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Leggo su Specchio n. 535 (non è una delle riviste che preferisco, ma qualcosa di interessante ogni tanto c'è) un'intervista ad Michael Nyman (che dovrebbero essere un gran compositore, ma ammeto la mia ignoranza e non so chi è :oops: ).

 

Comunque a domanda dell'intervistatore (Alain Elkann): "Lei come lavora?", il suddetto risponde:

 

"Mi siedo al pianoforte alle otto, nove di mattina e lì mi vengono le idee... La musica così, al piano, perchè le migliori idee vengono sempre quando suono"

 

Ora, ricordo vecchie discussioni in cui il M° Gilardino sosteneva che quei chitarristi-compositori che improvvisano qualcosa sulla tastiera e poi scarabocchiano le loro idee su uno spartito, tutto si posson dire tranne compositori (è una mia interpretazione, Gilardino la disse meglio).

 

Ebbene io vi chiedo: sul piano si può comporre e sulla chitarra no? Oppure ciò detto per i chitarristi-compositori vale anche per i pianisti-composiori?

In soldoni: il vero compositore è quello che ha la musica solo nella testa?

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A me Nyman piace molto.

 

Oggettivamente il pianoforte è uno strumento da composizione, hai tutte le note a disposizione nelle diverse ottave e avendo un background teorico puoi mettere le dita dove vuoi senza preoccuparti di cosa suona e come.

 

La chitarra è molto più truffaldina dal punto di vista meccanico, infatti una grande parte delle composizioni dei chitarristi-compositori è scritta sulle capacità tecniche del chitarrista-compositore di turno: le idee musicali diventano una conseguenza del grado di abilità manuale.

 

Ovviamente ci sono le eccezioni (Bodganovich era -o è non saprei - anche un ottimo chitarrista) e se uno sa cosa vuole può anche scrivere con la chitarra in mano.


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A me Nyman piace molto.

 

Oggettivamente il pianoforte è uno strumento da composizione, hai tutte le note a disposizione nelle diverse ottave e avendo un background teorico puoi mettere le dita dove vuoi senza preoccuparti di cosa suona e come.

 

La chitarra è molto più truffaldina dal punto di vista meccanico, infatti una grande parte delle composizioni dei chitarristi-compositori è scritta sulle capacità tecniche del chitarrista-compositore di turno: le idee musicali diventano una conseguenza del grado di abilità manuale.

 

Ovviamente ci sono le eccezioni (Bodganovich era -o è non saprei - anche un ottimo chitarrista) e se uno sa cosa vuole può anche scrivere con la chitarra in mano.

 

Lo strumento per i quale si scrive dev'essere sempre presente - è ovvio, altrimenti si rischia di scrivere qualcosa che non funziona. Quando si dice comporre senza strumento, non s'intende dire "ignorando lo strumento", ma "senza averne bisogno": sono due cose ben diverse. Il compositore che si è formato provenendo dalla pratica della chitarra invece che da quella del pianoforte, proprio in quanto ha un cervello da compositore, dopo qualche anno passato a suonare e a leggere musica con la chitarra, ha assimilato lo strumento nella propria mente (gli psicoanalisti di vecchia scuola direbbero che l'ha "introiettato"), al punto che può immaginare perfettamente una tastiera di chitarra e i relativi suoni, senza aver bisogno di imbracciare lo strumento. Il compositore immagina i suoni e li scrive, e se scrive per chitarra, nel momento stesso in cui scrive le note, immagina automaticamente anche la tastiera e la diteggiatura, e magari scrive anche quella - t per informare il futuro lettore di quello che aveva in mente mentre scriveva. Questo s'intende per comporre senza strumento: far ricorso a uno strumento virtuale che si ha nella propria cognizione, e che esime dalla necessità materiale di suonare materialmente quello che si scrive. E' una condizione ideale? No, è normale. D'altronde, quando si compone, che so, per quattro chitarre, che si fa, si convoca un quartetto?

 

Nulla che vedere con l'operazione del cercare su una chitarra note che altrimenti non verrebbero mai in mente, e nel trascrivere su un incolpevole pentagramma i risultati di tali operazioni babbuinesche: chiamare composiitore chi adopera un processo del genere è come chiamare Schumacher uno che sale su un taxi.

 

dralig


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D'altronde, quando si compone, che so, per quattro chitarre, che si fa, si convoca un quartetto?

dralig

 

Mi hai fatto venire in mente un'immagine terrificante: un chitarrista dotato di otto braccia che scrive per quartetto di chitarre suonandole tutte e 4 contemporaneamente.

 

 

:shock:

 

Per me il concetto di introiettare (oddio a volte la lingua italiana si prende gioco di sè) è ancora valido...magari aggiornato, ma pur sempre valido.


