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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Guarda Angelo, Giulio ha fatto un cd con musiche, fra la altre, anche mie ed è l'unico al quale puoi riferirti. Un cd che potrà piacere o meno ai professionisti duri e puri ma a chi ama ascoltare la chitarra senza chiedere troppo alle proprie orecchie e al proprio cervello (lo so, stai rabbrividendo) è piaciuto molto. Ora tu in un contesto di lode all'operato di Giulio inserisci quella frase "incriminata" (non c'entra il discorso contesto o meno, se mangi una minestra buona e improvvisamente mastichi una mosca...sarà anche buona la zuppa ma quella cosa fa schifo) ed è ovvio, almeno per me, risentirmi proprio perchè io non sono un compositore "accademico" non conosco appieno la materia, scrivo nel modo peggiore rispetto a quelli che sanno farlo bene, e cioè, e scusami il termine, "a pelle", e adopero la mia cultura e la mia tecnica per lavorarci su e rendere queste cose spero godibili e suonabili. Ora siccome conosco la chitarra e so quanto fatica necessita il suo studio e so anche che non tutti nascono per suonare Musica di livello "alto", soprattutto nel campo della contemporanea, credo che repertori "alternativi" possano servire senza necessariamente dover essere messi al mondo e considerati roba da bazar chitarristico. A chi danno fastidio? ai compositori colti no di certo, vivono fortunatamente in mondi più elevati e non dovrebbero essere toccati da queste bassezze (contnuo a pensare che chi vive di musica debba essere per forza una bella persona dentro altrimenti questo dono è sprecato e mi suona tutto falso)...ai chitarristi da superfestivalchitarristico nemmeno, ognuno si sceglie un repertorio e ci si culla lì dentro....insomma non capisco perchè queste due righe che sono proprio piccole ma hanno secondo me un potere offensivo (almeno io le ho vissute così) fortissimo, aprescindere che sia io chiamato in causa. Io lo dico sempre, e non per buonismo, c'è spazio per tutti, l'importante è trovare qualcosa da dire con onestà e coerenza, poi certo non si può piacere a tutti, ma rispettarsi è sacrosanto

    con simpatia

    Giorgio

     

    E' un po' difficile il tuo pensiero, Giorgio. Prima hai reagito perché supponevi che la mia sferzata si riferisse alle tue musiche. Ora, non è più necessario che ce l'avessi con quello che tu componi: "a prescindere che io [cioè tu] sia chiamato in causa" chiamare "musicaccia" la musicaccia è offensivo, anche se la cosa non ti riguarda.

     

    Io invece mi arrogo il diritto di dire che una composizione scritta male è scritta male, e che un compositore fasullo è un compositore fasullo. Non ne faccio una mia occupazione, né un mio scrupolo quotidiano, ma quando capita incidentalmente - come nel caso dell'articolo che ho scritto sul CD Castelnuovo-Tedesco/Tampalini - credo che il riferirmi a un genere di pseudocomposizione musicale definendola (secondo me caritatevolmente) da bazar sia espressione ed esercizio di un normalissimo comportamento culturale. Civile, utile e costruttivo. Sarebbe offensivo - come tu erroneamente sostieni - se si accompagnasse a una forma di ingiurioso disprezzo per le persone degli autori che quelle musiche hanno scritto, ma - attento! - la disapprovazione, anche dura, di un'opera in sede critica non ha nulla, assolutamente nulla che vedere con la mancanza di rispetto: fermati lì, caro Giorgio, perché del tuo memento ("rispettarsi è sacrosanto") io non ho alcun bisogno, e semmai sono in grado di spiegare a chi non lo sapesse in quali forme si può manifestare il rispetto.

     

    Ad esempio, il rispetto si manifesta anche evitando la captatio benevolentiae che induce a lodare indiscriminatamente chicchessia per esserne lodati a propria volta. Alle persone che rispetto non dico: avete scritto bella musica quando penso che abbiano mal rimasticato musica scritta due secoli fa. E se, vergognandomene, lo facessi, penserei di aver mancato loro di rispetto, cercando di ingannarle per profittazione. Questo sì che sarebbe offensivo. E se, alla mia critica che svela la vuotaggine della loro musica, reagissero chiamando in causa quel che non c'entra niente - il rispetto per le loro persone, e perché no anche l'affetto e l'amicizia (che non obbligano nessuno a mentire) - penserei che hanno molto da imparare, non solo in campo musicale. Se, per essere considerato "una bella persona", devo dichiarare che una risciacquatura di un pezzo del Carcassi è buona musica, allora ci tengo ad essere - e a sembrare - il più brutto possibile.

     

    C'è posto per tutti, Giorgio? Se è così, allora non possiamo sgridare chi non parla in nostra lode. Anche costui, che dice quel che pensa e che può argomentare, e che non cerca di risultare simpatico, anche a costo di risultare antipatico, fa parte dei "tutti" per i quali, da qualche parte, un posto ci dev'essere. Magari, nell'età in cui si formavano le coordinate della sua anima, questo tipaccio aveva letto e meditato l'immortale epigramma dedicato da Pier Paolo Pasolini a un famoso uomo di potere:

     

    "Sei così ipocrita che/Come l'ipocrisia ti avrà ucciso/Sarai all'inferno, e ti crederai in paradiso".

     

    dralig

  2. sono abbonato a Suonare, l'avevo già letto per intero l'articolo. Concordo totalmente sulla bravura e personalità di Giulio

     

    Non sono sicuro che tu abbia letto il mio articolo con la necessaria calma, perché - pur avendoti risposto - non ho ancora capito quale sia il nesso tra quello che io ho scritto e la tua presa di posizione.

     

    Peraltro, isolando (senza estrapolare scorrettamente) una tua domanda, credo di poter dare una risposta. Là dove scrivi:

     

    "Questo piccolo preambolo per chiedere all'amico Angelo se davvero crede che esista un confine preciso oltre al quale far musica -parlo di musica "colta" non canzonette- perde un valore alto e diventa come scrive lui "roba da bazar chitarristico" e soprattutto chi è deputato a sottolinearne e decretarne il valore o la limitatezza."

     

    La mia risposta è: si, davvero credo.

     

    Per suonare la chitarra o qualunque altro strumento, occorre sottoporsi a una lunga preparazione. Chi si presentasse in pubblico senza avere acquisito maestria nel dominio dello strumento, verrebbe considerato un incapace.

     

    Comporre è un mestiere che richiede una preparazione specifica non meno laboriosa di quella dello strumentista. Comporre è un atto basato su un sapere articolato. Questo sapere è basato sulla tecnica. Così come esistono virtuosi degli strumenti, esistono compositori bravissimi, più bravi di altri.

     

    Per una buffa stranezza - mentre il dilettante improvvisato che pretendesse di dare un concerto soltanto perché ha ascoltato molti concerti e molti dischi di chitarra verrebbe rimandato al primo anno a imparare a far le scale - il tizio che dalla sera alla mattina decide di essere diventato un compositore soltanto perché, come esecutore, ha familiarizzato con molta musica per chitarra, può anche darla a bere, a sé stesso e a un certo numero di altre persone. Resta il fatto che tenta di fare quello che non sa fare: comporre. Per rendersene conto, da parte di chi è in grado di leggere la musica oltre la soglie del solfeggio, bastano pochi istanti: uno sguardo a una pagina di musica è sufficiente, a un musicista degno di questo nome, per comprendere se chi l'ha scritta è un compositore o un venditore di elisir.

     

    Questa buffa stranezza dipende dal fatto che, nell'istruzione musicale di base, si insegna solo a leggere la musica, e non anche a scriverla. Questo non perché tutti debbano diventare compositori. I giovani che si laureano in lettere all'università dopo aver imparato i rudimenti della scrittura non sono scrittori, però se leggono un libro che incomincia con "Il giorno che io avevo andato" sono in grado di capire che chi l'ha scritto - e fatto pubblicare - non è uno scrittore. Musica che contiene - nella specificità del suo linguaggio - equivalenti di "Il giorno che io avevo andato" nei concerti di chitarra se ne ascolta molta.

