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Angelo Gilardino

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  1. Ho avuto il piacere di ascoltare il primo movimento poche settimane fa... semplicemente stupendo!!! A quando la prima? Non lo so, ma credo che non tarderà molto. dralig
  2. Il fatto è che ha dedicato la sua vita all'insegnamento, rinunciando all'attività compositiva poco dopo averla iniziata. Sai, il compositore non campa della sua musica, deve fare qualcos'altro, e talvolta purtroppo il qualcos'altro finisce per prendere il sopravvento. Ci sono andato vicino anch'io... . perchè purtroppo m°? quando uno lo fa a quei livelli (e anche ai suoi visti i risultati) credo sia giusto che venga riconosciuta quella altissima competenza che è l'insegnamento...alla faccia anche di chi ancora sostiene la "superiorità"dell'interprete sopra tutto...deus ex machina che muove le sorti del mondo musicale. p.s. ma siamo tutti a dieta? Il "purtroppo" non si riferisce alle altre cose che si fanno oltre al comporre, ma al fatto che esse prevalgano al punto da indurre un compositore al silenzio. Non è male fare qualcos'altro, a patto di non smettere di fare la cosa principale. Quanto alla dieta, non sono più in grado di formulare pensieri corretti e nemmeno, temo, civili. Vivo nella fame più nera, e per giunta non posso nemmeno ricevere soccorso dalle istituzioni preposte a nutrire gli affamati, perché, diversamente da loro, che se mangiassero starebbero molto meglio, io se mangiassi a sazietà correrei un sacco di rischi. Credo che sia inaudito suicidarsi con pane e salame, ma è la minaccia che incombe su di me. dralig
  3. Per la verità, il brano non fu scritto nel 1969, ma nel 1965, al termine dei miei studi di composizione con l'organista e compositore Giuseppe Rosetta. Fu il primo brano "libero" che scrissi, dopo i molti brani scolastici e dopo gli interminabili esercizi di armonia e contrappunto. Un anno dopo, lo inviai a Mario Castelnuovo-Tedesco, che lo elogiò e, soprattutto, lo corresse in un modo singolare: non cambiò nemmeno una nota, ma eliminò la metà del pezzo. Così com'è ora, mi disse, è perfetto. E così lo pubblicai, in seguito, modificando la data di composizione perché, all'atto della pubblicazione (1969) apportai qualche piccolissimo ritocco. Lo dedicai a Parkening perché in quegli anni eravamo in corrispondenza, e lui mi disse che il pezzo gli era piaciuto. Non credo che l'abbia mai suonato - lui non suona musica atonale. E' un pezzo per me importante perché dalla lezione di MCT imparai molte cose - che poi credo di aver messo a profitto - e perché, dopo averlo letto, lui mi disse che avrei fatto molto meglio a fare il compositore piuttosto che il concertista. Aveva ragione, ma ci impiegai una quindicina di anni a rendermene conto e a seguire il suo consiglio. Che cosa ne penso ora? Mi trattengo dal considerare quel pezzo alla luce di quel che so fare adesso (sto componendo il mio decimo concerto con orchestra), e penso che, con i mezzi che avevo allora, avevo fatto del mio meglio. L'importante è proprio questo: riuscire sempre a dare il meglio di sé. dralig
  4. Il fatto è che ha dedicato la sua vita all'insegnamento, rinunciando all'attività compositiva poco dopo averla iniziata. Sai, il compositore non campa della sua musica, deve fare qualcos'altro, e talvolta purtroppo il qualcos'altro finisce per prendere il sopravvento. Ci sono andato vicino anch'io... Vedo che mi hai depennato dalla lista dei tuoi compositori preferiti. Proprio adesso che, oltretutto, ho dovuto iniziare una dieta ferrea. Te la auguro, così impari. ag PS Segovia, da giovane, usava telefonare alla Boulanger imitandone la voce e la parlata, e lei andava su tutte le furie.
