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Angelo Gilardino

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  1. Ci sono altri concerti per chitarra e orchestra del Novecento che fanno uso della celesta? Mi viene in mente quello per due chitarre e orchestra di Guido Santorsola, dove la celesta ha una parte piuttosto rilevante. Anche il mio Liederkonzert per due chitarre e orchestra ha la celesta in organico. E adesso il Concerto di Oliena. dralig
  2. Il critico americano Raymond Calcraft ha forgiato la definizione di "paesaggio sonoro" per la musica di Joaquin Rodrigo che, cieco fin dalla più tenera infanzia, avrebbe - secondo Calcraft - creato nella sua musica una compensazione eviocativa del paesaggio che non poteva più vedere. Si tratta, evidentemente, di una metafora. dralig
  3. E' impossibile rispondere seriamente, in questa sede., e con qualche speranza di risultare davvero utile, a una domanda del genere: è argomento per un corso di composizione. Però posso suggerirLe di studiarsi attentissimamente le musiche che Lei considera valide, non tanto per suonarle, quanto per comprendere come sono state composte. dralig
  4. Guardi che se continua così qualcuno La accuserà di aver scritto un pezzo in modo ipomisolidio. E' già successo... dralig
  5. Sono due cose diverse. E' andata perduta una "Concertante" per chitarra, violino, viola e violoncello, che Sor eseguì a Londra alla Argyll Room con grande successo nel 1818. E' invece stato attribuito a Sor uno scipito e pedestre Concerto per violino, ma non ha nulla che vedere con la "Concertante". Per puro divertimento, l'ho poi riscritta io, per la stessa formazione per la quale l'aveva composta Sor, adoperando per la parte di chitarra il Gran Solo op. 14 - e immaginando le altre parti nello stile di Ouverture delle opere italiane di fine Settecento (Cimarosa in particolare). Il lavoro è stato pubblicato da Editions Orphée. dralig
  6. No. E non credo che sia suo nemmeno quell'orrendo concerto per violino e orchestra che gli è stato attribuito. dralig
  7. Ovviamente, non si nasce con la nozione infusa del la=440 hz. E' innata la capacità di fissare alla memoria l'associazione tra la percezione di una determinata frequenza e la sua identità musicale (altezza e nome), una volta che questa è stato imparata. Un secolo fa, l'orecchio assoluto avrebbe associato la nozione del la alla percezione di una frequenza di 420 HZ (o giù di lì). E' una facoltà puramente fisica, animalesca, che in sè non ha nulla di musicale. Affascinante? Guardi, non serve a niente, e si manifesta il più delle volte come un ingombro. dralig
  8. E' un pezzo di espressione, atmosfera e colore, assai più che di virtuosismo (non ne ha). Penso che tu possa permetterti un pezzo più brillante. dralig
  9. Allora ero evidentemente male informato io e ho confuso le due recchie Però .... A me riesce più facile riconoscere gli intervalli piuttosto che l'altezza singola delle note; difatti quando mi diverto a scrivere qualche pagina musicale, decido l'altezza delle note sul pentagramma in base a un discorso legato più a una "regola" stabilita da me in quel contesto. E poi, non so perchè, se sento un accordo, anche esteso o alterato, o lo leggo sul pentagramma, so che accordo è, forse perchè ho praticato molto jazz in passato, ma già una singola melodia mi mette in crisi .... Non ditemi che sono anormale vi prego I jazzisti sono in genere dannatamente bravi con l'armonia. Se Lei riesce a percepire gli intervalli armonici, dovrebbe trovarsi a meraviglia con quelli melodici, non Le pare? Non per nulla in conservatorio praticano il dettato melodico e non fanno fare esami di dettato armonico: se istituissero una prova di sbarramento basata sulla percezione e sulla scrittura degli accordi, si verificherebbe un'ecatombe. dralig
