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Piero Bonaguri

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  1. Non sapevo delle 6 formule, e certamente non sono pubblicate a quanto si conosce, né Segovia le ha esemplificate nel suo lp dedicato agli esercizi tecnici; se sono veremente pensate da Segovia sarei molto interessato a conoscerle, e credo non solo io. Nella sua autobiografia Segovia scrive che i suoi esercizi tecnici furono elaborati a Còrdoba in anni giovanili, e poi non ha dovuto mai cambiarli (almeno in modo sostanziale, direi, in quanto esistono edizioni delle scale con leggere differenze di diteggiatura).
  2. Ringrazio cumulativamente per le attestazioni di stima! Intanto le mie ricerche continuano ed ho tirato fuori dalla mia biblioteca un volumetto della Lea Pocket Scores con le prime sonate per fortepiano di Haydn; ci sono stilemi di accompagnamento usati anche nella nostra letteratura (ad esempio il primo movimento della prima sonata, nel cui inizio la parte della mano sinistra è uguale all'accompagnamento dello studio 2 di Sor nella revisione di Segovia). Del resto non a caso Haydn era il maestro a cui tutti guardavano; e poi si tratta di stilemi, quindi non mi sorprendo di aver trovato subito esmpi calzanti. Venendo al Novecento, mi pare che Angelo Gilardino richiamasse tempo fa l'attenzione su una Tarantella pianistica di Castelnuovo-Tedesco, che credo di avere in una registrazione di Aldo Ciccolini; credo che sia un ascolto interessante per sintonizzarsi sulle intenzioni dell'autore della Tarantella per chitarra. Ieri ero in conservatorio, e passando dalla sala Bossi (bisogna passarci per raggiungere un'ala secondaria dell'edificio) ho colto un frammento della lezione di esercitazioni orchestrali tenuta dal noto compositore e direttore Alberto Caprioli: stava spiegando ai ragazzi che nella musica dell'Ottocento le indicazioni dinamiche non vanno prese alla lettera come in quella, ad esempio, di Mahler. Citava un "piano" in un passaggio di Brahms che nessuna orchestra esegue veramente piano, ma solo "non con tutta la forza": Il suo ragionamento era che l'indicazione dinamica in quella musica non va intesa in senso letterale, ma piuttosto contestualizzata... Mi sono fermato interessato ad ascoltare la spiegazione, e mi sono chiesto come metterla a frutto...Bello però essere in conservatorio e poter ascoltare queste cose "al volo"...
  3. Probabilmente non mi ero spiegato bene. L'idea di proprre uno specifico lavoro in classe mi è nata proprio perchè da tantissimi anni leggo e ascolto (e raccomando di ascoltare) musica non per chitarra che mi serve per capire meglio come suonare quella per chitarra. E, certo, in questo tipo di paragone mi aiuta anche la collaborazione attiva, anche questa da tanti anni, con moltissimi compositori non chitarristi che hanno scritto per me (tra i tanti: Guarnieri, Cappelli, Ugoletti, Molino, Paccagnini, Benati, Solbiati e tanti altri che per brevità non posso citare qui - ormai saremo a duecentocinquanta pezzi; che questa cosa non sia notissima nel"mondo della chitarra" mi spiace, ma più che segnalarla ogni tanto, e soprattutto eseguire ed incidere spesso questi pezzi non so che altro dovrei fare). L'intendimento, e dovendo per forza limitarsi a pochi esempi su cui lavorare in classe per motivi di tempo, è quello di scegliere in questa selva di ascolti e collaborazioni alcuni pezzi nei quali la possbile correlazione con pezzi specifici del repertorio chitarristico fosse particolarmente evidente e quindi didatticamente preferibile a differenza di altri esempi simili. Gli esempi che ho fatto reltivi ai quartetti di Haydn possono dare una idea. Purtroppo ora non ho tempo di spiagarmi meglio, spero di essere stato un po' più chiaro. Cordalità
  4. Nel ringraziare tutti per i suggerimenti pervenuti, devo correggere una svista nella quale sono incappato. Il quartetto di Haydn che ho citato come primo dell'Op. 33 è il realtà il quinto; mi ha tratto in inganno il fatto che nella mia registrazione dell'Op.33 fosse il primo pezzo del cd... In compenso ho trovato un'altro accostamento interessante, quello tra l'Adagio non troppo del Quintetto n°3 Op. 33 di Haydn ed il secondo movimento dell'Op. 15 di Giuliani. La forma dei due pezzi non è proprio la stessa, ma ci sono, in quello di Haydn, almeno due elementi che dovrebbero aiutare il chitarrista a capire a quale contesto musicale fanno riferimento alcuni elementi del pezzo di Giuliani: il primo è la