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Angelo Gilardino

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  1. La stessa considerazione può essere estesa, a suo parere, anche alla "Sonate pour Guitare" dello stesso Migot, pur essendo stata scritta posteriormente (almeno, così ricordo) rispetto a "Pour un hommage à Claude Debussy"? Saluti. Tiento Devo aggiungere qualcosa, la mia precedente risposta non è abbastanza specifica. Limitandosi all'osservazione dei loro pezzi per chitarra, constatiamo una differenza fondamentale: per entrambi i compositori la chitarra è qualcosa che viene loro incontro (e a cui loro stessi vanno incontro) da altrove (chiaramente, dalla cultura e dalla mitologia ispanica). Tuttavia, Migot si ritrova questo regalo in casa, importato da una lunga tradizione della cultura francese, che inizia con l'esotismo filo-ispanico dei maestri ottocenteschi (in primis Bizet, ma non da meno Chabrier e Lalo, e la lista non finisce con questi nomi), e che trova il suo apogeo in certi pezzi di Debussy e di Ravel. Negli anni Venti, è naturale per un musicista colto qual era Migot imbattersi nella chitarra, per quegli illustri precedenti e anche, non da meno, per la persistente connessione tra Spagna e Francia mantenuta in vita da maestri francesi quali Henri Collet e Raoul Laparra, che fecero la spola per una vita tra le due nazioni e le relative culture. Quindi Migot accede alla chitarra dalla soglia di casa (consideriamo anche la sua amicizia con Jacques Tessarech, e il quadro è completo). Diverso è l'incontro con la chitarra da parte dello svizzero Frank Martin, che non ha nella sua genealogia musicale il fattore iberico. Si converte alla chitarra ascoltando Segovia (che, in quegli anni, abita a Ginevra e vi suona spesso). Martin identifica la chitarra con la Spagna, si, ma tramite la figura e l'arte di Segovia. La "Plainte" delle "Quatre Pièces" è strutturata come un vocalizzo libero di cante jondo, ma stringato dalla scansione del basso e dell'armonia: esattamente la stessa cosa farà, sei anni dopo, Joaquin Rodrigo nel secondo tempo del "Concierto de Aranjuez". E comunque Martin evoca una Spagna severa e penitenziale, e non si limita a quella: è evidente, nell'"Air", il richiamo alla musica barocca per clavicembalo e, nella sezione centrale della "Gigue", una visione allucinatoria del valzer viennese...Tutto questo è molto lontano dal gusto dei maestri francesi. I quali non erano, a quell'epoca, particolarmente inclini al fascino sinistro del tritono, usavano le scale modali si, ma evitando il modo locrio... AG
  2. Come marginale? Guardi Alfredo che di lì sono (siamo) già passati, e mica solo per dare una sbirciatina... dralig
  3. La stessa considerazione può essere estesa, a suo parere, anche alla "Sonate pour Guitare" dello stesso Migot, pur essendo stata scritta posteriormente (almeno, così ricordo) rispetto a "Pour un hommage à Claude Debussy"? Saluti. Tiento Sono due composizioni molto diverse. Il trittico debussiano è del 1926, la Sonata è del 1960 e, anche nel caso di un autore solitario e coerente qual era Migot, 34 anni non passano invano. Comunque, sicuramente il suo linguaggio non era meno elaborato di quello di Frank Martin, anche se erano due compositori molto distanti. dralig
  4. Ovviamente, nessuno può conoscere tutto il repertorio. Uno studente, deve studiare il repertorio imposto dai programmi di studio della sua istituzione. Se le forze e la capacità di lettura lo sorreggono, può allargare la sua ricerca, leggendo musica fuori dai programmi e orientandosi verso quelle aree del repertorio che maggiormente lo attraggono (non deve niente a nessuno). Un concertista fa la selezione dal repertorio in base al suo profilo professionale, alla sua tecnica , al suo stile, al suo gusto e, perché no, ai suoi interessi. Gli ascoltatori che comperano i biglietti dei concerti e i dischi