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Angelo Gilardino

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Tutti i contenuti di Angelo Gilardino

  1. Che peccato pentirsi! Io credevo che avesse voluto iniziare una conversazione nello stile di Salvatore ("Il nome della rosa"), e Le avevo rilanciato la palla. Adesso Lei torna nei ranghi. Lo siento mucho. dralig
  2. Respirono que e la a piacer le ci piacionno a ela que respironna si no se sente tropp amle que terribile più di tutto morire. dralig
  3. ...e altri il cui gesto segue, anziché precedere, l'orchestra, che per fortuna suona da sola. dralig
  4. Comunico la tristissima notizia, appena pervenutami, della scomparsa - avvenuta ieri a Sondrio in seguito a tragico incidente - del compositore e organista don Sergio Marcianò. Nato da famiglia valtellinese nel 1922 a Roma, don Marcianò aveva studiato nel seminario vescovile di Sondrio, abbracciando fin da giovanissimo gli studi musicali (era figlio d'arte). Docente di organo e composizione organistica per decenni al conservatorio "A. Vivaldi" di Alessandria, aveva incarnato con grande sapienza e serenità la figura dell'uomo che, attraverso la musica, rende onore a Dio. Scrisse musica bella e forbita, per il suo strumento prediletto, l'organo - di cui fu esecutore prodigioso -, pianoforte, formazioni da camera, e non dimenticò la chitarra, alla quale dedicò due preziosi lavori: "Partite e Ricordanze" (edizioni Carrara) e "Suite (edizioni Bèrben). Mi onorò della Sua amicizia. Lo ricordo con affetto, stima e gratitudine. Angelo Gilardino
  5. Sì Fabio, la prima; ma non di musica tradizionale: dovrei dedicarmi soprattutto a compositori sinfonici o operistici, meglio se della seconda metà dell'800 e della prima del secolo successivo, che hanno - nel bene o nel male- legami con la razza ebraica (tralasciando gruppi di musica tradizionale ebraica ad esempio)....considerando le risposte avute...posso ritenermi soddisfatto credo . Se nella ricerca è incluso l'Ottocento, il nome è fuori discussione: Felix Mendelssohn. dralig L'enciclopedia della Musica neo-acquistata non rimarrà chiusa ancora per molto.... M° sa indicarmi qualche opera in particolare, in cui in qualche modo emerge l'origine israelita di Mendelssohn? Certo. Si ritrova soprattutto nella musica corale, ossia negli Oratori: op. 70 (Elijah), nei vari Salmi (op. 31, 42, 46, 51, 91, 78) e nella "Lauda Sion" op. 73. Mendelssohn musicò anche testi del cristianesimo. dralig
  6. Sì Fabio, la prima; ma non di musica tradizionale: dovrei dedicarmi soprattutto a compositori sinfonici o operistici, meglio se della seconda metà dell'800 e della prima del secolo successivo, che hanno - nel bene o nel male- legami con la razza ebraica (tralasciando gruppi di musica tradizionale ebraica ad esempio)....considerando le risposte avute...posso ritenermi soddisfatto credo . Se nella ricerca è incluso l'Ottocento, il nome è fuori discussione: Felix Mendelssohn. dralig
  7. Non occorre niente di speciale, basta suonare le normali scale diatoniche senza la mano destra. dralig
