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Ospite Nicola Mazzon
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Ma non mi pare che nessuno qui abbia detto che sono da buttare quel tipo di musiche.

All'inizio del topic era stato denunciato il fatto che la chitarra secondo te Maurizio era tenuta in un angolo dagli enti culturali rispetto altri tipi di strumenti giusto?.

Allora, se si ritengono adatte alla propria personalità questo tipo di musiche e riescono bene anche a livello di successo del pubblico benissimo!

Ma non si può però lamentarsi di non essere presi in considerazione dalle società culturali e musicali, loro richiedono da un musicista che sia proposta musica di un certo valore artistico, come dicevo prima non possono tenere ad uguale merito ad esempio un duo pianoforte-violino che mi fa le sonate di Brahms o che ne so di Elgar con un chitarrista che sfoggia i suoi brani ad effetto come facevano 300 anni fa i cantanti con le loro arie di baule.

Ognuno è libero di suonare tutto, tutto si può suonare, ma poi non ci si deve lamentare se non si è presi in considerazione.

 

F

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Signori, ieri è successa una cosa che mi ha sconvolto, a conferma del fatto che ci sono tuttora in circolazione docenti di conservatorio e rispettivi alunni che non hanno la capacità di scindere l'armonia classica o romantica dalla musica Jazz. Mi è stato detto che una successione tipica del linguaggio Jazz o leggera, è l' Armonia con la A maiuscola, ed è unica, e pergiunta usata da beethoven, bach, mozart...Questo mi è stato detto a lezione!! E così io ho dovuto litigare con il mio docente di chitarra (o presunto tale) per affermare una cosa ovvia, che tra musicisti non c'è bisogno di dirlo. Ahimè, ho dovuto anche subire insulti, paragoni improbabili con altri suoi allievi che a detta sua "conoscono l'armonia", intendendo così dire che suonano Jazz...Signori c'è ancora in giro gente così...


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Le variabili sono tante che risulta difficile intendersi; provo a dire come la intendo (e come la vivo) io.

 

E’ certo che non basta che una musica sia “complessa” per essere bella, né che non lo sia per essere brutta o superficiale.

E’ anche vero che il legame tra produzione musicale “colta” ed un substrato di origine “popolare” è difficilmente negabile guardando la storia della musica: basti pensare a quello che ha generato il canto gregoriano, o il corale.

Ma la storia della musica è piena di nessi di questo tipo. Credo che veramente nessuno metta in dubbio la grandezza di Chopin, ma neanche quella di Albeniz, De Falla o Villa-Lobos, a causa delle influenze che la musica del loro popolo ha avuto nella loro opera. Ma si trovano queste influenze anche nei clavicembalisti (Scarlatti, Rameau), in Haydn, Boccherini…gli esempi sarebbero innumerevoli; insomma mi pare molto più difficile documentare uno iato tra “colto” e popolare” che un radicamento del colto nel popolare.

 

E’ vero anche che esiste, in particolare oggi, una musica “di consumo” legata ad una “massificazione” che con la vera cultura popolare c’entra poco o nulla; diciamo che tanta “musica da discoteca” è così.

Il contraltare di questo è una musica arida e “cervellotica” che, come dicevo, non è migliore solo perché è altamente intellettualizzata. Questi due generi sono in contrasto tra loro, ma sono entrambi in contrasto con la tradizione musicale europea nella quale l’intellettuale era parte del popolo e della cultura da cui nasceva; nella quale il genio esprimeva, in modo che non avrebbe potuto fare chiunque, qualcosa che però era riconoscibile, almeno in qualche modo, come appartenente ad una cultura condivisa. Per cui il “popolo” riconosceva i suoi figli geniali.

Lo esprimeva Alirio Diaz quando scriveva nella sua autobiografia: “Non avrei potuto chiedere alla mia infanzia, alla mia gente e ai miei villaggi un migliore substrato spirituale, musicale e umano”.