  5. Mi sembra un buon punto di partenza. Ma volendo fare un po' il guastafeste, per quel che mi riguarda ho spesso notato maggior "presunzione" (nell'accezione meno simpatica del termine) più nei "vecchi-prodigio" che nei "ragazzi-prodigio". E mentre nel secondo caso l'ingenuità e l'esuberanza (non solo in campo musicale) sono evidentemente la causa di questo comportamento, nel primo non vi sono scusanti. La scusa c'è, ed è tragica: il fallimento. Tra le persone di valore, a maggior ragione se esperte, non troverai mai presunzione, supponenza, alterigia: queste sono le caratteristiche delle mezze tacche e dei falliti. dralig
  6. Biscaldi ha pubblicato per le Edizioni Musicali Bèrben tre volumi di "Esercizi speciali di virtuosismo" e un volume di "Esercizi elementari". Sono raccordati. Manca un libro di livello intermedio, che l'autore non ha voluto scrivere. Mi piacciono i giovani un po' presuntuosi (un po', non troppo), specialmente se sono intelligenti e volonterosi. La vita modera poi le loro ambizioni, ma a vent'anni è normale sentirsi bene e darlo a vedere. Tra giovani e anziani, è bene che sia in atto una sana competizione: voi siete i ragazzi-prodigio? Bene, ve la dovrete vedere con i vecchi-prodigio. dralig
  7. Devo farti visita. Una quindicina di anni fa mi ero introdotto nella selva oscura della composizione multichitarristica, componendo quattro lavori in quattro anni, ma non avevo mai scritto un quartetto vero e proprio. L'ho fatto quest'anno, e ho potuto constatare una volta di più che si tratta di un problema di non facile soluzione, ma anche assai stimolante. dralig
  8. Piuttosto, di uno strumento immaginario, che si materializza nella misura in cui il compositore riesce a crearlo. Le quattro chitarre diventano componenti di una chitarra virtuale e non definibile, se non nella specificità che di volta in volta assume, grazie al compositore. L'esperienza abilita a formarsi un proprio vademecum, con regole e interdizioni...Le cose da non fare sono moltissime... dralig
  9. Non serve scrivere per quattro chitarre. Bisogna scrivere immaginando una chitarra le cui limitazioni di diteggiatura e di suono vengono infrante dal fatto che la chitarra in questione ha 24 corde (meglio ancora se 26, cioè con una delle quattro chitarre a otto corde), e che le dita a disposizione sono quadruplicate. Il quartetto di chitarre non ha senso, se non come una chitarra virtuale, espansa, che moltiplica esponenzialmente le possibilità "interne" di una chitarra sola, senza gonfiarne la polifonia. Le forme compositive si espandono di conseguenza. Ci sono tanti accorgimenti da imparare e da usare. Componendo, li scoprirai, ma àrmati di santissima pazienza, perché ne avrai bisogno. dralig
  10. Quelli che ciascuno deve fabbricarsi da sé in base alle proprie difficoltà e idiosincrasie. A che serve fare scale, se il problema è - poniamo - in un trillo a due corde? dralig
  11. Infatti, io non ho detto che è necessario. Ho detto che sono state escogitate delle diteggiature della m.s. che permettono una simmetria (il termine è metaforico, ma rende bene il concetto) tra le due mani: ciò può essere considerato da taluni (molti, credo) opportuno, vantaggioso, utile, ma io non ho detto: necessario. Buon per Lei. Non adoperi le diteggiature delle quali non vede i vantaggi, e siamo tutti contenti. I libri di tecnica vengono scritti e pubblicati per coloro che ne hanno bisogno, non per chi ne può fare a meno. dralig
  12. L'utilità dello studio delle scale è variabile - cambia secondo i criteri con cui vengono studiate e praticate -, ma in genere è molto sopravvalutata. Diciamo che le scale sono un feticcio didattico, istituito anche grazie alla prescrizione di eseguirle nell'esame di compimento inferiore dei conservatori. In realtà, sono utili nei primi due anni, dopodiché - se l'approccio fondamentale allo strumento è corretto e lo studente normale -fare le scale è una perdita di tempo. Come diceva Schumann, lo strumentista che fa le scale è come lo scrittore che ogni mattina recita l'alfabeto... dralig
