Vai al contenuto
Novità discografiche:

Angelo Gilardino

Membri
  • Numero contenuti

    2241
  • Iscritto

  • Ultima visita

  • Giorni Vinti

    37

Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Dopo alcuni anni di sperimentazione, ritengo motivata la decisione di includere, nel corso di perfezionamento annuale che tengo a Vercelli per la Scuola Comunale di Musica "F.A. Vallotti" anche un indirizzo intitolato "corso di composizione chitarristica" riservato ai diplomati di chitarra che intendono studiare gli aspetti peculiari della composizione per il loro strumento. Non potrò aumentare il numero degli allievi, che rimarrà limitato a nove. Tuttavia, tra i nuovi iscritti non ci saranno soltanto concertisti, ma anche aspiranti compositori di musiche per e con chitarra.

     

    AG

    • Like 1
  2. In quel periodo, Msrio Pabè sicuramente lavorava nell'atelier Monzino (fatto appurato con documentazione), ma è impossibile sapere quale fosse esattamente la distrubuzione del lavoro tra i vari dipendenti della ditta addetti alla costruzione delle chitarre classiche. Nelle fotografie, non si nota alcuna somiglianza con le chitarre firmate dal maestro di Turate dal 1961 in poi. 

     

    AG

  3. Se io scrivo una frase, e inserisco un accordo di settima di quinta specie,e un revisore vede che va bene anche un accordo perfetto senza la settima al suo posto,io potrei anche dirgli ,si va bene anche l'accordo semplice. Ma il problema nasce dal  significato che si vuole dare alla frase musicale,se il compositore scrive un accordo di quinta specie,desidera avere risoluzioni che portino l’idea a quello che vuole lui,mentre il revisore se cambia l’accordo, le porta dove vuole il revisore.

     

    Raffaele, qui si stava parlando dei testi dei Preludios di Ponce. Rivolgere domande riguardo a ciò che non si sa è utile e giusto. Emettere giudizi su questioni della cui sostanza si è palesemente ignari è trastullo da perditempo. Sui due maestri - Ponce e Segovia - e sui loro rapporti - esiste una bibliografia piuttosto nutrita e facilmente accessibile, che include, tra l'altro, il loro carteggio: chiunque voglia affermare qualunque cosa al riguardo deve aver studiato questi documenti. In mancanza di queste basi, come dicevo a Ermanno, stiamo perdendo del tempo. 

     

    dralig

  4. Come si può pensare, oggi, che "criticare" l'operato del Segovia revisore significhi screditarlo?

    Un saggio dell'intervento di Segovia sui brani a lui dedicati è sotto gli occhi di tutti, grazie al contributo di edizioni quali l'Andrés Segovia Archive, le edizioni Urtext di Ponce, Turina, Tansman e molti altri ancora. Queste edizioni non hanno in alcun modo l'intento di gettare fango sull'opera del Maestro spagnolo - come potrebbero? - ma sono solo un utile strumento per porre gli interpreti di oggi nella condizione di leggere il dettato originario dei compositori e, se necessario, elaborare le proprie edizioni e i propri punti di vista.

    Non bisogna, inoltre, commettere l'errore di valutare l'efficacia di una revisione sulla base dell'abitudine all'ascolto o all'esecuzione di un'edizione piuttosto che un'altra, né - tanto meno - sulla base di idealizzazioni o mitologie. Segovia ha elaborato un suo pensiero musicale su basi tutt'altro che campate per aria: seguire quel pensiero pedissequamente senza cercare di studiarlo e comprenderlo a fondo è un procedimento grossolanamente fallace (è poco meno che un'imitazione mal riuscita) e ideologicamente sbagliato; è una cornice senza il quadro.

     

    Ermanno, stiamo perdendo del tempo. 

     

    dralig

    • Like 2
  5. Ci sono solo due edizioni della raccolta, una in commercio, pubblicata da Tecla Editions, a cura di Miguel Alcazar, e un'altra non più in commercio, pubblicata da Conaculta, Mexico, sempre a cura di Alcazar. Questa seconda edizione dei Preludios fa parte del volume delle opere complete. L'edizione Tecla include anche una diteggiatura, quella Conaculta non ha diteggiatura - in pratica, è una copiatura a stampa dei manoscritti. I quali restano comunque la fonte più sicura e attendibile. L'edizione Schott curata da Segovia smonta l'architettura dell'opera, eliminandone - senza ragione alcuna - la metà, e scompaginando l'ordine di successione; nel Preludi rimasti, gli interventi del revisore sono pesanti (il preludio scritto da Ponce in si bemolle minore è trasposto, Dio sa perché, in si minore) e, in certi punti, Segovia non corregge, ma compone. Nulla da eccepire alla decisione di adottare questa revisione, ma si abbia allora l'onestà di dichiarare che si tratta di opere di due coautori, Ponce e Segovia

     

    Non esistono diteggiature "ufficiali" di Segovia. Esistono quelle pubblicate e quelle adottate nelle sue registrazioni. Poiché le seconde sono spesso posteriori alle edizioni, l'ufficialità delle prime è puramente immaginaria. 

