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Angelo Gilardino

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Tutti i contenuti di Angelo Gilardino

  1. Io conosco uno che, alla fine dei suoi studi di contrappunto e fuga, scrisse una fuga che si poteva eseguire leggendola normalmente, oppure da destra a sinistra (retrogrado), oppure capovolgendo i fogli (speculare), ottenendo comunque un risultato "musicale". dralig
  2. Credo che quando gli adolescenti (anche quelli dotatissimi e simpatici come Vladimir) fanno qualche sparata sui piaceri dell'alcool, sia opportuno, se si dice loro qualcosa, non confondere l'enologia con l'alcoolismo. Sono due cose diverse. dralig
  3. Le percentuali dei consumi di musica colta sono modeste, ma non così disastrose come quelle che tu citi. Per comprendere quello che accadde, accadeva, accade e accadrà tra chitarristi (oltre all'efficace esempio dei capponi di Renzo Tramaglino), non occorre mettere in campo nessuna speciale percezione e nessun particolare criterio di valutazione: la storia, in tutti i campi, mostra l'enorme incidenza dell'invidia, dell'intolleranza e di quel modo di sentire e di agire che i greci chiamavano hybris: dismisura, tracotanza, arroganza. Affinché queste forze si mettano in moto, non occorre che esista un profitto elevato o la prospettiva di un miglioramento della propria condizione. Basta, a chi è posseduto dalla mescolanza di invidia, intolleranza e hybris, schiacciare gli altri, offenderli, mortificarli, renderli sottomessi. Salvatore Quasimodo, in un efficacissimo epigramma, si rivolge "a un poeta nemico" con questi versi: "........Uomo del Nord, che mi vuoi minimo o morto per la tua pace, spera: la madre di mio padre avrà cent'anni a nuova primavera. Spera: che io domani non giochi col tuo cranio giallo per le piogge". Nella frase "che mi vuoi minimo o morto per la tua pace" è mirabilmente espressa la risposta alla tua domanda: perché? Invidia, intolleranza, hybris. dralig
  4. Essendo io uno dei compositori programmati nel CD, mi sembra doveroso astenermi dal fare commenti. Se proprio devo dire qualcosa riguardo l'interprete, ecco i fatti: quando, sciolto il duo con Mario Fragnito, Matarazzo fondò il Quartetto Guitart, e mi chiese di scrivere qualcosa per la nuova formazione, io scrissi il "Concerto Italiano" per quattro chitarre e orchestra (1998) e ancora a Lucio che, tre mesi fa, mi chiedeva un "quartetto secco", ho consegnato da tre settimane un mio nuovo lavoro, "Feste lontane - Sinfonietta per quattro chitarre": un concerto con orchestra e un quartetto dicono di più di ogni profusione di elogi, non è vero? dralig
  5. Nel "nostro" settore professionale, la musica, le cose vanno esattamente come in qualunque altro settore. In politica, i leader non si limitano a criticarsi vicendovolmente: si scambiano accuse infamanti, si ingiuriano, si dichiarano calunniati nello stesso momento in cui rilasciano dichiarazioni che definire calunniose è benevolo; i capi delle organizzazioni religiose lanciano scomuniche e anatemi contro intere categorie della popolazione mondiale, e si ricevono in cambio accuse di settarismo, di smania repressiva, di