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Angelo Gilardino

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Tutti i contenuti di Angelo Gilardino

  1. Non sono un concertista come quelli che scrivono qui su questo splendo forum ma nella mia poca esperienza vi dico che....... me la faccio sotto!!!! A Lagonegro ad Agosto ho sentito un concerto di un certo Porqueddu che invece mi ha lasciato esterrefatto da questo punto di vista. Mi piacerebbe che Tampalini, lo stesso Porqueddu, Saggese, Zigante, Gilardino e tutti coloro che sono stati e sono concertisti in attività ci spiegassero come si raggiunge quella tranquillità....... per me è per il momento impossibile anche solo da capire! Se il suonare in pubblico è un atto dimostrativo di capacità e di poteri speciali e punta all'affermazione della propria persona è inevitabile che sia accompagnato dalla paura: infatti, l'evenienza di non poter dimostrare in una determinata occasione la propria eccellenza è realistica, e qualora si verifichi dà luogo a un sentimento di sconfitta e di frustrazione. E' chiaro che tutto ciò è insensato. Bisogna quindi formare in sé una capacità di comprensione della musica come fenomeno che trascende l'importanza delle persone che la fanno (compositori, interpreti, ascoltatori) e disporsi all'esecuzione con animo ripulito dalla vanità. Solo questo atteggiamento rende sereni e capaci di accettare le variabili che possono dar luogo a oscillazioni nel rendimento. Uso dire che chi ha paura di suonare in pubblico fa bene ad averla, e che probabilmente non ne ha abbastanza: con questo intendo dire che un atteggiamento radicalmente sbagliato nel far musica non può non far male, e che non serve lottare contro la paura. Chi ce l'ha, cerca qualcosa che la musica non può dare. Chi fa musica, non ha paura. dralig
  2. [quote name="Butterfly Rifletto a volte sull'immortalità dell'arte rispetto alla fragilità corporea e penso all'angoscia dell'anima quando si ritrova più o meno temporaneamente "senza luce" e sul desiderio' date=' ancestrale, di non doversi mai separare da ciò o chi si ama. A volte diamo il meglio di noi quando la "luce" viene a mancarci, altre volte quando essa invece ci sfiora o ci avvolge con la pienezza dei suoi colori. Sono pensieri un poco incerti...così per condividere una riflessione in una mattinata autunnale. Quale "luce" saprò dare io? Butterfly[/quote] Nessuno può legittimamente rispondere, ma forse sarebbe meglio riformulare la domanda: "Quale luce voglio dare io?". Risponde il poeta Suo conterraneo: "Forse solo chi vuole s'infinita". dralig
  3. Segovia compose il brano nel 1953. In quell'anno, si fece ricoverare in una clinica di Madrid (era tornato in Spagna solo da un anno, ma solo per darvi concerti, a quell'epoca viveva a New York) perché rischiava di rimanere cieco a causa di un distacco della retina in entrambi gli occhi. L'operazione che gli salvò la vista andò bene, ma lo obbligò a rimanere bendato per due settimane, e in quel periodo, nella sua stanza di ospedale, scrisse l'"Estudio sin luz" (Studio senza luce). Nel momento in cui lo componeva, aveva innanzi a sè la prospettiva di dover interrompere per sempre la sua attività: non era infatti per niente sicuro dell'esito dell'intervento. La città di Linaresa ha adottato il tema della composizione come motivo per l'orologio municipale, che suona ogni ora. Quando i resti mortali di Segovia furono portati da Madrid a Linares, nel 2002, la bara su portata a spalle dagli ex-allievi dalla cattedrale alla sede della Fondazione Museo. Passando per le piccole strade del centro storico, a un certo punto il corteo fece sosta in una piazzetta, dove, da un balcone, provenivano le note dell'Estudio sin luz suonate da una mano inesperta, e tuttavia commoventi. Ero lì, e in quel momento decisi che avrei scritto un pezzo "in risposta", partendo da quelle note. Due mesi più tardi, scrivevo il "Colloquio con Andrés Segovia". dralig