melodia iniziale affidata alla voce superiore ed il rapporto tra questa ed il tipo di accompagnamento usato. Anche in Haydn, tra l'altro il tema iniziale viene poi ripreso con ornamentazioni, nello stile dell'"Aria col da capo" operistica. Inoltre, in entrambi i pezzi ad un certo punto compare, e più avanti ricompare, un accompagnamento basato sulla iterazione delle stesse note; ovviamente è facile ad un quartetto affidare un leggero "staccato" allo o agli strumenti che eseguono questo tipo di iterazione, un vero e proprio stilema di accompagnamento dell'epoca, mentre la melodia viene eseguita con suono legato dal primo violino (credo, ma dovrei controllare la partitura). Nella situazione analoga, il povero chitarrista deve fare molta più fatica per provare a fare la stessa cosa, ma naturalmente non gli viene neanche l'idea di provarci se non capisce che cosa gli sta chiedendo il pezzo in quel momento; è lì che l'ascolto del "modello" gli può almeno suggerire la meta cui tendere.
  5. Ieri ho riunito la mia classe in conservatorio e, tra l'altro, ho proposto un lavoro da fare insieme quest'anno. Partendo dalla considerazione che gli autori il cui studio è imposto o proposto dal nostro programma sono spesso figure non di primissimo piano della storia della musica, ma musicisti, di vario livello, nel cui lavoro comunque si riflettono aspetti del linguaggio musicale del loro tempo, esemplificato da capolavori scritti da altri autori per altri organici strumentali, ho proposto di dedicare alcune ore del monte ore annuale all'ascolto comune, partitura alla mano possibilmente, di capolavori della storia della musica il cui linguaggio possa aiuare a capire meglio cosa intendevano fare i compositori che hanno scritto per chitarra e la cui musica è oggetto del nostro studio diretto allo strumento. Per fare solo un paio di esempi brevissimi, nei quartetti Op. 33 di Haydn ho trovato almeno due esempi preziosi: nel "Largo e cantabile" del primo quartetto c'è una melodia del primo violino, con un sostegno del violoncello ed un ricamo del secondo violino e della viola. Ci sono evidenti somiglianze con il modo di disporre le voci che Sor usa nello studio n°14 ( numerazione Segovia, per capirci). Nel secondo Quartetto, invece, lo Scherzo ha notevoli somiglianze con lo Scherzo della Sonatina Op.71 N°3 di Giuliani: inizio con le due crome in levare, incisività ritmica dello Scherzo contrapposta all'andamento legato del Trio... Il discorso potrebbe continuare (e intendo continuarlo in classe) con le ouvertures di Rossini in rapporto alla Grande Ouverture di Giuliani, con l'ascolto di "Mille Regretz", versione corale di Josquìn Des Prez, in raffronto con la trascrizione vihuelistica di Narvaez (Canciòn de L'Emperador) eccetera. E ci sono anche, seppur più rari, esempi di come lo stile chitarristico o liutistico abbia a volte inluenzato capolavori scritti per diverso organico (ad esempio, "Lachrimae Pavan" di Dowland trascritta per clavicembalo). Ho trovato diversi esempi interessanti, dei due tipi, nei due volumi dell' antologia di storia della musica della Norton, tra l'altro corredata di documentazione discografica di tutte le partiture in essa pubblicate. Vorrei chiedere se a qualcuno vengono in mente esempi di chiare correlazioni del tipo che ho esemplificato. Capisco che l'elenco potrebbe essere lunghissimo, io cerco in particolare esempi le cui relazioni con pezzi del repertorio chitarristico siano particolarmente chiare ed illuminanti. L'orario di lezione non permette di fare più che qualche esempio in classe, utile però per stimolare il lavoro personale, come del resto dovrebbe essere tutto quel che si insegna a scuola. L'utilità pedagogica di questo lavoro mi pare evidente: diceva la pianista Uchida - la citazione non è letterale - che lei non insegna "come suonare" un pezzo ma "cosa c'è" in un pezzo. Il valore di una certa insistenza sulla diteggiatura, sul fraseggio, sull'equilibrio sonoro, viene illuminato dalla comprensione della natura del pezzo, e questa comprensione può essere enormemente facilitata dal ritrovare gli stessi elementi del linguaggio musicale impiegati in un pezzo per chitarra presenti in capolavori della storia della musica, capolavori che, tra l'altro, possono contare su una consolidata tradizione interpretativa. Si capisce perché Segovia suggeriva ai giovani chitarristi di ascoltare prima gli altri musicisti e, solo dopo, i colleghi chitarristi. Grazie in anticipo a chi vorrà formulare suggerimenti.
