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Nuovi CD di musica del XX e del XXI secolo

Sonata di Lagonegro, Angelo Gilardino


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bella composizione, dall'incipit si sente un pò il "sapore" di Lagonegro. Il sapore di antico, dettato dalla modalità rende l'idea del luogo. Peccato che, come al solito, quella bellezza non è valorizzata. Dopo due settimane di stop forzato (e di intenso studio della composizione), tornare a suonare la chitarra con queste note, insieme a quelle ponciane e bachiane, è abbastanza soddisfacente :D.

 

Francesco

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Allegro battente, ficcante.

 

Noto che la musica del Maestro Gilardino sta diventando quasi allegra...

 

Gli umori - e l'ethos - della musica modale - e ancor più di quella contemporanea che torna a far uso della modalità o della polimodalità - non si possono definire con termini quali "allegro" o "triste", e questo non tanto perché, nell'antichità, i singoli modi venivano associati a stati d'animo e di mente più sottili dei nostri, ma perché profondamente diverso è il nostro modo di percepire e di elaborare psichicamente tali modi. La possibilità di impiegare utilmente la modalità nella musica di oggi si fonda non solo e non tanto sui suoi poteri evocativi, quanto - a mio modo di intendere e di operare - sulle peculiarità che distinguono il nostro orizzonte percettivo ed elaborativo nel presente: esse sono molto diverse da quelle di un ateniese che andava a teatro o di un monaco che cantava il Gregoriano. La musica modale, quali che siano i modi, oggi risveglia nell'ascoltatore il senso della perdita (l'Eden?) e il senso di colpa, e il pensiero che, in chi ha composto la musica, o la suona o la canta, abiti una qualche entità trascendente (non si sa se buona o cattiva). Come dice Ezra Pound: "In lui c'è un dio, benché io non sappia dire quale dio".

 

dralig

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Precisazione molto interessante.

 

Tuttavia, e questa è una mia semplice impressione sensoriale, non posso fare a meno di notare come in questa perdita di cui parli, sia oggi il tuo sguardo meno angosciato di quello più antico.

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Precisazione molto interessante.

 

Tuttavia, e questa è una mia semplice impressione sensoriale, non posso fare a meno di notare come in questa perdita di cui parli, sia oggi il tuo sguardo meno angosciato di quello più antico.

 

Se ne hai tempo e voglia, leggiti qualche libro sulla Melanconia. Per esempio, quello di Erwin Panofsky.

 

dralig

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Anche in questo caso - come per tutta la musica del compositore vercellese - occorre formare un background per le scelte fondamentali nell'interpretazione ma anche nella scelta della diteggiatura.

 

Questa frase Cristiano significa che la diteggiatura l'hai scritta tenendo presente i lavori precedenti e un certo "stile"Gilardino? cioè se Angelo l'avesse scritta l'avrebbe realizzata così? Mi interessa perchè avendo tu suonando tutti suoi lavori probabilmente sei così in sintonia da sapere come realizzare una frase ecc ecc...è una specie di "simbiosi" musicale...ciao

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Se ne hai tempo e voglia, leggiti qualche libro sulla Melanconia. Per esempio, quello di Erwin Panofsky.

 

dralig

 

Cercherò...

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Anche in questo caso - come per tutta la musica del compositore vercellese - occorre formare un background per le scelte fondamentali nell'interpretazione ma anche nella scelta della diteggiatura.

 

Questa frase Cristiano significa che la diteggiatura l'hai scritta tenendo presente i lavori precedenti e un certo "stile"Gilardino? cioè se Angelo l'avesse scritta l'avrebbe realizzata così? Mi interessa perchè avendo tu suonando tutti suoi lavori probabilmente sei così in sintonia da sapere come realizzare una frase ecc ecc...è una specie di "simbiosi" musicale...ciao

 

Cristiano risponderà - se lo ritiene - per quanto riguardo il suo modo di diteggiare. Io però devo dire qualcosa sul modus operandi del compositore-strumentista che, come me, scrive senza strumento. Così facendo, non elude la fase del controllo della praticabilità di quello che scrive, semplicemente la immagina nell'atto stesso di scrivere le note. "Sente" con quella che viene chiamata "audizione interiore" la musica che va annotando, e ne immagina anche la diteggiatura.