  4. Una lirica per voce e chitarra e una versione per chitarra e orchestra delle medesime Bagatelle. dralig
  5. Non ti riferisci, per caso, al MI basso, ultimo quarto della penultima battuta del primo rigo di pagina 5 (batt 41 della terza variazione)? Sarebbe troppo facile e oltrettutto, anche se in parentesi, figura sullo spartito e quindi non è valido. Dacci un aiutino, altrimenti questa notte non dormirò bene... No, non è quello il punto. Acqua, acqua... dralig
  6. Per un'analisi, bisogna riportare tutto il testo musicale e, trattandosi di una composizione protetta da copyright, ciò non è possibile. dralig
  7. Variazioni con tema (di Dowland) alla fine. Tecnica compositiva raffinatissima, controllo dello strumento assoluto (verificato sul manoscritto, senza errori di scrittura chitarristica). C'è solo un punto dove il compositore ha dovuto togliere una nota di troppo, che nel manoscritto e nell'edizione non figura più, ma che si sa che c'era nella minuta. Io so dov'era quella nota, e lo sa anche almeno un'altra persona, che come me, studiando il testo, ha trovato il piccolo vuoto. Vediamo se qualcun altro ci riesce. Scommetto di no. dralig
  8. I migliori giudici dei direttori d'orchestra sono gli orchestrali. Se si vuol sapere che cosa vale esattamente un direttore, non c'è che da domandarlo a loro. Quelli, vanno al sodo. Se il direttore sa quello che fa, o se fa finta di saperlo, a loro risulta chiaro dopo due battute: alla terza, sanno già se possono fidarsi o se devono arrangiarsi -----loro... dralig
  9. L'affinamento della capacità di ascolto non passa necessariamente attraverso l'acquisizione della capacità di decifrazione e di analisi della musica scritta - in questo ha ragione Sinopoli. Altrimenti non sarebbe spiegabile il fatto - peraltro evidente - che molti intellettuali non musicisti abbiano una conoscenza del repertorio sinfonico, operistico e cameristico superiore a quello dei professori di musica (docenti, orchestrali, etc.). Attenti però a non cadere in un equivoco: mentre è chiaro che per un Umberto Eco non ci sono problemi nell'ascoltare indifferentmente "La Traviata" o il "Wozzeck", lo stesso non può dirsi della stragrande maggioranza del pubblico dell'opera, che adora Verdi ma si blocca davanti a Berg, o degli appassionati di pianoforte, che conoscono Chopin come i pianisti ma che proprio non ce la fanno con Bartok... dralig
  10. Mi sembra ovvio. Come esistono diversissimi livelli nella creazione e nell'interpretazione, così anche l'ascolto si colloca su infinite gradazioni ci sensibilità percettiva, di intelligenza, di raffinatezza, di erudizione: potremmo dire, senza tema di smentita, che anche quello dell'ascoltatore, come quello del compositore e dell'interprete, è un mestiere che ha le sue tecniche, il suo apprendimento, la sua evoluzione - o involuzione -, insomma la sua storia. dralig
  11. Sembrerebbe che le interruzioni del suono dipendano solo dal comportamento della mano sinistra. Non è così. Ogni dito della mano destra che attacca una corda interrompe la sua vibrazione: tra l'entrata e l'uscita dalla corda si interpone un tempuscolo di pausa, e tra il rilascio della corda e la formazione del primo ciclo di vibrazione si interpone un altro tempuscolo. Quindi, se si prendono due note consecutive sulla stessa corda con la m.d., non c'è legato. C'è una continuità intenzionale che dà luogo a una percezione dell'intenzionalità, in altre parole si crea un'illusione. E' ovvio che i tempuscoli di sostituzione della dita della m.s. in posizione, o quelli di cambio di posizione, vengono coordinati, dalla mente dell'esecutore, con quelli "morti" a causa degli attacchi della dita della m.d. E' quello che si chiama comunemente "coordinazione". Per suonare legato, bisogna che due o più note vengano prese su corde diverse lasciate in vibrazione. La chitarra lega negli arpeggi e nelle successioni di note attraverso le corde. Con successioni di note sulla stessa corda (scale) il legato è illusorio. dralig
