Vai al contenuto
Novità discografiche:

Angelo Gilardino

Membri
  • Numero contenuti

    2241
  • Iscritto

  • Ultima visita

  • Giorni Vinti

    37

Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1.  

     

    Mario Castelnuovo Tedesco intratteneva la sua corrispondenza su carta azzurra e, fino alla fine, si è rifiutato di usare la penna biro, se non per appuntare qualche nota; Victor Hugo  scriveva soltanto  su fogli di color rosa; Stravinski evidenziava le parti usando i colori rosso e verde.

    Non credo si possa loro obiettare qualcosa.

     

    Infatti, nessuno l'ha mai fatto; né alcuno ha mai contestato a chi preferisce seguitare a comporre con carta e penna il sacrosanto diritto di farlo. Le argomentazioni a favore della notazione musicale computerizzata sono state addotte in riferimento al lavoro in sé - cioè a quel che si può fare con i diversi sistemi di scrittura da parte di chiunque, non da parte di Tizio e di Caio, che possono tranquillamente continuare a zuccherare il caffè o a sorbirlo amaro, a loro incontestabile piacimento. 
     
    A margine: Castelnuovo-Tedesco talvolta scriveva su carta azzurra (cioè adoperando i biglietti postali che, a scrittura terminata, si richiudevano su sé stessi come delle buste), ma adoperava anche - e molto spesso - normalissima carta da lettera bianca e leggera, appositamente creata per la posta aerea. 
     
    dralig
  2.  

    Come si spiega il lavoro immenso di orchestrazione di un compositore come Mahler con i suoi mille colori orchestrali e senza.. computer? probabilmente, appunto il suo Finale, Sibelius, o pennarello 2.0 , matita ecc.. era nella sua testa..ma ancor di più come si perviene a quella esperienza..? forse anche vivendo realmente in quel "mondo sonoro". Oggi, con tutte le "librerie sonore" software  e le possibilità di emulazione simpatiche che si possono ottenere nel sentire ad esempio una simulazione di orchestrazione converrete con me (immagino) che ascoltare e avere la possibilità di sentire dal vivo il risultato sonoro è leggermente diverso?..anche io uso Sibelius per preparare le parti agli esecutori ma poi "passo" in classe di musica da camera e ascolto le prove e la concertazione diretta con il peso sonoro reale..e per quanto possa farmi una idea il più possibile approssimativa con i miei giocattoli sentire 4 corni dal vivo e su Sibelius è una cosa leggermente diversa..e qui si torna al punto di partenza: noi stessi e le nostre capacità innanzi tutto..poi ognuno sceglie se andare a piedi, in bicicletta o in treno..alla fine appunto bastano due battute immagino..per svelare l'arcano.

     

     

    L'indispensabile e insostituibile testa, al cui interno sono custoditi i segreti di ogni arte, trova nel computer - o, per chi lo preferisce, nel pianoforte - solo degli specchi, non delle appendici esterne funzionanti a mo' di cervello. Apple non ha ancora comperato il brevetto di Domeneddio. Inutile constatare il fatto che la qualità media delle composizioni scritte da quando esistono Finale e Sibelius - nel campo, per esempio, della musica per chitarra, sotto i nostri quotidiani sguardi - non è affatto migliorata; anzi, si potrebbe affermare che, da questo punto di vista, l'avvento dei programmi di notazione musicale ha contribuito a far crescere il cumulo dell'immondezzaio. Potremmo, my dear Marcello, concludere che il computer e i relativi programmi di notazione sono utilissimi soltanto a coloro che, per comporre qualunque brano per qualunque organico, ne potrebbero fare disinvoltamente a meno? Io credo di si. Ma, se stai per comporre una partitura per orchestra, a lavori conclusi mi saprai dire quanto tempo hai risparmiato nella preparazione delle parti - e quanti rischi di lapsus calami hai scongiurato - servendoti di Sibelius invece che della tua opera di amanuense. E con quanta tranquillità avrai mandato al direttore tali parti, serenamente sicuro del fatto che Sibelius è letteralmente incapace di scrivere nella parte di oboe un bequadro che in partitura è invece un diesis: cosa della quale la tua (nostra) mano, fallace e impudica, è capacissima, senza che con ciò risulti sminuita la qualità del tuo pensiero musicale. Addirittura, se il tuo puntiglio ti spinge alle soglie dell'acribia, ti sarai potuto permettere di ascoltare, con Sibelius, ogni singola parte, alla ricerca di ogni minimo accroc. E ti sarai così guadagnato, in vista delle prove d'orchestra, i sonni più tranquilli. Non sarai diventato un compositore di maggior caratura, ma un compositore che, in vista di una prima con noleggio delle parti, a una tazza di camomilla ricorre solo se la camomilla gli piace, non perché deve calmarsi i nervi. Ciao.