mancanza di rispetto del prossimo; i giornali sono pieni di notizie riguardanti le tensioni competitive sui mercati - dove non c'è pietà per nessuno e dove si lotta senza esclusione di colpi -, negli uffici, nelle fabbriche, nelle scuole, nei campi sportivi... Perché mai i musicisti dovrebbero essere diversi e migliori dei capi di stato e degli uomini politici, dei parlamentari e dei cardinali, vescovi e sacerdoti, dei dirigenti d'azienda e dei banchieri, degli avvocati e dei calciatori? Non rimane quindi che guardare all'opera dei musicisti: compongono, suonano, dirigono, cantano, etc. etc.: questo è tutto. dralig
  6. Grazie mille. Poiché la migrazione a Vista avverrà in concomitanza con un rifacimento del sistema - nuovo processore, nuova motherboard, etc- dovrò comunque reinstallare tutti i programmi e procederò secondo le Sue indicazioni. Delle evenienze da Lei segnalate, l'unica che mi sento di escludere con certezza è la scarsita di RAM: ne ho 2 GB. L'intera Garritan caricata occuperebbe 1 gb. Ma al massimo io uso l'orchestra da camera (mai scritto una nota per gli ottoni, tra l'altro). ag
  7. Egregio Dr Brignolo, poiché Lei è esperto in materia, Le sottopongo un problema che né i tecnici di Sibelius né, tanto meno, il sottoscritto - che però ne è vittima - hanno risolto. Scenario. Finale e Sibelius versione pre-Garritan. Nel mio sistema è installata una Garritan Orchestra full version. Tutto bene, con i due programmi. Tra l'altro, il manuale Garritan include istruzioni speifiche per collegare l'orchestra sia a Finale che a Sibelius. Primo atto. Esce la versione di Finale - due anni fa, credo - con la Garritan in formato light incorporata. Poiché è facile settarla all'avvio del programma, la installo. Tutto bene. Posso usare i suoni Garritan sia dall'interno di Finale che - volendo - dall'esterno, con la full version. Secondo atto. Esce la versione 4.1 di Sibelius, che offre la possibilità di incorporare i suoni della Garritan (Native Instruments), a chi avesse già una full version della medesima, con un programmino aggiuntivo (crossgrade). Lo compero, mi piacerebbe caricare i suoni direttamente all'avvio del programma, invece che dall'interno del medesimo, dopo, con tutte le noiose operazioni di settaggio. Il programma crossgrade prevede l'installazione di Kontak Player, e poi tutto dovrebbe risultare automatico. Niente da fare. Compiuti tutti gli aggiornamenti sia di Sibelius che di Kontak Player, all'avvio non solo Sibelius finge di caricare i suoni, ma non lo fa, va anche in crash di continuo. Le ho tentate tutte, fino alla resa. Disinstallazione di Native Instruments for Sibelius e uso della full version Garritan collegata a Sibelius dall'esterno, con il vecchio caricamento. In occasione di un prossimo aggiornamento del sistema operativo (passaggio a Windows Vista), che fare? Caricare ancora tre volte i suoni (Garritan full version, Finale con Garritan Light, Sibelius con Kontakt Player) o lasciar fuori la full version e sperare che Sibelius faccia finalmente sul serio, installando davvero i suoni Garritan con il suo crossgrade? Grazie! ag PS Scheda audio: M audio firewire audiophile (esterna).
