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E' l'unica via per studiare musica.

Laureati?! Con una lezione di un'oretta a settimana!? Ma non facciamo ridere su! Allievi che studiano a mala pena... che vadano a ciapà i ratt come diciamo da queste parti.

Non sono assolutamente d'accordo.

Ci sono tante scuole private che sono solo specchietti per le allodole.

 

La realtà è che l'unica maniera di studiare bene musica è, appunto, quella di studiarla bene e con tanto sacrificio. Scagliersi un buon insegnante e poi studiare, studiare e ancora studiare.

La favoletta che in Conservatorio si studi "un'oretta a settimana", come dici tu, è stra-datata ed è buona solo per i fessi che preferiscono pagare anche cifre da capogiro per studiare col tale Maestro perché "sai, insegna in quella scuola importantissima", ma magari vi insegna per motivi che non hanno nulla a che fare con la sua preparazione. Poi magari ti insegna "un'oretta" ogni 15 giorni!

 

Ma non facciamo ridere su! Allievi che studiano a mala pena...

Forse queste sono le persone che conosci tu.

I miei alunni di II Livello sono arrivati anche a frequentare le lezioni quasi tutti i giorni, con un grandissimo dispendio di energie e impegno.

Anzi, con questi corsi, non per nostra volontà ma per uno sbagliato intendimento del cosiddetto "allargamento culturale", si è giunti addirittura a travalicare il limite accettabile per poter avere il tempo di studiare sullo strumento.

Altro che "un'oretta a settimana" :!:

 

Un'ultima per Cristiano.

Il mio, e credo anche il tuo, principale Maestro è stato Gilardino, che ha insegnato al Conservatorio di Alessandria per più di vent'anni. Non credo che Angelo sarebbe stato diverso per noi come maestro, se fosse stato il nostro docente di Conservatorio.

E' quindi la figura del docente ad essere importante, non certo quella del luogo dove insegna!

Cordialmente,

L

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ma a me sembra che il vecchio programma di compimento superiore fosse alquanto impegnativo, e nemmeno il programma di compimento medio era uno scherzo.

 

Lungi da me ogni intento polemico nei confronti del conservatorio come istituzione e lungi anche l'idea di criticare i programmi ministeriali ma io, sinceramente, tutta questa difficoltà negli esami di chitarra del vecchio ordinamento non l'ho mai trovata. Furbi o non furbi l'esame dovrebbe servire da termometro di una preparazione ampia e profonda. A titolo puramente esemplificativo mi permetto di riportare quello che io chiedo ai miei allievi del corso di Firenze: repertorio solistico (due programmi da concerto per anno) due concerti per chitarra ed orchestra alla fine dei due anni del mio corso superiore ed un programma di musica da camera. Nella mia immaginazione questo dovrebbe essere il minimo per dare un po' di credibilità ad un programma di studi. Questo ovviamente oltre il carico di studi, letture etc.. Poi, per dare un po' di "peperoncino" alla cosa, alla commissione è permesso scegliere il programma da concerto che il giovane candidato suonerà (con un mese di anticipo). Un po' come avviene in molte stagioni concertistiche, dove un direttore artistico capace chiede di presentare varie opzioni di programma. Magari poi gli si fa suonare, il secondo giorno di esame, il concerto con orchestra (anche con pianoforte per carità), si prevede una prova di musica da camera per vedere se un giovane è o non è in grado di fare un minimo di concertazione, se ha un po' di lettura all'impronta etc.

 

Sono convinto che babbuini et similia si terranno ben alla larga da me...

 

La realtà è che l'unica maniera di studiare bene musica è, appunto, quella di studiarla bene e con tanto sacrificio. Scagliersi un buon insegnante e poi studiare, studiare e ancora studiare.

 

 

Sono totalmente d'accordo. Nella mia formazione ho avuto la fortuna di avere dei maestri davvero straordinari. I miei maestri me li sono scelti. Non mi sono "capitati". Se c'era da fare kilometri la cosa non mi spaventava.

