (Sor spiega nel Metodo perché lui preferiva usare solo tre dita della mano destra escludendo normalmente l’anulare); e poi non usare le unghie (Sor tollera che le usi il "Signor Aguado", che però se potesse tornare indietro se le taglierebbe anche lui). L’impiego scrupoloso della sua diteggiatura diventa parte di questo approccio e in esso trova il suo significato completo. 2) Altrimenti si fa inevitabilmente una scelta all’interno del lascito didattico di Sor (Metodo e Studi) usando quel che si ritiene valido in base ai propri scopi artistici e tecnici, scartando altro; insomma non si segue in tutto e per tutto Sor, ma si valorizza quel che riteniamo possa darci ancora oggi (e secondo me è tanto) anche se suoniamo uno strumento più grande del suo, usiamo le unghie, adottiamo una posizione della chitarra e delle mani diversa dalla sua. Che uno studente dei primi corsi possa fare questa operazione di filtro da solo mi sembra altamente improbabile; e allora ci si affida, almeno provvisoriamente, ad un riferimento che normalmente è l’insegnante che si è scelto. Da questo punto di vista la lettura che un gigante moderno della chitarra come Segovia ha fatto degli studi di Sor è (almeno strumentalmente) di valore incalcolabile per entrare anche nel pensiero tecnico di un grande maestro del Novecento (il cui pensiero strumentale e tecnico è molto più vicino al nostro tempo rispetto a quello di Sor, almeno in rapporto a forma dello strumento, impostazione, uso delle dita e delle unghie, ecc.). Anche in questo caso si potrebbe dire che seguire una diteggiatura è collegato ad altri aspetti, ed è in realtà un modo di assimilare un pensiero tecnico e musicale. Personalmente ad un ragazzo consiglierei questo approccio, stimolandolo appena possibile alla verifica personale della sua validità. -
studio e analisi Studio No.10 (Num. Segoviana), Fernando Sor
Piero Bonaguri ha risposto a RobPanzelli nella discussione Altre discussioni sul repertorio
Se si vuole eseguire il pezzo come lo ha pensato Sor, certamente sì. D'altra parte l'idea che "bisogna fare così perchè è scritto così" è una idea moderna che Sor per primo non avrebbe forse neanche capito, come criterio. Non solo il suo Metodo è pieno di frasi del tipo "non dico quel che bisogna fare, ma solo come faccio io", ma alla fine c'è addirittura un esempio di un passo di Giuliani "riscritto" da Sor, cambiando anche moltissime note in un modo che oggi scandalizzerebbe pressoché tutti. Sor spiega (cito a memoria dalla edizione Tecla del Metodo, il senso è quello): " Io avrei potuto eseguire il pezzo come è scritto, ma contravvenendo ai miei principi di diteggiatura; siccome non intendo farlo, il passaggio io lo suono così" (e segue l'esempio del pezzo riscritto da Sor). In questi casi allora mi pare che a volte rischiamo, noi, di essere, come si dice, più realisti del re... -
Suonare in duo
Piero Bonaguri ha risposto a Ilaria Tallarida nella discussione Quinto anno, Ottavo anno, Diploma
Son venute fuori un sacco di cose, provo a dire la mia su alcune. Se c' è la attrattiva per la musica c'è abbastanza per iniziare e andare avanti, a meno che non ci siano limitazioni oggettive e insuperabili che possono essere di vario tipo. Se fare musica a livello e in modo professionale o no è un problema diverso; la risposta dipende dal verificarsi di ulteriori condizioni. Ma ci mancherebbe che non potendo fare il musicista di professione si debba rinunciare allo studio della musica e dello strumento, non ne vedo nessuna ragione. Il talento è diverso dallo studio, prima si han le idee chiare su questo e meglio è; ma senza studio il talento non viene fuori, mentre lavorando si può scoprire di essere capaci di cose che non si sospettava.La capacità di lavoro è anch'essa un talento, del resto. Riguardo l'aspetto medico della questione bisogna affidarsi appunto ad un medico e non ad un forum di chitarristi; attenzione a continuare a forzare in presenza di sintomi di dolore, a quanto so la prima terapia in questi casi è il riposo, ed insistere può portare a conseguenze anche gravi e permanenti; ma, ripeto, qui è da consultare un medico, anche il maestro su questo deve stare al suo posto. Invece sulla preparazione e sul consiglio in merito al da farsi concordo abbastanza con Matarazzo; per giudicare bisognerebbe che un insegnante affidabile potesse verificare la situazione attaverso una conoscenza diretta, ascoltando e vedendo l'allievo. Un forum in questo senso è limitato, per cui vale il consiglio di Catemario: se si hanno elementi poer fidarsi del maestro lo si segue, se no si cerca una persona di cui fidarsi. Il proprio disagio o bisogno rimane il criterio da usare nella valutazione del proprio insegnante e nella eventuale ricerca; se uno ti aiuta è affidabile, se aggrava il problema non lo è.Così si evita di farsi prendere in giro. E per valutare se l'insegnante aiuta bisogna almeno inizialmente avere motivi per dargli fiducia (per esempio, ci piace come suona, o ci piacciono i suoi allievi) e quindi seguire lealmente il percorso che indica; facendo si vede, si verifica. Che poi una attitudine alla ricerca del Vero con la v maiuscaola sia controproducente, è un assioma della cultura dominante sul quale mi permetto di dissentire, ma questo ci porterebbe un po' in là...