  8. Esiste un'istituzione, chiamata Milken Archive, www.milkenarchive.org che ha lo scopo istituzionale di raccogliere, diffondere e proteggere la musica degli autori ebraici degli Stati Uniti. Lavora in sinergia con www.naxos.com La casa discografica canadese low price produce CD i cui costi sono coperti dalle sponsorizzazioni del Milken Archive. Il catalogo dei compositori e delle opere è molto lungo: ecco i nomi degli autori rappresentati: Joseph Achron Hugo Chaim Adler Samuel Adler Bruce Adolphe David Amram Solomon Ancis Aaron Avshalomov Robert Beaser Ofer Ben-Amots Paul Ben-Haim Herman Berlinski Thomas Beveridge Abraham Wolf Binder Yehezkel Braun Dave Brubeck Mario Castelnuovo-Tedesco Julius Chajes Charles Davidson David Diamond Reuben Doctor Jacob Druckman Abraham Ellstein Lukas Foss Herbert Fromm Miriam Gideon Louis Gilrod Philip Glass Raymond Goldstein Osvaldo Golijov Jack Gottlieb Morton Gould Roy Harris Max Helfman Michael Isaacson Frederick Jacobi Sholom Kalib Martin Kalmanoff Fischel Kanapoff Abraham Kaplan Gershon Kingsley Margaret Bishop Kohler Marc Lavry Marvin David Levy Leo Low Ursula Mamlok David Meyerowitz Jan Meyerowitz Darius Milhaud Cantor Aaron Miller Douglas Moore Alexander Olshanetsky Arnold Perlmutter George Rochberg Joseph Rumshinsky Lazare Saminsky Heinrich Schalit Walter Scharf David Schiff Arnold Schoenberg Paul Schoenfield Ruth Schonthal Abe Schwartz Sholom Secunda Ralph Shapey Judith Shatin Nathaniel Shilkret Elie Siegmeister Sheila Silver Solomon Smulewitz Robert Starer Leon Stein David Stock Robert Strassburg Igor Stravinsky David Tamkin Alexandre Tansman Ernst Toch Ilia Trilling Donald Waxman Kurt Weill Jacob Weinberg Lazar Weiner Hugo Weisgall Herman Wohl Stefan Wolpe Yehudi Wyner Herman Yablokoff Judith Lang Zaimont Zavel Zilberts Niente male, vero? Io ho ascoltato due capolavori di musica corale di Castelnuovo-Tedesco ("Naomi and Ruth op. 27" e "Sacred Service for the Sabbath Eve op. 122") grazie a questa collana, che contiene anche molte curiosità, come l'affresco collettivo ispirato alla Genesi e commissionato da Nathan Shilkret a una squadra di compositori comprendente Stravinskij, Schoenberg, Tansman, Toch, Castelnuovo-Tedesco, Milhaud... Comunque, se mi fosse chiesto di indicare: 1) il lavoro di musica ebraica più emblematico del Novecento, direi senza esitazione: "Schelomo - Rhapsodie hébraique pour violoncelle solo et grande orchestre", una composizione trascendentale; 2) il lavoro di musica ebraica per chitarra più emblematico della storia, ugualmente senza esitazione direi: "Six Movements for Guitar" di Haim Alexandre (Edited by Angelo Gilardino), Edizioni Bèrben: poiché è a disposizione di chiunque voglia (e possa) leggerlo, non occorre che io lo commenti. dralig
  9. Horowitz fu protagonista di un rinnovamento interiore, che gli permise di tornare all'attività concertistica dopo la crisi che l'aveva bloccato per un decennio. Il suo rinnovamento fu un fatto spirituale (o psicologico, secondo come lo si vuol definire), e portò a un approccio diverso alla musica, sempre però nell'ambito dello stesso repertorio: del resto, nell'immensità della musica in cui navigava, non aveva bisogno di rinnovare i proprii programmi, ma piuttosto se stesso. Lo fece. Seppe farlo. Una visione tragica della storia della musica porterebbe a guardare all'ecatombe che si verificò tra i suoi "figli" - i pianisti americani della generazione successiva - come al compimento di una nemesi che, per risparmiare lui, sterminò i suoi discendenti: Julius Katchen e William Kapell morti giovani, Leon Fleisher bloccato dalla distonia focale, Byron Janis - il pupillo di Horowitz - fermato dall'artrite, Van Cliburn da una inspiegabile eclissi...Spaventoso. dralig