 

Anche oggi per me studiare e proporre autori che “pescano” nella linfa di una cultura popolare, utilizzando bene i ferri del mestiere del compositore preparato, è un respiro ed un aiuto a far respirare anche chi ascolta. (Il problema della trascrizione mi sembra tutto sommato veramente secondario, e credo che lo sia anche per chi organizza concerti; come sempre in arte occorre giudicare il risultato artistico e non criticare a priori una operazione). Mi piace anche, per lo stesso motivo, suonare autori contemporanei nei quali, al di là delle scelte linguistiche, la consapevolezza di essere un intellettuale cerca di non essere slegata dalla necessità di parlare in qualche modo a tutti, secondo quella idea di musica come “elemento di comunione col prossimo e con l’Essere” tanto cara a Stravinski.

Invece cerco di stare alla larga sia dalla musica banalmente commerciale che da quella aridamente cervellotica ("Ha l'ingegno, ma non ha il giudizio" dice un arguto detto popolare romagnolo; si potrebbe applicare a tanti "intellettuali"... )


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A questo punto, sarebbe per me importante chiedere il parere del M° Gilardino sul livello artistico delle composizioni di Albeniz, Domeniconi, Lauro.

Sono veramente di un livello così basso?

Mi scuso per la richiesta qualora il Maestro ritenga di non rispondere.

Con stima, Maurizio.

 

Non ho risposto prima perché non avevo seguito bene il thread e mi era sfuggito il Suo invito. Me ne scuso.

 

Albéniz è un autore tardo ottocentesco, che ha scritto principalmente musica per il suo strumento, il pianoforte, talvolta evocando atmosfere chitarristiche. La sua musica è bella, ispirata e, nella sua opera conclusiva, il ciclo pianistico "Iberia", dodici pezzi divisi in quattro quaderni, è uno dei capolavori della musica spagnola. Nessuno può mettere oggi seriamente in discussione il valore della sua opera. Le trascrizioni per chitarra di molti dei suoi lavori appartengono ormai al repertorio chitarristico per tradizione: non è più il caso di discutere se sia opportuno o no eseguirle. Piuttosto, è importante scegliere le trascrizioni migliori. Conviene studiare le prime (Tarrega trascrisse quattro pezzi di Albéniz, poi si aggiunsero le trascrizioni di Llobet e, su queste basi, Segovia elaborò le proprie, che si possono considerare come varianti delle trascrizioni dei maestri precedenti), e conviene lasciare da parte tutte le successive, che sono solo degli aggiustamenti individuali, più o meno riusciti, di quelle storiche. E' però importantissimo studiare un nuovo ciclo di trascrizioni da Albéniz realizzate dal chitarrista e musicologo statunitense (di origine britannica) Stanley Yates, che ha svolto una ricognizione completa su tutta l'opera pianistica del compositore catalano, scegliendo ben 26 pezzi. Molti di essi sono quelli già noti nelle trascrizioni storiche, ma ve ne sono altri mai trascritti prima. Yates ha fatto un lavoro molto ingegnoso e originale, diverso dai precedenti e, secondo me, decisamente migliore. Credo che, dal suo libro in poi, le trascrizioni storiche si possano considerare superate, a meno di volerle eseguire sugli strumenti d'epoca, come ha fatto molto bene Stefano Grondona. "Asturias", per esempio, è stata ri-trascritta da Yates in modo molto più efficace e musicale di quanto non risulti nella trascrizione di Segovia (che riprendeva una precedente trascrizione di Garcia Fortea).

 

Lauro è un chitarrista-compositore con doni melodici rari, capace di scrivere piccoli pezzi molto piacevoli, ispirati e di fattura impeccabile. La sua relazione con la musica popolare venezuelana è autentica, pulita, priva di intellettualismi e di sofisticazioni, e i suoi pezzi fanno parte del repertorio latino-americano per chitarra ai suoi livelli più elevati. Credo che non abbia ottenuto risultati altrettanto validi quando ha tentato la Sonata e il Concerto. Era un caratterista e un miniaturista, e non un compositore di grandi forme.