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La prima cosa che mi viene in mente è di non credere ai compositori :lol: Aldilà della battuta un conto è fare una cosa, un conto è descrivere il proprio fare-quella-cosa. Vorrei evitare inutili complicazioni sul piano epistemologico, ma non è sicuramente il miglior osservatore di se stesso Nyman, anche perché cosa significa "le migliori idee mi vengono sempre quando suono" detto da un compositore di quel rango?...nulla a che vedere con una sorta di esperimento mentale che ognuno di noi può fare cercando di mettersi nei panni "del personaggio": sarebbe come cercare di immaginare cosa "provava" Michelangelo nel togliere il superfluo da un blocco di marmo. In senso psicologistico e brutalmente soggettivo magari era proprio convinto di liberare davvero le figure già contenute nel marmo. :shock: Mi ricordo un intervento al convegno di chitarra di Pontedera, nel quale si opponeva alla tesi del nostro caro Attademo che gli odierni chitarristi-compositori sono un passo indietro nell'evoluzione "linguistica" dello strumento, che Stravinskij aveva dichiarato di aver composto mettendo le mani a caso sul pianoforte (l'episodio della biografia del compositore russo più vicino credo siano gli accordi di Petrouscka, composti da sequenze "visive" di tasti-neri/tasti-bianchi)...il punto è che cosa "significasse" per Stravinskij "buttare" le mani a caso...nulla che ci possiamo immaginare. Un compositore non deve dar prova di saper descrivere cosa fa (se ne è consapevole tanto meglio, ma è dote rara..di solito ce l'hanno i tedeschi dal nome sinistro...o i piemontesi capricciosi), ma lo deve saper far bene: la composizione, per quel che ne posso pensare, non può prescindere dall'esecuzione (neppure in quei compositori in cui è solo l'immaginazione a lavorare, come accadeva ad esempio a Verdi), ma non ne è certo una costola. I processi astrattivi, di elaborazione, ecc... che Nyman compie seduto a quel pianoforte basterebbero a tenere occupati tutti i PC della terra: non credo che il pianoforte gli suggerisca qualcosa, forse è vero il contrario...


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Almeno un commodore 64.................................


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kokis80 ha scritto:...il punto è che cosa "significasse" per Stravinskij "buttare" le mani a caso...nulla che ci possiamo immaginare.

...

 

 

non ho capito

 

Rispondendo a prf, stavo semplicemente cercando di chiarire che l'affermazione di un compositore come Nyman è un po' truffaldina, come lo è l'idea che Stravinskij "buttase" le mani a caso sul pianoforte come molti di noi possono fare: sono affermazioni che, relativizzate, hanno ben poco a che vedere con il significato che intuitivamente attribuiamo loro. Tutto qua: tanto mi sembra poco esplicativa la formula di Nyman, quanto quella rispetto a Stravinskij.

 

mh

non sono d'accordo sull'origine della dote

 

forse ce l'hanno anche gli assiro-milanesi... :lol:

 

non credo che sia questo il termine della questione...la questione si ricollega a quella della'atlro topic cioè: da sempre la musica è gioco tra regola e invenzione

 

ammazza, quando solo senti un beep da windows che si pianta c'hai la campanella che ti suona...in realtà credo che in questo caso la dialettica tra regola e invezione c'entri poco.

Il quesito posto da prf era di altro segno, e cioè se un compositore possa essere guidato in qualche modo da un gesto nella composizione, se sia possibile che uno struemtno (come il painoforte) gli indichi la via come la stella ai magi: ciò che voleva sintetizzare la battuta dei PC era semplicemente che, aldilà delle operazioni "coscientemente manifeste" allo stesso compositore, le sue azioni e i suoi pensieri sono così complessi dal non poter avere solo a che fare con tale "gesto". Quando Nyman descrive il suo operato in quel modo, probabilmente è molto lontano dal riuscire a descrivere in che modo lavora effettivamente


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Il quesito posto da prf era di altro segno' date=' e cioè se un compositore possa essere guidato in qualche modo da un gesto nella composizione, se sia possibile che uno struemtno (come il painoforte) gli indichi la via come la stella ai magi]

 

Comporre è un'operazione complessa guidata dala mente, e può riferirsi e appoggiarsi a (o essere ostacolata da) una quantità imprevedibile di agenti esterni, la cui influenza può essere valutata solo da compositore stesso. Ho conosciuto bravi compositori (Franco Margola ad esempio) che amavano scrivere seduti a un tavolino del caffè che frequentavano abitualmente, per nulla molestati dall'andirivieni, dalle chiacchiere e dai rumori. Altri, come Dodgson, hanno scritto le loro opere migliori rifugiandosi per un mese in un bosco e in una casa diroccata, lontani dal consorzio civile. In questa sfera di influssi esterni va considerato anche l'uso di uno strumento, che può soggettivamente risultare utile o dannoso

Personalmente, lo evito come la peste: con la chitarra in grembo, mi si svuota la testa di ogni capacità di immaginare musica non ancora scritta, e mi vengono solo in mente idee altrui. Rarissimamente mi è capitato, all'epoca degli Studi, di dover consultare corde e tastiera per assicurarmi di stare scrivendo quello che avevo in mente e non un'altra cosa. E francamente ci rimasi male, perché scoprii che la mia mente musicale non era ancora abbastanza sviluppata. Oggi non è più così. Stravinskij diceva di comporre sempre al pianoforte. La sua affermazione, secondo me, è da intendere nel senso in cui Margola amava comporre al caffè. Conforti esterni. Se venissero meno, l'autore - che ha il sacrosanto diritto di procurarseli - si sentirebbe meno a suo agio.