 

Molta della mia musica per chitarra sola è stata scritta così, completa anche nella diteggiatura, senza che io abbia mai suonato una nota sullo strumento reale, perché preferisco di gran lunga lavorare con la chitarra virtuale che ho in mente da decenni, e che mi esime dal rischio di scrivere "con le dita". Questa libertà permette anche di scrivere qualcosa di nuovo, che si può immaginare molto più rapidamente di quanto si potrebbe "cercare" sulla tastiera reale.

 

Naturalmente, nel momento in cui entra in scena il chitarrista "vero", so benissimo - e mi sta molto bene - che le mie diteggiature "pensate" andranno soggette a modifiche. Allora, perché le scrivo? Perché spesso sono diteggiature strutturali, ossia servono a rendere chiaro, non solo come la musica è stata immaginata, ma anche "come deve suonare": le varianti che il singolo interprete apporterà saranno valide nella misura in cui giungeranno a produrre gli stessi risultati, o risultati migliori, attraverso combinazioni digitali diverse (e spesso più ingegnose) di quelle che ho immaginato io.

 

Nella fattispecie del primo tempo della "Sonata di Lagonegro", costruito in buona parte su ostinati, io ho immaginato il suono prodotto dalla vibrazione libera, a scampanio, delle corde a vuoto nei bassi (quella che si legge nell'incipit pubblicato è solo la combinazione iniziale, ne seguono altre, diverse e più complesse). Non ho scritto la diteggiatura perché mi sembra ovvio che il passo debba essere eseguito con le corde a vuoto. Non ho però il minimo motivo per rifiutare la diteggiatura di Cristiano che, mantenendo l'aspetto strutturale, lo elabora ulteriormente con effetti di risonanza tra equisoni: a me, non è venuto in mente, ma a questo (anche a questo) servono gli interpreti... (quelli bravi).

 

dralig

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Si, l'audizione interiore quando si scrive è una meravigliosa sensazione...a me capita che quando metto l'idea sulla carta e suono poi magari butto via tutto...perchè interiormente era meglio, ma il suono che esce non rende quell'idea...kil problema è che poi le cose te le suonano e se non escono come volevi è una sensazione tristissima...come un figlio che non ti riconosce...esagero, ma l'idea che mi sto facendo pubblicando e a volte ascoltando delle mie cose è proprio questa: e allora mi viene l'ansia di scrivere mille avvertenze, diteggiature, frasi ecc...

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Anche in questo caso - come per tutta la musica del compositore vercellese - occorre formare un background per le scelte fondamentali nell'interpretazione ma anche nella scelta della diteggiatura.

 

Questa frase Cristiano significa che la diteggiatura l'hai scritta tenendo presente i lavori precedenti e un certo "stile"Gilardino?

 

Sarebbe una noia mortale, Giorgio.

Diteggiatura, agogica, dinamica, interpretazione e tutto quello con cui si può personalizzare una composizione di qualsiasi autore sono elementi importanti, si, ma marginali. Chi interpreta si trasforma in tramite tra la musica e l'ascoltatore e ogni dettaglio tangibile deve potersi perdere.

 

Mi sforzerò di non essere noioso.

Per me, è un compositore colui conosce lo strumento, riesce a reinventarlo anche con sole otto battute e a renderlo un'arnese da musica vero e proprio, indipendentemente dalla sua fisicità intesa come idiomaticità che, ahimè, nei compositori contemporanei sembra essere divenuta l'unico totem attorno a cui pregare.

Prima di essere frainteso: non reputo l'idiomaticità una caratteristica poco importante - anzi! - ma sostengo da sempre che faccia parte di un'insieme di elementi che concorrono a completare l'opera.

