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Interpretazione e Filologia


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forse interpretazione e filologis è un pò troppo "elevato"...

nel senso che io mi riferivo più a quelle "uscite di strada" da quella che dovrebbe essere una serena e pulita interpretazione partendo da dati "sicuri", quali le strutture musicali evidenti, mentre se tocchiamo la pura filologia forse iniziamo a... chiederci se le corde su cui suoniamo... sono

"giuste".. e non ci si "muove" più.. credo, se ho ben capito che Andrea come me si chiedeva quanto di "personale" sia possibile in una interpretazione...

 

mi permetta: Non esiste solo la filologia pura.

Lo strumentoo e le corde sono contestabili perchè facilmente riconoscibili da chiunque come non filologici.

 

Ma che dire quando ad un esame di diploma la commissione contesta il candidato che nell' eseguire una suite di Bach, "fa" le ineguaglianze, con la motivazione: non l' ho mai sentita suonare cosi'????

 

Che dire quando si contesta chi esegue abbellimenti corretti e non si riconosce quando li esegue sbagliati?

 

Mica ci si puo' nascondere dietro alla frase: vabbe' allora prenditi il liuto o una chitarra dell' ottocento.

 

Ammettiamo che tra i chitarristi si sta arrivando alla prassi corretta con un ritardo notevole rispetto agli altri.

Fermo restando che si puo' suonare anche in modo non filologico, senza tuttavia penalizzare chi si prende la briga di studiare un po' di prassi antica.

 

 

 

Si potrebbe sempre risppondere... perchè non lascia il suo posto e non dà la sua cattedra a...me? :D:D:D

 

se ne sentono anche di peggiori, ma grazie a Dio anche di "elevate"...

 

(scappooooooooo

se no la mia preside mi licenzia...)

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Sono d'accordo che una risposta univoca, universale, data una volta per tutte non possa esistere.

Spero che, in realtà, esista più di una "terza" via, ma esistano tante vie quanti interpreti (nel suo senso profondo): cosa in cui credo fermamente è che l'unica strada che non porta a Roma sia quello di mezzo e che "il giusto mezzo" la cui ricerca Andrea propone, a mio gudizio, sia più il "giusto mezzo" aristotelico che un punto di equidistanza tra i due atteggiamenti.

 

 

Si, mi rendo conto di non aver usato un'espressione felicissima...

Quello che intendevo non era la ricerca di una forzata equidistanza tra i due atteggiamenti, anche perché, talvolta, le interpretazioni "estreme" possono gettare nuova luce su un brano di repertorio.

 

Il punto è che in alcune occasioni ho l'impressione che certe scelte esecutive "alternative" cerchino semplicemente di colmare un vuoto di idee (o una lacuna tecnica...), ma è solo una mia personalissima opinione.

 

am

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Sono d'accordo che una risposta univoca, universale, data una volta per tutte non possa esistere.

Spero che, in realtà, esista più di una "terza" via, ma esistano tante vie quanti interpreti (nel suo senso profondo): cosa in cui credo fermamente è che l'unica strada che non porta a Roma sia quello di mezzo e che "il giusto mezzo" la cui ricerca Andrea propone, a mio gudizio, sia più il "giusto mezzo" aristotelico che un punto di equidistanza tra i due atteggiamenti.

 

 

Si, mi rendo conto di non aver usato un'espressione felicissima...

Quello che intendevo non era la ricerca di una forzata equidistanza tra i due atteggiamenti, anche perché, talvolta, le interpretazioni "estreme" possono gettare nuova luce su un brano di repertorio.

 

Il punto è che in alcune occasioni ho l'impressione che certe scelte esecutive "alternative" cerchino semplicemente di colmare un vuoto di idee (o una lacuna tecnica...), ma è solo una mia personalissima opinione.

 

am

 

Sicuramente molto spesso è così, non per niente i grandi esecutori mica si trovano sul banco frigo al supermercato: non è raro sentire rubati messi ad hoc per dare il tempo alla mano di preparare il tale passaggio, rompendo magari l'unitarietà di un fraseggio, di una figurazione ritmica o che so io in favore di una più facile e sicura "presa". Gli esempi si potrebbero moltiplicare.

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Il punto è che in alcune occasioni ho l'impressione che certe scelte esecutive "alternative" cerchino semplicemente di colmare un vuoto di idee (o una lacuna tecnica...), ma è solo una mia personalissima opinione.