  10. Ho la sensazione che i maggiori pianisti contemporanei avrebbero comunque qualcosa da insegnare ad alcuni grandi nomi della chitarra. Spero anch'io che la situazione si pareggi quanto prima. Non è un fatto di fraseggio, ma di consapevolezza. Ben vengano le giovani schiere, gli eserciti del futuro della chitarra. Sono fiducioso. Sembrerebbe che tu ti consideri fuori dalle "giovani schiere". A 35 anni, un interprete è nei suoi anni verdi, o Giulio, la giovinezza anagrafica starà anche per svanire, ma quella artistica è assai più lunga, e la maturità arriva quando i capelli incominciano a stingere. Io ho visto all'opera diverse generazioni di interpreti, e devo dire che la svolta decisa l'ho vista solo con l'avvento degli esecutori che oggi hanno 35 anni (più o meno). In precedenza, c'era stato un progresso nella continuità, non un salto culturale. La capacità di prendere di petto il repertorio, di affrontarne la complessità con una mente priva di timori e di pregiudizi, il coraggio di misurarsi con pagine mai eseguite, la disponibilità di tecniche flessibili, prive di filtri inibitori, l'ho vista solo con il sopraggiungere dei chitarristi nati dal 1970 in poi. Prima, c'erano solo delle eccezioni. Quindi non è all'arrivo di una nouvelle vague di giovani che bisogna guardare con speranza oggi, ma alla presenza attiva di concertisti che sono già in piena attività e che, sia pure sul versante di una minoranza numerica - rispetto alla pleiade di chitarristi che pensano e suonano in continuità con il passato - hanno già determinano un cambiamento epocale. dralig
  11. Mi pare di capire, Angelo, e di ricordare vagamente che HVL comunque lo aggiunse in una fase successiva alla stesura della Suite, non è così? Il fatto è che la Suite è un assemblaggio di pezzi scritti e riscritti tra il 1908 e il 19... (chissà quando), e di due pezzi, la Valsa-Choro e la Gavotta-Choro, conosciamo la retrodatazione (1912), ma non la data certa. Se li aveva scritti nel '12, perché non li incluse nel progetto editoriale (poi non andato a segno) del 1928? Dove invece figurava la Valse ora recuperata da Zigante, e poi abbandonata invece nel 1954, quando la SPB venne finalmente stampata? Il Chorinho è del 1923. E' un pezzo a sé stante. E' finito nella Suite, e va bene, ma se non lo si suona va anche meglio. Lo si può suonare da solo, come il Choros n. 1. dralig
  12. Anch'io faccio così, Angelo (non puoi immaginare quanto le tue parole mi sollevino dal senso di colpa.. ) Il Chorinho non lo suono in concerto. Non mi piace, ma soprattutto non c'entra nulla con l'eleganza e la purezza degli altri 4 movimenti, tutti peraltro recanti il doppio nome della danza europea abbinata al choro. Non so, ma secondo me il Chorinho è stato aggiunto successivamente dall'editore. No, Francesco, lo aggiunse HVL, sia nel primo progetto di edizione - poi non realizzato - che nell'edizione finale. L'editore non ha colpe. dralig
  13. La composizione è stata pubblicata dall'editore catalano Tritò. E' possibile ordinarla al sito http://www.trito.es/details.php?ref=TR285 dralig
  14. A questo punto, non sappiamo più che cosa pensare, salvo il fatto che, nel 1928, di sicuro erano stati scritti la Mazurka, lo Scottisch, il Chorinho e questa Valse rediviva. Sappiamo comunque che non erano frutti della stessa stagione. Quando, nel 1954, HVL decide di pubblicare la Suite, saltano fuori l'altra Valsa e la Gavotta, retrodatate al 1912. Fidarsi di quello che dice HVL è temerario. Pensare, d'altra parte, che questi due pezzi siano stati scritti tardivamente, e retrodatati di decenni, significa avventurarsi nelle ipotesi senza fine. Dovendo programmare la Suite oggi, se fossi un concertista, includerei le due Valsas e lascerei fuori il Chorinho. Mi sembra ovvio. Ma non è una scelta musicologica. dralig