    • Like 2
  3. Non ricordo di aver espresso giudizi sulle scelte di chi, all'uso dei programmi di notazione musicale computerizzata, preferisce seguitare nell'uso della carta e della penna. Ho solo detto che il loro lavoro è più faticoso e complicato di quello di chi adopera Finale o Sibelius. E questo nessuno lo può contestare: è nell'evidenza dei fatti. Lo è nel caso delle musiche per strumento solo, e lo è, in misura assai maggiore, per le partiture d'orchestra. Non soltanto non giudico la categoria degli amanuensi ma, per quanto personalmente mi riguarda, ai suoi esponenti devo soltanto essere grato: sono tra i più assidui committenti del mio lavoro di editor, proprio perché i programmi di notazione li so usare, e mi pagano benissimo. Quindi, lunga vita alla loro categoria.

     

    Che il talento non c'entri nulla con i sistemi di notazione adottati è decisione del Padre Nostro. Mi sembra tra le più chiaramente e apertamente rivelate. Mentre spesso la Sua Volontà si manifesta in modo oscuro, e arduo da comprendere per le povere creature che siamo, la Sua irregolare largizione del talento ai compositore di musica è lampante, così come lo è, al riguardo, la Sua totale negazione: bastano pochi istanti spesi nella lettura di una sola pagina per constatare se vi risplenda la luce dei doni celestiali e la sapienza di chi li ha ben spesi, o se vi regni il deserto. A questa evidenza, non c'è scampo. Come scriveva Vincent al fratello Theo, "noi possiamo parlare solo con i nostri quadri".

     

    dralig

  4. Se il pianoforte fosse stato proposto agli studenti di composizione per quello che era e che è, cioè un validissimo mezzo per studiare non soltanto scritturalmente l'armonia, il contrappunto, la fuga, etc., nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare: il buonsenso musicale è sufficiente per comprenderne l'utilità. Ma lo studio della composizione nei conservatori italiani è ipertroficamente pianocentrico: per diplomarsi in composizione, bisogna per forza diventare pianisti. Quindi, è ovvio che qualcuno lo mandi al diavolo. 

     

     

    dralig

     

     

    • Like 4
  5. Come Lei sa, alla fine degli anni Ottanta la stirpe degli incisori di musica arrivò ai confini dell'estinzione. La gloriosa arte non richiamava più apprendisti. In compenso, nasceva la categoria dei copisti di musica che adoperavano i primi programmi di notazione musicale computerizzata, Finale in primis. Chi, come me, lavorando nell'editoria musicale, dovette affrontare la novità, visse momenti di disperazione: la qualità grafica delle pagine di musica "incise" dai primi copisti computerizzati era disastrosa. Si stavano improvvisando, senza avere basi solide nell'arte della notazione - tutt'altro che semplice. Fu allora che, per gli autori, si pose l'aut aut: o diventare copisti di sé stessi, o rassegnarsi a vedere i proprii lavori pubblicati con una scrittura musicale brutta e sgrammaticata. Nel 1995 io ruppi gli induci e acquistai il primo computer. Ci volle un anno abbondante per imparare a fondo le regole della notazione musicale: non esisteva nemmeno un manuale in italiano, e dovetti studiare gli autori di lingua inglese: Ted Ross soprattutti, con il suo tremendo "The Art of Music Engraving", che spendeva decine di pagine per spiegare l'inclinazione delle aste che univano crome e semicrome - fu impegnativo come un corso di contrappunto. Con quella corazza, potei entrare responsabilmente nella selva oscura di Finale - programma ricco ma caotico e, allora, irto di buchi. Le prime partiture che preparai non furono impeccabili, ma certamente migliori di quelle degli "incisori" che mi avevano procurato un principio di ulcera.  Da allora sono migliorato, e vado fiero del lavoro che ho fatto nel settore, preparando di persona notazione e impaginazione di tutte le edizioni della collana "The Andrés Segovia Archive". In quella serie, mi sono concesso addirittura dei preziosismi, come l'adozione del font musicale November, che ostenta delle piccole imperfezioni per emulare le incisioni delle grandi case editrici tedesche come Barenreiter, Schott, etc.  Poi, è arrivato Sibelius, un programma simile a Finale ma più agile e intuitivo.  I miei allievi di composizione sono tenuti a imparare lo stesso mestiere, al diavolo il pianoforte...