 

Circa la musica, a mio avviso, è possibile acquisire una buona preparazione solo essendo presenti a sè stessi. Senza menzogne. Avendo ben chiara la propria lista delle priorità. Se la priorità consiste nel "pezzo di carta" ben venga la maniera più breve e "furba" di ottenerlo. Naturalmente con il solo pezzo di carta sarà possibile turlupinare, circa il reale livello artistico, solo chi di musica capisce poco o niente.

 

Mi sembra di aver capito, trasversalmente, che su di una cosa siamo tutti d'accordo. E cioè che l'apprendimento della musica avviene in maniera "artigianale" grazie ad un vero maestro che le cose le sa e che è in grado di farle apprendere ad un allievo. In maniera diretta. Con l'applicazione costante dell'allievo e la presenza costante del maestro. A questo punto l'unico reale problema consiste nella scelta del maestro. Ho sempre pensato che per capire come insegna un maestro bastasse ascoltare i suoi allievi. Se essi (tutti o almeno più d'uno) ci piacciono, con buona probabilità avremo trovato il maestro che fa per noi. Se poi ci dovessimo anche trovare bene caratterialmente allora srà il non plus ultra.

 

Posto questo, posta la quantità e la facile reperibilità di informazione, posto che è possibile andare ad ascoltare maestri, allievi, concertisti et similia un po' dappertutto, mi domando come sia possibile la sopravvivenza di studenti il cui livello tecnico musicale è molto scadente. Come sia possibile che ancora si prepari giusto quell'oretta striminzita di repertorio che garantisce il passaggio dell'esame. Come sia possibile che ancora il repertorio di molti strumentisti sia legato ai programmi ministeriali. Come sia possibile che si perpetui un approccio cialtrone alla musica. Come possano sopravvivere tanti luoghi comuni già ampiamente sfatati.

 

E' tutta colpa degli allievi? Colpa dei maestri? Dei conservatori? Degli esami?

 

 

Cordialmente

 

Catemario


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Scusatemi se mi inserisco, ma non ho capito alcuni passaggi della vostra conversazione. I programmi ministeriali sono diversi da quelli che avete affrontato voi, e se sì cosa prevedevano? E poi vorrei chiedervi se considerate i programmi di quinto, ottavo e decimo anno più smplici o più impegnativi rispetto ai corrispondenti di pianoforte e violino.


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Inviato
ma a me sembra che il vecchio programma di compimento superiore fosse alquanto impegnativo, e nemmeno il programma di compimento medio era uno scherzo.

 

Lungi da me ogni intento polemico nei confronti del conservatorio come istituzione e lungi anche l'idea di criticare i programmi ministeriali ma io, sinceramente, tutta questa difficoltà negli esami di chitarra del vecchio ordinamento non l'ho mai trovata. Furbi o non furbi l'esame dovrebbe servire da termometro di una preparazione ampia e profonda. A titolo puramente esemplificativo mi permetto di riportare quello che io chiedo ai miei allievi del corso di Firenze: repertorio solistico (due programmi da concerto per anno) due concerti per chitarra ed orchestra alla fine dei due anni del mio corso superiore ed un programma di musica da camera. Nella mia immaginazione questo dovrebbe essere il minimo per dare un po' di credibilità ad un programma di studi. Questo ovviamente oltre il carico di studi, letture etc.. Poi, per dare un po' di "peperoncino" alla cosa, alla commissione è permesso scegliere il programma da concerto che il giovane candidato suonerà (con un mese di anticipo). Un po' come avviene in molte stagioni concertistiche, dove un direttore artistico capace chiede di presentare varie opzioni di programma. Magari poi gli si fa suonare, il secondo giorno di esame, il concerto con orchestra (anche con pianoforte per carità), si prevede una prova di musica da camera per vedere se un giovane è o non è in grado di fare un minimo di concertazione, se ha un po' di lettura all'impronta etc.