e ora anche i file audio si comportano come vogliono: vogliono istruirsi, crescere, oppure soltanto divertirsi. I critici commentano le musiche, le interpretazioni, le scelte dei concertisti e anche quelle degli ascoltatori. Possono dirne meraviglie oppure peste e corna, oppure niente del tutto. I compositori deceduti non dicono più niente. Quelli viventi, si lamentano perché le loro musiche, se molto eseguite, non sono eseguite moltissimo, se poco eseguite, non sono eseguite molto, e se non eseguite per niente, proprio a causa di ciò. Tutto normale, tutto lecito, tutto umano e tutto umanamente non coincidente. dralig
  5. non solo a mio parere, alcuni più di altri (come il 12), suonano di una "contemporaneità" tale che solo le "acquisizioni" tecnico-interpretative di questa nuova generazionee di interpreti è in grado di evidenziare A questa nuova generazione di interpreti, caro Fabio, bisogna dire chiaro e tondo che i compositori vivi sono stufi di essere rimandati da morti alla generazione successiva. Questi arrivano adesso, trafelati, con la loro scoperta delle composizioni scritte negli anni Venti e Trenta - e solo con una piccola parte di esse. Sul da farsi, Le cedo la parola, sicuro che Lei saprà trovare le espressioni più calzanti. Niente parole che comincino con la lettera "c", se non castigate. dralig
  6. Questo è un forum, e ognuno vi si esprime come gli pare, purché lo faccia rispettosamente. Io do del tu alle persone che conosco e do del Lei a quelle che non conosco. Lei faccia come Le pare. Amici come prima. dralig
  7. Ecco chi! Se leggi tutta la risposta , in caso Dralig correggimi se ho capito sbagliato, sembra quasi che il fatto che sia in Si minore sia contemporaneo. Forse ho forzato la lettura Comunque gli accordi, tranne nel'Air, mi pare non portino mai la modale. I pezzi di Schonberg sono scritti senza alterazioni in chiav; ma allora sono tutti in DO maggiore o la minore? Stiamo facendo confusione, e vediamo se è possibile sbrogliare la matassa. Lei ha scritto che ama le "Quatre Pièces Brèves" di Martin. Anch'io, come centinaia di altri partecipanti a questo forum e migliaia di altre persone: su questo punto, intesa completa. Poi, Lei ha scritto che le "Quatre Pièces" sono il primo pezzo veramente contemporaneo per chitarra, diversamente da tutti gli altri pezzi del repertorio segoviano, legati "agli stilemi del primo Novecento". Io su questo punto non sono d'accordo, e Le ho citato una lista di autori e di pezzi per chitarra antecedenti o coevi che, per il loro linguaggio musicale, sono collocabili in una situazione storica non diversa da quella dei pezzi di Martin. Questi ultimi, ho sottolineato, non rivelano alcun aspettodi rottura con la tradizione, anche se, ovviamente, contengono tutto ciò che serve a manifestare la personalità del compositore. Il mio è un argomento. Se ha qualcosa da obiettare, esponga i Suoi argomenti. Niente, assolutamente nient'altro. Qualcuno qui ha cercato di frapporsi tra Lei e la musica di Martin? Ha insinuato che Lei non la suona bene? Si parlava di estetica musicale, no? Meno male. Allora magari si rilegga con pazienza e attenzione quello che è stato scritto, e vedrà che nessuno ce l'ha con Lei. Si stava parlando, e si dovrebbe continuare a parlare di autori, di musiche, di linguaggi musicali. In ridicolo, ci si mette sollevando questioni personali di io, di tu, di lei, dove non ce n'è alcun bisogno. dralig