 

dralig


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Il quesito posto da prf era di altro segno' date=' e cioè se un compositore possa essere guidato in qualche modo da un gesto nella composizione, se sia possibile che uno struemtno (come il painoforte) gli indichi la via come la stella ai magi]

 

Comporre è un'operazione complessa guidata dala mente, e può riferirsi e appoggiarsi a (o essere ostacolata da) una quantità imprevedibile di agenti esterni, la cui influenza può essere valutata solo da compositore stesso. Ho conosciuto bravi compositori (Franco Margola ad esempio) che amavano scrivere seduti a un tavolino del caffè che frequentavano abitualmente, per nulla molestati dall'andirivieni, dalle chiacchiere e dai rumori. Altri, come Dodgson, hanno scritto le loro opere migliori rifugiandosi per un mese in un bosco e in una casa diroccata, lontani dal consorzio civile. In questa sfera di influssi esterni va considerato anche l'uso di uno strumento, che può soggettivamente risultare utile o dannoso

Personalmente, lo evito come la peste: con la chitarra in grembo, mi si svuota la testa di ogni capacità di immaginare musica non ancora scritta, e mi vengono solo in mente idee altrui. Rarissimamente mi è capitato, all'epoca degli Studi, di dover consultare corde e tastiera per assicurarmi di stare scrivendo quello che avevo in mente e non un'altra cosa. E francamente ci rimasi male, perché scoprii che la mia mente musicale non era ancora abbastanza sviluppata. Oggi non è più così. Stravinskij diceva di comporre sempre al pianoforte. La sua affermazione, secondo me, è da intendere nel senso in cui Margola amava comporre al caffè. Conforti esterni. Se venissero meno, l'autore - che ha il sacrosanto diritto di procurarseli - si sentirebbe meno a suo agio.

 

dralig

 

Sono assolutamente in linea con quello che dice, Maestro: fatta salva la possibilità di comporre per un autore ovunque, comunque e in qualunque modo (se gli sia necessaria una penna blu o un lapis viola), sono convinto che il nodo centrale stia da un'altra parte. Sono confortato dal fatto che anche un compositore (di quelli dal raro dono di capire in senso quasi analitico quello che fanno) confermi alcune intuizioni che ho.


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Sono assolutamente in linea con quello che dice, Maestro: fatta salva la possibilità di comporre per un autore ovunque, comunque e in qualunque modo (se gli sia necessaria una penna blu o un lapis viola), sono convinto che il nodo centrale stia da un'altra parte. Sono confortato dal fatto che anche un compositore (di quelli dal raro dono di capire in senso quasi analitico quello che fanno) confermi alcune intuizioni che ho.

 

Dobbiamo inoltre considerare un fatto importante, del quale finora non si è detto nulla: comporre con uno strumento alla mano può risultare effettivamente utile solo nel caso in cui si stia scrivendo un pezzo per quello strumento e basta. Se si scrive anche solo per un duo di violino e pianoforte, adoperare il pianoforte porta il compositore in un ambito fittizio, in cui solo la parte pianistica è rappresentata realmente, mentre l'altra è simulata. A questo punto, a che cosa serve lo strumento? Serve solo nel caso in cui l'autore non riesca a scrivere correttamente le note che pensa: ma allora, non è un compositore, deve tornare al corso di solfeggio e dettato musicale. Lo stesso discorso vale per i programmi di notazione con annesso playback: lì la simulazione è ancora più insidiosa, perché con Finale si può scrivere una scala cromatica per arpa, con semicrome in tempo rapido: il programma la farà ascoltare impeccabilmente, ma in realtà è una cosa ridicola oltre che impossibile. Quindi, nel caso di uno Stravinskij, possiamo concludere che il pianoforte è un appoggio esterno (Castelnuovo-Tedesco non usava il pianoforte per comporre, ma fumava, ed era praticamente la stessa cosa, se non che gli abbraviò la vita). Dobbiamo fare un'eccezione per i chitarristi-compositori che cercano le idee sulla tastiera e poi trascrivono le note trovate con le dita? Siamo seri, se quelli sono compositori, allora io sono il centravanti della nazionale.

 

dralig

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