  8. Se è per questo, ci sono anche oggi: solo che copiano usando Score, Finale e Sibelius invece che la penna. E, ancora più dei copisti di una volta, amano farsi pagare! dralig
  9. Se scrivi e stampi per il fabbisogno personale, Flexitme va benissimo, ma se lavori per l'editoria, scòrdatelo: l'inserimento delle note devi farlo da tastiera pc o da mouse, altrimenti ti occorrerà più tempo per l'editing che per scrivere tutto a nuovo. ag
  10. Spero di no (è un intralcio, quando devi scrivere in partitura per strumenti traspositori o leggere con la chitarra usando il capotasto: ti viene l'emicrania), ma temo di si. Da ragazzo, quando procurarmi la musica che ascoltavo nei dischi era molto difficile (per tante ragioni), la "tiravo giù", scrivendola. Lavorando nell'editoria, questa si è rivelata una risorsa preziosa. Un esempio tra tanti: "Alba" di Hans Haug è un pezzo di cui si è perso il manoscritto. Ne ho preparato l'edizione "tirandola giù" dal disco di Segovia. In questo lavoro, c'è chi fa meglio di me: Phillip de Fremery, chitarrista americano, è in grado non solo di tirar giù le note, ma, in un disco di chitarra, riesce a individuare anche le corde su cui le note sono state fatte. Un chitarrista di Milano, Paolo de Lorenzi, tirò giù da un disco di Russell l'"Aire Vasco" di Manjon in un pomeriggio. Biscaldi "tirò giù"la "Serenade" di Lou Harrison (con scordatura della quinta e della sesta corda) in due ore. Un altro "diavolo", in questo, è Lorenzo Micheli. I jazzisti e gli arrangiatori di musica leggera, in questo, fanno polpette dei classici: per loro, ascoltare e ripetere cogliendo a volo tonalità, note e accordi, è normale. Per quanto "accademici", molti musicisti classici, in fatto di capacità propriamente musicali, sono delle talpe. dralig
  11. Il compositore americano Gardner Read ha scritto un testo fondamentale sulla notazione (prima che nascessero i software). Si intitola "Music Notation/A Manual of Modern Practice" ed ha avuto diverse ristampe. Io ho l'edizione del 1964, Allyn and Bacon, Boston. 450 pagine fitte. Per quanto riguarda l'arte dell'incisoria musicale - cioè il mestiere di copiare la musica per la stampa - la Bibbia è il libro "The Art of Music Engraving and Processing" di Ted Ross (Hansen). Questi due libri rappresentano lo stato dell'arte dell'editoria musicale prima dell'avvento dei software. I quali ovviamente hanno mirato a emulare i risultati raggiunti nelle pagine dell'incisoria classica, specialmente quella tedesca. Non ci sono ancora riusciti, ma si stanno avvicinando. Se pensi che Ross dedica pagine e pagine all'inclinazione delle travi che collegano crome e semicrome, ti rendi conto di quanto complesso possa risultare, per un programma computerizzato, ottenere gli stessi "effetti". Imparare Sibelius a partire dalla conoscenza di Finale è facile. Non è facile il contrario. Sibelius ha un'interfaccia molto migliore di Finale. Alla fine, i due programmi si equivalgono, nel senso che puoi fare con entrambi le stesse cose, ma con Sibelius devi faticare meno a impararle. Diciamo che, se vuoi proprio andare al nocciolo dei dettagli minimi e adattarli alle tue esigenze estetiche, Finale (i cui default sono semplicemente orribili, tutti i parametri vanno riprogrammati) ti dà qualche chance in più. L'ideale sarebbe una fusione tra i due programmi. dralig
  12. Senza nulla togliere a Gilardino, non me ne importa nulla che egli scriva con o senza strumento.? Importa a me: quando viaggio, non me lo devo portare appresso. dralig