  6. Dal tipo di caratteri tipografici direi Universal di Vienna, e quindi, molto probabilmente, Karl Scheit.
  7. Certamente non serve, se non eccezionalmente e con cautela, affronatre musica troppo difficile per le proprie capacità. Questo poi vale a maggior ragione per la prima vista intesa come esecuzione vera e propria:non a caso all'esame del corso medio si deve eseguire, leggendo a prima vista, un pezzo dichiaratamente "facile" e quindi sicuramente con una soglia di difficoltà molto più bassa delle altre cose previste per quell'esame). La lettura a prima vista è comunque solo una parte, importante ma non certo esaustiva, di un percorso formativo. Se il percorso formativo viene svolto correttamente, si tratta semplicemente di affrontare pezzi di difficoltà gradualmente crescente e commisurata alle proprie capacità; non è l'ultima responsabilità dell'insegnante quella di guidare l'allievo in questa scelta.
  8. Anch'io mi sono trovato a leggere sempre tanto, per curiosità e non per migliorare la lettura, ma credo che come effetto collaterale anche la mia lettura ne abbia tratto giovamento. come suggeriva. D'accordo anche su leggere cose scritte anche per altri strumenti come suggeriva Alfredo Franco, in particolare per strumenti a tastiera con le note su due righi in chiave di violino e basso e ad altezza reale. In conservatorio quando devo introdurre il lavoro per la lettura a prima vista dico che nella vita musicale il momento in cui serve di più avere una buona lettura a prima vista è quando ci si trova a leggere musica d'insieme nuova con altri musicisti. Da questa situazione si capiscono le cose fondamentali che servono per la prova di lettura a prima vista dell'esame: non fermarsi a cercare le posizioni, non ripetere se si sbaglia, non pretendere di suonare a tutti i costi tutte le note, ma piuttosto cercare di rendere subito anche lo stile ed il carattere del pezzo. Sulla chitarra la possibilità di fare i suoni in punti diversi della tastiera è una ricchezza enorme, ma anche un problema riguardo alla lettura a prima vista; normalmente è troppo chiedere che in quel momento si possa anche identificare posizione e diteggiatura ideale; piuttosto sarebbe utile preliminarmente una cosa che anche Segovia consigliò al corso di perfezionamento di Ginevra, aggiungendo ironicamente che non si trattava di una questione di perfezionamento: imparare a conoscere i suoni corrispondenti ai vari punti della tastiera della chitarra.
  9. Certo, infatti ho premesso altre domande che aiutano a farsi e ad approfondire un giudizio critico sul pezzo. Già rileggendo il Nocturne una seconda volta ho notato di più alcuni punti deboli, rafforzando anche la convinzione che ci sono aspetti per me interessanti. Il primo giudizio si è come messo a fuoco di più. Se comunque, tutto sommato, io decido che vale la pena di suonare un certo pezzo, che cioè ho ragioni (musicali) sufficienti per farlo, nel momento in cui lo suono devo valorizzarlo il più possibile, devo aiutarlo a dare il meglio di sè, accentuando i punti forti e aiutando quelli deboli. In effetti il carisma di un interprete si giudica anche dal riuscire a scovare e mettere in luce i punti di forza di un pezzo in modo da renderlo il più interessante posssibile per chi ascolta. E, per essere persuasivi, occorre prima essere persuasi. Credo che il pubblico colga subito se chi suona crede in quello che sta suonando oppure no. La frase di Diaz io la capisco così.