 

 

Scusi Edoardo, cerchiamo di rimanere con i piedi per terra e di non rimproverare le carrozze di non essere aeroplani. Intanto, io non ho scritto che il programma ministeriale di compimento superiore era "difficile", ho scritto invece, più verosimilmente, che era "alquanto impegnativo". Sulla serietà dell'impegno che occorre per mettere in piedi un programma di sessanta minuti con le costrizioni imposte dagli elenchi ministeriali non può esistere dubbio alcuno. Sulla difficoltà di tale programma, io non ho speso considerazioni semplicemente perché, tra le varie opzioni lasciate al candidato, è possibile compilare un programma più o meno difficile - ferma restando la serietà dell'impegno comunque necessario.

 

E qui veniamo al punto principale. Non è scritto da nessuna parte, nell'ordinamente fondativo dei conservatori di stato, tanto meno dopo la riforma, che le varie scuole di strumenti debbano essere frequentate soltanto da futuri concertisti. Si dà ragionevolissimamente il caso che molti allievi che frequentano il conservatorio vogliano soltanto istruirsi in modo da poter suonare decentemente uno strumento in orchestra, oppure - caso ancora più frequente - dedicarsi all'insegnamento della musica nelle scuole. In questi numerosissimi casi - molto più numerosi di quelli di aspiranti all'attività concertistica - imporre programmi di esame con profilo di tipo virtuosistico sarebbe, oltre che un'assurdità, un'ingiustizia dal punto di vista dei diritti del cittadino: a chi voglia fare il medico condotto non si chiede una specializzazione in neurochirurgia o in cardiochirurgia, e le università non si sognano di andare a controllare se coloro che aspirano modestamente a conseguire una laurea in lettere per insegnare alla scuola media o al liceo sappiano scrivere come Gadda o Calvino.

 

Quindi, nel vecchio e ora superato ordinamento, i programmi di esame - con le loro evidenti parzialità - tendevano ad accertare che il candidato avesse svolto correttamente una "pratica" abilitante. Che poi questa verifica non garantisse che chi la superava fosse un concertista, mi sembra ovvio: la scuola pubblica è, dev'essere per tutti, e non soltanto per pochi eletti. Se la scuola nella quale Lei insegna ha invece un profilo che seleziona soltanto aspiranti all'attività concertistica, è giusto, e direi normale, che i programmi siano adeguatamente rinforzati.

 

Trovo normalissimo che, nello stesso stato, ci siano scuole musicali ordinarie, intese a fornire una preparazione generale media, e scuole musicali specializzate, intese a rifinire in ambiti molto specifici la preparazione dei candidati. Non trovo giusto ascrivere ai conservatori colpe che non hanno. Semmai, si può e si deve riflettere sulla fisionomia assunta dagli studi dopo la riforma, e qui si addensano, secondo me, nubi fosche all'orizzonte.

 

dralig


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Sulla serietà dell'impegno che occorre per mettere in piedi un programma di sessanta minuti con le costrizioni imposte dagli elenchi ministeriali non può esistere dubbio alcuno. Sulla difficoltà di tale programma, io non ho speso considerazioni semplicemente perché, tra le varie opzioni lasciate al candidato, è possibile compilare un programma più o meno difficile - ferma restando la serietà dell'impegno comunque necessario.

 

Non devo essermi spiegato bene. A mio avviso sessanta minuti di repertorio (anche difficilissimo) non bastano. Neanche come infarinatura. Neanche aggiungendogli gli altri sessanta minuti dell'ottavo. E' troppo poco. Un allievo dovrebbe conoscere un repertorio adeguato. Qualcosa che gli permetta di poter dire di conoscere il linguaggio del tale o talaltro compositore. Un aspirante concertista (ma anche un dignitoso strumentista) è costretto ad usare la sua buona volontà, i propri soldi, il proprio tempo per cercare altrove le informazioni che gli mancano. Se è intelligente.