     

    Io sono un vecchio che ama i mestieri e che ammira e rispetta coloro che li sanno fare con arte. Nel repertorio della chitarra, cerco le pagine scritte dai maestri - i maestri della forma, dello stile, della costruzione, della coerenza, della dignità, coloro che non avrebbero mai scritto una nota anche nella più complessa delle partiture senza averne motivazione e controllo assoluto. Li ammiro, li rispetto e li amo: sono stati, e sono, i miei modelli. Anche quando non scrivono grandi composizioni - come Castelnuovo-Tedesco - lasciano sempre sulla pagina l'impronta della dignità, del sapere, della devozione al far musica come a una sacra responsabilità. Per questo, e per quanto flebile possa essere la mia voce, esorto i giovani concertisti come Giulio Tampalini a spendersi nel vero e a lasciar da parte il fasullo.

     

    Apprendo con soddisfazione che Edoardo Dadone, diciannovenne virtuoso della chitarra dotato quanto pochissimi altri, ha appena superato l'esame di compimento di composizione. E che, accogliendo le mie calde esortazioni, proseguirà nello studio, fino al diploma di composizione. Ecco, è alle persone come lui che si affida - non la chitarra - ma la musica, il suo futuro, la sua sopravvivenza. I chitarristi forse pensano che passare una settimana a studiare la partitura del Concerto per orchestra di Bartok sia tempo pericolosamente sottratto allo studio "che conta davvero", quello speso sulla Ramirez-Colt. Io invece credo in un futuro in cui gli interpreti sappiano distinguere il grano dalla paglia e lascino che, a occuparsi del cuore, siano i cardiologi.

     

     

    dralig

  3. Angelo, io non mi "sagrino" di sicuro, e vivo felice come sempre, ma mi dispiace che, anche involontariamente, passi l'assunto che pubblico e soddisfazione=autore della domenica, come purtroppo in certi ambienti capita. Permettimi di osservare che ciò che hai scritto non è propriamente "un commento generico buttato en passant da un tizio che inveisce dolcemente" :D ...sapessi che mi riguarda ti aspetterei sotto casa con maxistereo e musica hip hop a palla per tutte le notti d'estate (...ci vediamo stanotte allora eh eh :mrgreen: )

     

    Caro Giorgio, il passo al quale ti riferisci occupa circa il 3% del mio scritto, che non riguarda la tua musica, ma la registrazione che Giulio Tampalini ha fatto di tre capolavori di Mario Castelnuovo-Tedesco. En passant, significa che la considerazione che tanto ti ha colpito è stata scritta a margine del tema principale, cioè come digressione. Eccola, un poco meno decontestualizzata:

     

    "Non ho lo spazio per descrivere – anche soltanto sommariamente – la forma e il carattere di questi tre lavori. L'ho fatto in altre sedi, ma posso anticipare quella che dovrebbe essere la conclusione di questo scritto: chi voglia captare l'essenza della musica castelnoviana per e con chitarra, assimilando il contenuto di questa registrazione giungerà proficuamente alla meta. Vorrei invece spendere qualche veloce considerazione sull'interprete principale, il chitarrista Giulio Tampalini. È capace di eseguire – e purtroppo anche di registrare in disco – articoli da bazar chitarristico da lasciare sgomenti, tanto è abissale la distanza tra la sua classe di strumentista e la musicaccia sgrammaticata che, Dio solo sa perché, qualche volta suona; però, quando si confronta con le pagine migliori del repertorio vero della chitarra, e specialmente con quelle di Castelnuovo-Tedesco, dimostra di sapersi identificare totalmente con la musica nel senso più alto del termine, fino ad annullare l'evidenza della sua bravura. Inoltre, pur centrando il bersaglio, non si accoda mai a nessun interprete precedente, e spalanca le finestre su panorami nuovi."

     

    L'assunto "pubblico e soddisfazione=autore della domenica" può essersi formato "in certi ambienti", ma non certo nella lettura del mio scritto sopracitato. E come tu lo abbia potuto vedere, proprio non lo so.

     

    dralig

  4. Cito da Wiki ma non senza aver prima ragionato e condiviso: "La grammatica è una disciplina della linguistica che raccoglie, per ogni diversa lingua naturale, una successione finita di regole necessarie alla corretta costruzione di frasi, sintagmi e parole". Mi pare che la stessa cosa possa dirsi della grammatica musicale, imparare e conoscere un linguaggio comune per costruire e dialogare

     

    Sempre dalla stessa fonte, parlando di Musica "La musica è l'arte e la scienza dell'organizzazione dei suoni nel corso del tempo. Si tratta di arte in quanto complesso di norme pratiche adatte a conseguire determinati effetti sonori, che riescono ad esprimere l'interiorità dell'individuo che produce la musica e dell'ascoltatore"

     

    Questo piccolo preambolo per chiedere all'amico Angelo se davvero crede che esista un confine preciso oltre al quale far musica -parlo di musica "colta" non canzonette- perde un valore alto e diventa come scrive lui "roba da bazar chitarristico" e soprattutto chi è deputato a sottolinearne e decretarne il valore o la limitatezza.

    Perchè credo che nel far musica ci siano più figure in campo e che il compositore non possa far finta di essere l'unico artefice-fruitore del proprio lavoro: altrimenti scrivere sarebbe cosa soltanto intima e personale e non dovrebbe avere uno sviluppo commerciale, seppur limitato, nella produzione editoriale ecc (leggi si pubblica anche per diffondere e vendere). E quali sono le altre figure che partecipano al gioco? l'esecutore, con la sua versatilità e la sua capacità di entrare in sintonia col compositore, la sua voglia di comunicare lo spartito, la sua onestà intellettuale nella ricerca di un repertorio a lui consono, la sua abilità tecnica nel renderlo al meglio, e poi questo maledetto pubblico, che pare nessuno voglia tenere in considerazione ma che alla fine entra in gioco pesantemente, perchè è sempre meglio avere gente davanti, e che questa gente torni e crei interesse e movimento attorno al musicista.

    Ogni volta che si parla di "avere pubblico" pare si parli di pecoroni che partecipano solo se si suona Giochi proibiti e Lagrima (in effetti l'ultima produzione della DG va purtroppo in questa direzione, ne abbiamo già discusso...)

    Ma allora dove sta il problema? e perchè continuiamo, a differenza di altri strumenti, a farci di queste storie, non appena qualcuno esce dal seminato tracciato calpestato e ricalpestato? Perchè non può esserci un repertorio non dico alternativo, semplicemente parallelo, nel quale la chitarra possa giocare senza troppi problemi divertendosi e magari divertendo (...divertere, volgere altrove...) senza venire accusata di essere impura e sgrammaticata?

    Se scrivo e suono un brano che entra in sintonia con la gente, che durante l'esecuzione sento "parlare" al cuore delle persone, se durante un mio concerto riesco a percepire un sentimento alto, comune, di condivisione di un meraviglioso momento, se vedo la gente serena di aver partecipato...io sono felice, realizzato come esecutore e compositore, ma non vorrei che proprio a causa di questa vicinanza col pubblico questo linguaggio venga macchiato dalle accuse che leggo nell'articolo di Angelo (che peraltro ben fa nel lodare le interpretazioni di Giulio).