  13. Non c'è niente di speciale in ciò, Waller, per un compositore di normale formazione. L'orecchio interiore e la facoltà di immaginare la musica senza bisogno di suonarla si formano fin dalla scuola, con gli studi di armonia e contrappunto, e poi si sviluppano con la pratica. Incidentalmente: no, non sono stato un grande concertista. Suonavo perché la mia formazione di compositore e di didatta doveva passare attraverso l'esperienza interpretativa, altrimenti non avrei potuto, come compositore, trattare la chitarra come ho fatto. Quando ho ritenuto d'aver raggiunto la conoscenza dello strumento sufficiente a creare un nuovo stile di composizione chitarristica, ho abbandonato l'attività concertistica: i concertisti sono di un'altra razza musicale, hanno caratteristiche diverse da quelle dello strumentista-compositore. Solo per dare un'idea: io ero un chitarrista come lo era Duarte (anche se lui non diede mai concerti), o come Castelnuovo-Tedesco era pianista: si suona, ma non è quello il punto. dralig
  14. Ecco perché l'estetica (filosofia dell'arte) va studiata innanzitutto come storia dell'estetica: proprio perché si impara a comprendere come il pensiero estetico (dal quale hanno origine la critica d'arte, la critica musicale, etc.) si formi e si trasformi, come tutte le attività umane, nel tempo e nella storia. L'estetica non ha come scopo fondamentale quello di emettere giudizi - tanto meno con pretesa di assoluta e immutabile esattezza -, ma quello di fondare dei metodi di comprensione e di apprezzamento dell'arte. Non c'è arte solamente nel comporre e nell'interpretare, c'è arte anche nell'ascoltare e nel comprendere (di conseguenza, nel giudicare). Poiché il comporre e il suonare si evolvono e mutano nel tempo, anche l'ascoltare e il giudicare si trasformano. L'estetica è l'arte della compresione dell'arte, è la risposta più artistica che l'uomo possa dare all'arte: è un'arte sensibile e raffinata, con "strumenti" proprii, né più né meno di quelli adoperati da chi compone e da chi suona. L'autore di un saggio sulla musica, si pone in una prospettiva ermeneutica non meno feconda di quella dell'interprete che la musica sa eseguire materialmente con uno strumento: la sua risposta è articolata in un altro linguaggio, ma è ugualmente "produttiva". Chi emette giudizi, diventa per ciò stesso automaticamente giudicabile: lo è a seconda della qualità delle sue motivazioni, dalle sue intuizioni e dal modo con cui le sviluppa, del metodo che dimostra di possedere e di saper applicare, dallo stile con cui scrive...Coloro che emettono giudizi più o meno sommari sull'opera altrui, quasi sempre si illudono di aver costituito, con il loro giudizio, un punto stabile, fermo, sentenziale, dal quale possono conseguire fortune o sfortune per l'opera giudicata e il suo autore. La realtà è ben diversa: il giudizio è invece l'opera del giudice, lo qualifica esattamente come l'opera giudicata ha qualificato il suo autore. Ben di rado un giudizio negativo (ad esempio) ha potuto arrestare il compiersi del destino di un'opera: l'avverso giudizio di Benedetto Croce (grande maestro dell'estetica), non solo non ha nuociuto alla "Recherche" di Marcel Proust, ma è andato a collocarsi nelle (rare) voci passive del bilancio del filosofo italiano. Ciò non toglie valore all'estetica crociana, ma ne dimostra la fallibilità. Il senso dell'estetica è quindi rendere la risposta all'arte qualcosa che si possa a buon motivo definire opera di interpretazione. Prima l'interpretazione, e poi il giudizio. Con la consapevolezza che l'alea dell'errore grava sullo studioso come su qualunque artefice. dralig
  15. uh grazie, mi conforta il giudizio di falsificazione ora che sto riportando tutto su finale anche materiale vecchio la tentazione è grande Giù le mani. Quel che è fatto è fatto: consummatum est. dralig
  16. Niente microfono, Francesco. Biblioteca. L'estetica è la filosofia dell'arte, e l'Italia è patria di insigni maestri. Inutile - e anzi dannoso - perdersi in discussioni sterminate tra chitarristi: prima, studiare. Per incominciare, ti suggerisco un libro che, scritto da un professore di filosofia e diplomato in composizione (docente universitario a Roma), ha un pregio straordinario: quello di riferire - con sintesi chiare, brillanti e anche spiritose - il pensiero dei filosofi sulla musica, da Aristotele fino ai contemporanei. Leggendolo, si può comprendere come la musica sia stata osservata, compresa, considerata, amata