 

 

Quindi, nel vecchio e ora superato ordinamento, i programmi di esame - con le loro evidenti parzialità - tendevano ad accertare che il candidato avesse svolto correttamente una "pratica" abilitante. Che poi questa verifica non garantisse che chi la superava fosse un concertista, mi sembra ovvio: la scuola pubblica è, dev'essere per tutti, e non soltanto per pochi eletti.

 

E chi dice il contrario?

 

Se l'obiettivo principale dei conservatori è quello di formare impiegati che abbiano i "requisiti minimi" di legge, mi sembra che stiamo dicendo la stessa cosa. Non mi sembra di aver auspicato di avere specializzazioni particolari (che neanche quattro programmi da concerto garantiscono) ma una preparazione strumentale che vada un tantinello oltre l'infarinatura. Ad un medico condotto si richiede di saper diagnosticare i malesseri più comuni e di farsi giustamente da parte (invocando cure specialistiche) quando non è in grado di garantire una diagnosi appropriata. Siccome invece i diplomati sono tutti uguali, nessuno sa chi sia un medico condotto e chi no. Anzi, alle volte, medici condotti dirigono ospedali e "spacciano" rimedi e magari (tanto per rendere la cosa più stimolante) rendono la vita difficile a bravissimi specialisti il cui unico difetto è di essere giovani...

 

Cordialmente

 

Catemario


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Sulla serietà dell'impegno che occorre per mettere in piedi un programma di sessanta minuti con le costrizioni imposte dagli elenchi ministeriali non può esistere dubbio alcuno. Sulla difficoltà di tale programma, io non ho speso considerazioni semplicemente perché, tra le varie opzioni lasciate al candidato, è possibile compilare un programma più o meno difficile - ferma restando la serietà dell'impegno comunque necessario.

 

Non devo essermi spiegato bene. A mio avviso sessanta minuti di repertorio (anche difficilissimo) non bastano. Neanche come infarinatura. Neanche aggiungendogli gli altri sessanta minuti dell'ottavo. E' troppo poco. Un allievo dovrebbe conoscere un repertorio adeguato. Qualcosa che gli permetta di poter dire di conoscere il linguaggio del tale o talaltro compositore. Un aspirante concertista (ma anche un dignitoso strumentista) è costretto ad usare la sua buona volontà, i propri soldi, il proprio tempo per cercare altrove le informazioni che gli mancano. Se è intelligente.

 

Nemmeno io devo essermi spiegato bene, anche se, rileggendo il messaggio che ho inviato ieri al riguardo, mi sembra che non dovrebbe dar luogo a equivoci. Ho detto - e ripeto, se pur con parole diverse - che un esame al conservatorio (p, per questo, in qualunque ordine di scuola) non è altro che una verifica a campione su un ben più vasto programma di studi che insegnanti e allievi devono avere svolto. Or bene, dopo che un candidato ha eseguito una Fantasia di Simone Molinaro o di Dowland, una Suite di Bach per liuto, una delle Sonate di Sor, la Sonata di Castelnuovo-Tedesco o la Cavatina di Tansman e, che so, "Nunc" di Petrassi, agli occhi di qualunque esaminatore onesto e competente non può sussistere il benché minimo dubbio residuale sulla qualità e sulla serietà della preparazione del candidato medesimo, e il fatto che al medesimo venga poi richiesto di eseguire un pezzo di un certo impegno dopo sole tre ore di studio spazza via ogni possibile interrogativo sulla solidità della preparazione, perché, lasciato a se stesso, il candidato non può avvalersi di altro che delle proprie capacità. Si aggiunga la prova orale, e il quadro è completo.

 

Io sostengo che, a certificare l'idoneità di un candidato a esercitare le attività a cui il diploma dà accesso, una prova del genere è del tutto valida. E che non occorre altro. Un altro programma da concerto potrebbe solamente duplicare l'evidenza già rivelatasi in precedenza: non si dà il caso, infatti, di repentine folgorazioni.