     

    dralig

    • Like 1
  6. caro dralig io non volevo dire che il compositore futuro si servirà del computer per agevolare il lavoro autoprodotto dalla propria vena artistica come fa Lei , questo fa parte della prima categoria " da me sopra citata " ma la seconda categoria futura fatta da abili tecnici , come intesa da graf    , non di musicisti.    saluti prof  

    Ha ragione, mi scusi - per quanto assertivo, il mio messaggo di stamattina, riletto nel contesto della discussione, c'entra come i pipistrelli con gli angeli. 

    dralig

  7. Io non tornerei indietro volentieri. Scrivere la musica a mano non era più facile e più veloce dello scriverla con un programma di notazione musicale computerizzata. Il lavorio della correzione è infinitamente agevolato dal computer: cancellare non significa procurare abrasioni a un foglio di carta fino a bucarlo; inoltre, è possibile in un batter d'occhio  accumulare e confrontare un numero illimitato di versioni dello stesso pezzo - intero o diviso in parti - riservandosi di scegliere, di mescolare, di modificare all'infinito: operazioni che, con la scrittura manuale, erano dispendiosissime di tempo e di fatica. Inoltre - per chi preferisca, come me, scrivere senza ausilio di strumenti - la possibilità di controllare in playback che quello che si è scritto corrisponda effettivamente a quel che si aveva in mente è di grandissimo aiuto - e non c'è  pianoforte o chitarra che potesse permettere tale verifica in modo altrettanto preciso qual è quello che offre il computer. Infine, e non minimamente, è possibile - imparando l'arte della notazione musicale -consegnare agli editori le proprie opere pronte per la stampa, risparmiando il logorante traffico della correzione delle bozze cartacee e i relativi, interminabili contenziosi con gli incisori. 

     

    I vantaggi della tecnologia sono enormi, ma finiscono qui. Finale e Sibelius servono al compositore come Word e Pages servono allo scrittore. Scrive più agevolmente e corregge più facilmente, ma non scrive meglio: la qualità letteraria dei suoi romanzi e il word processor che adopera non hanno nulla che vedere. 

     

    dralig

    • Like 1
  8. Certo Alfredo ricordo ed ho riletto con piacere, sollecitato dal tuo post, l'articolo che si trova n.63 del Fronimo, dal titolo  "Alcune note sull'interpretazione della Sonata III di Ponce" .

    L'analisi scritta da Carlo è complementare all'articolo scritto dal M° Gilardino.

    Faccio notare che quello scritto era intitolato "Alcune note sull'interpretazione" - quindi non mirava a uno studio analitico del testo, ma soltanto a una serie di considerazioni di indole formale che, a parere dell'autore, avrebbero dovuto costituire i fondamenti di una lettura non di pura decifrazione. Si trattava, in sosrtanza, della scrittura di una parte di una lezione sulla Sonata Terza. 

    dralig

  9. Quando venne chiesta a Stravinskij una firma, lui scrisse "$", cioè "Igor Stravinskij". 

    Stravinskij viveva di commissioni e di diritti d'autore, non aveva altri introiti per mantenere sé stesso e la sua famiglia. Inoltre, poiché la sua concezione del mestiere di compositore non faceva alcun affidamento sulla "ispirazione", ed era basata su un sapere di tipo "artigianale", ne conseguiva la sua disponibilità alla committenza. Come qualunque altro professionista in qualunque altro campo - anche non artistico - in cambio dei suoi lavori pretendeva un onorario. Trovo tutto ciò lecito, giusto, eticamente impeccabile. L'ironia con la quale talvolta manifestava questa sua pretesa di essere pagato era un condimento tutto sommato innocente di un principio sacrosanto. Questa capacità di autotutela è stata spesso, nella vita dei compositori, alternativa alla fame. Condizione nella quale un altro maestro del Novecento, non altrettanto capace di difendersi, visse gli ultimi anni della sua grama esistenza, e nella quale morì: Bela Bartok.

