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Ho avuto la fortuna di ascoltarlo interamente e si tratta di una vera e propria nuova dimensione per le composizioni di Gilardino.

Ecco, ne discutevo proprio con Gilardino ieri pomeriggio.

 

Nel Concerto di Novgorod non c'è nulla di nuovo, a parer mio.

Questo non vuol dire che l'opera possa considerarsi ripetitiva.

C'è sempre Gilardino dentro al concerto, lo si sente bene. Ma non è certo un altro Gilardino.

 

Innanzi tutto grazie per la risposta. E' bello poter discutere di questi argomenti.

 

Non mi trovi d'accordo Vladimir. E per due motivi.

 

Il primo è quello che ho messo in evidenza nel mio post. L'elemento sonoro (inteso ovviamente come escursione e non come quantità) del concerto (chitarra e chitarra+orchestra) è nuovo rispetto ai precedenti lavori non solo grazie allo studio sulla eptacorde ed il suo accostamento ad un'orchestra ma per i diversi livelli timbrici che compongono l'intera opera. Ad un ascoltatore attento come te non saranno certo sfuggiti i richiami caleidoscopici di interi temi o di cellule di questi (il terzo tempo è indicativo, in questo senso) che sono certo trattati come nel "Star of the Morning" o nel "Liederkonzert" (per citare due lavori con organici simili).

Certo, è ovvio che vi sia la ricerca e lo studio e che grazie a questi fattori il compositore plasmi differentemente un'idea musicale (sia essa un tema o il modo di svilupparlo) nel corso degli anni in maniera quasi inconscia, ma è anche vero che proprio grazie a questo percorso, il concerto di Novgorod, crea quello che gli informatici chiamano una "rottura di codice" (un cambio nella lettura di un file che causa azioni differenti da quelle previste). Dico questo in vantaggio su di te, lo riconosco, per il semplice fatto che sto lavorando da un mese circa al Concerto per Chitarra e Orchestra successivo e la ricerca di quella sonorità - discostamenti tematici, anticlimax e allegorie musicali - ha fatto maturare dei frutti nuovi.

Saporiti.

 

Il secondo si basa sull'ascolto personale e sulle sensazioni, che hanno quindi ben poco peso in una discussione come questa. Noto, nel Concerto, una caratterizzazione basata sulla quiete e sulla contemplazione priva di turbamento, quasi arrendevole. L'interprete e prima di lui il compositore si sollevano (finalmente?) dalla pasta terrena oscura e non lottano più per darle forma ma per osservare e apprendere, con dolore, che ciò che rimane nelle loro mani è un'illusione.

 

Funesto spirito

Che accendi e turbi amore

Affine io torni senza requie all'alto

Con impazienza le apparenze muti,

E già, prima ch'io giunga a qualche meta,

Non ancora deluso

M'avvicini ad altro sogno.

Uguale a un mare che irrequieto e blando

Da lunge porga e celi

Un'ísola fatale,

Con varietà d'inganni

Accompagni chi non spera, a morte.

Giuseppe Ungaretti (1888 – 1970)

 

Al di là di tutto questo, non intravedi nessuna nuova strada neanche nel secondo movimento?

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