 

Ovviamente, il diploma di conservatorio non dà, in quanto tale, accesso all'attività concertistica, per esercitare la quale occorrono doti specifiche e preparazione corrispondente: sostengo che è fuori di luogo imporre a chi non ha mai inteso né dichiarato il proposito di fare il concertista di sostenere prove d'esame per superare le quali occorrono capacità da concertista. E' ingiusto, non soltanto nei confronti del candidato-musicista, ma anche - e soprattutto - nei confronti del candidato-cittadino, al quale si richiederebbero prestazioni tipiche di una professione alla quale il titolo rilasciato in cambio non prospetta, né tanto meno garantisce, alcun accesso. E un ricorso in tal senso avrebbe facilmente partita vinta, perché sarebbe legalmente fondatissimo.

 

 

 

 

 

Ad un medico condotto si richiede di saper diagnosticare i malesseri più comuni e di farsi giustamente da parte (invocando cure specialistiche) quando non è in grado di garantire una diagnosi appropriata. Siccome invece i diplomati sono tutti uguali, nessuno sa chi sia un medico condotto e chi no. Anzi, alle volte, medici condotti dirigono ospedali e "spacciano" rimedi e magari (tanto per rendere la cosa più stimolante) rendono la vita difficile a bravissimi specialisti il cui unico difetto è di essere giovani...

 

Cordialmente

 

Catemario

 

Temo che, interpretata così, l'analogia che io avevo proposto risulti fuorviante. Il medico condotto è automaticamente abilitato all'esercizio della sua professione dal titolo generico che ha conseguito; se vuole fare il dentista, l'otorinolaringoiatra o il cardiologo, dovrà specializzarsi e superare esami specifici di abilitazione. Lo stesso avviene per lo strumentista: se gli basta il diploma, perché vuole "soltanto" insegnare musica nelle scuole medie (e per fare questo dovrà seguire corsi di didattica della musica e superare esami specifici), non vedo perché lo si dovrebbe tormentare imponendogli di superare esami di strumento con quattro programmi da concerto, allo stesso modo in cui nessuno si sogna di imporre al medico generico il possesso di un paio di specializzazioni per poter esercitare dignitosamente in una semplice condotta.

 

Se allievi furbastri e di insegnanti complici aggirano la fondamentale serietà dell'ordinamento degli studi musicali, non è certo infittendo le prove d'esame che si sradicherà la mala pianta: chi inganna in una sessione d'esame, ingannerà in due o in tre sessioni. E saremo daccapo. Converrà quindi lasciare alla coscienza di ciascuno - allievo o docente - di decidere come comportarsi, perché purtroppo le leggi possono irrogare sanzioni a chi trasgredisce, ma non possono obbligare i cittadini a essere persone per bene, se non lo sono di per se stessi.

 

Inoltre, credo sia prudente evitare rappresentazioni in cui tutto il malaffare sta nei conservatori. Anche fuori dai conservatori, e cioè nei teatri, nelle società di concerti, nelle agenzie, nelle case editrici e discografiche, nella stampa di settore, troviamo il grano e il loglio abbondantemente mescolati, la propaganda che spaccia per straordinario quel che è qualsiasi, gli incarichi prestigiosi affidati per meriti di partito, di cosca o di alcova e non di valore artistico, le mezze tacche che si presentano come geni e quel sovvertimento del rapporto essere-parere contro il quale, da secoli, si è levata la voce di tanti maestri. Inascoltati.

 

dralig


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Mi sento decisamente in linea con il pensiero del maestro Gilardino:

 

A ben vedere, il vecchio diploma di strumento è fortemente incentrato al concertismo e lasciava ben poco a chi aspirasse ad una formazione musicale diversa. Che poi chi usciva poteva o no fare il concertista, questo è altro affare.