  12. Mi pare sia un dato di fatto: il mondo non è mai stato tanto popolato come oggi, e la velocità delle comunicazioni mai così elevata. Ne consegue, ovviamente, che in tutti i campi l'informazione prende il sopravvento sulla realtà e crea situazioni fittizie su scala molto vasta, diciamo planetaria. Alla mitologia si è sostituita la contaffazione. Constatare che il grano e il loglio non sono mai stati mescolati come oggi, mi pare troppo ovvio. Il piccolo mondo della musica colta ne è affetto come tutti gli altri: nella politica regnano gli imbroglioni, nell' economia i lestofanti,nella religione i fanatici. E' ben poca cosa, al confronto, il fatto che, tra chitarristi, i venditori di articoli dozzinali di plastica siano scambiati - grazie all'"informazione" - per artisti, e gli artisti superstiti guardati con sospetto, con invidia e con malvolere. Che fare? Essere quel che si è. Nient'altro. dralig
  13. Non sono preda dello sconforto - alla mia età, se si è fisicamente vivi e artisticamente operanti, vuol dire che è stati dotati di possenti possenti anticorpi. Sono invece disincantato e un po' (mi auguro) ironico nel constatare come, da morti ma anche da vivi, gli artisti abbiano la vita dura. Cordialmente, dralig
  14. Non sono pezzi originali per chitarra, ma trascrizioni rese celebri da un'incisione di Segovia. Sia Antano che le Seis impresiones levantinas sono pubblicati da Union Musical Espanola (UME) in una trascrizione di Josè de Azpiazu. Opera Tres ha pubblicato "Tempo di Sonata", un brano di Esplà che motivatamente si ritiene sia stato scritto originariamente per chitarra. Ne esiste - a conferma- una copia manoscritta anche nell'archivio Segovia. E' un pezzo molto valido. dralig
  15. caro maestro sarebbe possibile leggere questo articolo? sarei interessato.. il problema diteggiature è continuamente motivo di polemiche e problemi per noi poveri chitarristi "diteggianti" grazie in anticipo.. rik Dovrei cercare nel mio archivio. Gli scritti pubblicati sono tutti in un baule dove getto perdutamente i miei lavori non musicali. Io ho messo ordine nella carte di Segovia. Chi metterà ordine nelle mie? dralig
  16. In campo musicologico, le sensazioni non contano niente, contano solo i documenti. Lo scritto di Yates è ben noto a tutti gli studiosi, e i documenti che sciolgono ogni dubbio riguardo il fatto che l'edizione del 1953 sia stata conforme alla volontà di HVL sono stati ritrovati e pubblicati recentemente, nel saggio citato su "Guitart", il quale, almeno a questo riguardo, va ben oltre il saggio di Yates: sono lettere di HVL a Segovia, e non c'è sensazione che tenga. dralig dralig
  17. Il libro in questione fu scritto da quattro autori che lavorarono indipendentemente su altrettante sezioni, loro assegnate dalla casa editrice. La divisione della materia in tali sezioni rispondeva a uno schema adottato dalla casa editrice per tutti i manuali della serie, non soltanto per quello dedicato alla chitarra. La trattazioni sono condizionate dai limiti di spazio imposti dall'editore, che intendeva pubblicare dei manuali e non dei trattati, quindi gli argomenti non sono stati sviluppati oltre un certo limite. Non sta a me raccomandare il volume, ma obiettivamente, a distanza di tempo, mi sembra tuttora buono. Il capitolo sulla diteggiatura, scritto dal compianto Ruggero Chiesa, non affronta l'argomento dal punto di vista della concordanza tra fraseggio e diteggiatura, ma dal punto di vista tecnico. Non esiste fino a oggi, ch'io sappia, una trattazione vera e propria della diteggiatura come atto finale dell'interpretazione anche se, proprio sull'argomento, molti anni fa io scrissi un saggio pubblicato da "il Fronimo" ("Il problema della diteggiatura nelle musiche per chitarra"). dralig dralig
