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Inviato

L'unica cosa che mi fa inc........re :) (simpaticamente) è il fatto che .......come si fa a chiamare un opera d'arte Studio N. ?????????????? Non è meglio solo Noche Oscura ???

 

Mi venga un colpo...

Ma il titolo è Noche Oscura.

 

:lol::lol::lol: Mago, Waller... Matteo.... Sei MITICO! :lol::lol:

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L'unica cosa che mi fa inc........re :) (simpaticamente) è il fatto che .......come si fa a chiamare un opera d'arte Studio N. ?????????????? Non è meglio solo Noche Oscura ???

 

Mi venga un colpo...

Ma il titolo è Noche Oscura.

 

Il titolo è Noche Oscura ???????

Io ho consigliato di togliere il numero a Gilardino e mi ha detto che ci avrebbe riflettuto su quello che stavo dicendo !!!

Ma guarda Porqueddu che ti sbagli il titolo è studio n.10 Noche Oscura

:P


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Giallo

Help Help Help Gilardino

 

Come si chiama esattamente Noche Oscura, c'è davanti un numero oppure no ????????


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Inviato
Giallo

Help Help Help Gilardino

 

Come si chiama esattamente Noche Oscura, c'è davanti un numero oppure no ????????

 

Previa accurata consultazione dei volumi in questione, confermo: Studio n. 23, Noche oscura (Omaggio a san Juan de la Cruz). Mistico spagnolo del sec. XVI, carmelitano. Lo studio fu scritto nel 1983 a Lagonegro. Pioveva - è l'unica cosa che ricordo. Cioè, pioveva nel senso che pioveva anche nella stanza d'albergo in cui ero ospitato. Stavo leggendo i poemi di san Juan de la Cruz (poeta oltre che santo, altro che dralig!), e in fatto di noche oscura, a quei tempi avevo le...idee chiare.

 

dralig


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Il motivo di non dare un titolo ad una composizione serve a offrire molteplici piani di interpretazione a chi legge (o ascolta) il brano, senza veicolarne in alcun modo la lettura e le sensazioni che provoca.

 

Nel caso delle opere strumentali, la musica offre uno dei suoi lati più suggestivi, cioè la sua impalpabilità, avendo il potere di non dire mai completamente quello che intende offrire e dimostrando quanto possa essere libera e in(de)finita. Un oceano.

 

Nessun titolo può catturare completamente l'essenza di un brano musicale, ma può solamente suggerire un percorso, un sentiero.

 

Senza entrare nel merito della complessa questione, e solo perché la discussione è nata riguardo uno studio di AG, vorrei precisare che quasi tutti i 60 studi hanno un titolo e un sottotitolo: ad esempio, Elegia di marzo (Omaggio a Juan Ramon Jimenez), Ophélie (Omaggio ad Arthur Rimbaud), etc. La numerazione serve a identificarli velocemente - essendo i chitarristi in genere poco inclini alle arti e alla letteratura, al di là di quello che chiamano "il nostro strumento", torna loro più facile riferirsi gergalmente al "quattordici di Gilardino", come al "due di Villa-Lobos". Poi, per i più "colti", ci sono i titoli letterari. L'autore non è un esperto di marketing, ma ha un editore che si, lo è, e dannatamente bravo. Infatti, dai suoi dati risulta che gli Studi "vendono" , rispetto alle altre opere del medesimo autore, nella proporzione di venti a uno.

 

dralig


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Titolare una composizione è un momento piuttosto delicato, almeno per me.

 

Se l'imput poetico è presente a priori, se è cioè qualcosa che suggerisce al compositore la necesiità di scrivere in relazione alla sollecitazione ricevuta, se ne esce con una certa facilità; al contrario, quando si tratta di legare delle parole a qualcosa che è stato scritto scaturendo da un recondito meandro della coscienza il discorso si fa più sottile.

 

Si rischia di appiccicare un titolo che vale quanto un altro, e la cosa è grave.

 

Allora bisogna fermarsi e cercare di capire da dove arriva ciò che si è scritto e perchè; nel caso della mia ultima composizione, un brano di 8 minuti con una sezione centrale tecnicamente temeraria, una settimana di riflessioni ha portato al seguente risultato:

 

Novembrina (The anatomy of melancholy #1)

 

Sorprendentemente, anche nel mio piccolo ho avuto a che fare con l'acqua, quella che picchiava sul terrazzo e quella che improvvisamente ha preso a trasudare dal muro, proprio come un incontenibile umore fisiologico della letteratura secentesca.


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Inviato
Titolare una composizione è un momento piuttosto delicato, almeno per me.

 

Se l'imput poetico è presente a priori, se è cioè qualcosa che suggerisce al compositore la necesiità di scrivere in relazione alla sollecitazione ricevuta, se ne esce con una certa facilità; al contrario, quando si tratta di legare delle parole a qualcosa che è stato scritto scaturendo da un recondito meandro della coscienza il discorso si fa più sottile.

 

Si rischia di appiccicare un titolo che vale quanto un altro, e la cosa è grave.

 

Allora bisogna fermarsi e cercare di capire da dove arriva ciò che si è scritto e perchè; nel caso della mia ultima composizione, un brano di 8 minuti con una sezione centrale tecnicamente temeraria, una settimana di riflessioni ha portato al seguente risultato:

 

Novembrina (The anatomy of melancholy #1)

 

Sorprendentemente, anche nel mio piccolo ho avuto a che fare con l'acqua, quella che picchiava sul terrazzo e quella che improvvisamente ha preso a trasudare dal muro, proprio come un incontenibile umore fisiologico della letteratura secentesca.

 

Va bene novembrina, va bene melanconia (perché il titolo in italiano e il sottotitolo in inglese?), ma anatomia no. Disgustoso. Il pezzo è buono, non sgambettarlo con quella parola nel titolo.

dralig


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M.° Gilardino, mi ha attribuito una frase scritta dal M.° Tampalini. :oops:

I Suoi Studi "vendono" perchè sono molto belli.

 

 

 

Butterfly


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Va bene novembrina, va bene melanconia (perché il titolo in italiano e il sottotitolo in inglese?), ma anatomia no. Disgustoso. Il pezzo è buono, non sgambettarlo con quella parola nel titolo.

dralig

 

anatomia per me è la cosa più bella di quel titolo

compresa la mescolanza di lingue

 

(a proposito di coincidenze Alfredo...sto scrivendo una cosa da camera piuttosto sfiancante, che gira intorno all'"anatomia") :lol:

 

Lei è Ezechiele Lupo, e Alfredo è Gimmi.

 

dralig


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Brrrr che messaggio pungente Maestro Gilardino

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