  10. E il pubblico lo muore. 

     

    Il pubblico non è una componente ancillare del fenomeno musicale, caro Alfredo. Ne fa invece parte strutturalmente. L'ascolto è attivo, e - sebbene siano ancora, a quanto ne so, da studiare scientificamente - le sue "attività" interagiscono con quelle degli interpreti in misura tale da concorrere al "totale" musicale. Il compositore immagina un'opera e ne "significa" ciò che è rappresentabile in una scrittura simbolica, inevitabilmente approssimativa; l'interprete, a partire da quei simboli, costruisce a sua volta un progetto sonoro - sia esso scorrevole, a flusso, alla  Segovia, o a utopia architettonica, alla Marcello Rivelli - e l'ascoltatore, oltre ad "ascoltare", restituisce all'interprete, in una sorte di feed back quasi simultaneo all'audizione, una componente partecipativa, che influenza l'esecuzione ancora in corso. Per questo motivo gli interpreti-architetti preferiscono la registrazione al concerto: li molesta l'idea che altri possa mettere mano a quello che loro vanno edificando.

     

    dralig

  11. Sarebbe bello ripartire da questo punto, colloquiando con il compositore!!! E' sempre intrigante conoscere i "perchè" della musica. 

     

    PS Per Santiago, se vuoi Marcello, sono disposto a farti compagnia.

     

    E' irreale credere che il compositore possa avere un'idea definitiva della sua musica, anche solo di una sua composizione. Un solo aspetto della musica è parametrato con precisione assoluta: l'altezza delle note. Dalle durate in poi, non c'è nulla di assoluto, e a nessun compositore al mondo è dato di ripercorrere nella sua mente un proprio pezzo per due volte in modo identico. Poiché la musica giunge agli interpreti attraverso una rappresentazione simbolica, è chiaro che non ha senso raccomandare ai medesimi di "suonare quel che è scritto", semplicemente perché ciò è impossibile. In realtà, l'interprete legge in apparenza da un leggio, ma non può dare dei comandi alle proprie dita se non passando attraverso una sua, previa rappresentazione mentale della musica, cioè attingendo a un leggio virtuale che egli forma osservando quello fisico. Aspettarsi che tale leggio virtuale coincida con quello del compositore - il quale, tra l'altro, non è in grado di formarsene uno definitivo, e lo varia di continuo - è pura illusione. Si tratta di una perdita, di uno scacco? No, io credo proprio di no. Dopo un'esecuzione del "Bolero", Ravel visitò Toscanini in camerino e si dolse con lui del tempo troppo svelto, al che il direttore gli rispose: "Lei della sua musica non capisce proprio niente". E' una battuta, ma si iscrive perfettamente nella realtà. 

     

    Quello che Marcello sceglie nell'esecuzione del "Colloquio" - come in tutte le sue interpretazioni -  corrisponde al suo modo ossessivo e maniacale di considerare ogni nota come un mattone di una costruzione in cui quello che conta, alla fine, più che la levigata perfezione del singolo mattone, è l'architettura, il profilo-volume dell'intero edficio nei suoi rapporti interni e nella sua spazialità. Io gli ho insegnato il valore formale dell'interpretazione, lui ha in un primo tempo accolto questa visione, salvo poi trasformarla in un suo progetto,  in cui tenta di annullare la dimensione temporale per comprimere tutta la fenomenologia della percezione in un'unità che lui vorrebbe rendere sincrona, mentre neppure la percezione di un'architettura riesce a rendersi sinottica. Tanto gentile e tanto onesto "pare", ma in realtà è un folle. 

     

    dralig

    • Like 1
  12. Carissimo Carlo, nel dar seguito a un tuo messaggio, ho iniziato la mia risposta a modo di continuazione causata ("...Gli è che...") del tuo scritto, sicché del mio è difficile pensare che eluda un riferimento personale. Anche se - scrivendo su un forum - è bene non personalizzare gli scambi: ci osserva la meglio gioventù, e tu ed io, vecchi, non dobbiamo parlare tra di noi.