E' anche grazie all'idiomaticità che l'interprete deve poter costruire una propria visione basata sulla propria cultura (musicale e non), sensibilità e bravura esecutiva e piegare il brano a ciò che ritiene migliore. Un esempio su tutti lo hai avuto leggendo il mio post sulla Sonata: Gilardino dice che il suo ultimo lavoro è stato scritto pensando al santuario di Lagonegro e nessuno oggi o domani potrà mai sostenere il contrario, ma sa anche bene che la lettura di una composizione del genere non ha luogo, né tempo né spazio e che mentre il sottoscritto la re-inventa sulla cittadina umbra, domani, un altro chitarrista lo assocerà a un testo poetico, un dipinto, un ricordo.

 

Tutto questo per dirti che ogni volta che leggo un lavoro di questo livello costruisco un vero e proprio microcosmo intorno all'aria che trasformo in musica e che l'unico riferimento che ho è l'immagine mentale che si forma dopo la pronuncia dell'incipit di un testo, di un tema o di uno sviluppo motivico particolarmente ardito e che lo 'stile', se esiste, viene a galla da solo. Ma nessun mio intervento è effettuato in base a scelte fatte in passato.

 

Lo stile di Gilardino? Come chiedersi se vi sia logica matematica nella formazione delle nubi, per quanto mi riguarda.

La costruzione artistica del compositore vercellese non va verso l'autocelebrazione (lo potrebbe fare in ogni istante) ma verso una continua ed imperterrita interrogazione.

Domanda allo strumento, scava nel suo animo scuro, manipola il suono ed esige risposte pronte indipendentemente dalla dalla pasta materica utilizzata per costruire. Ed è un modo di comporre che sublima la musica, la solleva letteralmente dallo strumento e mi ricorda il motivo per cui ho scelto di fare questo lavoro.

 

cioè se Angelo l'avesse scritta l'avrebbe realizzata così?

 

Non ne ho idea ma ai fini pratici non ha grande importanza conoscere la risposta perchè qualsiasi essa sia l'obiettivo non è il segno o la rappresentazione della musica ma la sua pronuncia.

Pensa solo che quando lavoravo alla Quinta Serie di Studi era più il tempo che passavo con la testa tra le mani, i gomiti sul tavolino e la musica sotto il naso che quello a ripulire le legature e perfezionare i salti (anzi, saltacci) di posizione.

Che vuoi che m'importasse delle dita? Lì c'erano note e andavano eseguite. A qualsiasi costo.

 

Mi interessa perchè avendo tu suonando tutti suoi lavori probabilmente sei così in sintonia da sapere come realizzare una frase ecc ecc...è una specie di "simbiosi" musicale...ciao

 

Io non credo che avendo letto moltissima (mi manca molto della musica da camera) musica di Gilardino sia in grado di poter fraseggiare meglio di te una sua nuova composizione. Non si tratta di tempo dedicato o quantità di lavoro ma di dimensione musicale scevra di banalità e superficialità nella quale io, come tantissimi altri interpreti, mi ritrovo.

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Tutto questo per dirti che ogni volta che leggo un lavoro di questo livello costruisco un vero e proprio microcosmo intorno all'aria che trasformo in musica e che l'unico riferimento che ho è l'immagine mentale che si forma dopo la pronuncia dell'incipit di un testo, di un tema o di uno sviluppo motivico particolarmente ardito e che lo 'stile', se esiste, viene a galla da solo. Ma nessun mio intervento è effettuato in base a scelte fatte in passato.

 

Lo stile di Gilardino? Come chiedersi se vi sia logica matematica nella formazione delle nubi, per quanto mi riguarda.

La costruzione artistica del compositore vercellese non va verso l'autocelebrazione (lo potrebbe fare in ogni istante) ma verso una continua ed imperterrita interrogazione.

Domanda allo strumento, scava nel suo animo scuro, manipola il suono ed esige risposte pronte indipendentemente dalla dalla pasta materica utilizzata per costruire. Ed è un modo di comporre che sublima la musica, la solleva letteralmente dallo strumento e mi ricorda il motivo per cui ho scelto di fare questo lavoro.

 

Mi sta facendo venire voglia di provare a suonare qualcosa di gilardino. è molto chiaro quando parla ma potrebbe anche fare qualche esempio musicale?

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