    Scusami Angelo di questo post magari poi non parlavi di ciò che ho voluto intendere io, ma a prescindere da ciò credo che un'analisi semplice e schietta e magari più precisa di ciò che in due righe hai scritto possa servire a tutti

    con simpatia

    Giorgio

     

    Caro Giorgio, tu sei felice, realizzato, parli al cuore delle persone, sei in sintonia con la gente, durante i tuoi concerti percepisci un sentimento alto e comune. Io sono ben lungi dall'abitare in siffatto paradiso, ma se in un'altra vita mi fosse data tale fortuna, ti assicuro che non cercherei altro, perché non ci sarebbe nient'altro che vorrei o non vorrei: basterei a me stesso, e mi basterebbero le fortune che avrei - quelle, non poche e non piccole, che tu possiedi.

     

    Per la verità, basto a me stesso anche poco felice come sono. E non cerco di piacere a tutti, e nemmeno a nessuno in particolare: se qualcuno opina che la mia musica non è buona, lo lascio opinare, e non cerco di annetterlo ai miei estimatori. Non ricordo il nome di un solo compositore che, nella storia della musica, abbia ottenuto, in vita (e spesso anche dopo) l'unanimità dei riconoscimenti - nemmeno Bach, e ancora pochi decenni fa Villa-Lobos opinava che la musica di Mozart fosse passabile solo per l'infanzia: perché mai dovrei inquietarmi della disapprovazione di un mio contemporaneo? Ancora meno, mi sentirei spinto a riguardare come un'accusa (addirittura) rivolta a me in particolare un commento generico buttato en passant da un tizio che inveisce dolcemente (l'ossimoro è deliberato) contro i compositori della domenica (quelli che non sanno il mestiere semplicemente perché non l'hanno imparato. Felicemente, penserei: "Non può avercela con me, perché io la grammatica la conosco e la rispetto, e la mia musica - che gli piaccia o no - è scritta con arte".

     

    Domenico Scarlatti si rivolgeva al lettore della sua musica con l'esortazione "vivi felice!". A te, che felice lo sei già, che cosa si può dire? "Continua così!". E sagrinti nen.

     

    dralig

  5. La prossima settimana, il Festival della chitarra di Cordoba pubblicherà un libro intitolato "Angelo Gilardino", dedicato alla mia opera di compositore, storico e musicologo.

     

    In segno di ringraziamento, rendo pubblica la registrazione (computerizzata) del brano che ho composto come un omaggio alla città andalusa, alle sue feste religiose e popolari e alla sua cultura. "Cruces de Mayo" è una Fantasia per chitarra e orchestra.

     

    http://soundcloud.com/angelo-gilardino/cruces-de-mayo

     

    AG

  6. Durante la mia recente visita a Londra ho avuto il grande piacere di potere brevemente esaminare parte della prestigiosa raccolta di musiche collezionate da Robert Spencer.

     

    Occorrerebbe scrivere a lungo su questa meravigliosa collezione, acquisita dalla Royal Academy of Music per un milione di sterline!

    Robert Spencer era amico di Julian Bream e fu uno dei fondatori del Bream Consort, era anche liutista e docente di canto alla Royal Academy.

     

    Volevo per ora sottoporre alla comune attenzione una curiosa scoperta che ho fatto (a meno che il fatto non sia già noto):

    l'unica edizione delle famose variazioni op.9 di Sor che ho trovato lì è una antica edizione della Peters, con il numero 1807, nella quale il pezzo si presenta nella seguente forma:

    Introduzione, tema, variazione terza (dico, la terza nelle edizioni note), quinta (idem), seconda (cioè quella minore), quarta.

     

    Mancano quindi la prima variazione ed il finale, e le altre variazioni sono posizionate in maniera diversa.

    Non compare alcun nome di revisore e, pur non essendo io un esperto e non avendo avuto tempo di approfondire la ricerca, sembra una edizione dell'epoca - anche se non ho visto data di stampa nel fascicolo.

     

    Qualcuno ha altre notizie di questa stranezza?

     

    Si Piero, questa versione magra delle famose Variazioni è nota agli studiosi. Fu pubblicata da Meissonnier a Parigi, e Brian Jeffery la colloca nel periodo 1817-1821, mentre l'edizione "completa" fu pubblicata a Londra nel 1821 (Royal Harmonic Institution). Nel sottotitolo dell'edizioni londinese è adombrata la storia della composizione. Vi si legge infatti "As Performed by the Author at the Nobilities Concerts". Non ci sarebbe stato alcun bisogno di precisare che l'edizione londinese conteneva il brano "come l'autore lo suonava ai concerti della nobiltà" se non ci fosse stata in circolazione un'edizione diversa. Ergo, Sor realizzò la composizione in due tempi, affidandone la prima versione a Meissonnier; poi ne creò un arricchimento, che pubblicò a Londra, accreditandolo nel sottotitolo. Non sconfessò la vecchia edizione - che nel frattempo era stata ristampata da altri editori europei: quella che tu hai trovato nel fondo Spencer è una, ma ce ne sono altre - ma nel 1827 Meissonnier pubblicò anch'egli la nuova versione.

     

    Ciao.

     

    dralig

  7. Questa è una bella notizia! Sappiamo se questo sarà pubblicato dalla Berben? Rispetto ad altri editori, è molto più facile per ottenere i loro spartiti nella mia parte del mondo.

     

    Questa considerazione equivale a un utile consiglio, caro James. Ne terrò conto. Grazie e cordialità.

     

    ag

     

    Giusto una curiosità dettata anche dal Suo intervento: con quale criterio un compositore sceglie la casa editrice a cui affidare la pubblicazione delle proprie opere ? Solo per la capillarità della distribuzione oppure anche per altre caratteristiche ?

     

    Ho notato che Lei ad esempio ha pubblicato le Sue opere con diverse case editrici : in prevalenza la Bèrben Edizioni Musicali ma anche con Edizioni Curci ed Edizioni Guitart (forse ne dimentico un altro paio).

     

    Grazie

     

    Taltomar

     

     

    Mi dispiace di non poter rispondere in modo soddisfacente alla Sua domanda. Per farlo, dovrei rendere noti aspetti dei rapporti tra autori ed editori della cui riservatezza non sono l'unico custode. In generale, tuttavia, posso dirLe che, a mio modo di vedere, un autore la cui opera sia oggetto di interesse da parte del mondo editoriale, dovrebbe affidarsi a case editrici i cui dirigenti gli dimostrano stima e spirito di collaborazione, evitando quelle situazioni governate unicamente dal business.

     

    Come compositore e come editor, mi ritengo molto fortunato per il modo con cui gli editori mi rappresentano e si curano del mio lavoro. Senza esagerare, li considero come degli amici, e finora non ho patito delusioni.

     

    dralig

  8. Grazie davvero Domenico e dralig!

    Andrò a recuperare l'articolo sul Fronimo in biblioteca; quello di Yates mi pare di più difficile reperibilità.

     

    Si, ma è anche il più interessante, perché individua aspetti dell'opera di Sor che in precedenza non erano stati compresi. Per esempio, che la seconda parte della Fantasia op, 30 è un bel primo tempo di Sonata.

     

    dralig

  9. buonasera,

    conoscete degli articoli che analizzano, descrivono la Grande Sonate op.22 di Sor?

    devo discutere questo argomento per l'esame di Teoria e analisi musicale, e per ora ho trovato solo l'articolo di Marco Riboni sul Fronimo.

     

    sapreste indicarmi qualche link, qualche rivista al riguardo?

     

    Grazie mille!

    Leonardo

     

    Stanley Yate3s, Sor's Guitar Sonats: Form and Style, in: Estudios sobre Fernando Sor, Instituto Complutense de Ciencias Musicales, Madrid.

     

    dralig

  10.  

     

     

     

     

    E'strano che il Prat indichi il frate come organista e che il Dizionario del '37 non ne faccia cenno. "Pour çe que nous concerne", non cita a sua volta le sue fonti (ma Federico Chabod ci insegnava che anche la tradizione orale costituisce fonte).