e valorizzata nelle diverse epoche e nelle varie culture. L'autore è Giovanni Guanti, il titolo dell'opera "Estetica musicale - la storia e le fonti", l'editore è La Nuova Italia, Firenze. Sarà per te, e per qualunque musicista lo voglia leggere, un grande libro. Da lì in poi, se il tema di appassionerà, potrai affrontare direttamente i testi dei quali avrai imparato, attraverso le sintesi guantiane, a conoscere i fondamenti, ma anche se non te la sentirai di "attaccare" Kant e Schopenauer, la sola lettura del libro che ti consiglio sarà più che sufficiente a metterti in condizione di organizzare il tuo pensiero sui temi che hai proposto: le grandi menti dell'umanità ci lavorano da millenni, e sapere che cosa hanno detto è necessario come il pane. Questo ti dico perché so che, nella tua sincerità e autenticità di artista, non ti accontenti di "strofinare il mobile" e cerchi qualcosa di più. dralig
  17. già è una cosa che mi ha sempre affascinato e incuriosito...le tentazioni del materiale...non so chi diceva che il compositore è soddisfatto quando, arrivato ad un certo punto del suo lavoro, "naturalmente" percepisce che il materiale composto, come un ingranaggio, non ha più possibilità di muoversi in nessuna direzione...poco importa il "come" si è arrivati a questa sensazione...può accadere in un attimo, a volte in anni...probabilmente dipende dalla natura del sentimento (di fede?) che il compositore nutre nei confronti del pensiero creativo... mah forse è un po OT Pablo Picasso non affermava di aver finito i suoi quadri, ma di aver portato ciascuno dei suoi quadri a un differente livello di elaborazione. Credo di aver capito che cosa intendeva dire. Un'opera ha un suo tempo: inizia, trascorre e termina. E' un momento, una configurazione tra mente e animus del compositore. L'opera può venire elaborata coerentemente solo nell'arco di quel tempo: non può essere iniziata prima che quel tempo inizi e, una volta scaduto il tempo - ne incominci un altro, o si cada nell'inattività - non è più possibile lavorare coerentemente all'opera. Nella durata di quel tempo, non è sempre possibile condurre l'opera al massimo livello di elaborazione: a volte si riesce, a volte l'opera, ancorché formalmente conclusa, resta in qualche modo imperfetta. Ma non serve tornarci sopra: i miglioramenti formali operati con il senno di poi sono sempre, in qualche modo, una falsificazione. dralig
  18. sto proprio ora leggendo parte dell'epistolario di Pound...quando la polemica sa farsi arte...grandissimo Eh si, lo scrittore di razza si vede in ogni genere letterario, inclusa la polemica. Di Pound, si può ben dire quel che Proust diceva riguardo il suo immaginario scrittore, Bergotte: l'arte consiste nel potere riflettente assai più che nella qualità intrinseca dello spettacolo riflesso. dralig
  19. su questo non sono d'accordo...anzi, è l'unica delle esperienze estreme degli anni 60 che resiste ancora oggi, contrariamente all''artisanat furieux bouleziano...certo i contesti sono altri, spesso l'ambito della sperimentazione sonora contemporanea è più facile ascoltarla nell'ambito del "sistema arte" che in quello musicale...ma, fortunatamente, le ibridazioni e le curiosità reciproche (spesso si osservano tra loro con fare tra il sospetto e la curiosità da entomologo) sono sempre più numerose e spesso anche molto interessanti... tra alti e, naturalmente (molti) bassi... Ha ragione. In questo caso, riferendomi al tramonto dell'aleatorietà, io lasciavo trapelare il mio inconfessato (fin qui) rifiuto di dar fuori degli oggetti sonori che io non abbia definito, almeno a livello simbolico, in tutti i loro aspetti. Mi sembra già di essere anche troppo aleatorio scrivendo tutte le note, le articolazioni, le legature, i segni dinamici, agogici e le espressioni, ma questo non perché io non mi fidi degli interpreti (ai quali lascio libertà): non mi fido della stabilità dell'immagine sonora che, una volta simboleggiata, torna indietro a tentarmi con infinite