  8. Nei miei interventi (salvo pochissime eccezioni che mi permetto nei riguardi di partecipanti che conosco di persona e con i quali so di poter scherzare senza che se ne adontino) evito accuratamente qualsiasi riferimento personale, e mi attengo strettamente agli argomenti. Ho letto il Suo messaggio così com'era disposto nella sequenza dei messaggi, e così come chiunque altro, in questo forum, l'ha letto, indipendentemente dal proprio titolo di studio. Inoltre, e soprattutto, ho risposto a un'affermazione spuria citando una serie di dati - autori e titoli - impersonalmente. Veda di fare altrettanto nei Suoi scritti, si attenga agli argomenti e non metta in causa le persone. Dimostrare che un partecipante a un forum ha formulato un'affermazione infondata non significa dargli del deficiente: significa rimettere in sesto una discussione che non era avviata nel modo giusto. E le persone non c'entrano niente, a meno che non vogliano dimostrare che ci si può rendere ridicoli, ma che lo fa da soli. dralig
  9. non ho capito chi ha sostenuto il contrario? Credo che convenga rinunciare a capire. dralig
  10. "La Serra" è stata incisa da Biscaldi (vecchio LP recuperato in CD da Seicorde). I concerti giacciono nella biblioteca del Conservatorio di Genova, dove prendono polvere, mentre i chitarristi italiani suonano "Aranjuez". dralig
  11. Dopo aver definito "poco importante" quanto dichiarato in precedenza dagli altri partecipanti al Forum, il signor Paolo di fornisce un mirabile esempio di cose importanti, incominciando dall'annuncio che lui ha i pezzi in repertorio. La storia della chitarra prende nota. Sempre più importante. I pezzi di Frank Martin sono scritti nella tonalità di si minore e, dal punto di vista del linguaggio musicale, rientrano pienamente nella tradizione, né più né meno della maggioranza dei pezzi del repertorio segoviano. Nell'uso della tonalità, Frank Martin non è affatto più elaborato di quanto lo fossero stati, in precedenza, e di parecchi anni, Albert Roussel con il brano intitolato "Segovia", nel qualel'autore introduce una sezione bitonale, il giovane Lennox Berkeley con la "Quatre pièces", Cyril Scott con la "Sonatina", Georges Migot con i tre brani che formano la suite "Pour un hommage à Claude Debussy", Joan Manen con la "Fantasia-Sonata", Henri Martelli con le "Quatre pièces" (coeve di quelle di Martin) e Fernande Peyrot, concittadina di Martin, le cui Variazioni, non certo meno elaborate, sono state scritte sicuramente prima del 1935, anche se non sappiamo esattamente quando (potrebbe darsi anche prima dei pezzi di Martin). Se proprio vogliamo guardare la musica all'insegna del rinnovamento del linguaggio - allora ricordiamo la Serenata op. 24 di Schoenberg, nella quale la chitarra è trattata in un quadro stilistico molto più "avanzato", e non dimentichiamo che un signore in Messico, Julian Carrillo, scriveva in quell'epoca musica per e con chitarra microtonale (la sua Sonata è del 1925) e che, dieci anni abbondanti prima di Martin, Carlos Chavez aveva già scritto due dei tre pezzi per chitarra. Questo per la storia. dralig
  12. Di essere lette, senz'altro. Esistono, quindi non è ammissibile non conoscerle. Il giudizio che ciascuno ne dà, è materia teologica. Alcuni le considerano un capolavoro, altri immondizia. Io sarei già contento se i giudizi venissero emessi da persone in grado di leggere il pezzo, dopo che lo hanno letto, non da lettori semianalfabeti, che passano direttamente al giudizio senza aver letto il pezzo. Quando fu scoperto e pubblicato il brano respighiano, una rivista di chitarra pubblicò un articolo nel cui testo era riprodotto l'incipit della composizione (legalmente, non è possibile fare di più). Un professore sentenziò che il brano era troppo breve per la pubblicazione, (so' solo 'ddu note). D'accordo, poteva andare meglio, ma non dimentichiamo gli autori coevi o venuti a ridosso della generazione dell'Ottanta - sostanzialmente, allievi e seguaci di prima generazione - che hanno scritto benissimo per chitarra: Mario Barbieri ha scritto tre concerti per chitarra e orchestra, e poi Rosetta, Viozzi, Margola, Desderi, etc., tutti egregi compositori che hanno fatto qualcosa di più di un solo pezzo... Perché sono un compositore attivo, ma non "prolifico", e quindi, nel decidere che cosa scrivere, cerco di dare la priorità ai brani che mi vengono richiesti dagli esecutori che poi li suoneranno. Ho il brutto vizio di mangiare, abitare in una casa civile, vestirmi, etc etc, e anche se non subordino la mia attività artistica alle mie necessità primarie, cerco di non creare, tra le due, un vero e proprio conflitto. Sono sicuro di avere la Sua comprensione... dralig