    Nel merito, sono propenso a credere al Dizionario di Terzi-Vio-Raspelli in quanto edito da "La Chitarra", e cioè dal medesimo editore che ha fatto scrivere egli aver prodotto "numerose composizioni di buona fattura!", dopo aver specificato "dimorante a Poggio Mirteto (Rieti)". Dedurre il resto (con qualche certezza ed alcune incertezze) è conseguenziale. Di "organista" non si parla, eppure credo che gli autori senz'altro avranno consultato il precedente volumetto di Prat.

    Il sogno di Lisanella (bel titolo per un pezzo) è poi riaffermato quando Terzi scrive che il suo "Reminiscenze", pubblicato da "Il Plettro", presenta "particolari pregi".

    Perché, poi, nel Dizionario del '37, i due nomi contigui sono asteriscati?

     

     

    Il significato dell'asterisco posto accanto al nome dei due Gentili (così come ad altri nomi) è spiegato nella nota che segue l'introduzione. Essa recita: "L'asterisco posposto ad alcuni nomi sta ad indicare l'incompletezza dei relativi testi biografici per non esserci stati trasmessi i dati richiesti". Il che significa: "Non sappiamo nulla di loro, salvo il fatto che hanno scritto e pubblicato musiche per chitarra". Ci sarebbe voluto poco - ottenendo l'indirizzo preciso degli interessati dal loro editore - a chiamarli al telefono o a inviare a casa loro un incaricato (l'Italia chitarristica di allora era una specie di confraternita, i chitarristi si incontravano come gli anarchici o i cultori dell'esperanto,e corrispondevano scambiandosi informazioni) a scuoterli dalla loro indifferenza (sempre che la richiesta dei dati fosse loro pervenuta). I compilatori del Dizionario del 1937 erano - lo dico affettuosamente - degli ingenui sprovveduti, e lo dimostra il fatto che non furono capaci di capire, leggendo la musica del Frate Cassio e della Gentili, che i due non suonavano affatto la chitarra. Specialmente lei, la Lisanella, componeva per chitarra adoperando, come sostegno, il pianoforte. Molto meno ingenuo, e pur dalla lontana Buenos Aires, il Prat riuscì ad appurare qualcosa di più credibile e di più circostanziato. Ed è per questo che ho chiesto a Sacchetti di fare delle ricerche a partire da quel che scrive il Prat, piuttosto che dal Dizionario di Terzi-Vio-Raspelli. Poggio Mirteto non è comunque in Afghanistan, qualche laureando in chitarra al conservatorio sarà prima o poi capace di andare in municipio e in parrocchia a compulsare le carte - piuttosto che scrivere la millesima tesi su Castelnuovo-Tedesco, no?

     

    dralig

  11. Il comune amico Arturo Sacchetti (mi rivolgo ad Angelo), uomo di spirito e notevole organista, non ha pensato di chiedere informazioni al comune di Poggio Mirteto (dove lo si voleva nato) oppure, ammesso che Gentili fosse veramente frate ed organista ( ho in merito qualche dubbio ma non ho mai approfondito la cosa) ai registri della Curia di Rieti,visto che nel 1937 era ancora vivo. Quanto al "da Velletri", poi, rientra nel tenebroso mistero infittito dalla ... figura di Lisanella (nom de plume, pseudonimo apotropaico, leggenda?).

     

    La richiesta a Sacchetti di svolgere ricerche negli archivi romani è stata formulata dal sottoscritto sulla scorta di quanto scrive Domingo Prat nel suo Diccionario, e cioè: Velletri, Fray Cassio de. Disitinguido aficionado a la guitarra y organista de capilla, en Roma, año 1920 (seguono apprezzamenti riguardo alla sua Mazurka). Conoscendo l'acribia con la quale Prat svolgeva le sue ricerche, non ci si può esimere dal ritenere che le sue informazioni fossero, se pur sommarie, precise, altrimenti non si capisce come avrebbe potuto corredare la notizia che Fra' Cassio era organista con una datazione di tale incarico (1920) e del luogo in cui lo svolgeva (Roma).

     

    Per questo motivo ho chiesto al maestro Sacchetti di cercare negli archivi ecclesiastici di Roma. Io, di Poggio Mirteto, del fatto che Fra' Cassio si chiamasse Gentili, che nel 1937 fosse vivo, non ho alcuna certezza, anzi non so proprio nulla. Come tu ben sai, in campo musicologico, se si afferma qualcosa, bisogna essere pronti alla fatidica e salutare domanda: quali sono le tue fonti? Per localizzare l'attività di Fra' Cassio a Roma, una fonte io ce l'avevo. E solo per quello.

     

    Comunque, una cosa è certa: l'autore che ha scritto la "Mazurka" firmata Fra' Cassio da Velletri e l'autrice del brano pubblicato come opera di Lisanella Gentili non possono essere la stessa persona celata da due diversi pseudonimi. I loro stili sono troppo dissimili. La Gentili scriveva per chitarra molto meno bene di Fra' Cassio: è evidenza inequivocabile. Tra l'altro, io non ho letto una composizione di Fra' Cassio intitolata "Gavotta" (che Giulio ha in programma).

     

    Passando ad altro, oltre al policizzatissimo Di Ponio, in Roma operavano allora, soprattutto come insegnanti,

    personaggi come il piceno Mario Cerquozzi (detto "er cappellaro matto de via Candia"* ), Romeo Dominici, G.B.Noceti (di questi ho delle musiche ben manoscritte o stampate a proprie spese***), per menzionare soltanto alcuni tra i meno noti.Ill genovese L'Ecrivain apparteva ad un altro sostrato sociale ****- Tutti i nominati erano semiprofessionisti e su di loro circolavano buffi aneddoti.

    Va da sé che, come afferma Angelo, Segovia impattò una realta che stava consolidandosi e su cui varrebbe la pena dinsoffermarsi.

     

    Io ho svolto una ricerca su L'Ecrivain, proprio partendo dai ricordi di Ciurlo, prima di ripubblicare, nella biblioteca di "Seicorde", il brano intitolato "Sogno". Sono arrivato alla fine di un vicolo senza sbocco. L'unico discendente di L'Ecrivain ancora in vita al momento in cui io ricercavo, era un imprenditore di grande successo attivo a Milano, che ricordava benissimo l'antenato Luigi come procuratore della Cartiera Italiana - e fu lui a dirmi che aveva casa a Palazzo Barberini - ma che, quando seppe che era anche un valente chitarrista-compositore e didatta, cadde dalle più alte nuvole e si meravigliò moltissimo. Di recuperare vecchie carte appartenute allo zio Luigi, nemmeno parlare: negli archivi di famiglia non c'era traccia. Pensai a Ciurlo, che mi aveva mostrato un manoscritto di L'Ecrivain, ma anche del suo lascito documentale si è persa ogni traccia.

     

    dralig

  12.  

    Spero che questi noccioli,non si perdano e chi avrà la fortuna di ascoltare Giulio dal vivo(io proprio non riesco a liberarmi,i “benedetti Saggi”),ascolterà, un brano dell’eredità che io non credevo esistesse all’inizio del 900,lasciataci da Branzoli, L'Ecrivain, Fra' Cassio da Velletri, e poco più tardi la Mancinelli, (e altri),che coltivavano la chitarra nei salotti buoni,e quindi creavano a “loro insaputa?” le prime basi per i chitarristi del 1900,poi Segovia col concerto a Roma del 1927,dette una spinta al lancio della chitarra,anche in Italia,sono in errore?

    Leggendo e rileggendo giornali, riviste,e i forum,mi arricchisco sempre di più,grazie,grazie.

    Raffaele i.

     

    Mi riferivo unicamente e in particolare all'ambiente della borghesia colta della capitale, non all'Italia in generale. Intendevo dire che, a Roma, dove esordì nel 1927, Segovia trovò un terreno fertile.

