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Nuovi CD di musica del XX e del XXI secolo

Paga e pubblica


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nessuno - dico nessuno - dei compositori che io conosco ha mai speso un centesimo per far pubblicare la propria musica.

 

So che alcuni. Non solo nella storia, Fernando Sor per esempio, dopo aver rotto con Messonnier, ma anche oggi. Una cosa da ricordare in tutta questa discussione è che né compositori contemporanei, né i loro editori mai fare soldi dalla vendita della carta stampata, soprattutto nell'era della macchina copia e la pirateria. I soldi in questo business è da royalties meccaniche per le prestazioni e la registrazione. Questo è il motivo per cui alcuni editori molto grande, mai realmente stampare qualsiasi cosa, e se lo fanno di stampa, è in piccole tirature delle edizioni mal progettato, preferiscono acquistare i diritti per composizioni di compositori che potrebbero rivelarsi di successo sulla scena dei concerti e lo studio di registrazione. Quindi, se un giovane compositore fa o non investire denaro nella pubblicazione della sua musica, è una questione secondaria alla sua volontà di impegnarsi esecutori e assicurare che la sua musica viene eseguita e registrata. I grandi editori hanno i mezzi per fare questo per un compositore. I piccoli come me non hanno il tempo o il denaro per fare questa promozione.

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nessuno - dico nessuno - dei compositori che io conosco ha mai speso un centesimo per far pubblicare la propria musica.

 

So che alcuni. Non solo nella storia, Fernando Sor per esempio, dopo aver rotto con Messonnier, ma anche oggi. Una cosa da ricordare in tutta questa discussione è che né compositori contemporanei, né i loro editori mai fare soldi dalla vendita della carta stampata, soprattutto nell'era della macchina copia e la pirateria. I soldi in questo business è da royalties meccaniche per le prestazioni e la registrazione. Questo è il motivo per cui alcuni editori molto grande, mai realmente stampare qualsiasi cosa, e se lo fanno di stampa, è in piccole tirature delle edizioni mal progettato, preferiscono acquistare i diritti per composizioni di compositori che potrebbero rivelarsi di successo sulla scena dei concerti e lo studio di registrazione. Quindi, se un giovane compositore fa o non investire denaro nella pubblicazione della sua musica, è una questione secondaria alla sua volontà di impegnarsi esecutori e assicurare che la sua musica viene eseguita e registrata. I grandi editori hanno i mezzi per fare questo per un compositore. I piccoli come me non hanno il tempo o il denaro per fare questa promozione.

 

Ciao Matanya, io credo che alcuni compositori, nel passato come oggi, abbiano investito del denaro nella pubblicazione delle loro opere, ma operando come imprenditori, cioè come editori di sé stessi, non come clienti di un editore. Quando leggiamo nella copertina di un'edizione ottocentesca "in vendita presso l'autore, etc.", constatiamo che il compositore aveva fatto stampare la musica a sue spese, e poi la vendeva direttamente ai suoi clienti. Questo è fare impresa, prendendosene i rischi. E' cosa diversa dal pagare un editore perché si degni di stampare la propria musica. Io immagino che tu debba rifiutare le proposte di molti autori: la musica non ti piace, non sei il tipo che si nasconde dietro scuse, glielo dici chiaro e tondo - com'è nel tuo stile alla John Wayne - e la cosa finisce lì. Non ho mai sentito dire - e nel nostro piccolo mondo si viene sempre a sapere tutto di tutti - che tu abbia chiesto soldi a un autore che non stimavi per pubblicare la sua musica. Se lo sentissi dire, risponderei che è una menzogna.

 

Sono d'accordissimo con te sul fatto che la vendita delle copie stampate della musica non rappresenti più una fonte di entrate per un compositore - e nemmeno per i suoi editori. A me, sembra opportuno mettersi d'accordo con il proprio editore e, rinunciando alle royalties cartacee, convertirne l'importo in copie da inviare in omaggio a coloro che si suppone possano essere interessati all'esecuzione o anche solo alla lettura. Invece di ricevere 100 dollari l'anno per la vendita della copie di un mio pezzo, preferisco far spedire 10 copie del medesimo a chitarristi che ritengo capaci di leggerlo e di capire che cosa vuol dire.

 

Ciao.