  13. Non si può stabilire a priori quale diteggiatura della mano destra permetta di raggiungere i risultati migliori. Ciascun esecutore ha le sue combinazioni favorite e quelle che invece gli risultano meno favorevoli, o addirittura ostiche. Il Suo maestro ha congegnato una diteggiatura delle scale in cui la mano sinistra prende sempre tre o sei note sulla stessa corda (nel secondo caso, con cambio di posizione). Questo permette di adoperare una o due serie a-m-i, cambiando corda sempre all'inizio di una nuova serie, e non all'interno della medesima. E' un grande vantaggio, che però si paga adoperando una diteggiatura della m.s. un poco più complessa, cioè, ad esempio, controllando cinque tasti con quattro dita. dralig
  14. Certo, il messaggio è: sarebbe molto meglio non fare tutti questi versi. dralig
  15. Ci sono chitarristi che raggiungono i risultati migliori adoperando la diteggiatura dispari (ami) e altri che invece preferiscono adoperare le diteggiature pari (i-m oppure i-a): si tratta di opzioni individuali. L'adozione della diteggiatura a-m-i implica una diteggiatura particolare delle scale anche nella mano sinistra. Un ottimo esempio di tale diteggiatura delle scale (in funzione della tecnica a-m-i) è contenuto nel terzo volume della serie "Esercizi speciali di virtuosismo" di Luigi Biscaldi, ed. Bèrben. dralig
  16. La funzione dell'introduzione è drammatica. Il dramma nasce dal contrasto di caratteri tra l'introduzione e l'allegro. In linea di principio, bisogna tendere (senza esagerazioni) a esaltare tale contrasto, non a spianarlo, con stacchi di tempo molto diversi e soprattutto con un uso attento delle dinamiche. Comunque, l'introduzione e l'allegro hanno un elemento in comune, il motivo anacrusico con tre note in levare e un appoggio in battere (strutturazione motivica che, pur mutando nei valori, mantiene sempre lo stesso aspetto in tutto il brano), e questo aspetto andrà posto in primo piano nell'esecuzione: contrasto si, ma tra fattori che hanno origine comune. dralig
  17. La funzione dell'introduzione è drammatica. Il dramma nasce dal contrasto di caratteri tra l'introduzione e l'allegro. In linea di principio, bisogna tendere (senza esagerazioni) a esaltare tale contrasto, non a spianarlo, con stacchi di tempo molto diversi e soprattutto con un uso attento delle dinamiche. Comunque, l'introduzione e l'allegro hanno un elemento in comune, il motivo anacrusico con tre note in levare e un appoggio in battere (strutturazione motivica che, pur mutando nei valori, mantiene sempre lo stesso aspetto in tutto il brano), e questo aspetto andrà posto in primo piano nell'esecuzione: contrasto si, ma tra fattori che hanno origine comune. dralig
  18. Leonardo suonava, a quanto pare, il liuto. Un suo frammento melodico - l'unico pervenutoci - è alla base di una trattazione scritta dal compositore Roberto Lupi (1908-1971), intitolata "Ars bene movendi". Sul frammento leonardiano, Lupi ha fondato una sorta di arte del contrappunto. molto elaborata e originale. Anni fa, qualcuno - non ricordo più chi - aveva preso l'iniziativa di commissionare e raccogliere in un'antologia alcuni pezzi per chitarra basati sul "tema" (per così dire) di Leonardo. Ero stato interpellato, e sulle prime avevo anche detto di si, ma poi, non so più perché, non se ne fece nulla. Mi pare di ricordare che l'iniziativa fosse scaturita in ambito iniziatico, rosicruciano, e che avesse anche basi organizzative solide. dralig Butterfly
  19. è necessario distinguere ciò che vorremmo, da ciò che effettivamente è, nella prassi dell'interpretazione l'interprete fa ciò che è nelle sue possibilità di fare, fossero anche queste possibilità, quelle di stravolgere il testo musicale... più che tra compositore e interprete io virerei questa discussione sul versante del rapporto, più stretto, tra interprete ed analisi musicale l'interpretazione è indubbiamente già di per se, nel 900, la testimonianza più alta dell'analisi musicale viceversa essendo l'interprete libero, anche nel manifestare la propria mediocrità, è labile spesso il confine tra la bellezza della chirurgia analitica musicologica e la noia, risultato dell'ennesima produzione musicale dei soliti classical evergreens Per chi ci legge, è importante innanzitutto comprendere il significato del termine "interpretazione". Normalmente, in campo musicale interpretazione si identifica con esecuzione. L'esecuzione è certo interpretazione, ma esistono altre forme di interpretazione: lo studioso che legge un testo musicale al fine di comprenderlo e di scrivere, su di esso, un saggio o un articolo, senza necessariamente eseguirlo, è sicuramente un interprete. In senso lato, si può interpretare anche componendo: per esempio, Debussy interpreta Rameau, Ravel