  10. Io conosco qualcuno che, non avendo dovuto lavorare neanche un minuto per acquisire il cosiddetto orecchio assoluto, se ne libererebbe volentieri, in modo da poter suonare in santa pace un pezzo leggendolo in un tono e suonandolo (con il capotasto) in un altro, mentre ora, se solo ci prova, gli gira la testa. dralig
  11. L'orecchio assoluto riconosce i suoni realmente uditi, o permette di intonarli senza riferimento esterno (diapason o altro). E' una dote naturale, tanto che chi non la possiede (la maggioranza dei musicisti, compresi illustri direttori d'orchestra) non la può acquisire nemmeno con gli studi più avanzati. La capacità di audizione interiore della musica letta è un'altra cosa, si acquisisce con lo studio. Si può benissimo svilupparla anche disponendo "soltanto" dell'orecchio relativo. dralig
  12. Ecco i riferimenti essenziali per studiare seriamente l'opera di Bach: a) il catalogoBach-Werke-Verzeichnis (BWV), pubblicato nel 1950; se ne trova uno specchio nel DEUMM (Utet); i testi della prima edizione completa della musica di Bach furono pubblicati dalla Bach-Gesellschaft; c) una nuova e musicologicamente più accurata edizione è quella della Neue Bach Ausgabe(Barenreiter). Si rivolga al bibliotecario del Suo conservatorio e si faccia dare in visione i volumi con le Suites che Le interessano (suppongo, quelle per "liuto"). Parta da lì, poi avrà i mezzi per valutare la moltitudine di pubblicazioni. dralig
  13. Ahime, la storia ci dà indicazioni molto diverse. Fernando Sor - musicista rigoroso - nel pubblicare la prima versione della sua Fantasia op. 7 con un sistema a due pentagrammi scrisse una prefazione spiegando come e quanto fosse assurdo comprimere la polifonia chitarristica in un solo pentragramma. Giustissimo - tutto arioso e chiaro, quasi nulla la presenza di note con tagli addizionali. Eccolo però, di lì a poco, ripubblicare silenziosamente (coda tra le gambe) la stessa composizione sul vecchio pentagramma unico: le copie della prima edizione se le era dovute comprare lui. Il compositore brasiliano Leonardo Boccia ha pubblicato abbastanza recentemente un libro intitolato "A troca da clave", dove ritorna sull'argomento, dimostrando con ampio corredo di esempi come sarebbe conveniente ripubblicare tutta la musica per chitarra scrivendola nel sistema a due pentagrammi. Io ci ho provato, in alcuni dei miei brani, ma l'editore mi ha ingiunto di adoperare almeno la chiave di sol e la trasposizione ordinaria in entrambi i pentagrammi. "Se ha fatto così Britten" mi ha detto "che la musica la sapeva, fai così anche tu." Quindi, l'editoria musicale, come la politica, le cose giuste le sa ma non le fa. E noi non possiamo farci niente. ag PS, in compenso, nello scrivere un'esile parte di celesta in una partitura d'orchestra, si usa il sistema pianistico, anche se poi lo si trova deserto o quasi nel pentagramma inferiore.