 

dralig

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Ciao Matanya, io credo che alcuni compositori, nel passato come oggi, abbiano investito del denaro nella pubblicazione delle loro opere, ma operando come imprenditori, cioè come editori di sé stessi, non come clienti di un editore. Quando leggiamo nella copertina di un'edizione ottocentesca "in vendita presso l'autore, etc.", constatiamo che il compositore aveva fatto stampare la musica a sue spese, e poi la vendeva direttamente ai suoi clienti. Questo è fare impresa, prendendosene i rischi. E' cosa diversa dal pagare un editore perché si degni di stampare la propria musica. Io immagino che tu debba rifiutare le proposte di molti autori: la musica non ti piace, non sei il tipo che si nasconde dietro scuse, glielo dici chiaro e tondo - com'è nel tuo stile alla John Wayne - e la cosa finisce lì. Non ho mai sentito dire - e nel nostro piccolo mondo si viene sempre a sapere tutto di tutti - che tu abbia chiesto soldi a un autore che non stimavi per pubblicare la sua musica. Se lo sentissi dire, risponderei che è una menzogna.

 

Sono d'accordissimo con te sul fatto che la vendita delle copie stampate della musica non rappresenti più una fonte di entrate per un compositore - e nemmeno per i suoi editori. A me, sembra opportuno mettersi d'accordo con il proprio editore e, rinunciando alle royalties cartacee, convertirne l'importo in copie da inviare in omaggio a coloro che si suppone possano essere interessati all'esecuzione o anche solo alla lettura. Invece di ricevere 100 dollari l'anno per la vendita della copie di un mio pezzo, preferisco far spedire 10 copie del medesimo a chitarristi che ritengo capaci di leggerlo e di capire che cosa vuol dire.

 

 

Non ho mai pubblicato niente che io non pensavo che fosse la musica di prima, e non ho alcuna intenzione di farlo in futuro. Ma in alcune occasioni in passato, ho fatto pubblicare musica che è stata completamente finanziata dal compositore. Non vedo nulla di sbagliato in questo, ed è, come fai notare, completamente in conformità con lunghe tradizioni storiche. Il mio problema principale è con compositori ignoranti che sono di talento con un sacco di ispirazione, ma che pensano di avere a disposizione la loro musica a stampa, è il modo più veloce per diventare molto ricco, e se non ricevono soldi da un editore, immediatamente pensano di essere derubati. Ho anche poco rispetto per i compositori che, una volta avuto il loro composizione pubblicate subito non pensarci e aspettiamo che la casa editrice per promuoverlo.

 

Nel nostro piccolo mondo, compositori, se non si prendono cura delle promozioni dirette della loro musica, come si fa, e si aspettano che l'editore di farlo per loro, vivono in un inesistente mondo dei sogni. Ho un magazzino pieno di tonnellate di musica di prima stampa che nessuno conosce e nessuno compra. Ho pubblicato alcuni di questa musica con la promessa dichiarata del compositore che questo o quel famoso esecutore eseguirà e registrare la musica, solo per scoprire che si tratta di una promessa vuota.

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questo è un post molto chiarificatore, scritto con onestà. Si può essere più o meno d'accordo, ma è un modo concreto di pensare e agire

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L'intervento di Matanya è molto interessante. Probabilmente è anche a causa di queste dinamiche se certi editori non si prendono nemmeno la briga di rispondere quando gli scrivi che saresti interessato ad instaurare una collaborazione non episodica...probabilmente non ci credono più...

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Ciò che afferma il M°Ophee contraddice le affermazioni di Dralig. Rileggendo un Fronimo di moti anni fa ho trovato un feroce battibecco tra i due con la musica di Giuliani oggetto del contendere. Anche in quell'occasione il M° Gilardino dava del "John Wayne" a Ophee per il modo suo modo di fare ricerca storica. Ma sul "paga e pubblica" è difficile credere che un editore sappia da solo distinguere se una tal musica vale o non vale, quindi di certo si affida ad esperti. Per me, se no crede in se stesso, si può fare, e poi... diciamo la verità, lo stesso discorso dovrebbe valere per i CD, per gl studi di registrazione, ecc. Chi dei tanti iscritti a questo forum che ha prodotto musica o CD può dire francamente di non aver contribuito alle spese?

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Chi dei tanti iscritti a questo forum che ha prodotto musica o CD può dire francamente di non aver contribuito alle spese?

 

Parlo per quello che mi riguarda.