  10. Ho appena riletto il Nocturne del 1948 di Smith Brindle; ho simpatia per musica scritta seriamente, sinceramente e con competenza - in quegli anni poi scrivere per chitarra in questo modo era anche un segnale importante per il mondo della musica e della chitarra. Forse oggi io non metterei nel mio repertorio un pezzo così, ma, almeno didatticamente, credo che affrontarlo possa essere senz'altro una esperienza utile. Se uno prova attrattiva per il pezzo può affrontarlo chiedendosi, per esempio, a quale musica del passato il pezzo fa riferimento, in che modo questo riferimento è vissuto dal compositore, e quale necessità espressiva il pezzo risponde. Porsi domande di questo tipo aiuta ad andare a fondo, scoprendo i punti forti, e magari anche quelli deboli, di quello che si suona. Poi l'interprete deve anche essere un valorizzatore: "Suonate tutto come se fosse un capolavoro" diceva Alirio Diaz.
  11. Partendo dal fondo: credo che Segovia non abbia mai suonato nulla di Smith Brindle. Non conosco un Nocturnal di Smith Brindle, non sta parlando per caso di quello di Britten? Il Guitarcosmos di Smith Brindle, in tre volumi, è pubblicato dalla Schott, e pertanto dovrebbe essere facilmente reperibile in qualsiasi negozio di musica
  12. Il Concerto Breve piace anche a me. Fu scritto, se non ricordo male, per Enrico Tagliavini che in quel periodo suonava abbastanza spesso musica di Margola (la Bongiovanni di Bologna pubblicò una interessante Sonata ed una raccolta di pezzi brevi per chitarra sola, dei quali ebbi l'accasione di farne sentire qualcuno a Segovia nel lontano 1972!). Quando poi insegnavo al conservatorio di Rovigo feci eseguire il Concerto Breve ad una allieva ed al gruppo cameristico del Conservatorio;devo dire che tra i vantaggi del pezzo c'è anche quello di un buon rapporto tra la difficoltà esecutiva, non grande, ed il risultato. Forse Margola ha scritto troppo per chitarra sola, o perlomeno a volte ho l'impressione che tenda a ripetersi troppo nei pezzi solistici, ma aveva una preparazione compositiva solidissima e mi sembra che in pezzi come il Concerto e la Sonatina per violino e chitarra abbia ottenuto risultati notevoli. Last but not least, Margola è un compositore italiano di una certa importanza e noto anche e soprattutto fuori dall'ambito chitarristico in senso stretto.
  13. Le variabili sono tante che risulta difficile intendersi; provo a dire come la intendo (e come la vivo) io. E’ certo che non basta che una musica sia “complessa” per essere bella, né che non lo sia per essere brutta o superficiale. E’ anche vero che il legame tra produzione musicale “colta” ed un substrato di origine “popolare” è difficilmente negabile guardando la storia della musica: basti pensare a quello che ha generato il canto gregoriano, o il corale. Ma la storia della musica è piena di nessi di questo tipo. Credo che veramente nessuno metta in dubbio la grandezza di Chopin, ma neanche quella di Albeniz, De Falla o Villa-Lobos, a causa delle influenze che la musica del loro popolo ha avuto nella loro opera. Ma si trovano queste influenze anche nei clavicembalisti (Scarlatti, Rameau), in Haydn, Boccherini…gli esempi sarebbero innumerevoli; insomma mi pare molto più difficile documentare uno iato tra “colto” e popolare” che un radicamento del colto nel popolare. E’ vero anche che esiste, in particolare oggi, una musica “di consumo” legata ad una “massificazione” che con la vera cultura popolare c’entra poco o nulla; diciamo che tanta “musica da discoteca” è così. Il contraltare di questo è una musica arida e “cervellotica” che, come dicevo, non è migliore solo perché è altamente intellettualizzata. Questi due generi sono in contrasto tra loro, ma sono entrambi in contrasto con la tradizione musicale europea nella quale l’intellettuale era parte del popolo e della cultura da cui nasceva; nella quale il genio esprimeva, in modo che non avrebbe potuto fare chiunque, qualcosa che però era riconoscibile, almeno in qualche modo, come appartenente ad una cultura condivisa. Per cui il “popolo” riconosceva i suoi figli geniali. Lo esprimeva Alirio Diaz quando scriveva nella sua autobiografia: “Non avrei potuto chiedere alla mia infanzia, alla mia gente e ai miei villaggi un migliore substrato spirituale, musicale e umano”. Anche oggi per me studiare e proporre autori che “pescano” nella linfa di una cultura popolare, utilizzando bene i ferri del mestiere del compositore preparato, è un respiro ed un aiuto a far respirare anche chi ascolta. (Il problema della trascrizione mi sembra tutto sommato veramente secondario, e credo che lo sia anche per chi organizza concerti; come sempre in arte occorre giudicare il risultato artistico e non criticare a priori una operazione). Mi piace anche, per lo stesso motivo, suonare autori contemporanei nei quali, al di là delle scelte linguistiche, la consapevolezza di essere un intellettuale cerca di non essere slegata dalla necessità di parlare in qualche modo a tutti, secondo quella idea di musica come “elemento di comunione col prossimo e con l’Essere” tanto cara a Stravinski. Invece cerco di stare alla larga sia dalla musica banalmente commerciale che da quella aridamente cervellotica ("Ha l'ingegno, ma non ha il giudizio" dice un arguto detto popolare romagnolo; si potrebbe applicare a tanti "intellettuali"... )
  14. Le due fughe sono entrambe difficili, direi da corso superiore. Quella scritta prima ("Giga") è anche abbastanza veloce - come si evince dal titolo -, la seconda meno.