possibilità metamorfiche. Credo che questo sia pane quotidiano di tutti i compositori. Se fossimo pittori, una nostra opera sarebbe replicabile (e vendibile), tra l'approvazione generale, in cento, mille versioni solo un poco diverse tra di loro (avere in casa un Pollock o, da noi, un Morlotti, significa avere qualcosa di molto simile a quello che ha qualcun altro), saremmo più felici (e molto più ricchi). Invece, se scriviamo due pezzi simili, ci rimproverano di aver impiantato la cucina; e se scriviamo due pezzi diversi, ci incolpano di eclettismo. Brutto mestiere. Come dice Ezra Pound degli scrittori, sarebbe stato meglio aprire una piccola tabaccheria... dralig
  20. Stimolato da ex-allievi che si sono dedicati con successo alla chitarra elettrica, ho provato ad accostarmici, per onorare l'invito a comporre qualcosa, ma confesso che tuttora non ce l'ho fatta: la complessità delle risorse disponibili, e per parecchi versi la loro refrattarietà a un sistema di notazione qual è quello sul quale si è formato il compositore "tradizionale", pongono problemi formali che per il momento non sono riuscito a risolvere. Se il compositore esige di esercitare il controllo sulla materia sonora, tutta intera, la chitarra elettrica diviene un vero puzzle. E l'epoca della musica aleatoria è tramontata da un pezzo... dralig
  21. Non per niente MCT scrisse un bellissimo pezzo per pianoforte intitolato "Cipressi" , e il primo tempo della mia "Sonata mediterranea (ricordo di MCT)" s'intitola "Cipressi", alberi che nella cultura etrusca non erano icone cimiteriali, ma simboli della vita e protettori di feste. dralig
  22. M° per curiosità, se ne ricorda qualcuno di questi titoli fantasiosi ? Segovia diede titoli da musica a programma a ai tempi I, II, IV della Sonata, chiamandoli rispettivamente: Bailecito del rebozo Lo que sueña el ahuehuete Ritmos y cantos aztecas A quanto ne so, el rebozo è un pezzo tipico dell'abbigliamento delle donne messicane, affine alla mantiglia spagnola, mentre el ahuehuete è una sorta di cipresso messicano, di dimensioni ragguardevoli. Segovia lo ha "animato", supponendo che sogni. Mica male, come idea poetica, no? Alla fine, secondo me, le migliori sono la Sonata Mexicana e la Sonatina meridional, perché, nella giusta differenziazione di carattere tra i movimenti che le compongono, mantengono una pregevole omogeneità di stile, mentre la Sonata III, che vola molto in alto nel primo movimento, scende nettamente di tono nel secondo, troppo terra terra, troppo popolare, rispetto all'astratta purezza del primo. Nel Finale, l'eclettismo la fa da padrone, e l'eclettismo è spesso, se non sempre, una forma di provincialismo...La prima e l'ultima Sonata di Ponce sono invece omogenee nella forma e nello stile, e questo è, a mio avviso, un aspetto fondamentale in una Sonata. La Sonatina meridional, specialmente, è un gioiello di perfezione formale. I pastiches - "Sonata clasica" e "Sonata romantica" - sono molto ingegnosi, ben scritti, ma appartengono a un genere a sé, non si possono comparare ai lavori "autentici". Trovo la "Sonata clasica" perfetta, mentre la "Sonata romantica "mi è sempre sembrata musica allo stato potenziale, cioè, nella sua dimensione monochitarristica, più allusiva che realizzata. Questo mi iha indotto, alcuni anni fa, a crearne una versione per cello e chitarra, nella quale ho cercato di sviluppare questo "potenziale", immaginando la musica che Ponce aveva solo indicato con una freccia, senza però poterla scrivere, a causa delle limitazioni oggettive. Schott, l'editore tedesco di Ponce, ha apprezzato il lavoro e ha dato al mio editore licenza di pubblicazione del lavoro. Anche questa è interpretazione... dralig
  23. Ah! Ecco perchè Segovia la perse per strada... Non la perse, gliela rubarono, insieme a molte altre cose. Non buttava nulla, comunque, teneva tutta la musica che gli giungeva, anche quella che non gli piaceva per niente. dralig
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