     

    E' possibile ricostruire - almeno parzialmente - le diteggiature sulla base dell'ascolto delle registrazioni. Una ricca serie di trascrizioni inedite di Andrés Segovia è stata pubblicata da Bèrben (Obras ineditas - vol. 3 - Transcripciones) avendo come fonte soltanto i dischi del maestro: i curatori dell'edizione (Phillip de Fremery e Angelo Gilardino) hanno desunto dalle registrazioni non soltanto le note, ma anche i numeri delle corde. 

     

    dralig

  6. Una lettura accurata dei manoscritti permette di comprendere come Ponce abbia concepito, con la serie dei "24 Preludios", un'opera unitaria, basata sulla sua percezione delle proprietà "ambientali" di ciascuna delle ventiquattro tonalità, e realizzata con una lucida, efficacissima tracciatura di un itinerario atto a creare affinità, varianti e contrasti, come se si trattasse della successione delle diverse sezioni di uno stesso pezzo. 

     

    Alla luce di tale constatazione, è quindi auspicabile che gli interpreti (a meno che si tratti di studenti costretti dai loro insegnanti oppure di dilettanti) eseguano e registrino l'intera raccolta. L'hanno già fatto lodevolmente alcuni concertisti, mi auguro che diventi una consuetudine, la stessa che induce i pianisti a eseguire unitariamente il ciclo del Preludi di Chopin.

     

    I brani sono perfettamente eseguibili così come Ponce li ha scritti, non c'è bisogno di alcuna manipolazione e, quanto alle diteggiature, ovviamente nessun interprete capace di elaborare un pensiero musicale proprio adotterà mai quelle di un altro interprete: la diteggiatura è la manualità dell'immaginazione, e non si dà, in nessuna arte, il caso di due artisti che immaginano la stessa cosa. 

     

    Incidentalmente - e senza malizia - domando ai fedeli delle diteggiature segoviane: quali? Quelle scritte nelle sue edizioni o quelle che adoperava suonando? Basta ascoltare un disco del maestro con le musiche sul leggio per constatare che era il primo a non fare uso delle proprie diteggiature...

     

    dralig

    • Like 1
  7. Come ogni lettore-ascoltatore di musica, Lei non è una scultura marmorea, è una persona con la sua storia. Quello che oggi Le pare buono, con il tempo forse potrà risultarLe meno buono o addirittura scadente, perché le Sue capacità di lettura, di comprensione, di apprezzamento, cresceranno insieme alle Sue esperienze di lettura e di ascolto. La maggioranza - non piccola - dei chitarristi preferisce il repertorio di intrattenimento naif alla musica scritta in modo originale ed elaborato: inutile lanciare anatemi, alcuni di loro si svilupperanno, altri rimarranno dove si trovano ora. I  maestri degni di tal nome fanno in modo che i loro allievi abbiano l'accesso più ampio e informato  al repertorio, e assecondano, in ogni scolaro, la formazione di capacità di lettura e di analisi. Non consegnano giudizi critici - al massimo, se richiesti, opinano - ma pongono gli studenti in condizione di formare da sé il loro giudizio. Alcuni miei ex allievi suonano musica che io reputo vuota e mal scritta: ascrivo al mio attivo di insegnante l'averli aiutati a identificarsi con quei brani, anche se questi a me risultano rozzi e banali. Altri suonano le composizioni che io reputo più alte e meglio elaborate del repertorio: il mio merito, nell'averli condotti alle soglie di quelle musiche, non è diverso o maggiore di quello che ho acquisito insegnando l'arte della lettura a chi oggi suona pezzi da televisione. 

     

    Quindi, ringrazi il chitarrista italiano che Le ha dato il saggio consiglio di leggere più che può: mettere la musica sul leggio e cercare di capirne qualcosa è l'esercizio più proficuo che possa fare. Si fidi oggi di quello che oggi pensa: domani, chissà...