I costi di registrazione e produzione per i primi 5 CD dell'integrale degli "Studi di Virtuosità e di Trascendenza" di Angelo Gilardino (Michelangeli Editore, la serie di CD distribuiti su Seicorde tra il 2005 e il 2006) sono stati coperti integralmente (e molto generosamente) da tre sponsor: due enti pubblici e una fondazione.

Ma è stato un caso limite dove l'unica persona a credere in ciò che stavo combinando era mio padre: l'editore l'aveva definito un "suicidio". Il compositore pensava fossi impazzito. Amici e colleghi reagivano alla notizia con "Tutti e sessanta?!".

Nonostante questo, nonostante lo sponsor (anche se tecnicamente è un pagamento all'editore), non mi sento di dire di avere pagato per pubblicare quella serie. Erano costi che non avrei mai potuto sostenere.

 

Da lì in poi non mi risulta avere sborsato un euro per pubblicare qualcosa, anzi, dopo quella fortunata serie accadde l'esatto opposto.

 

 

Ma sul "paga e pubblica" è difficile credere che un editore sappia da solo distinguere se una tal musica vale o non vale

 

Ma sta scherzando? Un editore deve fare proprio questo. Selezionare, scommettere, investire.

Altrimenti, per essere un editore, è sufficiente avere contatti con un paio di tipografie serie, due o tre tecnici audio e aziende che duplicano supporti ottici. Ma questa è rivendita al dettaglio.

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Quindi M° Porqueddu, da quello che afferma non è stato l'editore a scommettere sulla bontà del suo (immagino ottimo) lavoro ma qualcun altro: lei quindi o chi per lei, ha pagato la pubblicazione ed io sono assolutamente d'accordo. In questo modo la sua arte potrà circolare e se diverrà famoso considererà quei soldi spesi come un investimento.

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Quindi M° Porqueddu, da quello che afferma non è stato l'editore a scommettere sulla bontà del suo (immagino ottimo) lavoro ma qualcun altro

 

Io.

 

lei quindi o chi per lei, ha pagato la pubblicazione ed io sono assolutamente d'accordo.

 

No, non ho pagato di tasca e posso garantirle che, visti i costi, non avrei mai potuto procedere senza il sostegno degli sponsor. Quindi sì, l'editore è stato pagato ma non da me.

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Ciò che afferma il M°Ophee contraddice le affermazioni di Dralig.

 

No, non le contraddice per niente. Matanya afferma che non ha mai pubblicato nulla che non lo convincesse per la sua qualità. Basta questo a dissipare ogni dubbio: l'editore, per prima cosa, deve credere nel valore di quello che stampa. Poi, si possono dare molti casi specifici. Per esempio, esistono delle istituzioni che sovvenzionano la pubblicazione di determinate opere - un noto editore di musica per chitarra ha lavorato per 20 anni grazie ai finanziamenti di un ente statale - e questo indubbiamente facilita le cose, ma è ben diverso dal caso di editori che pubblicano a pagamento senza filtrare le opere e dando alle stampe anche dell'immondizia musicale solo perché gli autori sono disposti ad assumersene l'onere. Matanya - lo so per certo - ha rifiutato composizioni di autori già "famosi" e ha pubblicato opere di autori sconosciuti unicamente in base a un criterio meritocratico, senza ricavarne alcun profitto.

 

 

Rileggendo un Fronimo di moti anni fa ho trovato un feroce battibecco tra i due con la musica di Giuliani oggetto del contendere. Anche in quell'occasione il M° Gilardino dava del "John Wayne" a Ophee per il modo suo modo di fare ricerca storica.

 

Scusi, che cosa c'entra questo con l'argomento in discussione? A quale scopo citarlo?

 

Ma sul "paga e pubblica" è difficile credere che un editore sappia da solo distinguere se una tal musica vale o non vale, quindi di certo si affida ad esperti.

 

E' difficile crederlo, ed è anche sbagliato: infatti, gli editori - tolti i casi di case editrici rette da una sola persona, che fa tutto da sé - si affidano a dei consulenti, chiamati lettori, i quali hanno il compito di leggere (per l'appunto) le musiche inviate dagli autori e di redigere delle relazioni, nelle quali, contrariamente a quello che si crede, non devono mai indicare se sono favorevoli e contrari alla pubblicazione, ma solo fornire indicazioni precise e dettagliate in riferimento a determinati parametri. Io ho svolto questo lavoro per 40 anni.

 

dralig

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