  15. Segnalo anche le bellissime fughe scritte da Paolo Ugoletti, compositore bresciano nato nel 1956. Ce n'è una - compare nel catalogo della Suvini Zerboni - che si intitola Giga (in realtà è una fuga inversa la cui seconda parte è l'inversione della prima). La seconda è inedita, ma l'ho incisa qualche anno fa per la Phoenix. La feci sentire a Diaz che disse:"bella, ma manca il Preludio!". Allora lo dissi a Ugoletti che scrisse poco dopo anche il Preludio; nel cd ho quindi registrato il "Preludio e Fuga"...
  16. Non so se da' lezioni, ma credo che sarebbe molto interessante studiare storia della musica con il compositore milanese Roberto Andreoni. Ho visto le mostre che ha curato su Mozart, Stravinski e Beethoven e le ho trovate molto stimolanti, specie le ultime due.
  17. Del resto lo stesso Alcàzar è prudente al riguardo, infatti scrive (traduco): "Secondo i programmi di Segovia, sembra che egli non giunse mai ad eseguire la Suite Completa, visto che ne ne metteva in programma sempre due movimenti: Preludio e Gavotta: o tre: Preludio-Gavotta-Corrente; o anche quattro: Preludio -Gavotta-Sarabanda-Corrente, ma sempre senza la Giga, che forse trovava meno brillante di quella della "Suite di Weiss"..."
  18. Spedirla proprio non me la sento: dovrei estendere la fiducia anche al sistema postale... e poi per me queste cose sono strumenti di lavoro di cui potrei aver bisogno in qualsiasi momento, spero capisca... Però me la posso portare dietro in qualsiasi occasione, volentieri. E' interessante anche la introduzione scritta da Alcàzar ad ogni brano compreso nel volume; da essa si evince che Segovia suonò tutti i movimenti della Suite tranne la Gigue.
  19. Intanto ho dato una controllata veloce alla seconda parte del Preambule e ho visto che non ci sono molte differenze tra la versione di Lopez Ramos e quella della Obra Completa: le più rilevanti, come note, sono il mi ribattuto e non legato a battuta 32, il do bequadro alla fine di battuta 61 e a battuta 63 (tutti e due i do di quella battuta sono bequadro), il sol naturale e non diesis come seconda nota di battuta 114. Comunque certamente è possibile visionare il volume che ho; me ne separo malvolentieri perché a quanto pare è proprio abbastanza raro, ma posso portarmelo a Bologna appena ci vado per qualche giorno (ai primi di settembre) oppure ad Alessandria al convegno di fine settembre.
  20. Il volume in oggetto è stato curato da Miguel Alcàzar e pubblicato nel 2000 da Ediciones Etoile - Conaculta, in Messico. Credo che al momento sia esaurito e difficilmente reperibile; io ne ho una copia regalatami un paio di anni fa durante un viaggio in Messico, dove ebbi tra l'altro la gioia di vedere i manoscritti originali per chitarra di Ponce - scritti a matita su un librone rilegato in verde!- custoditi presso la biblioteca dell'Università Autonoma di Città del Messico. Allora mi fu detto che sarebbe stata fatta una nuova edizione del libro. La Suite di cui si parla è in re maggiore. C'è qualche punto in particolare che desidera controllare?