     

    dralig

  8. Innanzitutto è necessario inquadrare la composizione dal punto di vista storico. Quando fu scritta, quali ne furono le origini, etc.  A tale scopo, occorre leggere la corrispondenza intercorsa tra il compositore e il suo committente, Andrés Segovia. Le lettere sono pubblicate: "The Segovia-Ponce Letters", Editions Orphée, Columbus, 1998. La lettura di questo carteggio ci guida a comprendere anche alcuni aspetti formali della versione pubblicata con la revisione di Segovia: non si tratta di dettagli, ma di un sostanziale riassetto dell'esposizione del primo tempo. Risulterà necessario, allora, confrontarla con il manoscritto originale o con la versione (conforme all'originale) pubblicata (da Schott) a cura di Tilman Hoppstock. Si constaterà in tal modo com'era il pezzo prima che Segovia (come risulta dalla corrispondenza) chiedesse a Ponce delle modifiche nell'esposizione (Hoppstock sembra non aver considerato il fatto che tali varianti furono apportate non da Segovia, ma dall'autore, sebbene a richiesta del committente). 

     

    Non c'è, nella Sonata di Ponce, un evidente e specifico riferimento allo stile sonatistico di Sor - salvo lo schema del primo tempo, che peraltro non è proprio del maestro catalano, ma comune agli autori di tutta un'epoca. L'analisi formale rivelerà facilmente come, fin dall'enunciato tematico, la Sonata ponciana sia "altra cosa".  Il solo, allusivo riferimento a Sor è contenuto nel Rondò del quarto movimento, nel quale Ponce forgia un tema affine a quello dell'Allegro della Sonata op. 25 di Sor: ma è un'allusione, non una citazione esplicita. Per il resto, Ponce scrive una Sonata nello stile classico viennese, con un impianto armonico molto più vario e articolato di quello delle Sonate di Sor, e si tratta quindi di un omaggio a un'epoca di poco precedente quella in cui Sor visse e operò. Questo non impedì a Segovia di presentare, inizialmente, tre tempi della Sonata come opera originale di Sor, come si evince dalla corrispondenza citata (e come ho riportato nel mio libro "Andrés Segovia, l'uomo, l'artista".

     

    dralig

    • Like 1
  9. Io volevo chiedere questo : 

    1-se un compositore, chiunque esso sia dei secoli scorsi o contemporanei,inserisce un rallentando alla fine della semifrase e non alla frase finale dell' idea del periodo ,per essere più chiaro alla meta del primo tema,di una Sonata ,e invece l'esecutore,o il concertista,non solo non ne tiene conto, ma  inserisce solo il rall.. solo alla fine del periodo( o primo tema) ,è sconvolgere l'idea del compositore o no? 

    2-Poi,se un concertista toglie tutti i segni dinamici (come crescendo, forchette di vario genere,rall, eccc..) ,inserendone solo quelli che ne ritiene necessari,può sconvolgere l'idea del brano e di quello che voleva dire il compositore?

    3-Suonare un brano non alla velocità dinamica,segnata all'inizio del brano ,sconvolge l'idea del brano? O è solo virtuosismo espresso dal concertista?Se lo suona più veloce?

    4-Se il compositore inserisce dei passaggi difficili da suonare ,magari non per lui(compositore),ma per molti concertisti si,e il concertista che si appresta a suonarlo li cambia,perché non suonabili (almeno per lui),:è questo ,sconvolgere il brano e l'idea del compositore?

    5-Il compositore deve pensare al concertista e alle sue esigenze di tempo ,per non inserire nei brani parti di difficile esecuzione e quindi da studiare ? Perché il concertista non può, perché non ha tempo?

     

    L'elenco delle libertà che si prende l'esecutore in questione descrive "che cosa" fa. Quel che conta, invece, non è il "che cosa", ma il "come". E di questo "come" non si può dare (e non serve leggere) una descrizione, bisogna ascoltare. 

     

    dralig 

  10. Il compositore che pubblica le proprie opere sa di consegnarle all'ignoto. E - se le sue musiche riscuotono l'attenzione di molti interpreti - sa di doversi aspettare di tutto: youtube e similari depositeranno sulla soglia di casa sua esecuzioni di ogni genere - ottime, decenti, mediocri e purtroppo anche scadenti o addirittura orrende: tutto ciò fa parte del gioco nel quale egli ha scelto di entrare pubblicando le proprie composizioni, e non gli rimane che accettare la variegata evidenza del bene e del male di questo mondo riflessa anche nel piccolo miroir della sua opera. 