    Il panorama nazionale poteva contare su una figura della forza di Luigi Mozzani, concertista, compositore, liutaio (nel senso più ampio del termine) e didatta, che emergeva su tutti per il suo ingegno e per la sua severità.

     

    Nel mio libro biografico su Andrés Segovia - di prossima pubblicazione - ho cercato di far luce sulla relazione tra il maestro spagnolo e il maestro italiano.

     

    dralig

  13.  

     

    SI arrichisce sempre più,la mia conoscenza,grazie.

    Grazie Giulio col tuo concerto e il tuo programma "nuovo"(di autori) lo hai reso ancor più vivo,e le informazioni di Carfagna e Gilardino ,lo hanno arricchito di preziose ciliegine.

     

    Purtroppo delle ciliegine sono rimasti soltanto i noccioli: fu Fra' Cassio non sappiamo praticamente nulla. E' uno degli sconosciuti dei quali la storia della chitarra trattiene solamente una vaga memoria. Guardando alla poca musica che di lui ci è pervenuta, lo collocherei - sia cronologicamente che artisticamente - accanto a Luigi L'Ecrivain, esponente dell'alta borghesia romana, procuratore della Cartiera Italiana, che aveva casa a Palazzo Barberini, e che suonava e insegnava chitarra a Roma nei primi due decenni del Novecento. Il suo "Sogno" per chitarra - ripubblicato a cura dello scrivente per le Edizioni Bèrben - è una pagina che può stare benissimo accanto a quelle di Fra' Cassio. Le poche notizie che affiorano ci inducono a constatare che a Roma, tra Ottocento e Novecento, esistette una cultura chitarristica diffusa non soltanto tra il popolo, ma anche nella borghesia. Branzoli, L'Ecrivain, Fra' Cassio da Velletri, poco più tardi la Mancinelli, e altri, furono esponenti di una passione che evidentemente collocava la chitarra nei salotti buoni della capitale, accanto all'immancabile pianoforte. Quando, nel 1927, Segovia arrivò per la prima volta a Roma, non predicava al deserto...

     

    dralig

  14. Ma non si potrebbe trovare un nomignolo, uno pseudonimo, un nome d'arte, per l'autore della Gavotta?

     

    Riproduco - tramite il servizio "copia e incolla" - il testo della nota introduttiva che ho scritto per la pubblicazione di un brano dell'autore nell'inserto della rivista "Seicorde" del trimestre aprile-giugno 2008. Da allora, non ci sono stati progressi nella ricerca sulla figura di Fra' Cassio da Velletri, tolta la constatazione - alla quale sono pervenuto tramite un'indagine svolta dal maestro Arturo Sacchetti nel registro in cui sono annotati i nomi degli organisti in servizio attivo presso le parrocchie di Roma nel ventennio 1920-1939 - del fatto che non risulta alcuna annotazione riguardante l'autore (resta dunque un mistero la fonte dell'informazione riportata da Domingo Prat):

     

    -----------------

     

    Non sappiamo quasi nulla di questo compositore del quale La Biblioteca del Chitarrista dell'editore A. Vizzari di Milano pubblicò negli anni Trenta del secolo scorso alcuni pezzi brevi per chitarra sola.

    Il suo nome e la sua musica ci sono stati segnalati dal collega e amico Mario Dell'Ara - che ringraziamo sentitamente. Ma nemmeno lui, nella sua infaticabile ricerca, ha saputo dirci qualcosa in più di questo misterioso autore, . se non che il dizionario Gangi-Carfagna lo identifica con un compositore del quale indica il solo cognome, Gentili, senza peraltro fornire ulteriori informazioni. Le nostre ricerche nelle annate della rivista La Chitarra - la rivista chitarristica italiana dell'epoca - sono risultate infruttuose. Con il cognome Gentili, fu pubblicato dallo stesso editore un Tempo di Gavotta , ben scritto anche se non pro­pria mente chitarristico: era opera di un'autrice, Lisanella Gentili, a noi sconosciuta quanto Fra' Cassio. Qualcosa in più allega Domingo Prat che, nel suo Diccionario de Guita mstas, lo presenta come "distinto della chitarra e organista di cappella a Roma nel 1920. Ciò farebbe supporre che si trattasse effettivamente di un religioso, e che Fra' Cassio da Velletri non sia quindi uno pseudonimo. Alla luce dei brani che abbiamo letto, non possiamo infatti sostenere che dietro tale nom de plume si celi Lisanella Gentili, il cui brano per chitarra non ha nulla che vedere con lo stile di Fra' Cassio.

    Nella speranza - per la verità alquanto fioca - di poter far luce sulla sua figura, presentiamo uno dei pezzi pubblicati nel 1937 da Vizzari, una Mazurka nella quale Fra' Cassio si rivela compositore ben più fine della pletora di autori italiani che scrissero musica di genere. Egli è un autore ben preparato, la sua scrittura è ortodossa (si veda, ad esempio, l'impiego delle legature di frase, inusuali nella musica per chi­tarra), la sua armonia ricercata e il suo gusto salottiero, improntato a un elegante e controllato sentimenta­lismo. Ulteriori informazioni potrebbero arricchire la nostra conoscenza del repertorio italiano per chitarra d'inizio Novecento.

     

    -----

     

    dralig

  15. Caro Maestro Zigante,

    mi rendo conto che la mia domanda contiene a priori un' affermazione di cui non sono in grado di dimostrare la veridicità.

    Non accade spesso , cerco sempre di avere elementi validi per avviare o partecipare a qualsivoglia discussione,

    stavolta ho formulato una domanda sulla base di voci raccolte nel tempo.

    Preferisco quindi cambiarne la forma:''E' vero che una parte degli allievi di Segovia ad un certo punto ha scelto percorsi artistici diversi per tecnica ed interpretazione da quello del Maestro?"

    Il M° Gilardino potrebbe, promesso l'acquisto del libro in ogni caso, dare in merito qualche piccola anticipazione, Lo ringrazio in anticipo se vorrà intervenire.

     

    Grazie

     

    Nocturnal

     

    Ritengo più opportuno rimandare alla lettura del libro che ho scritto. Dopodiché - se necessario - mi metterò doverosamente a disposizione dei lettori.

     

    dralig

  16. Il 3 giugno di 25 anni fa il mondo della Musica ha perso Andres Segovia.

    Non mi pare che nel Forum vi siano altri post a ricordare il 25 anniversario della Sua scomparsa , se mi sbaglio chiedo scusa,quindi inizio io.

    Già molto si è scritto sulla figura del Maestro , di conseguenza mi limiterò ad un riconoscente pensiero e ,nella pratica ,al suggerimento dato a mio figlio Fabio

    di inserire nei suoi programmi di concerto e di concorso gli studi composti da Segovia

    (''Estudio Remembranza'' ed ''Estudio sin luz'') piccolo omaggio a Colui al quale la chitarra deve più di quanto spesso viene riconosciuto.

    Mi farebbe piacere anche soddisfare alcune mie curiosità in merito alla didattica ed all' eredità musicale di Segovia.

    Inizo con questa domanda: Quali motivi , credo artistici e non personali, hanno determinato il distacco dal Maestro di una parte di Suoi eccellenti allievi ?

    Grazie a tutti

     

    Nocturnal

     

    Tra qualche settimana, le Edizioni Curci pubblicheranno un mio libro intitolato "Andrés Segovia, l'uomo, l'artista".

    Si tratta di un profilo biografico e, al tempo stesso, di uno studio interpretativo dell'arte segoviana.