  14. com'è questa cosa del lavare le corde? Mi illumini! Grazie magic guitar Come lampadina, mi trovo un po' ipertrofico. La cosa incomincia con il lavarsi le mani prima di suonare, il che di per sé prolunga la vita delle povere corde - ricettacolo di ogni sorta di rumenta o pattume. Poi, finito di suonare, bisogna accuratamente pulirle da ogni parte. Infine, è utile di tanto in tanto smontarle e, mentre si inaugura una nuova armatura, lavarle in acqua e sapone, farle asciugare e metterle da parte: al prossimo cambio, andranno benissimo. Provi. dralig
  15. Fossi in te, riferendomi a Beethoven, non penserei a un "aldilà della forma". Perché è proprio nella forma che il suo genio sovrasta la sua epoca. Non scrisse melodie paragonabili a quelle di Schubert, la sua armonia non è tanto diversa da quella dei suoi migliori contemporanei: ciò in cui si manifesta il suo genio è precisamente la forma. Quella che ha adoperato e quella che ha creato. dralig Non concordo del tutto, se mi permette. Melodicamente penso che Beethoven fosse un genio. Esempio lampante è il secondo movimento dell'op.90. Il mio "aldilà della forma" non significa che la forma sia un elemento secondario, anzi. Beethoven dilata le forme al limite (secondo il mio insegnante di composizione, un po' come Virgilio), e l'effetto che ne risulta è una carica espressiva micidiale (la Nona). Poi, a parer mio, è il più grade rivoluzionario della musica: Mozart scriveva dieci anni prima di Beethoven, e basta sentire la differenza tra una sinfonia del primo e la Quinta del secondo. Melodicamente, penso che il più grande di sempre sia stato... Domenico Scarlatti. Dimenticavo: cerca in conservatorio la vecchia enciclopedia della musica Ricordi, e consultala alle voci "tema" e "melodia". Ti chiarirai le idee. Non sono un compulsatore di enciclopedie (preferisco le monografie e i saggi), il fatto è che quelle due voci dell'enciclopedia Ricordi le ha scritte Mario Castelnuovo-Tedesco, uno che di melodie ne scrisse molte, e belle... dralig
  16. Fossi in te, riferendomi a Beethoven, non penserei a un "aldilà della forma". Perché è proprio nella forma che il suo genio sovrasta la sua epoca. Non scrisse melodie paragonabili a quelle di Schubert, la sua armonia non è tanto diversa da quella dei suoi migliori contemporanei: ciò in cui si manifesta il suo genio è precisamente la forma. Quella che ha adoperato e quella che ha creato. dralig Non concordo del tutto, se mi permette. Melodicamente penso che Beethoven fosse un genio. Esempio lampante è il secondo movimento dell'op.90. Il mio "aldilà della forma" non significa che la forma sia un elemento secondario, anzi. Beethoven dilata le forme al limite (secondo il mio insegnante di composizione, un po' come Virgilio), e l'effetto che ne risulta è una carica espressiva micidiale (la Nona). Poi, a parer mio, è il più grade rivoluzionario della musica: Mozart scriveva dieci anni prima di Beethoven, e basta sentire la differenza tra una sinfonia del primo e la Quinta del secondo. Melodicamente, penso che il più grande di sempre sia stato... Domenico Scarlatti. Dobbiamo intenderci sul significato del termine "melodia". Se per melodia intendi una successione di note che si possono cantare, allora si, Beethoven ha scritto delle melodie. Se per melodia intendiamo invece un organismo musicale in sé compiuto e perfetto, che non solo non implica sviluppi, ma anzi li esclude (proprio perché in sé completo), e al massimo permette l'iterazione e la fioritura di superficie (oltre, naturalmente, a implicare un accompagnamento), allora no, Beethoven non ha scritto melodie. Tu confondi "melodia" con "voce", o addirittura con "tema". Beethoven è un titano dello sviluppo formale, il che esclude che parta dalla melodia: la melodia, una volta cantata e accompagnanta, finisce lì. Proprio dove, invece, Beethoven comincia. Il più grande creatore di melodie è Schubert, e la forma melodica per eccellenza è il lied. L'opera contiene melodie, ma anche tante altre cose (recitativo, arioso, etc.), il lied è melodia e basta, e i grandi melodisti si sono manifestati nel lied. Schubert in primis. D'accordo con te sulla bellezza melodica delle Sonate di Scarlatti. dralig