     

    Ciò premesso in linea di principio, occorre poi distinguere tra le esecuzioni e quelli che Lei chiama stravolgimenti. Se un esecutore suona male quello che un compositore ha scritto, questi dovrà - come ho detto - sopportare e magari fare buon viso a cattiva sorte. Ma se un esecutore  vuole "stravolgere" un pezzo nel senso di modificarne i parametri strutturali (note, ritmo, forma) o effettuarne un arrangiamento, allora deve richiedere il permesso del compositore (o degli aventi diritto sull'opera sua: eredi, editori, etc.), altrimenti commette un abuso illegale, indipendentemente dalla qualità - anche "geniale" - del suo intervento. Le faccio un caso: l'erede di Igor Stravinskij  accetta - previo richiesta - l'esecuzione pubblica di arrangiamenti e trascrizioni delle opere del compositore, ma non permette la pubblicazione di versioni diverse dall'originale, anche se, in certi casi, ha ammesso che erano validissime. Si dà però il caso di eredi che non soltanto permettono, ma richiedono l'intervento di un compositore su una determinata opera del loro congiunto non più in vita: chi scrive questo messaggio ha completato - su richiesta degli eredi - un concerto per chitarra e orchestra di Alexandre Tansman, effettuandone l'orchestrazione, che l'autore non aveva compiuto; e, più recentemente, ha trasformato una "Sonatina" per chitarra sola dello stesso autore in un "Concertino" per chitarra e orchestra.  Se si tratta di compositori defunti da più di 70 anni, il campo è libero, chiunque può "stravolgere" qualunque brano, e ne renderà conto soltanto a San Pietro: quaggiù, nessuno gli potrà dire nulla, né "bravo" né "per favore, smettila".   dralig

    • Like 1
  11. dralig,  Se come dice Lei ,la tecnica è perfetta quando presenta il risultato artistico annullandosi in esso "la sublima" cancellando ogni traccia esteriore della sua bravura ,ci troviamo di fronte ad un chitarrista di livello altissimo. E che non voglia nascondere la sua personalità e il suo stile mi sembra ovvio   "tenendo presente però,  che il bagaglio chitarristico è sempre  piu' contaminato e spesso emulato  ,vedi Christopher Parkening  nei confronti di A. Segovia  . Però il mio limite,  che Lei dice di non avere ,è proprio questo faccio difficoltà a riconoscere i contemporanei perché appunto troppo bravi a focalizzare il sentire del compositore e avendo nel cuore e nelle dita molte tracce seppur nobilissime dei grandi capiscuola del passato.  " mi piacerebbe sentire anche il parere di qualche chitarrista oltre Giorgio Signorile che ringrazio".

     

        saluti prof.

    Mi scuso, ma L'invia messaggio del mio computer non dava nessun segnale di invio , per quello ho premuto diverse volte .Prego il forum di cancellare tutte le copie    Grazie saluti  prof.

     

     

    Non credo che possa esistere un interprete "troppo bravo nel focalizzare il sentire del compositore". A partire dal testo musicale - che è una rappresentazione simbolica dei parametri della musica - e dalla conoscenza dei correlativi storici, l'interprete può forgiare un modello, e questo sarà la base della sua interpretazione. Il compositore non è in grado di fissare un solo modello intepretativo. Tutti i maggiori compositori sono stati e sono aperti all'apporto dell'interpretazione come atto cognitivo della musica che hanno scritto, non come rivelazione di un assoluto che non esiste, né nella mente del compositore né altrove. Toscanini a Ravel, che lamentava uno stacco di tempo troppo rapido del "Bolero": "Lei non capisce niente della musica che ha scritto".

     

    dralig

  12. Aggiungerei un modesto contributo agli autorevolissimi pareri espressi.

    A parte l'idea ricca di suggestioni che qualcuno possa essere trascinato bendato a un concerto di chitarra, nel tuo intervento operi una sorta di capovolgimento: non è che i compositori si sottomettessero al carisma e allo stile di Segovia, era lui che "arricchiva" le composizioni grazie al carisma e allo stile (suscitando ovviamente elogi e critiche), aveva un'enorme personalità; il chitarrista oggi non è più "preparato" perchè mette in cattedra il compositore, potremmo dire che è più "oggettivo", ma forse questo chitarrista non ha una grande personalità.

    Quello che, invece, il tuo intervento mette in evidenza è, secondo me, il fatto che la tecnica chitarristica, la didattica, l'approfondimento del repertorio, grazie soprattutto a personalità qui presenti, hanno raggiunto un ivello di maturazione tale da generare un naturale fenomeno di omologazione. Chitarristi dotati, ben formati e accompagnati nella loro crescita, raggiungono oggi uno standard esecutivo di tutto rispetto che permette loro di affrontare il repertorio in maniera assolutamente corretta tecnicamente e stilisticamente. E ce ne sono tanti. 

    Tra questi, come è naturale, emergono alcuni che manifestano una personalità originale, regalando, in esecuzioni comunque rispettose, interpretazioni in grado di rivelare aspetti ancora nascosti delle composizioni che affrontano. Sono quelli che sicuramente si riconoscono anche bendati.