 

Il ruolo di un interprete è quello di restituire un brano nella sua "verità". Per questo ci si sforza di trovare, ogni giorno, nello studio, un compromesso tra rigore e fantasia. In questo senso qualunque "intuzione" basata sul rapporto istintivo con la musica è la benvenuta in fase di studio. Un esecutore attento cercherà di sottoporla al vaglio della propria cultura. Se supererà questo "setaccio" diventerà probabilmente parte della sua esecuzione in pubblico.

 

Questo naturalmente presuppone che ci sia un lavoro "attivo" nei confronti delle proprie esecuzioni. Che si ascolti attentamente ciò che si fa e come lo si fa. Anche un "errore" interpretativo, uscito Dio sa come durante lo studio, può , a volte, essere lo spunto per l' approfondimento di un aspetto che non era stato considerato. Insomma anche un "errore" ha le sue possibilità creative.

 

A mio modestissimo avviso, la differenza tra un esecutore mediocre ed un buon (o ottimo) esecutore sta nella "consapevolezza". E' importante che un'esecuzione non sia casuale. Includa cioè tutta la cultura, l'affetto e l'energia di cui siamo capaci...

 

Cordialmente

 

Catemario

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A mio modestissimo avviso, la differenza tra un esecutore mediocre ed un buon (o ottimo) esecutore sta nella "consapevolezza". E' importante che un'esecuzione non sia casuale. Includa cioè tutta la cultura, l'affetto e l'energia di cui siamo capaci...

 

Concordo pienamente.

Mi permetto di aggiungere anche la necessità di possedere un buon senso critico riguardo la propria posizione nella storia. Ricordo che Alfred Brendel affermò di non aver mai inciso gli studi di Chopin (se non sbaglio) perché, dopo aver ascoltato l'incisione di Cortot, si rese conto che non avrebbe saputo aggiungere nulla con la propria interpretazione.

 

am

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A mio modestissimo avviso, la differenza tra un esecutore mediocre ed un buon (o ottimo) esecutore sta nella "consapevolezza". E' importante che un'esecuzione non sia casuale. Includa cioè tutta la cultura, l'affetto e l'energia di cui siamo capaci...

 

Concordo pienamente.

Mi permetto di aggiungere anche la necessità di possedere un buon senso critico riguardo la propria posizione nella storia. Ricordo che Alfred Brendel affermò di non aver mai inciso gli studi di Chopin (se non sbaglio) perché, dopo aver ascoltato l'incisione di Cortot, si rese conto che non avrebbe saputo aggiungere nulla con la propria interpretazione.

 

am

 

Certo Maestro Catemario,

anche io sono d'accordo su quello che dice, ma io mi riferisco ad esempio

a coloro (per fare un esempio su tutti) che eseguono una fuga di Bach "arpeggiando" puntualmente ogni bicordo o accordo con la "scusa" che in questo modo si "sente" meglio la polifonia...

le assicuro che al terzo ascolto di una cosa simile sono sempre tentato di alzarmi e...abbandonare il luogo dove ahimè sta avvenendo il "fatto"..

questo spesso in nome di quel "gusto" personale che l'artista del momento vuole lasciare sul brano in questione...

se lo immagina un coro che "acciacca" ogni bicordo..?

ora mi dirà :D ma la chitarra non è un coro..

ma per me anche..di più... :)

 

insomma bisogna stare attenti a quei personalismi in nome invece di semplici dati di fatto..ecco...

non trova..?

tutt'altra cosa è una trovata geniale in quanto ad un fattore espressivo che magari rivela in quel dato punto un aspetto del brano...

 

(un esempio su tutti, l'incisione di Stefano Grondona della musica di Llobet, che l'unico rammarico è che sento spesso parlare di lui dalle giovani leve solo per gli autori gettonati, non dico quali ovviamente, senza offesa, ma quando registrava Krenek, Henze, Josè, Petrassi ?....)

 

(e questo si riallaccia all'altro fatidico post che io sono convinto che spesso... il valore medio alto non sempre sia...compreso....

:(:)

perchè molti hanno bisogno che qualcuno dica che il tale sia bravo, altrimenti....?!?)

 

 

le faccio un altro esempio (a costo di risultare antipatico)

quando studiavo a 15 anni la chitarra in conservatorio e io adoravo Bach, tutti mi dicevano (i chitarristi) ascolta segovia... e io ma non mi piace quando suona Bach, io ascolto Gould, Ughi, Tortelier, Michelangeli....

ecco ero..."solo"..ma ero convinto che quello non era il "mio" Bach...

poi crescendo ho scoperto che non avevo del tutto torto...:D

 

marcello

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a coloro (per fare un esempio su tutti) che eseguono una fuga di Bach "arpeggiando" puntualmente ogni bicordo o accordo con la "scusa" che in questo modo si "sente" meglio la polifonia...

le assicuro che al terzo ascolto di una cosa simile sono sempre tentato di alzarmi e...abbandonare il luogo dove ahimè sta avvenendo il "fatto"..

questo spesso in nome di quel "gusto" personale che l'artista del momento vuole lasciare sul brano in questione...