 

Non conosco la musica di Domeniconi abbastanza bene da potermene fare un giudizio. Ho solo ascoltato inevitabilmente il suo pezzo più famoso qualche volta nei concorsi, e mi è stata attribuita - da un collega tanto famoso quanto stupido e bugiardo - nei confronti di tale pezzo un'avversione della quale non ho mai dato il minimo segno. E' vero che ho forgiato un acrostico ("Aranbabazzolla") per etichettare il conformismo di molti chitarristi che si avventano sui pezzi alla moda, ma senza alcun disprezzo nei confronti dei titoli in questione, perché non ho nulla contro Aranjuez e contro Piazzolla (delle cui "Cinco Piezas" sono stato l'editor).

 

Non credo, francamente, che con questo tipo di repertorio i chitarristi potrano riqualificarsi nella programmazione musicale ai livelli ai quali era pervenuto Segovia, e dopo di lui Bream. Questo non significa che tale repertorio vada scartato, e non dà diritto a nessuno di irridere chi lo suona: occorre solo essere serenamente consapevoli del fatto che la musica di intrattenimento si rivolge a un pubblico che ama essere intrattenuto, divertito, stupito, e non può quindi persuadere e convincere ascoltatori abituati ad autori e musiche di maggior spessore. Allo stesso modo, chi si dedica al repertorio più elevato del Novecento deve essere serenamente consapevole del fatto che non potrà ottenere i favori di un pubblico vasto, e dovrà accontentarsi di farsi apprezzare da chi ha sviluppato le proprie conoscenze musicali e le proprie capacità di ascolto.

 

Non occorre che le due tendenze si costituiscano in fazione e si avventino l'una contro l'altra armate. Si possono criticare vicendevolmente e utilmente, senza ingiuriarsi.

 

dralig


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occorre solo essere serenamente consapevoli del fatto che la musica di intrattenimento si rivolge a un pubblico che ama essere intrattenuto, divertito, stupito, e non può quindi persuadere e convincere ascoltatori abituati ad ascoltare autori e musiche di maggior spessore.

 

E dalla consapevolezza costruire pensieri soggettivi. Credo che si tramuti tutto in una singola parola: realizzazione di sé.

 

Non occorre che le due tendenze si costituiscano in fazione e si avventino l'una contro l'altra armate. Si possono criticare vicendevolmente e utilmente, senza ingiuriarsi.

 

E' un dettaglio che a moltissimi sfugge. Rendersi conto che i due modi di porsi non sono in contrasto renderà il proprio lavoro piacevole e libero.

 

Aggiungo, per amor di completezza, che nessun utente in questo thread ha fatto un elenco di opere o repertorio 'scadenti' e che dagli obiettivi di chi fa arte dovrebbe essere esclusa la critica distruttiva del lavoro altrui.

Procedere per la propria strada. L'apprezzamento non deve essere una bussola.


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A mio parere, non c'è una musica giusta ed una sbagliata, suonare Koyunbaba o Asturias non è un reato contro nessun tipo di strumento.

 

Hai letto da qualche parte una affermazione del genere?

Ci sono quelle che si chiamano 'preferenze' - per fortuna - che possono essere discusse e argomentate (siamo qui per farlo) ma di 'giudici' di questo tipo se ne deve volentieri fare a meno.


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Gentilissimo Maestro, La ringrazio infinitamente per la Sua risposta. E' stato, come sempre, esaustivo nello spiegare le caratteristiche artistiche degli autori che sono stati citati.

 

 

Per quanto riguarda l'argomento centrale delgli ultimi messaggi, mi associo pienamente (lo si evince dai miei mess.) a quello che Lei ha detto sopra:

 

occorre solo essere serenamente consapevoli del fatto che la musica di intrattenimento si rivolge a un pubblico che ama essere intrattenuto, divertito, stupito, e non può quindi persuadere e convincere ascoltatori abituati ad autori e musiche di maggior spessore. Allo stesso modo, chi si dedica al repertorio più elevato del Novecento deve essere serenamente consapevole del fatto che non potrà ottenere i favori di un pubblico vasto, e dovrà accontentarsi di farsi apprezzare da chi ha sviluppato le proprie conoscenze musicali e le proprie capacità di ascolto.