     

    Il progresso delle scuole chitarristiche in atto da almeno mezzo secolo a questa parte ha innalzato molto l'aspetto tecnico-meccanico e, in misura minore, ma pur ragguardevole, ha dato luogo anche a un approfondimento nella capacità di leggere i testi musicali al di là della pura e semplice decifrazione: sebbene in minoranza, esistono oggi docenti di chitarra in grado di guidare gli studenti a una lettura analitica della musica e anche a una visione prospettica, in senso storico, del repertorio. Quindi, il livello medio dei chitarristi di oggi è indubbiamente molto superiore a quello di 50 anni fa, e più arduo è divenuto il distaccarsene, eccellendo al disopra della media. Credo che i giovani maestri che oggi si affacciano alla vita concertistica disponendo di mezzi eccezionali non corrano il rischio di un'omologazione, anzi! Per stare tra nomi a tutti familiari, perché italiani, non vedo come un Lorenzo Micheli possa sembrare omologo di un Luigi Attademo (pesco due nomi tra gli eccellenti della generazione dei quarantenni di oggi, che è ricca di altri dotatissimi maestri). Venerdi scorso sono andato a Busto Arsizio ad ascoltare quello che credevo essere uno dei tanti bravissimi - ma dopo un minuto dall'inizio del concerto mi sono reso conto di trovarmi di fronte a un artista unico, un fuori categoria che non ha nulla da invidiare ai migliori pianisti, violinisti, violoncellisti suoi coetanei: è del 1981 e, pur tenendo le antenne dritte, non l'avevo mai sentito. Questo dimostra quanto sia arduo, oggi, emergere, e difficile il farsi apprezzare in modo corrispondente al proprio merito. Con un tipo del genere, c'è poco da omologarsi, le cose che fa lui, come lui le fa, non le può fare nessun altro. Ascolto da una vita i "Preludios" di Ponce, e da 23 anni la "Sonata" di Antonio José, e posso assicurare che non avevo mai udito nulla di simile. Si chiama Lukasz Kuropaczewski. 

     

    dralig

  13. L'interprete che si ingegna di far risaltare tutti gli aspetti dell'opera che esegue non corre alcun rischio di cancellare sé stesso e i valori peculiari  della sua arte. 

    Se il suo livello è effettivamente molto alto, può riuscire a cancellare ogni traccia esteriore della sua bravura, ogni residuo di sforzo e, ovviamente, ogni tratto esibizionistico. Ma non potrà mai - né lo vorrebbe - nascondere le prerogative del suo stile - dal fraseggio alla tavolozza timbrica, dalla cavata alla gamma dinamica, etc. 

    dralig

  14. dralig. IL punto come dice Lei , non è evitare di urtare delle barriere liminari, ma pensare in modo che queste non appaiano mai. E poi dice, il vero rischio difficile da evitare è rimanere impigliato nell'idioma ,poi uno due o tre mattoni si trovano, il punto è metterli insieme, com- porli ,cioè creare una composizione.                        

         

      Affermazioni interessanti che condivido.

     Ora se l'idioma è inteso come musica tipicamente chitarristica " adatta e circoscritta a questo strumento" mi sembra che il suo pensiero e le sue composizioni pur non avendo pareti e volte per dipingere il suo sentire , ma un quadro meno esteso ,tendono a ricercare nuovi mondi , spazi e tempi musicali sconfinando dall'idioma, appunto pensare in modo che le barriere non appaiano mai ,frase che a me piace moltissimo.        

     

                                  saluti prof.

     

     

     

    Dopo aver sottolineato la differenza tra le trovatine idiomatiche del chitarrista che s'improvvisa compositore (e, beato lui, crede di esserlo) e la composizione "vera", è giusto ammettere che è stata scritta, dall'avvento di Segovia in poi, molta musica per chitarra che, impeccabile dal punto di vista formale, risulta carente dal punto di vista idiomatico, e si manifesta in termini di pura e semplice compatibilità con la chitarra. Il che non basta. La musica strumentale non può eludere la proprietà idiomatica. In altre parole, un brano scritto bene per chitarra deve suonare nella chitarra più propriamente che in qualsiasi altro strumento. Non è così per parecchie "bagatelle", che un pianista può leggere d'acchito nel tempo giusto e con soave scorrevolezza, mentre il chitarrista più bravo riesce appena a far capire come potrebbero suonare, ma non suonano. 

     

    Quindi, in estrema sintesi, la specificità della composizione chitarristica consiste nell' "interpretare" a fini musicali (cioè formali) elementi dell'idioma chitarristico scoperti o inventati dall'autore. Se non c'è costruzione musicale e gli elementi idiomatici restano dei mattoni; se c'è costruzione musicale senza proprietà idiomatica, l'edificio risulta inabitabile. 