  18. Un altro pezzetto, non riuscito. Gli chiesi nei primi anni Settanta di scrivere un nuovo lavoro, ma la cifra che egli indicò come cachet era esorbitante. dralig
  19. E' stato un grande protagonista della musica moderna in Messico. Perseguiva un ideale anticolonialista (culturalmente) un po' astratto: per affrancare la musica del suo paese dall'influsso europeo (al quale soggiaceva invece Manuel Ponce), Chavez diceva di volersi rifare alla musica autoctona precolombiana, le cui tracce peraltro erano molto labili. Questo non gli impedì di scrivere musica di valore, soprattutto la "Sinfonia India", nella cui partitura hanno molto spazio le percussioni. Da notare che due dei Tre Pezzi per chitarra furono scritti nel 1922, cioè un anno prima che Ponce incominciasse a scrivere per Segovia. Sapendo quanto Chavez fosse inviso a Segovia, mi sono meravigliato molto nel ritrovare, nell'archivio Segovia a Linares, il manoscritto di uno dei pezzi - per la precisione il terzo - dedicato dall'autore a Segovia. Dedica che poi svanì quando i rapporti tra i due musicisti si deteriorarono e che ovviamente non compare nell'edizione del trittico. dralig
  20. Pensiero gentile, dal quale sarebbe molto poco gentile dissentire. Tuttavia, per quanto un artista possa essere maltrattato da morto, sicuramente mentre era vivo sarà stato trattato peggio. dralig
  21. Fu proprio quell'incisione che mise in crisi il breve episodio con i trilli della ms, sostituiti da Segovia con arpeggi della md. Nel fascicolo di "Guitart", Zigante svolge un'ampia dissertazione sulle varie possibili interpretazioni di quel passo. Una cosa è certa, però: trilli, e non arpeggi. Per aver affermato questo nei primi anni Sessanta, poco ci mancò che fossi lapidato dai sacerdoti del tempio segoviano. dralig
  22. Segovia incise anche lo Studio n. 7. Inoltre è certo che suonò anche il Choros n. 1 e lo Studio n. 11 (anche se non li regristrò), e che diede la prima esecuzione (non seguita da altre) del Concerto per chitarra e orchestra. E non è detto che non abbia suonato altro, semplicemente non ne abbiamo traccia. dralig
  23. No, non posso, perché la questione non è riducibile in breve, si sviluppa su un arco di tempo e su una successione di eventi che, per essere esposta con chiarezza e argomentata con serietà, richiede lo spazio che le ho dedicato, né più né meno. Richieda alla rivista di fornirLe il fascicolo in questione (è una pubblicazione separata), è possibile ottenerlo - credo - anche senza abbonarsi. Altrimenti, lo chieda in lettura a qualche lettore di questo forum. dralig
  24. Le differenze tra il manoscritto e l'edizione Max Eschig non sono in alcun modo da imputare a Segovia, che non ha effettuato alcuna revisione del testo del 1928, ma allo stesso compositore che, in vista della pubblicazione, revisionò di suo pugno la versione primaria apportando varie modifiche. I dubbi riguardo all'origine di tali modifiche sono stati risolti con il ritrovamento di una lettera di HVL a Segovia. I fatti e i documenti sono esposti nel mio scritto pubblicato su HVL pubblicato quest'anno dalla rivista "Guitart". dralig
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