intepreta Couperin, Britten intepreta Dowland, etc (lungo elenco). L'analisi musicale è una forma di interpretazione in se stessa, ma è anche uno strumento per l'interprete-esecutore. Lo aiuta a fissare più nitidamente e tenacemente gli aspetti di quella che diverrà la sua esecuzione. D'altra parte, anche l'esecuzione che va direttamente al testo attraverso una semplice lettura, e non passa attraverso un'analisi formalizzata, diviene analisi nella misura in cui adotta scelte particolareggiate e non lascia nulla al caso. Mentre, d'altra parte, rimane tuttora problematica la descrizione delle relazioni dimostrabili tra un certo tipo di analisi musicale e l'atto esecutivo. Se, da un lato, chiamare analisi una pedissequa tracciatura del percorso armonico di una composizione, e la scomposizione della sua forma in sezioni, mi sembra un po' anacronistico (ma è quello che tuttora si fa nei conservatori, salvo qualche eccezione), d'altro canto tradurre in qualche indicazione concretamente utile - all'alto dell'esecuzione manuale di un'opera - le conclusioni di certe analisi musicali, mi sembra chimerico. E se, da un lato, ci fa sorridere l'analista naif che chiama sol minore una triade data sul quarto grado della tonalità di re minore, d'altra parte non saprei quale importanza possa rivestire, ai fini interpretativo-esecutivi, la lettura di un saggio sulla klangfarbenmelodie, alla fine del quale non si riesce a capire in alcun modo che cosa sia la klangfarbenmelodie. dralig
  20. "Atlantida". Non lo finì. Lo terminò il suo pupillo, Ernesto Halffter. E' una sorta di oratorio. Fu eseguito in prima a Milano, alla Scala. Pubblicato da Ricordi (la partitura è in commercio). dralig
  21. Avevano evidentemente ragione tutti e due. Ragioni diverse. Ravel aveva concepito il Bolero per la grande danzatrice Ida Rubinstein, e l'aveva immaginato in funzione coreutica, pensando ai tempi che la danza avrebbe richiesto per permettere alla famosa étoile di plasmare le sue figure e i suoi passi. A questo stadio della creazione dell'opera, il compositore era ben lungi dall'immaginare che quel pezzo "utilitaristico", nei confronti del quale egli non smise mai di manifestare il suo distacco, sarebbe diventato invece un brano sinfonico, al quale direttori e orchestre avrebbero aspirato indipendentemente dalla sua destinazione primigenia. E allora risulta valida la lezione toscaniniana che, tra l'altro, è poi diventata il modello della maggior parte delle esecuzioni successive, alcune delle quali, mantenendo lo stacco del direttore italiano, avrebbero "calcato" ancora di più l'escursione dinamica, rendendo il pezzo davvero infernale. Ravel si sentì dire chiaro e tondo da Toscanini - in modo brutale, com'era tipico del maestro italiano - che nel "Bolero" c'era una potenzialità sinfonica che solo con quel tempo avrebbe potuto manifestarsi. Eseguendo il pezzo al tempo di Ravel, ma senza Ida Rubinstein in scena, il risultato sarebbe stato debole: e questo Ravel non lo sapeva, perché era un esecutore mediocre, pianista debole nella tecnica e direttore privo di gesto e di polso. A ciascuno il suo mestiere... dralig
  22. Ti ringrazio per la segnalazione, ma lo spartito in organico originale l'ho gia. Io cercavo la trascrizione per piano. ciao Roberta Un buon pianista può leggere a prima vista senza problemi la partitura, anche se non disposta nel sistema a due righi. E' cosa molto facile. dralig
  23. "Ma il fatto che Ravel consideri questo pezzo [il Bolero] con una certa degnazione non autorizza gli altri a prenderlo alla leggera. E bisogna che tutti capiscano che non si scherza col suo tempo. Quando Toscanini lo dirige a modo suo, a una velocità doppia e accerelando, dopo il concerto Ravel gli fa una gelida visita. Non è il mio tempo, osserva. Toscanini si gira verso di lui allungando ancor più il già lungo viso e corrugando il frontone che gli funge da fronte. Quando lo eseguo rispettando il suo tempo, dice, non fa nessun effetto...lei non capisce niente della sua musica". Appena letto. Jean Echenoz, Ravel, Adelphi 2006.
  24. Interessante, ricorda alcuni esperimenti leonardeschi. Gli apprendisti poco informati come me, potrebbero conoscerne l'autore? E' Lei, Maestro? Butterfly " A ciò non fui io sol". E' un esercizio di virtuosismo compositivo nel quale si sono cimentati parecchi apprendisti stregoni. dralig
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