  13. Il Preludio pubblicato con la revisione di Segovia (Edizione Schott) non è quello di cui si è parlato finora, ma un altro Preludio, più breve, da eseguire con la cejilla (capotasto). dralig
  14. Quasi tutta la musica per pianoforte del Novecento storico italiano (e non soltanto italiano) ha tratti più o meno inconsciamente chitarristici. Casella avrebbe potuto scrivere per chitarra, certo, Pizzetti dichiarò che intendeva farlo, ma non lo fece, Respighi ci provò e poi tagliò la corda, Malipiero scrisse solo un Preludio...Insomma, un sacco di belle prospettive...ma, fino a Castelnuovo-Tedesco (1932), quasi niente. Segovia diceva la sua, certo, ma insomma, è evidente che quei signori avevano altro per la testa. dralig
  15. L'attribuzione a S.L. Weiss di una intera Suite in stile barocco scritta da Manuel Ponce fu un'idea di Segovia, che voleva prendersi gioco dei critici, vendendo loro un falso magnificamente confezionato. Nessuno trovò nulla da obiettare. Nel 1936, Segovia, abbandonando precipitosamente il suo appartamento a Barcelona, per evitare l'arresto da parte di una squadra anarco-comunista (in realtà dei malviventi), non riuscì a radunare tutti i manoscritti che aveva in casa e a portarli con sé (scappò su una nave che lo portò a Genova insieme alla moglie). Strano a dirsi, tra i manoscritti perduti (non si sa quali e quanti) c'erano proprio quelli del suo compositore prediletto, Manuel Ponce. Di alcune delle composizioni perdute, Ponce aveva una copia, e fu possibile recuperarle. Di altre, non esisteva che un manoscritto, quello lasciato a Barcelona da Segovia. E sicuramente andarono perdute composizioni delle quali conosciamo soltanto il titolo, o nemmeno quello. Per fortuna, Segovia aveva già pubblicato nella sua collezione Schott parecchi pezzi di Ponce: e di quelli ci è pervenuta almeno il testo segoviano. La "Suite in La" non fu pubblicata appunto perché in quegli anni Segovia la stava gabellando come opera di Weiss. Però, non andò interamente perduta, perché, prima degli eventi del 1936, Segovia l'aveva incisa in dischi a 78 giri. Quelli rimasero l'unica fonte della composizione ponciana. Da lì, ebbe inizio una storia senza fine. Chi fu il primo a "tirar giù" dai dischi di Segovia (che, perduto il manoscritto, non suonò più il pezzo) la Suite di Ponce? A quanto ne so, fu un (allora giovane) chitarrista britannico, che poi doveva diventare famoso come compositore: Reginald Smith Brindle. Che però si tenne il suo manoscritto per sé, o forse lo lasciò copiare a qualcuno (erano gli anni della guerra, e non esistevano fotocopie: si copiava a mano). Nel 1948, credo, l'editore Bèrben )non quello di oggi, ma il suo predecessore, un piccolo editore di Modena, Benedetto Berlini), pubblicò la Suite trascritta di Miguel Abloniz, un chitarrista greco di Alessandria d'Egitto, che viveva a Milano, dove faceva l'insegnante. Abloniz non disse qual era la sua fonte in modo diretto, ma lo dichiarò obliquamente, affermando che, senza i dischi di Segovia, quella trascrizione non sarebbe mai esistita. Naturalmente, il lavoro era pubblicato come opera di Weiss. Nel mentre, Ponce era morto, e Segovia non vide affatto di buon occhio quell'edizione. Gli diede fastidio, e reagì duramente contro Abloniz. Gli strascichi di quella sua irritazione si prolungarono negli anni, con conseguenze spiacevoli. Ne compare una qualche - se pur enigmatica - traccia in una successiva ristampa dell'edizione Bèrben, nella quale Abloniz si difende da qualcosa che il lettore non informato non riesce bene a