     

    Nelle mie lezioni di composizione chitarristica spiego, ricorrendo a molti, efficaci esempi tratti dalle opere dei maestri del passato, da Sor a Villa-Lobos, come un elemento idiomatico può essere utilmente "interpretato" dal compositore a fini propriamente musicali. Comporre è un mestiere serio, e comporre per chitarra è un mestiere specialmente serio. 

     

    dralig

    • Like 1
  15. E' una delle critiche che in passato (un passato ormai quasi remoto), ho sentito esprimere nei confronti di questi Studi, critiche che vedevano nel reiterato uso del cambio di posizione un handicap nei confronti del pensiero musicale. Critica priva di fondamento ed espressione, quella si, di una mancanza di conoscenza della materia armonica e formale da parte di chi la formulava. A me è sempre parso evidente, fin dalla prima lettura fatta, che quello era un mezzo, efficacissimo, per veicolare sullo strumento un pensiero musicale esistente a priori. 

     

     

    Se ti interessa una lezione sui particolari criteri compositivi che, nella storia della musica, sono stati impiegati dai grandi maestri nella creazione di opere didattiche (criteri diversi da quelli adoperati per la composizione "libera") e, nel particolare, riguardo all'uso della progressione - anche negli studi per chitarra -, sui suoi valori didattici, sulla disciplina che ne deve regolare la pertinenza formale, sulla sua efficacia "estetica", e sui limiti e rischi connessi, sono a tua disposizione. Come sempre, con le musiche in mano, e le matite colorate per l'analisi. La musica è il mio mestiere, e non chiedo di meglio che esercitarlo. Quanto alle critiche, un autore che pubblica le sue opere le accetta un linea di principio e non discute direttamente il loro contenuto. Se poi vengono formulate da personaggi che, come tutta preparazione in campo compositivo, possono esibire un diploma di chitarra, le ragioni per astenersi da ogni considerazione si moltiplicano, e si riassumono efficacemente nel verso del Sommo Poeta: "Ché perder tempo a chi più sa più spiace".

    dralig

  16. Un mattone non è una casa, e non lo è nemmeno un mucchio di mattoni. Chiunque suoni la chitarra può, tentando le corde per gioco, "trovare un mattone". E poi trovarne un altro, e altri ancora. Il punto non è scovare, frugando nel reticolato corde-tastiera, qualche granello di pepe o qualche zuccherino. Il punto è metterli insieme, com-porli, in modo che abbiano un senso musicale: fino a che non si ergono in muri e in pareti, i mattoni non servono a niente.

     

    E' molto istruttivo, per gli studenti, essere guidati nella comprensione del processo che trasforma "il ritrovamento del mattone" in un'idea musicale, e un'idea musicale in premessa, o argomento da sviluppare (tema) o da iterare cambiando continuamente punto di vista (variazioni). L'osservazione di questo processo abilita lo scolaro a capire il discorso musicale e, in esso, la forza, l'ampiezza, l'originalità, la coerenza dell'artefice che l'ha costruito. O le sue debolezze. 

     

    dralig

    • Like 1
  17. dralig  grazie per le risposte piu' che esaustive.   Al riguardo Le vorrei chiedere, quando compone per solo chitarra si sente in qualche modo ristretto e contenuto nello scrivere , dato dalla media estensione dello strumento e dalle difficoltà intrinseche nel connubio armonico melodico ,impossibilitato di allargare l'orizzonte lavorando sulla tastiera con una sola mano e meno ottave "limite se così  si può chiamare" che il compositore per organo o pianoforte non ha . Oppure si sente avvantaggiato proprio per la peculiarità che la chitarra ha nei confronti di altri strumenti , data dal colore, timbri, tocco, sfumature , chiari scuri, secchi dolci caldi ecc... grazie   saluti         prof.

     