     

    dralig

  17. A tutti i maestri del Forum chiedo umilmente se, compatibilmente con i loro impegni, possono postare un video esplicativo e commentato sull'argomento in oggetto. Arrivo a questa richiesta in quanto ho letto di tutto e di più sull'argomento, con foto e disegni piuttosto dettagliati, ma tra la teoria e la pratica c'è un abisso. Ho provato a realizzarlo ma non mi riesce. Ringrazio anticipatamente tutti coloro che daranno seguito a questa mia richiesta. Assistetti ad un concerto di Cristiano a Maratea, molti anni fa, ed in chiusura eseguì un brano con lo stoppato, magnifico; anzi ne approfitto per chiedere a Cristiano di che brano trattavasi.

    Saluti, Simosva. [smilie=emoticon_234.gif]

     

    Per avere risposte chiare, bisogna formulare domande precise. Nel lessico musicale, il termine "stoppato" non significa nulla di preciso, è un'espressione gergale. Vuol dire "staccato"? Oppure "pizzicato"? Oppure gli equivalenti di "pizzicato" in altre lingue, come lo spagnolo "apagado", il francese "etouffé"? Sono effetti diversi.

     

    dralig

  18. Da decenni rivolgo inutilmente ai signori liutai la seguente domanda: perché mai sulla terra la barretta reggicorde posta tra la paletta e la tastiera e la barretta (detta traversina o ossicino) posta sopra il ponticello devono essere costituite dallo stesso materiale (avorio, plastica, etc. ultimamente anche mammut)? Infatti, hanno funzioni opposte. La barretta reggicorde dovrebbe fare da barriera di impedenza delle vibrazioni, evitando che si trasmettano alla paletta, dove la loro energia andrebbe dispersa inutilmente; quindi l'avorio va benissimo, perché è impedente (un liutaio di mia conoscenza addirittura collocava una masserella di piombo); la traversina del ponticello, al contrario, deve trasmettere le vibrazioni alla tavola armonica, e allora che senso ha collocare sul ponticello un ossicino? Ci si tormenta per rendere la tavola elastica - e la si assottiglia fino al limite della tenuta - e poi, a monte, si alza una bella barriera, che taglia le vibrazioni delle corde?

     

    Le risposte ricevute sono state diversissime, da "non so, ma si fa così da sempre" a "sono tutte fisime, le vibrazioni passano lo stesso e la traversina non deve essere sostituita ogni due settimane perché le corde l'hanno tagliata"...

     

    Finalmente, il giovane liutaio Fabio Zontini da Finale Ligure ha provato a seguire il mio suggerimento, e ha collocato sul ponte di una chitarra di mia proprietà, da lui restaurata, una traversina di ebano (potrebbe anche essere di bosso o di altra essenza molto dura). E accidenti se funziona!

     

    Invito chiunque abbia a cuore la ricerca del massimo rendimento della propria chitarra a buttar via la traversina di osso - anche se di animale preistorico - o di farsi fabbricare una dozzina di traversine di ebano o di bosso - magari di diverse altezze. E poi a verificare i risultati. Attenzione: allentando le corde, la tavola si distende, e per farla tornare alla sua resa sonora abituale occorre qualche ora - quindi, nel fare le vostre verifiche siate pazienti.

     

    dralig

  19. Conosco, come penso i miei colleghi, le teorie di Orff, Piazza, Kodaly e ne ho sperimentate delle mie in quanto ho lavorato per anni nelle scuole materne ed elementari facendo propedeutica musicale.

    Partendo da queste esperienze ho strutturato la mia didattica, il mio metodo che si rimodula in base a chi ho davanti come persona e poi come allievo.

    L’errore in cui purtroppo molti colleghi incorrono è quello di sminuire già all’origine la tipologia di attività didattica nel contesto della scuola media ad indirizzo musicale, dissociandola da quella privata ritenuta a priori di maggiore livello formativo. In realtà si può benissimo seguire l’orientamento delle SMIM, che attribuisce un’importanza determinante all’attività di musica d’insieme, ritenuta “altamente formativa” per i motivi che noi tutti conosciamo, senza per questo pregiudicare la preparazione del singolo allievo come nascente musicista in grado di acquisire gli stessi principi disciplinari, tecnici, teorici, musicali di un allievo privato che studia dallo stesso periodo. Si tratta semmai per gli insegnanti “coscienziosi” di lavorare doppiamente, in quanto impegnati a scegliere, elaborare, arrangiare, adattare, modificare all’occorrenza, altri repertori ( per orchestra e per orchestra di chitarre ), oltre a quelli dei singoli allievi, ovviamente differenziati. Quale è dunque il problema? Semplice. Molti si limitano a svolgere in maniera sufficiente il “programma del saggio” e tralasciano tutto il resto. Ma non siamo tutti uguali. Il docente coscienzioso lavora semplicemente il doppio, perché oltre a questo ha la sua classe, di individualità tutte diverse, ha le sue eccellenze, che guarda caso, dopo le medie continueranno a suonare e si diplomeranno pure. E questo nel mio caso avviene da vent’anni.

     

    Tutto ciò è esemplare, limpido e - ne sono certo - efficacissimo.

    Non resta che dotare gli insegnanti che lavorano bene di un solido repertorio di musica per chitarra scritta a fini didattici da compositori che - come i docenti il cui profilo Lei ha appena tracciato - sappiano fare il loro mestiere, e mettere chi insegna con scrupolo e passione su una linea di partenza musicalmente dignitosa, senza infliggergli l'handicap di musichette vuote e sgrammaticate da convertire in qualcosa di utile e di decente.

     

    dralig

  20.  

    Le due cose, qualità musicale (per come la intendete) e "riscatto" sociale, sono incompatibili.

    In questa contraddizione è riassunto il "dramma" della contemporanea pedagogia musicale, facendo diventare la Musica nella scuola dell'obbligo fonte di scherno, privandola di profondità e dignità cultura di fronte agli altri insegnamenti e più in generale responsabile della degenerazione del fatto musicale in quanto cultura presso "il popolo".

    E' evidente (a meno di non ergersi in quanto musicisti a custodi dell'etica e della morale...ma nutro un forte sospetto che sia questo il vostro obbiettivo e non altro) storicamente che ragazzi che si sono "persi" hanno prodotto nella storia di questo secolo musica straordinaria. Parlo di gente ossessionata dal sesso, adoratori di Satana, ragazzi che si drogavano dalla mattina alla mattina e magari sono morti nel proprio vomito più o meno alla stessa età in cui Gesù Cristo è stato messo in croce.

    Quindi? Voi non siete insegnanti di sostegno e non avete attivato dei corsi di musicoterapia. Voi siete insegnanti di Musica, non psicoterapeuti della mutua.

     

     

    Dalla Prefazione agli Studi facili per chitarra di AG:

     

    "Io ritengo invece che il potenziale di molti scolari sia assai superiore a quello che certi autori di volumi didattici sembrano presumere, e con questi studi mi propongo di invitare al lavoro chi voglia seriamente accostarsi al repertorio del Novecento, indicandogli una via che lancia sì alcune sfide, ma che offre anche le relative, e proporzionate, ricompense."