 

Chi , come me , ha frequentato anche l' universita' ( pre riforma- ora è una cosa vergognosa, a mio avviso) non poteva non notare una differenza forte tra le due istituzioni, a livello di indirizzo (le differenze sono molte anche sotto tutti gli altri aspetti):

 

La vecchia laurea in giurisprudenza, per parlare di ciò che conosco, costringeva ad un impegno severo per la vastità delle branche da conoscere, ma non "sfornava" penalisti o civilisti o costituzionalisti o tributaristi etc etc.

Lo si poteva divenire in seguito, scegliendo una professione o la prosecuzione degli studi come dottorando.

 

Il conservatorio, al contrario, non creava un musicista in un solo corso, ma uno strumentista ( che poi potesse essere concertista o no dipendeva da tanti fattori: bravura dell' allievo e del docente in primis, voglia di proseguire, etc).

 

Quello che voglio dire è che forte era la caratterizzazione dell' indirizzo, mentre modestissima la possibilità di ampliare la formazione oltre il proprio strumento: L' esame di "armonia" era ridicolo, antistorico ( una summa delle proibizioni di tutte le epoche) e assai poco formativo, davvero una infarinatura e basta, a prescindere dalla bravura dell' insegnante. E cio' solo perchè troppo breve il corso.

 

Faccio un esempio: fino al primo ottocento la concatenazione degli accordi, la prassi del basso continuo etc etc era imparata per imitazione e lunga educazione " uditiva" così come un bambino impara a parlare per imitazione. Non si insegna ad un bimbo a parlare partendo dalla grammatica e dalla sintassi. é innaturale. Quando sa parlare ,lo si fa prendere coscienza della regola.

 

Quindi il corso era sbilanciato e votato alla pratica dello strumento e basta.

Renderlo ancora piu' marcato in senso specialistico sarebbe stato a mio avviso, incomprensibile.

 

In tutte le professioni il titolo è solo un punto di partenza.


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frequentato anche l' universita' ( pre riforma- ora è una cosa vergognosa, a mio avviso)

 

E' sempre meglio il passato.

 

Il conservatorio era meglio prima; l'università era meglio prima; le superiori idem; le pensioni pure; prima trovavi un posto fisso per tutta la vita ora non sai nemmeno se avrai la pensione; non ci son più le mezze stagioni...


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non è un luogo comune, lo dico con cognizione di causa, se permetti.

 

L' universita' pre riforma aveva molti difetti, la riforma, anzichè risolverli, ne ha aggiunti altri.

 

Puo' essere positivo il giudizio su una istituzione che tende a svalutare un titolo che ormai si acquisisce con estrema facilita' vista la esiguità degli studi e l' inconsistenza dei programmi dei trienni???

 

 

 

non vorrei andare ot, ma se vuoi su un altro post possiamo continuare.


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Davide scrive:

L' universita' pre riforma aveva molti difetti, la riforma, anzichè risolverli, ne ha aggiunti altri.

 

Condivido, Davide.

E' giusto tendere al progressivo miglioramento delle cose, purtroppo non sempre il progresso coincide cambiamenti così profondi rispetto al passato.

 

Non c'entrano le mezze stagioni, pfr83, e comunque è dato scientificamente provato che la temperatura del pianeta si è modificata, negli ultimi secoli.... ;)

Per valutare obiettivamente avresti dovuto provare sulla tua pelle i due diversi ordinamenti universitari.

Chi si affaccia ora allo studio non può che valutare il presente, ma non sa che cosa gli è stato tolto.

 

In tutte le professioni il titolo è solo un punto di partenza.

 

E' l'unica speranza che accomuna le precedenti generazioni di studenti a quella attuale, perchè questo è sempre stato un po' vero, almeno in molti settori.

Sul conservatorio non mi esprimo, non conoscendo bene nè la vecchia nè la nuova struttura.

 

 

Butterfly

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