  21. Posso aggiungere che questa musica rende in pubblico assai più di quanto si possa immaginare leggendola a tavolino (perlomeno assai più di quanto immaginavo io). Me ne sono accorto grazie ad una allieva recentemente "ereditata" che aveva già in repertorio il pezzo. Ci abbiamo lavorato su quest'anno e il risultato a lezione mi pareva soddisfacente, ma ascoltare la resa in concerto di questi due pezzi nelle due occasioni in cui l'allieva li ha suonati (l'ultima è stata solo qualche giorno fa alle "Feste Medievali" di San Marino) è stata, devo ammetterlo, una lieta sorpresa. Il pubblico (me compreso) è stato catturato dall'atmosfera creata da questa musica che in modo contenuto, per virtù propria e senza bisogno di "effetti speciali", raggiunge notevoli vertici espressivi. E'stata brava anche l'allieva che cito volentieri: si chiama Irene (nome) Elena (cognome); ha suonato con espressività e discrezione insieme. Una idea degli ultimi giorni è stata quella di provare ad utilizzare, nel passaggio in semicrome della prima canzone, una diteggiatura della sinistra che giochi sulle risonanze, un po' come gli antichi liutisti. Mi pare che possa funzionare.
  22. Sbagli e limiti non ne dubito, dietro le istituzioni ci sono sempre le persone. E quello che dicevo sulla diffidenza verso i docenti che suonano ne è una riprova, è una cosa che ho proprio visto. (Quello che non ho mai visto è impedire di suonare ad allievi meritevoli). Certamente un insegnante deve poter meritare la fiducia che chiede, che d'altra parte è indispensabile perché l'insegnamento possa accadere in modo proficuo. L'insegnamento infatti, come disse una volta Ghiglia a Siena, non è un "banco dei pegni" dove si contratta. Presuppone che ci sia qualcuno che desidera imparare e che riconosce qualcuno che gli possa insegnare. Arrivare a lezione "mettendo le mani avanti" in atteggiamento di difesa rispetto all'insegnante rende l'insegnamento impossibile; meglio cercare un insegnante di cui ci si possa fidare. L'insegnante poi deve invitare l'allievo a verificare lui la bontà o meno di quello che gli viene detto; questa verifica personale è la cosa che in fondo convince ed evita il plagio da una parte e la presunzione di far da sè prematuramente dall'altra.
  23. Per la conoscenza che ho dei conservatori in cui ho studiato ed insegnato, non mi pare che ci siano mai stati arroccamenti a danno degli allievi (sarebbe un danno che ricadrebbe poi tutto sull'istituzione e sui docenti, i quali hanno invece tutto l'interesse a presentare il meglio di quanto esce dal lavoro che si fa; adesso poi che con la riforma gli sponsors esterni diventano essenziali per il reperimento di fondi, censurare gli allievi meritevoli di esibirsi "fuori" sarebbe una politica praticamente suicida). Mi sembra più che altro una tutela verso allievi come quello che non faceva le pause perché "pagava per il tempo in cui suonava e non per quello in cui non suonava"... Non potrei sempre dire lo stesso per quanto riguarda l'attività artistica degli insegnanti. Anche in questo caso essa reca lustro anche al conservatorio in cui il docente opera, ma in modo meno diretto e incontestabile. Specie nei conservatori di provincia, poi, la direzione può essere più sensibile alle occasionali lamentele di genitori preoccupati perché il "permesso artistico" o lo spostamento di lezione del docente turba il tranquillo tran tran della lezione bisettimanale ad orario fisso, rispetto al ritorno d'immagine di avere un docente di fama internazionale (salvo poi pagarli come esterni per le masterclasses...). Questi conservatori sono a volte una specie di parcheggio per studenti in giovane età che stazionano qualche anno in conservatorio per poi mollarlo appena si rendono conto che la cosa richiede un certo impegno. Tempo fa vidi una statistica che dimostrava come certi conservatori italiani, a differenza di altri, sono frequentati quasi esclusivamente da ragazzini giovanissimi e ai primi corsi...non si diploma quasi nessuno! In quei casi l'attività artistica del docente è facile che venga guardata con sospetto. E' poi possibile anche una certa invidia per il collega (spesso i direttori provengono dal corpo docente) che fa attività... D'altro canto, c'è stato anche qualche docente che ha approfittato della situazione e tra permessi e malattia non si vedeva mai...ma sono, credo, casi rari. Ma "tagliare le gambe" ad un allievo bravo è talmente controproducente per la scuola che, idealità a parte, non ho mai visto farlo...