  17. La nostra cucina - quella piemontese, nelle sue cento varianti - abbonda ed eccelle negli antipasti, come tu certamente sai, o Vladimir. Ebbene, benché piemontese, e difensore a oltranza dell'ipertrofia dei nostri hors d'oeuvre, musicalmente parlando, di antipasti ne ho serviti pochi, che non possono reggere nello stesso menù in cui figurano i primi e i secondi che ho preparato in seguito. Li ho fatti aspettare - è vero -, ma proprio perché si mangia alle 14, conviene cominciare dai primi. Secondo me. dralig
  18. Fossi in te, riferendomi a Beethoven, non penserei a un "aldilà della forma". Perché è proprio nella forma che il suo genio sovrasta la sua epoca. Non scrisse melodie paragonabili a quelle di Schubert, la sua armonia non è tanto diversa da quella dei suoi migliori contemporanei: ciò in cui si manifesta il suo genio è precisamente la forma. Quella che ha adoperato e quella che ha creato. dralig
  19. Hai visto che cosa è riuscito a fare? Invece di ripartire, con ogni variazione, dal tema dell'Arietta, incomincia dalla prima variazione un processo continuo di espansione circolare, in cui ogni variazione amplia la precedente: è un organismo in crescita vitale, e da un certo punto in poi diventa pura energia sonora, senza alcun contatto con la materia terrena del tema...Pazzesco! dralig Thomas Mann, in "Doctor Faustus", spiega come e perché, secondo lui, dopo quelle Variazioni non aggiunse altro alla Sonata. che fu, nona caso, l'ultima. Ma non dimentichiamo la precedente...
  20. I chitarristi sono dispostissimi a svenarsi per comprare una chitarra che, per essere stata adottata da un divo dei festival, diventa uno status symbol (non importa se è possibile comperare chitarre migliori a un quinto del prezzo richiesto dal liutaio divenuto famoso), ; spendono cifre considerevoli per comprare corde, che poi gettano nella spazzatura quando basterebbe lavarle (la categoria sembra aborrire il sapone); pagano cifre incredibili per lezioni private; si fregiano nei loro curricula del prestigio loro derivante dal fatto che numerosi pezzi per chitarra sono stati dedicati a loro, ma l'idea che un compositore possa farsi pagare per scrivere un pezzo sembra loro abominevole e scandalosa. dralig
  21. Stravinskij scriveva su commissione, era arcinoto. Bastava pagarlo. dralig
  22. Era stata allieva-vittima del padre, fisarmonicista dilettante che, assistendo al debutto parigino di Segovia nel 1924, decise di fare di sua figlia appena nata la più grande chitarrista del secolo. E ci riuscì. Pare - ma non è certo - che abbia avuto lezioni anche da Mario Maccaferri, chitarrista-liutaio allievo di Mozzani, che poi avrebbe fatto fortuna negli USA come designer di chitarra jazz ed elettriche. Sostanzialmente, la Presti fu autodidatta. Aveva dodici anni quando il padre-padrone la portò a Segovia per un'audizione. Segovia rispose che non aveva nulla da insegnarle e raccomandò al genitore di tenere la fanciulla alla larga dai chitarristi. Ma il Martignon (così si chiamava il padre, Presti era il nome della madre, che la ragazza adottò come nome d'arte) morì di lì a poco. Nel maggio del 1951, a Modena, la Presti diede un concerto per un'associazione chitarristica locale. In prima fila, capitato lì per sbaglio (credeva di essere entrato in un cinema), c'era un ragazzo di non ancora dieci anni, che rimase ipnotizzato dalla musica e dalla concertista al punto da non ricordare più - alla fine del concerto - dove dovesse andare (era in visita a Modena con il padre, che l'aveva lasciato andare al cinema da solo). In tempi recenti, l'ex ragazzo si è adoperato per la pubblicazione della biografia della grande chitarrista (scritta dalla figlia Elisabeth e da Anne Marilla) presso le Edizioni Bèrben. Ha pagato il suo debito. dralig
  23. Le registrazioni alle quali ti riferisci, compresa la Serenata di Malats e il primo movimento della Sonatina di Moreno-Torroba, furono effettuate quando Ida Presti aveva poco più di tredici anni. dralig
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