  15. Non sono un tipo stizzoso, e anche se non sono Giobbe, ho imparato ad adoperare pazientemente la pazienza. Però adesso basta: una, due, tre, etc etc, e poi basta. Messaggi privati sul forum con richieste di esaminare files musicali. E va bene. Ricezione dei files musicali sull'indirizzo email privato. E va bene. Mezz'ora di lavoro per leggere e per preparare la risposta. Magnifico. Risultato? La risposta torna indietro perché il destinatario ha applicato al suo client di posta un filtro che respinge il mio messaggio come posta indesiderata, o addirittura la segnale come abuse. Basta. Non rispondo più. dralig
  16. http://www.trito.es/img/fotos/partitures/TR_285.jpg Leggo nel sito dei chitarristi spagnoli http://guitarra.artelinkado.com e mi affretto a riportare qui, la notizia del ritrovamento e della pubblicazione di un pezzo per chitarra del grande compositore catalano Roberto Gerhard. Si tratta di musica che egli scrisse in occasione della messa in onda radiofonica del famoso romanzo di Ernest Hemingway "For Whom the Bell Tolls" ("Per chi suona la campana"). Da quello che ho capito, il chitarrista che l'ha ritrovato (l'amico Eugenio Tobalina), ha assemblato i diversi frammenti della composizione - ciascuno dei quali era destinato a un particolare momento della rappresentazione - in un unico pezzo. Evidentemente, ciò doveva risultare possibile senza forzature. Non occorre sottolineare l'importanza dell'evento, trattandosi di un compositore di grande caratura, del quale si conosceva fin qui, per chitarra sola, non più di un pezzo: la splendida "Fantasia" (oltre naturalmente al ciclo per voce e chitarra intitolato "Cantares" e al brano "Libra" per organico da camera con chitarra). dralig
  17. Segovia si riferisce alla varietà timbrica della chitarra, capace, con i suoi diversi tipi di suono, di evocare strumenti quali l'oboe, l'arpa, etc., ma non si riferisce in alcun modo alla mimesi della "grande orchestra" da parte della chitarra: questa retorica pseudo-orchestrale fu precisamente uno degli aspetti che lo tennero distante dalla musica chitarristica dell'Ottocento, dove il modello della scrittura è spesso quello "sinfonico". Segovia continuò, sviluppò e condusse a perfezione la poetica della chitarra già messa a punto da Llobet, che aveva sfrondato la scrittura chitarristica di tutto l'armamentario ottocentesco. dralig
  18. D'accordo su che cosa? Sul fatto che la Sonata sia un grande pezzo per chitarra, si; che sia difficile, si. Aggiungo che, in realtà, è ancora più difficile di come la si conosce oggi. Non conosco l'esecuzione che Lei cita. dralig
  19. La Sonata di R.R. Bennett è pubblicata da Novello, London. dralig
  20. Non c'è dubbio, sono molto belli. E bella è anche, in modo diverso, la Sonata. dralig
  21. Credo che, tra qualche settimana, tutti coloro che hanno studiato e registrato la Sonata dovranno ritornarci sopra e rifare i loro conti. dralig
  22. Si, ha scritto un concerto per chitarra e orchestra. Non ne ho la partitura ma, ascoltandolo (Julian Bream), mi sembra che utilizzi la stessa serie di 12 suoni sulla quale ha costruito gli Imprompu. Poi, naturalmente, il concerto tratta questo materiale in modo diverso. dralig
  23. Scusi, io ho dovuto leggere per anni tutte le carte scritte da Segovia e riguardanti Segovia, ma non ho mai trovato l'affermazione che Lei riporta, riguardo il fatto che la chitarra dovesse suonare, secondo Segovia, come una grande orchestra. Al contrario, Segovia adoperava, per definire il suono della chitarra, la similitudine del cannocchiale al rovescio. Vorrebbe dirmi per cortesia qual è la sua fonte? dralig
  24. Li ha registrati Julian Bream, molto bene. Credo (non ne sono certo) che il compositore abbia adoperato la stessa serie nel Concerto per chitarra e orchestra. dralig
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