     

    L'idea del gas non mi dispiace. Non tutti i gas sono venefici, e pare che ne esistano anche di stimolanti, con effetti palpabili - sebbene, e purtroppo, temporanei - sull'IQ. Una buona spruzzata nelle sale, prima dell'inizio dei concerti di chitarra, mi sembrerebbe - se priva di effetti collaterali - provvidenziale.

     

    dralig

  13. Gli è che non ho nulla da aggiungere alla discussione. Posso solo raccontare la storia della genesi del pezzo. Nel 2001, si celebrarono a Linares le esequie di Andrés Segovia. Mancato il 3 giugno 1987 a Madrid, fu sepolto nel cimitero maggiore della capitale, ma solo temporaneamente. Aveva infatti disposto che le sue spoglie fossero tumulate nella cittadina andalusa che gli aveva dato i natali. La comunità linarense impiegò anni a istituire la fondazione Segovia e a ristrutturare l'edificio che avrebbe ospitato, in una cripta (per la verità alquanto lugubre), la tomba del maestro.. Infine, nel 2001 tutto fu pronto, e il 3 giugno 2001 ebbe luogo la traslazione. Linares celebrò i funerali come se Segovia  fosse morto lì il giorno prima. Per l'occasione, fui incaricato di comporre un brano celebrativo. Era, per dirla in metafora rural-piemontese, una bella gatta da pelare. Chiunque abbia che fare con il "mondo della chitarra" può ben mettersi nei miei panni...Decisi dunque di compiere, nella città in cui era morto Manolete, una bella "veronica" e, invece di comporre un pezzo per chitarra - azzardo non meno temibile che quello corso da Manolete nell'affrontare il toro Islero, che gli risultò fatale - realizzai una delicata (almeno nelle mie intenzioni) versione per orchestra d'archi di quattro pezzi per chitarra sola scritti da tre diversi compositori (Ponce, Haug, Castelnuovo-Tedesco) per Segovia. Furono eseguiti in un memorabile concerto dell'Orchestra da Camera di Madrid, e io ne venni fuori illeso e persino festeggiato. Ma lì - tra i molti chitarristi che non me l'avrebbero fatta passare liscia se avessi scritto un pezzo per chitarra "approfittando" del funerale di Segovia - c'era anche Frédéric Zigante, il quale, a cena, mi disse che non me l'avrebbe fatta passar liscia lui, la veronica, e che il pezzo per chitarra in omaggio a Segovia lo dovevo sputar fuori comunque - tanto il momento del pericolo era finito, e nessuno avrebbe più trovato nulla da ridire. Tentai un'altra veronica, ma il prof di Torino mi marcava stretto, e d'altra parte aveva ragione, ben sapendo che il pezzo per chitarra sola io l'avrei anche avuto in mente, e che non mi sarebbe dispiaciuto scriverlo, se non fosse stato che, così facendo, avrei suscitato un altro putiferio, dopo quello del 1997, e mentre un putiferio può risultare divertente, due potrebbero causare noiosa assuefazione. Fu così che, nell'estate nel 2002, in quel di Muzzano biellese, e precisamente nella vasta casa dei Salesiani, dove si svolgevano i corsi di chitarra ex-Trivero, rifugiandomi per quattro giorni in portineria - dove peraltro espletavo impeccabilmente le funzioni del padre portinaio che mi aveva lasciato in usufrutto il suo gabbiotto - e sebbene sprovvisto di chitarra - ma abbondantemente munito di carta da musica e di pennarello - scrissi il "Colloquio con Andrés Segovia", dedicandolo doverosamente all'amico Frédéric, che ne fu anche il primo esecutore. Il brano ha ottenuto quasi unanime consenso, e inoltre è stato vigorosamente ingiuriato da un gagliardo campione del chitarrume italiota, il che è valso a rassicurarmi definitivamente dei suoi meriti. Forse ne farò anche una versione per archi, ma non per un funerale. Magari per un divorzio.

     

    Vostro aff.mo, dralig. 