    Domanda impegnativa. No, non sento questo limite, perché sono nato contemporaneamente come chitarrista e come compositore. Subito dopo l'esame di solfeggio, incominciai lo studio della composizione, anche se allora non immaginavo di servirmene per comporre a mia volta, ma solo per comprendere a fondo la musica - quella che suonavo e che leggevo in partitura. Quindi, fin dai primi abbozzi compositivi per chitarra, imparai a forgiare i materiali in dimensioni e in proporzioni intrinsecamente chitarristiche, pensate nella "geografia" dello strumento. Il senso di limitazione che Lei descrive può essere patito - e ho conosciuto situazioni in cui certamente lo era  - da compositori abituati a lavorare con l'orchestra, con il pianoforte, con l'organo: costoro pensano naturalmente in dimensioni e proporzioni molto più ampie di quelle in cui "nasce" il brano pensato da un compositore che sia anche chitarrista. Il punto, quindi, non è evitare di urtare delle barriere liminari, ma  pensare in modo che queste non appaiano mai.  Dipingere un quadro nel modesto formato di 40x50 centimetri è un limite solo se il pittore è nato come un affreschista e si è formato dipingendo pareti e volte. Uno dei rischi che ho avvertito, scrivendo per "il mio strumento", è invece quello di rimanere impigliato nell'idioma, perdendo di vista l'obiettivo essenziale del comporre, che è quello della forma musicale. Il limite - questo sì - in cui muore - ancor prima di nascere - la maggioranza delle musica scritta dai chitarristi, è quello di essere priva di forma, e di consistere soltanto in successioni di gesti idiomatici privi di un nesso costruttivo. Per distinguere un brano di musica per chitarra da una successione di gesti chitarristici annotati, basta - al musicista esperto - un'occhiata a una pagina, come a un architetto basta uno sguardo per capire se un edificio è stato progettato da un suo collega o costruito senza progetto, a spanne,  da un muratore. 

     

    dralig

    • Like 1
  18. dralig.  Le chiedo , quando verranno pubblicati questi ultimi suoi studi? e una curiosità, agli inizi del suo percorso compositivo componeva con la chitarra in mano . grazie   saluti  prof.

     

    Gli studi verranno pubblicati entro l'anno. Ho appena finito di comporli, adesso devo curare la scrittura delle articolazioni, delle legature, delle dinamiche, dell'espressione; e poi l'impaginazione, che preparo di persona, inviando all'editore il testo bon à tirer. 

    Fino al 1980 si, per comporre mi appoggiavo alla chitarra - ma scrivevo pochissimo. Da quando ho iniziato a comporre gli "Studi di virtuosità e di trascendenza" (1981), ho preferito scrivere a mente, e fino al 1995, l'anno in cui ho imparato ad adoperare i programmi di notazione musicale computerizzata, ho lavorato sempre e solo a mente. Successivamente, ho imparato a servirmi del playback, che adopero come correttore di bozze: ascoltando quello che  scrivo, individuo i "lapsus calami" e li correggo. Il primo concerto per chitarra e orchestra, però, fu scritto nel 1996 durante i corsi estivi di Chatillon a memoria (non avevo con me una chitarra e tanto meno un computer).

    dralig

  19. Ieri, venerdi 16 maggio, ho concluso la composizione degli "Studi brillanti" per chitarra. Si tratta di dodici brani legati a specifiche finalità didattiche, descritte nei sottotitoli. Essi costituiscono il seguito della raccolta dei venti "Studi facili" (Edizioni Curci) e riflettono le mie convinzioni e le mie aspettative riguardo a quello che sarà il livello tecnico e musicale dei giovani chitarristi del prossimo futuro. Come spesso dichiaro a chi lamenta la difficoltà dei miei Studi, anche di quelli "facili", ho lavorato per l'umanità di domani, non per la gente di oggi. Ho lavorato per gli studenti che non accettano i loro limiti e che amano le sfide. Per indole, non sono un compositore divertente, e ancora meno lo divento quando, alla volontà di manifestare in musica il mio modo di essere e di pensare, si associa la responsabilità di insegnare qualcosa a chi mette la mia musica sul leggio.

     

    Angelo Gilardino

    • Like 2
  20. Caro Christian, scriveva Vincent al fratello Theo: "Noi possiamo parlare solo attraverso i nostri quadri". Per questa ragione, trovo del tutto inutile spendere parole riguardo alla mia musica, essendo la medesima tutta pubblicata, quindi leggibile. Posso - e lo faccio - fornire qualche informazione circostanziale a chi mi rivolge domande sui miei pezzi (il significato di un titolo, dei dati sulle registrazioni di cui sono a conoscenza, etc.), ma evito accuratamente di entrare nell'area in cui potrebbe prendere forma una qualsiasi considerazione intorno al significato e al valore di quello che ho composto: deve parlare - e parla - da sé, sul leggio. Ogni parola che potrei aggiungere, servirebbe soltanto a manifestare il mio timore che quello che ho composto non sia di per sé sufficiente a rivelare quello che avevo in mente e quello che sono. E io questo timore non lo provo. 