  24. Non capisco il tono polemico di Weller che non conosco essendo "nascosto" dal nickname. Se invece lui ha motivi di contestare il mio insegnamento (visto che io qui compaio con nome e cognome) può dirli esplicitamente. Chiedo troppo? (E perché poi la battuta sul seminario?). In realtà ho affermato più volte anche in questo 3d che è importantissimo stimolare gli allievi a suonare in pubblico - mi sembra che fosse questo il centro della questione - e ho detto che chi non lo fa in una scuola professionale di musica ha un atteggiamento quantomeno incomprensibile. Per quanto mi riguarda poi, oltre alle frequenti esercitazioni di classe i miei allievi sono in genere molto presenti anche alle manifestazioni pubbliche interne ed esterne del conservatorio di Bologna. E' un dato facilmente verificabile, quindi mi spiace essere quasi accomunato ad un atteggiamento vessatorio nel quale non mi riconosco assolutamente. Avevo ricordato che esite o esisteva una norma che vietava agli allievi di conservatorio di svolgere attività pubblica "di nascosto"(non in assoluto, quindi, ma senza che la scuola lo sappia, fregiandosi magari di appartenere ad un istituto che diventa così, oggettivamente, corresponsabile del risultato artistico portato in giro). Continuo a ritenere che questa cosa abbia un senso, anche se può essere usata male e ritengo, con Butterfly, che il normale buon senso dovrebbe evitare di dovere ricorrere al richiamo alle norme o alle sanzioni. Infatti la scuola e l'insegnante sono normalmente i primi, credo, a rallegrarsi di avere allievi in grado di dimostrare una buona preparazione, a qualsiasi livello. Mentre una persona ad un livello esecutivo "impresentabile" non dovrebbe aver particolarmente voglia di esibirsi. E un minimo di fiducia nell'insegnante da parte dell'allievo (in mancanza della quale si va a finire in una incompatibilità didattica che rende tutto inutile) dovrebbe rendere ovvio il fatto di valutare assieme al proprio insegnante tempi e modi di presentarsi in pubblico. Ecco, la famosa norma va a colpire quella mancanza di fiducia che porta a fare la cosa "di nascosto". Non sono certo un giurista, ma non sarei sicuro che una eventuale controversia legale in merito "non avrebbe storia"; e comunque non misembra quello il problema vero. Sulla questione dell'esame di ammissione: in esso vengono valutate le potenzialità dell'allievo che lo rendono idoneo o meno a frequentare un corso di studi, non automaticamente ad esibirsi in pubblico da subito. (nel vecchio ordinamento, tuttora in vigore, poi c'è anche un successivo esame di conferma il cui esito non è a priori scontato). Concludendo mi pare che il punto sia una eventuale preclusione "a priori" verso il fatto che gli allievi suonino - e questo, lo ripeto, mi pare assurdo. Invece mi pare del tutto ragionevole che all'interno di un rapporto didattico, in cui si presuppone un minimo di fiducia reciproca, i tempi e modi delle uscite pubbliche non avvengano "di nascosto", ma siano concordati tra l'allievo e chi ha la responsabilità della sua preparazione. Se queste due cose non ci sono c'è un problema di fondo, e non è questione di norme.
  25. Al di là del fine, ci possono essere persone che non si rendono conto dei propri limiti e del proprio livello e tendono a strafare, e questo è già un pochino più frequente. Qualche allievo così in venticinque anni mi è capitato. Sinceramente non so se la norma sia ancora in vigore; so di almeno una persona che a Bologna venne radiata (qualche decennio fa, è vero) per aver suonato senza autorizzazione. Come tutte le norme, può essere usata bene o male, ma non mi sembra affatto, per i motivi spiegati prima, una ingiustizia in sè; e non incoraggerei la tendenza ad iscriversi ad un istituto riservandosi di non accettarne le regole che non ci piacciono.
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