    • Like 1
  14. Se la commissione ignora un pezzo scritto due settimane prima da un diplomato di chitarra che non sa che cosa sia la composizione e crede di stare componendo solo perché è capace di annotare sulla carta una serie di gesti che compie sul "suo strumento", non si verificheranno problemi: i giudici si renderanno conto dell'immaturità del candidato e lo elimineranno. Se invece la commissione ignorasse un pezzo scritto cinquant'anni prima da un compositore di indiscutibile profilo artistico-professionale (ad esempio, il citato Manén), allora sarebbe il candidato a dover eliminare la commissione, andandosene non appena si fosse reso conto di trovarsi di fronte a degli ignoranti.

     

    dralig

    • Like 1
  15. So già che sono off topic ma probabilmente i giovani interpreti che vogliono iniziare una carriera concertistica credono che in un ipotetica finale di un concorso sia meglio portare l'introduzione e capriccio di regondi e la sonata di ginastera piuttosto che krenek o manèn

    Ecco, appunto, i rivoluzionari. La Fantasia-Sonata di Manén fu composta nel 1929 e la Suite di Krenek nel 1953. Già nel 1935, Manén aveva capito l'aria che tirava, nel bel giardino del chitarrume, per il suo pezzo, e l'aveva messo in salvo realizzadone una splendida versione per orchestra, nei riguardi della quale parecchi direttori non sembrano nutrire le dubbiose circospezioni dei chitarristi: la eseguono senza timori (Salvador Brotons, Per Anderberg, per citare solo quelli con cui ho potuto discutere di persona alcuni aspetti emersi nel confronto tra l'originale per chitarra e la versione per orchestra). Nell'anno di grazia 2014, i chitarristi esitano ancora, e sognano l'avvento di compositori di genio che possano "rivoluzionare" il loro repertorio. Per il 2450.

     

    dralig

    • Like 3
  16. Dove siamo "arrivati"? L'arrivo è la conclusione di un procedere verso una destinazione, nota o ignota. A meno che non si voglia tornare alla santa inquisizione (e relative condanne) sui materiali, io credo che ci si debba rendere conto del fatto che non si arriva a nessuna meta, che lo scopo del procedere è solo la ricerca, e che le definizioni dell' "andare avanti" e del "tornare indietro" sono bolse metafore. La sola, vera domanda è: la navigazione è condotta con senno, sapienza, onestà, coraggio,  o si va alla deriva? Cristoforo Colombo partì per le Indie, e sbarcò in America. Era un buon navigatore. Quando la sua vedetta gridò "terra", non importava il "dove", ma il fatto che la navigazione avesse avuto un senso. Io sono stufo di sentire il compositore Tizio - che crede di "andare avanti" - criticare il compositore Caio - accusato di "tornare indietro". Mi interessa invece capire, dovunque vadano Tizio e Caio, se sanno navigare e se hanno una buona caravella. Non c'è un "arrivo", c'è solo un "andare", e non c'è un "dove", ma solo un "come". T.S. Eliot dedicò il suo poema "The Waste Land" a Ezra Pound chiamandolo "il miglior fabbro". Bene, quando si parla di compositori, vogliamo parlare di fabbriceria musicale? Se no, la strada la conosciamo: si "parte" da Adorno e si "arriva" ad Allevi. 

     

    dralig

    • Like 3
  17. La lista non l'ho fatta io, ho riportato, in estrema sintesi, ma fedelmente, quello che risulta dalla lettura del libro in questione. 

    Riassumo: si è partiti dalla domanda riguardante i nomi dei compositori che potrebbero rivoluzionare la musica per chitarra.

    Ho risposto che la rivoluzione non è né necessaria né possibile. Potrebbe aver luogo solo nella consapevolezza che i chitarristi hanno del repertorio già esistente. E ce ne sarebbe bisogno.

    Al seguito, per allegare alla mia asserzione dati esistenti e disponibili a chiunque li voglia leggere, ho citato un libro e ne ho riferito brevissimamente il contenuto.

    Mi sembra lineare.