     

    dralig

  21. Ci terrei a fare una semplice distinzione tra l'insegnamento in SMIM e altra istituzione.

    La scuola media è scuola dell'obbligo e l'insegnamento musicale, disciplinato da apposito ordinamento ministeriale del 79 e successivi (scusate se parlo così) ne fa parte a pieno titolo, si inserisce cioè fra gli insegnamenti di Italiano, Inglese, Matematica ecc e con essi dialoga, cercando di costruire all'interno del Corso una via privilegiata alla musica: tutte le materie devono (dovrebbero) avere all'interno della loro programmazione una parte di trasversalità con la musica. Detto ciò, nell'ora dedicata alllo strumento non è prevista la "creazione" di un novello Segovia o Uto Ughi, diciamo che l'obiettivo didattico finale non è quello, ma l'allargamento dell'orizzonte culturale dell'alunno grazie alla conoscenza del linguaggio musicale di uno strumento; ovviamente, e capita, qualora si vedano in un ragazzo delle qualità notevoli il progetto didattico si approfondisce e diventa più simile a quello di un'Istituzione accademica, con un piano di studi più approfondito e personalizzato. Ma, e ci tengo a sottolinearlo, ciò non vuol dire minore impegno del docente, semplicemente impegno orientato a creare delle buone e solide basi di amore per la musica e lo strumento su cui poi inserire una didattica più alta, anche perchè dobbiamo considerare che oltre all'ora di strumento e teoria c'è l'ora di assieme, che è fantastica per stimolare i ragazzi e per renderli partecipi in prima persona della loro scelta artistica, in modo creativo e tutto sommato piuttosto semplice se si è ben organizzati. In questo contesto rientrano i "pezzettini" di cui si parla, i Jingle bells ecc, che sono dei veicoli per viaggiare e arrivare, non degli obiettivi :D

    Però qui parliamo di SMIM, scuola dell'obbligo, non di altra istituzione, dove invece lo studio dev'essere compiuto con programmi più adatti a uno sviluppo musicale e tecnico di alto livello (anche se nella parte iniziale non vedo molta differenza)

    ciao!

     

    Caro Giorgio, come avrai notato, nel mio messaggio precedente ho parlato della formazione dei futuri cittadini, non di quella dei (necessariamente) futuri musicisti. Pur nella mia mancanza di conoscenza della scuola media, mi rendo perfettamente conto che non si tratta di un luogo didattico il cui obiettivo primario è la fabbricazione di virtuosi, ma di un laboratorio dove si impartisce anche un'istruzione musicale. Quella che - se attuata responsabilmente - salverà il futuro della musica, perché gli allievi di oggi, anche se non diventeranno dei musicisti, avranno acquisito quella dimestichezza con il linguaggio dei suoni tale da fare di loro perlomeno degli ascoltatori capaci di distinguere il grano dalla paglia e soprattutto capaci di integrare la musica nella loro cultura generale.

     

    Aggiungo - ma questo è secondario - che io non ho pensato a questa categoria di scolari come ai lettori ideali della mia raccolta di Studi facili. Ho messo in conto, invece, che andassero sul leggio di studenti già determinati nella loro scelta di fare della musica - a titolo più o meno professionale - la materia di uno studio condotto con il massimo impegno, senza riserve e senza reticenze. Ed è rispetto al diritto culturale e alle esigenze specifiche di tale categoria che ho criticato l'inadeguatezza di parecchie pubblicazioni che ho esaminato prima di scrivere il mio lavoro. Tutto ciò risulta chiarissimo da una lettura non capziosa della mia prefazione e anche dei messaggi che ho scritto in questa discussione.

     

    dralig

  22.  

    Ma insomma, ricapitolando, Lei mi scrive questa filippica contro la "paidocrazia consumistica" e gli insegnanti da giustiziare (tra cui figurerebbe il sottoscritto)

     

    Per la precisione, io ho scritto (copio e incollo senza modificare una virgola):

    "La paidocrazia consumistica che induce autori fradici a pubblicare libri intesi a far divertire i ragazzi è uno degli aspetti più visibilmente deteriori dell'incombente sconfitta della cultura. Non servirà a molto l'aver composto qualcosa che viri decisamente in direzione opposta, ma almeno testimonia la resistenza di qualche vecchio musicista a questo sterminio dell'intelligenza: fanciulli, se volete rincretinire davanti alla televisione, fatelo, ma non cercate l'appoggio e la complicità dei maestri di musica, meno che mai quella dei maestri di chitarra, e se qualcuno di loro vi offre la chitarra-divertimento, offritegli in cambio corda e sapone. "

     

    Come ognuno vede, non c'è ombra di "Bernardo Gui" nella mia asserzione, né si fa riferimento, in essa, alle scuole medie a indirizzo musicale. Se Lei si sente toccato personalmente (il sottoscritto), non è a motivo di quello che io ho inteso dire, e ho chiaramento detto.

     

    dralig

  23. Ma insomma, ricapitolando, Lei mi scrive questa filippica contro la "paidocrazia consumistica" e gli insegnanti da giustiziare (tra cui figurerebbe il sottoscritto)

     

     

    A sottoscriversi è Lei - perché chiunque abbia letto senza vanità protagonistica quello che io ho scritto avrà constatato - e può tuttora constatare - che io mi sono riferito a una categoria di insegnanti - e più specificamente a un modo di insegnare - e che di Lei - persona di cui ignoro totalmente l'identità - non c'è - nel mio scritto - la minima traccia.

     

     

    e gli autori marci dentro e la sconfitta della cultura e lo sterminio dell'intelligenza e la gigantesca barbarie (Paura! Cose che neanche l'Adorno più in forma...). Il tutto facendo esplicito riferimento alle scuole medie. A casa mia, quando si parla di scuole medie in cui i ragazzi studiano uno strumento, si parla di scuole medie a indirizzo musicale, e non di scuole medie annesse al conservatorio, che, a farla grande, saranno in proporzione di una a cinquanta con le prime. E fin qui, (quasi) nessun problema.

     

    Io mi sono riferito a libri, a testi di musica scritti con finalità didattiche, e a quelli, e ai loro autori, ho rivolto una critica. Le scuole medie - delle quali non c'è traccia nello scritto introduttivo del mio libro - sono state implicate nella discussione. ma non per mia iniziativa, e quello che ho scritto al riguardo non è certo accusatorio nei confronti dell'istituzione né, tanto meno, dei ragazzi che la frequentano. Basta rileggere i messaggi per constatare che i soavi apprezzamenti nei loro riguardi sono stati manifestati da altri, e non da me. Chi iniziasse a leggere questa discussione dal Suo messaggio, penserebbe che io mi sia scagliato contro le scolaresche SMIM o, indiscriminatamente, contro tutta la categoria dei loro docenti di chitarra. Seguendo l'intera discussione, i lettori constateranno che non è vero. A parlare di allievi svogliati, aritmici e privi di orecchio e di insegnanti rovina-ragazzi sono stati, in questa discussione, i docenti delle SMIM, non io.

     

     

    Il problema è che nel prosieguo della filippica indica il suo lavoro come la testimonianza di una resistenza ad una tendenza generalizzata verso la faciloneria (anche perché, se generale non fosse, la suddetta filippica perderebbe qualunque senso di esistere).

     

    Se è un problema, lo è per Lei, non certo per me. Io confermo la mia testimonianza. E, del resto, basta leggere la prefazione del mio libro, che ho ripubblicato in questo forum. Non occorre che Lei cerchi un senso alla mia "filippica": per me non è mai stato un problema assumere le posizioni corrispondenti al mio modo di essere e di pensare e manifestarle senza reticenze. Non smentisco mai quello che effettivamente ho dichiarato, e perciò rifiuto che mi si ascriva quello che non ho, non soltanto detto, ma nemmeno pensato. Per esempio, io non ho menzionato una generalità di pubblicazioni, ma una categoria: ad attribuirmi la generalizzazione è Lei. Sono comunque ben lieto di constatare che la mia testimonianza è stata letta e ascoltata da molti lettori. Il gran maestro tempo - al di là delle scaramucce verbali - emetterà il suo verdetto.

     

     

    A questo punto la logica, che non lascia molto scampo, mi conferma che Lei si sta riferendo alla realtà musicale più diffusa e in ascesa che esiste in Italia, cioè quella delle normali scuole medie a indirizzo musicale. Salvo poi - quando si fanno notare un paio di cose - ammettere candidamente di non averci mai messo piede, di non saperne un'acca, e di riferirsi alle scuole medie annesse ai conservatori. Ma come si fa allora a parlare di “futuro della musica in mano ai giovani professori” e poi dire di riferirsi a una istituzione la cui esistenza è sconosciuta ai più?