     

    Similmente, evito - nel modo più assoluto - di invitare qualunque categoria di interpreti - chitarristi, strumentisti, direttori - e di organizzatori a prendere in considerazione le mie opere per i loro programmi, e anzi considero questo genere di auto-promozione un indizio fortissimo della pochezza degli autori che a essa fanno ricorso. Non esiste interprete a questo mondo che, avendo eseguito musica mia, possa affermare di averlo fatto su mia richiesta o sollecitazione,.Nemmeno nell'attività di docente ho mai proposto a un allievo di imparare uno dei brani che pure ho composto con finalità didattiche. Inutile a dirsi, non ho mai esercitato la benché minima pressione per ottenere l'attenzione di critici, autori di recensioni, etc., e i rapporti che intrattengo con l'editoria musicale sono improntati alla stima e alla fiducia che mi è stata apertamente manifestata dai singoli direttori editoriali, ai quali - grazie al cielo - non ho mai tirare la giacca perché si accorgessero di me. 

     

    Questo modo di essere e di agire accompagna da sempre la mia musica e segna come un marchio stlistico intrinseco alla medesima la sua diffusione nel mondo. Christian Saggese, sei un grande chitarrista perché Iddio ti ha fatto tale e perché il tuo lavoro ha realizzato la volontà del Creatore: io sono stato il tuo maestro, e se qualcosa da me hai imparato, lo hai fatto osservando il mio comportamento assai più che ascoltanto le mie parole. Tu sai che la musica rivela tutto di chi l'ha scritta, intus et in cute. Quindi, sai tutto di me, perché la mia musica la suoni. E la suoni perché hai deciso di suonarla, non perché io te l'abbia mai chiesto. Il personaggio che ti si accosta insinuando sospetti sulla mia musica che fa parte del tuo repertorio invece non immagina che a questo mondo esistano autori come me, che si affidano unicamente alle loro opere, e interpreti come te, che scelgono fidando soltanto nel loro giudizio. Ciao. 

     

    Angelo Gilardino

  21. Si sono spese molte discussioni a proposito degli artifici che, in sede di editing delle registrazioni, farebbero apparire come grandi virtuosi anche delle mezze tacche.

    Non intendo entrare nel merito di questioni che nessun dibattito ha mai potuto dirimere, anche se, al riguardo, nutro convincimenti ben precisi. Quello che mi piace fare adesso è pubblicare questo link a un file audio.

    Contiene la registrazione "dal vivo" di un brano eseguito da Christian Saggese durante il concerto che ha tenuto il 23 febbraio 2014 a Bisignano, nel festival di chitarra svoltosi per la riapertura della scuola di liuteria intitolata ai fratelli De Bonis.

    Ero presente al concerto, e del resto la registrazione non lascia al riguardo adito a dubbi sul fatto che si stia ascoltando il chitarrista come effettivamente suona in pubblico, senza manipolazioni dell'editing.

    Reputo superfluo ogni commento, salvo uno: l'eccellenza non ha bisogno di aiuti tecnologici, anzi, il miglior servizio che le si può rendere è farla apparire qual è. Davvero.

     

    https://soundcloud.com/angelo-gilardino/gilardino-mozartiana-n-1-for-guitar

     

     

    dralig

    • Like 2
  22.  

    Come dralig sa, sono in possesso di parecchia corrispondenza spedita da M.Castelnuovo Tedesco  a Gangi-Carfagna. Essa copre il periodo che va dal 1954 al1968 (alcune lettere appaiono  "scottanti" ma spero di pubblicarle con i dovuti permessi).
    Tutta la sua corrispondenza  è stilata su biglietti-lettera ripiegabili di posta aerea; sono sempre azzurri  contornati in rosso e blu..
    Penso quindi il contrario, e cioè che il "talvolta" debba essere riferito alla "normalissima carta bianca e leggera", mai da me riscontrata ma del cui impiegoi  non posso dubitare.
    La cosa che mi sono sempre domandato invece è come mai, sia da Beverly Hills che da Firenze, Castelnuovo scrivesse sempre sui ripiegabili azzurri e devo concludere che se li portasse dietro anche durante gli spostamenti transoceanici, vista la presentazione da noi desueta.
    Con normali biglietti bianchi e illustrati di piccolo formato era solito invece inviarmi gli auguri per Natale, Pasqua o ricorrenze personali.

     

     

    La risposta è ovvia. MCT scriveva su biglietti postali pieghevoli le lettere brevi, il cui argomento poteva essere esaurito in una facciata - anche se talvolta aggiungeva PS in verticale nei margini lasciati liberi dalla scrittura ordinaria - e adoperava invece carta da lettera leggera, da posta aerea, quando voleva scrivere lettere più lunghe, riguardanti temi che non potevano essere esauriti nello spazio limitato di un biglietto postale. Passando ad altro tema, credo che non ci sia motivo per astenersi dal pubblicare lettere di personaggi storici, quale che sia la loro incandescenza. I permessi verranno accordati: lo do per certo.

     

    dralig

×
×
  • Aggiungi...

Informazioni importanti

Usando il Forum dichiari di essere d'accordo con i nostri Terms of Use.