 

Vede, io cerco di capire se un determinato chitarrista ha qualcosa da comunicarmi. Cerco di allontanare dalla mia mente ogni preconcetto. Se una persona mi comunica qualcosa, a livello affettivo, razionale, emotivo o quant'altro, io sono felice...

 

In generale non mi intrattengo a parlare con interpreti che non mi sembrano molto bravi. Nello specifico, non chiederei mai a qualcuno perchè sta arpeggiando sistematicamente ogni bicordo. Non mi interessa. Nè mi piace l'idea di "metterlo sulla graticola". Avrà fatto quella scelta (se è una scelta) perchè gli è sembrata la migliore o non ne ha trovate altre. Più in là semplicemente non arriva. Dal canto mio, se un esecutore ha dato prova di "cialtronite acuta", so che non andrò ad ascoltarlo una seconda volta.

 

 

le faccio un altro esempio (a costo di risultare antipatico)

quando studiavo a 15 anni la chitarra in conservatorio e io adoravo Bach, tutti mi dicevano (i chitarristi) ascolta segovia... e io ma non mi piace quando suona Bach, io ascolto Gould, Ughi, Tortelier, Michelangeli....

ecco ero..."solo"..ma ero convinto che quello non era il "mio" Bach...

 

Per nulla antipatico invece. Io ascoltavo Lipatti ed Enescu, il quartetto Amadeus, Accardo... Ho preso treni e fatto lunghi viaggi per ascoltare tutte le prove di un determinato concerto di Celibidache... Ci sono persone chiuse nella loro minuscola stanzetta che preferiscono immaginare che il mondo si esaurisca all'interno di quell'angustissimo spazio. C'è chi non trova utile non dico confrontarsi con altri strumenti ma semplicemente ascoltare musica in cui la chitarra non sia inclusa.

 

Ora, tutte queste caratteristiche si rifletteranno inevitabilmente nel modo di suonare. Perchè una esecuzione sia ricca di affetto, cultura ed energia (nonchè di consapevolezza) bisogna che l'esecutore in questione ne sia in possesso e sappia comunicarle. E che abbia lavorato con coscienza, a casa, cercando nel testo tutta la verità e l'immedesimazione di cui è capace. Affetto, cultura e consapevolezza non si improvvisano. Men che meno su di un palcoscenico...

 

Cordialmente

 

Catemario

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Ci sono persone chiuse nella loro minuscola stanzetta che preferiscono immaginare che il mondo si esaurisca all'interno di quell'angustissimo spazio. C'è chi non trova utile non dico confrontarsi con altri strumenti ma semplicemente ascoltare musica in cui la chitarra non sia inclusa.

 

Ora, tutte queste caratteristiche si rifletteranno inevitabilmente nel modo di suonare. Perchè una esecuzione sia ricca di affetto, cultura ed energia (nonchè di consapevolezza) bisogna che l'esecutore in questione ne sia in possesso e sappia comunicarle. E che abbia lavorato con coscienza, a casa, cercando nel testo tutta la verità e l'immedesimazione di cui è capace. Affetto, cultura e consapevolezza non si improvvisano. Men che meno su di un palcoscenico...

 

Cordialmente

 

Che dire se non che sono perfettamente d'accordo: la differenza fra un interprete di razza e un accarezzatore di mobili (rubando l'espressione al M° Gilardino) credo stia proprio nel fatto di essere "usciti dalla stanzina".

 

(un esempio su tutti, l'incisione di Stefano Grondona della musica di Llobet, che l'unico rammarico è che sento spesso parlare di lui dalle giovani leve solo per gli autori gettonati, non dico quali ovviamente, senza offesa, ma quando registrava Krenek, Henze, Josè, Petrassi ?....)

 

Perchè dovrebbe essere un rammarico? Non credo che suonasse "male" in quel per periodo. Io ho una vero apprezzamento per il M° Grondona (come sa anche lui), ma non mi vergogno a dire che sono proprio quelle esecuzioni e quelle di Bach che mi conquistano di più, senza togliere nulla a quando suona Tarrega o Llobet (li ho quasi tutti i suoi dischi): dal mio punto di vista (ma forse mi sbaglio) sono questi autori poco conosciuti tra i giovani, non Llobet o Tarrega.