     

    Io non ho partecipato alle guerre puniche, non ero a Lepanto nella battaglia navale contro i turchi e non ho sparato a John Fitzgerald Kennedy: la mia assenza da tali eventi mi impedirebbe di diventarne un conoscitore profondo, qualora io decidessi di indossare i panni dello storico e di dedicare la mia vita allo studio dell'immensa bibliografia esistente su quei temi? "Come si fa a parlare di futuro della musica in mano ai giovani professori"? Semplicissimo: si fa il musicista, si impara a farlo a dovere, si seguita a imparare tutta la vita a farlo sempre meglio, e si vive da musicista: si frequentano a titolo professionale istituzioni musicali (società di concerti, teatri, conservatori, accademie, università, case editrici e discografiche, emittenti radiofoniche, case editrici e discografiche, fondazioni e musei, biblioteche, archivi pubblici e privati, emeroteche), si lavora a contatto con personalità musicali (compositori, direttori, interpreti, critici, storici, musicologi,giornalisti, etc.), ci si guadagna onorevolmente da vivere per più di mezzo secolo nei centri deputati alla produzione della musica, e alla fine si giunge a una visione della realtà musicale, dei suoi valori e dei suoi disvalori, delle sue prospettive e dei suoi problemi. Incluso il suo problematico futuro.

     

    E se, da questa collocazione - alla quale nemmeno l'inquisitore de "Il nome della rosa" avrebbe potuto negare il riconoscimento della consapevolezza, ancorché dolente - si giunge alla conclusione che "il futuro della musica è in mano ai giovani professori" (e non allo star system), lo si fa con pieno diritto culturale, artistico e civile, anche se non si è mai messo piede nella scuola media (e si è presa conoscenza diretta solo delle scuole medie annesse ai conservatori:) il mettervi piede servirebbe ad aggiungere elementi atti ad appurare se le speranze riposte nei "giovani professori" siano fondate o meno, ma non è affatto indispensabile per comprendere che, laddove regna l'ignoranza, l'unico rimedio è l'istruzione, e che la sede più adatta alla lotta contro l'ignoranza è quella dove ci si cura della formazione dei cittadini di domani. Per essere consapevoli che la soluzione di un problema di salute è un farmaco, non occorre essere frequentatori abituali di farmacie.

     

    dralig

  24. Lavoriamo tutti per la Musica. “La chitarra volante” risulta essere un metodo iniziale molto efficace . E’ tuttavia preferibile utilizzare contemporaneamente più metodi e raccolte di studi legati alla tradizione ottocentesca, per offrire ai nostri studenti una conoscenza a più ampio raggio.

     

    Ecco, mi pare che Lei abbia colto il nocciolo della questione. Vediamo ora di mettere a fuoco un aspetto - secondo me fondamentale - della discussione. I maestri della prima metà dell'Ottocento che scrissero musica per chitarra con finalità didattiche adoperavano il linguaggio musicale della loro epoca. Aguado e Sor, Carulli e Carcassi, erano sì chitarristi, ma anche musicisti ben integrati nei rispettivi ambienti musicali: conoscevano la musica dei grandi compositori del tempo, spesso la bordeggiavano nelle loro composizioni, non di rado - in qualità di concertisti - condividevano la scena con i maggiori virtuosi del momento. La loro musica è specchio fedele della loro appartenenza a un quadro storico - non solo musicale, ma anche sociale, culturale e politico - in cui agivano, se non come figure di spicco, certo come dignitosi comprimari: Sor ricevette in Russia l'incarico di scrivere la marcia funebre per le esequie dello zar, Giuliani cenava con Beethoven... Vediamo, nelle loro opere, chiari riflessi di questa loro identificazione con il mondo musicale circostante: Giuliani compone sì le Arie nello stile italiano, ma - da buon viennese d'adozione - scrive eccellenti Lieder (con testi in lingua tedesca) in cui si riflette tutta la sua condizione di epigono dei maestri austro-tedeschi. Carulli, che se la passa bene a Parigi, non scrive Lieder, ma Ariette, bilanciando il suo impeto partenopeo e la sua ben imparata partecipazione alla vita musicale parigina - magari colta solo nei suoi aspetti più superficiali, ma comunque squisitamente francese. E potremmo continuare a lungo nella constatazione che, tra i pezzetti didattici per chitarra di questi Maestri e la grande musica del loro tempo, c'è un legame di affinità e di continuità e - quale che sia il giudizio di qualità che si vuole emettere su autori e opere (io ad esempio colloco gli Studi di Sor tra la musica strumentale di ottima lega scritta nella prima metà dell'Ottocento, indipendentemente dal fatto che si tratti di musica per chitarra) - un punto è incontrovertibile: dove si faceva musica ai più alti livelli, là c'erano anche dei chitarristi, e la loro musica dimostra questa loro condizione.

     

    Nel Novecento sono accaduti molti fatti anche in ambito musicale, e inevitabilmente i linguaggi si sono frantumati. Resta però il fatto che, anche in tanta pluralità di linguaggi, la musica del Novecento ha caratteri ben riconoscibili: anche nei lavori dei Maestri che non hanno rinnegato la tonalità si denota a prima lettura la distanza dalla musica dell'Ottocento.

     

    La domanda successiva sorge inevitabile: nelle opere didattiche per chitarra del Novecento c'è un nesso autentico, diretto, riconoscibile con la musica strumentale coeva? Quali sono gli autori che hanno forgiato pezzi propedeutici ai vari linguaggi novecenteschi? Gli Studi della Escuela razonada hanno uno sbocco diretto anche solo nel repertorio di Segovia? Gli Appunti di Castelnuovo-Tedesco introducono gli studenti ad altro che non sia la musica per chitarra dello stesso autore? E badi che ho citato lavori degnissimi! Per trovare - in un'opera didattica del Novecento - qualche freccia puntata verso il repertorio dobbiamo sfogliare il Guitarcosmos di Smith Brindle, mentre gli Studies di Dodgson si manifestano in un ordine di problematicità tipico dei lavori orditi con sapienza musicale, ma da menti che non sanno governare la scrittura chitarristica dall'interno.

     

    Leo Brouwer indica risolutamente, con i suoi Etudes Simples, la strada della settorialità. Non crede - è evidente - che una raccolta di Studi possa abbracciare una vasta pluralità di linguaggi, ne sceglie uno, e in quello sviluppa la sua forma. E' un buon esempio. Ma ovviamente lascia deliberatamente scoperte molte aree.

     

    Io non credo che si possa scrivere un'opera didattica valida senza riferirsi a un repertorio. E' una questione elementare di forma musicale, di modo di scrivere (metrica, ritmo, armonia, contrappunto, etc.). Non vedo come sia possibile concepire una raccolta di Studi che, scritta agli albori del secolo XXI, adoperi sostanzialmente la scrittura chitarristica degli Studi di Matteo Carcassi, che insista nell'uso di armonie tonali già superate dagli autori di musica strumentale della seconda metà dell'Ottocento (figurarsi il Novecento!), che rimanga legata al vincolo più semplicisticamente melodico - e che, per giunta, denunci i limiti di una tecnica compositiva imparaticcia e - posso dirlo senza animosità? - dilettantistica. Mi si dirà che questo genere di musica serve per agganciare l'interesse di scolari del tutto privi di alfabetizzazione musicale, con la riserva di farli evolvere in seguito. Io rispondo che anche nel più semplice esercizio con cinque note in posizione fissa deve essere presente la mano del compositore vero, che sa manovrare il discorso musicale, e che fin dal primo contatto con la musica gli scolari hanno diritto di vedersi offrire il frutto dell'opera dell'ingegno e della sapienza, non quelli della faciloneria e del dilettantismo. Gli scolarsi sono ignoranti? Se così è, sono anche innocenti, e all'innocenza si deve dire la verità, non le bugie.

     

    dralig

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