     

    dralig

  18. La distinzione tra "compositori in genere" e "compositori soltanto per chitarra" ha senso fino a che mette a confronto un sinfonista e un autore che ha scritto soltanto pezzi per chitarra sola. Non ha più senso dal momento in cui un compositore - pur collocando la chitarra al centro della sua opera - scrive anche per orchestra e per formazioni da camera. Non capisco perché dovremmo istituire categorie diverse per un compositore come Castelnuovo-Tedesco, che di concerti chitarristici ne ha scritti tre, e un compositore di formazione chitarristica, che di concerti con orchestra  può averne scritti una dozzina, e che magari può aver  composto brani orchestrali o da camera senza chitarra: non si tratta più di rarità, l'elenco dei nomi di questi compositori è abbastanza nutrito.  Si può comporre "in genere" solo se si è pianisti? Visto che si parlava di comporre per chitarra, e visto che di chitarristi che sanno comporre e orchestrare ce ne sono ormai parecchi, che senso ha creare categorie diverse? Risulta a qualcuno che, nella storia della musica, Chopin non sia considerato "compositore in genere", anche se il 97% della sua opera è per pianoforte solo?

     

    dralig

    • Like 2
  19. Aggiungo qualche altro dato di fatto constatato nella lettura del libro in questione, scritto (meglio sarebbe dire: compilato) da Enrique Robichaud e intitolato (titolo americano, questo sì): "Top 100 -  A Guide to Classical Guitar's most recorded music". Allargando la panoramica su 550 composizioni (e senza prendere in considerazione le trascrizioni) dal Seicento a tutto il Novecento, l'autore permette di osservare tutto quello che, del repertorio italiano per chitarra, galleggia nella programmazione dei chitarristi di tutto il mondo, sono venti - o poco più -  composizioni dei seguenti autori (ordine alfabetico): Luciano Berio,Luigi Boccherini,  Ferdinando Carulli, Mario Castelnuovo-Tedesco, Francesco Corbetta, Carlo Domeniconi, Angelo Gilardino, Mauro Giuliani, Luigi Legnani, Niccolò Paganini, Giulio Regondi. "Koyunbaba" è il brano più conosciuto al mondo del repertorio italiano di tutti i tempi, più del Concerto op, 30 e della Sonata op. 15 di Giuliani o della Sequenza di Berio. Non vi è traccia di autori come Petrassi, Bettinelli, Porrino, Desderi o Gervasio (cito solo cinque maestri di indiscutibile statura musicale). 

    Il catalogo è questo. Sicché, quando sbuca (di tanto in tanto accade) il chitarrista che auspica la chiamata di altri compositori da convertire alla chitarra, viene in mente l'immortale battuta con cui, nel 1982,  l'allora ministro del tesoro, il compianto Beniamino Andreatta, economista di formazione internazionale, annunciò ai giornalisti l'esito di un consiglio dei ministri. Riferendosi alla proposta di un altro ministro dichiarò, liliale: "E' arrivato da Bari un commercialista trafelato annunciando che bisogna consolidare il debito pubblico". 

     

    dralig

    • Like 2
  20. Quali sono i compositori più importanti viventi e quanto potrebbero rivoluzionare il repertorio chitarristico?

    Per smuovere un grande compositore ci vuole un grande interprete (es. Walton con Bream).

     

    Il repertorio chitarristico del Novecento  giace per il settanta per cento intonso, per il venti per cento è conosciuto poco, per il cinque per cento è conosciuto male e per il rimanente cinque per cento è suonato alla nausea. L'unica, vera rivoluzione si potrebbe verificare nel caso in cui i signori interpreti si svegliassero dal loro torpore e incominciassero a leggere, a capire, a distinguere il grano dalla paglia e a valorizzare quello che hanno già. Un libro uscito recentemente in Canada, scritto da un ricercatore canadese, che ha costruito un database con diecimila CD di chitarra pubblicati negli ultimi tre decenni e ne ha derivato una serie di statistiche, dimostra che il brano più frequentemente eseguito dai chitarristi di tutto il mondo è "Recuerdos de la Alhambra", seguito da "Capricho arabe" e da "Romance anonimo" ("Giochi proibiti", per intenderci). Tra i primi cento titoli, si trovano decine di  brani come "Sons de carrilhoes" e altre delizie del genere, e la maggior parte del repertorio di sostanza musicale ne è esclusa. Questo dicono i dati incontrovertibili, e non c'è altro da aggiungere. I compositori possono spendere i loro talenti e il loro tempo per un destino migliore.

    dralig

    • Like 4
×
×
  • Aggiungi...

Informazioni importanti

Usando il Forum dichiari di essere d'accordo con i nostri Terms of Use.