 

Non occorre che le due tendenze si costituiscano in fazione e si avventino l'una contro l'altra armate. Si possono criticare vicendevolmente e utilmente, senza ingiuriarsi.

Ancora grazie.

Cordiali saluti.

Maurizio.


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Cristiano, adesso mi perdoni Lei, ma sarebbe stato più giusto riportare anche l'altra parte del discorso del Maestro:

Allo stesso modo, chi si dedica al repertorio più elevato del Novecento deve essere serenamente consapevole del fatto che non potrà ottenere i favori di un pubblico vasto, e dovrà accontentarsi di farsi apprezzare da chi ha sviluppato le proprie conoscenze musicali e le proprie capacità di ascolto.

come ho fatto io sopra.

Anche perchè così Lei fa capire che io suono anche quel tipo di brani solo per sentrimi applaudire, mentre, io credevo di essere stato chiaro nello spiegare che la mia è una scelta dettata dalla volontà di parlare a tutti (chitarristi e non)

Cordialmente,


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Cristiano, adesso mi perdoni Lei, ma sarebbe stato più giusto riportare anche l'altra parte del discorso del Maestro:
Allo stesso modo, chi si dedica al repertorio più elevato del Novecento deve essere serenamente consapevole del fatto che non potrà ottenere i favori di un pubblico vasto, e dovrà accontentarsi di farsi apprezzare da chi ha sviluppato le proprie conoscenze musicali e le proprie capacità di ascolto.

come ho fatto io sopra.

Anche perchè così Lei fa capire che io suono anche quel tipo di brani solo per sentrimi applaudire, mentre, io credevo di essere stato chiaro nello spiegare che la mia è una scelta dettata dalla volontà di parlare a tutti (chitarristi e non)

Cordialmente,

 

Mi sembra che, sia pure tangenzialmente, si sia toccato un punto importante, che forse vale la pena di sviluppare, alla ricerca di una maggior comprensione tra i soggetti diversamente interessati al far musica.

 

Anche i compositori che scrivono musica apparentemente difficile da comunicare tendono a comunicarla a tutti. Se non ci riescono, è a causa una serie di impedimenti culturali che si frappongono tra la loro opera e il pubblico. Tra la musica esistente nei suoi valori da comunicare e il pubblico, stanno gli interpreti. E' giusto che questi cerchino di realizzare il loro progetto di comunicazione e che, per fare questo, selezionino il repertorio che meglio lo asseconda.

 

Tuttavia, non è male domandarsi se, nel valutare le potenziali risposte del pubblico, e la loro stessa capacità di comunicare al medesimo la musica, i concertisti non commettano talvolta errori di sottostima e non si lascino vincere dal timore di chiedere troppo, a se stessi e ai loro ascoltatori. Questa domanda non ha nulla che vedere con una censura dei cercatori di applauso a buon mercato: non è di loro che si ragiona, ma dei musicisti che possono trovarsi in bilico tra il procedere su sentieri già battuti e garantiti e il rischiare intraprendendo qualche ricerca più avventurosa.

 

Ciascuno risponde per sé, è naturale, ma io credo che molti abbiano dimenticato di porsi la domanda.

 

dralig


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Mah, non voglio citare i miei concerti, ma proprio un concerto di John Williams (che già ho citato) al Teatro Massimo "V. Bellini" di Catania: premesso che la sala era piena di chitarristi, al termine del concerto ho sentito commentare ad una Signora abbonata al Teatro e che non aveva mai visto un concerto di chitarra: "mi è piaciuto da morire!"

Aver sentito questa frase mi ha fatto gioire, e credo che sia stato un piccolo successo per la "chitarra classica".

D'altro canto, non credo che il fatto che Williams abbia suonato, tra le altre cose, brani di Albeniz, Domeniconi, Lauro, H. Fernandez, Sojo, ecc, abbia abbassato troppo il livello...

 

Detto questo, prometto di inserire sempre (come facevo già) nei miei umili concerti anche (e soprattutto) musica di massimo livello chitarristico.

Saluto cordialmente tutti coloro che sono intervenuti in questo argomento.

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