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Ci sono persone chiuse nella loro minuscola stanzetta che preferiscono immaginare che il mondo si esaurisca all'interno di quell'angustissimo spazio. C'è chi non trova utile non dico confrontarsi con altri strumenti ma semplicemente ascoltare musica in cui la chitarra non sia inclusa.

 

Ora, tutte queste caratteristiche si rifletteranno inevitabilmente nel modo di suonare. Perchè una esecuzione sia ricca di affetto, cultura ed energia (nonchè di consapevolezza) bisogna che l'esecutore in questione ne sia in possesso e sappia comunicarle. E che abbia lavorato con coscienza, a casa, cercando nel testo tutta la verità e l'immedesimazione di cui è capace. Affetto, cultura e consapevolezza non si improvvisano. Men che meno su di un palcoscenico...

 

Cordialmente

 

Che dire se non che sono perfettamente d'accordo: la differenza fra un interprete di razza e un accarezzatore di mobili (rubando l'espressione al M° Gilardino) credo stia proprio nel fatto di essere "usciti dalla stanzina".

 

(un esempio su tutti, l'incisione di Stefano Grondona della musica di Llobet, che l'unico rammarico è che sento spesso parlare di lui dalle giovani leve solo per gli autori gettonati, non dico quali ovviamente, senza offesa, ma quando registrava Krenek, Henze, Josè, Petrassi ?....)

 

Perchè dovrebbe essere un rammarico? Non credo che suonasse "male" in quel per periodo. Io ho una vero apprezzamento per il M° Grondona (come sa anche lui), ma non mi vergogno a dire che sono proprio quelle esecuzioni e quelle di Bach che mi conquistano di più, senza togliere nulla a quando suona Tarrega o Llobet (li ho quasi tutti i suoi dischi): dal mio punto di vista (ma forse mi sbaglio) sono questi autori poco conosciuti tra i giovani, non Llobet o Tarrega.

 

 

Infatti non è in discussione il modo di suonare di Stefano Grondona, ci mancherebbe,

tutt'altro, è uno dei pochi chitarristi ma preferirei chiamarlo musicista che non mi fa rimpiangere l'ascolto di un violinista, o pianista ... o altro...e che ha tutta la mia stima profonda per il suo modo dcoerente da..sempre nelle sue scelte artistiche...

 

il rammarico era riferito a quelli che conoscono una parte del suo lavoro notevole fatto in questi anni... appunto solo Llobet o Tarrega, che per carità sono sempre perle musicali... ma..Lui ha inciso e suonato anche altre cose notevoli... sbaglio...?

 

va meglio ora...?

 

non avevo detto che non suonava bene...

con simpatia...

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Che dire se non che sono perfettamente d'accordo: la differenza fra un interprete di razza e un accarezzatore di mobili (rubando l'espressione al M° Gilardino) credo stia proprio nel fatto di essere "usciti dalla stanzina".

 

La stanzetta è un habitus mentale. Ci sono chitarristi che ne sono schiavi fisicamente (non si muovono dalla propria città neanche se gli sparano) ed altri che pur viaggiando a destra e a manca la stanzetta se la portano "dentro". La stanzetta (vera limitazione dell'orizzonte del pensiero) gli impedisce di riconoscere la bellezza (o la "verità") anche se vi ci sbattono il muso. Nella mia esperienza, volendo ricondurre questo discorso teorico ad una maggiore concretezza, ho potuto notare che quanto più uno strumentista è insicuro (per non voler dire "cialtrone", termine a me caro) tanto più procede per dogmi, si barrica dietro le sue intuizioni e rifiuta categoricamente l'idea di far parte di una scuola di pensiero perchè ciò minerebbe alla base l'alta considerazione che egli nutre per la propria originalità.

 

Discorso a parte meriterebbe la capacità di ascolto. Mi pare (e qui vorrei conferma o smentita da chi abbia esperienze simili o discordanti dalla mia) che moltissime persone (e moltissimi chitarristi a prescindere dal livello) ascoltino un concerto in una disposizione d'animo molto pericolosa: quella "comparativa". "Non suona come suonerei io"... "Non suona come su disco"... "Non suona come ha suonato l'anno scorso"... "Non suona come il mio idolo"... Etc etc...

 

Con questo non voglio dire che il pensiero critico di ognuno di noi possa prescindere totalmente l'esperienza e la comparazione ma che mi sembra fuorviante e fuorviato un giudizio basato aprioristicamente solo sulla comparazione.

 

 

Cordialmente

 

Catemario

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