capire che cosa sia. Nel frattempo, qualcuno, secondo lui, aveva plagiato la sua trascrizione, dichiarando, con indubbia faccia tosta, che la propria, nuova edizione era stata preparata sull'intavolatura originale di Weiss. Non mancarono nemmeno, del resto, insinuazioni sull'origine della trascrizione di Abloniz. Era stato proprio lui a "tirarla giù" dai dischi? Si era "aiutato" con una copia del ms. Brindle? Nel 1958, o 1959, un allora giovanissimo chitarrista italiano, durante una lezione con Benvenuto Terzi, a Bergamo, ascolta la Giga eseguita dal maestro e poi sbotta: "Ma quale Barocco? Questo è Novecento. E anche abbastanza sfacciato". Terzi, persona timidissima, cerca di zittirlo. Per l'amor di Dio, chiudi quella boccaccia. Però, sorpreso dall'uscita dell'allievo e incapace di mentire, ammette: si, è di Ponce, me l'ha confessato Segovia, facendomi giurare di non dirlo a nessuno. Mi raccomando, stai zitto. Figurarsi. Una settimana dopo, lo sapeva mezza Italia. Però si continuò per decenni a suonarla come opera di Weiss. Tra lgli esecutori ai quali la Suite piacque, ci fu nientemente che Arturo Benedetti Michelangeli. Ascoltati i dischi di Segovia, "tirò giù" le note e, a quanto lasciò detto Segovia, suonava la Suite per il proprio piacere. L'edizione Alcazar - se pur non impeccabile nel testo musicale - ha comunque fatto giustizia. Questa è la storia. dralig
  16. Il "Preludio" al quale Li si riferisce fu scritto nel 1931. Successivamente, come regalo di nozze per Segovia e la pianista Paquita Madriguera, sposatisi nel 1935, Ponce realizzò una versione arricchita per chitarra e clavicembalo. Segovia lo suonò a lungo, associandolo a un "Balletto" dello stesso 1931. I due pezzi furono attribuiti - come la Suite in La - a S.L. Weiss e, siccome nella corrispondenza tra Segovia e Ponce si parla di una Suite che il compositore avrebbe avuto in mente di costruire attorno al Preludio e al Balletto, si è pensato che anche una Courante, ritrovata tra le carte di Ponce, essendo scritta in mi, potesse far parte della Suite in mi. Ma sono soltanto ipotesi. L'unico testo attendibile è quello pubblicato da Miguel Alcazar nel volume "Obra completa para guitarra de Manuel M. Ponce". Circolano tuttora edizioni del Balletto come opera di Weiss... La Suite in La fu scritta nel 1929 e attribuita a Weiss. Essendo andato perduto l'unico manoscritto, non esiste altra fonte che l'incisione di Segovia. Da quella, hanno attinto, copiando le note dal disco, tutte le edizioni commerciali esistenti (Bèrben, Transatlantiques, Symphonia Verlag, etc.) Sono tutte piuttosto traballanti, e nemmeno la versione Alcazar, inclusa nel volume suddetto, è impeccabile, però come punto di partenza per definire un proprio testo dall'ascolto del disco di Segovia, è la più raccomandabile. Decisamente preferibile all'edizione commerciale (Peer) è il testo Alcazar per quando riguarda la Suite in Re, della quale il musicologo messicano ha potuto ristabilire la lettera consultando il manoscritto originale nell'archivio Ponce. Il lavoro è del 1931. Due movimenti (Preambolo e Gavotta) furono attribuiti da Segovia ad Alessandro Scarlatti. dralig
  17. Non dimentichiamo i pappagalli, ai quali Villa-Lobos era particolarmente affezionato e con i quali intratteneva, a suo dire, istruttive conversazioni. La "Bachianas Brasileiras n. 2, contenente la "Tocata" con il titolo "O Trenzinho do Caipira" fu scritta nel 1929. E' la risposta "brasiliana" a "Pacific 231" di Arthur Honegger, composizione del 1923 che HVL aveva avuto modo di ascoltare assai probabilmente a Parigi. dralig
  18. Certo che esistono. E il caso di composizioni scritte per chitarra che passano al pianoforte o all'orchestra non è poi così raro. dralig
  19. Solo acquisendone un'altra, quella di scrivere decentemente la musica per chitarra in un'accollatura a due pentragrammi (chiave di basso e di violino) eliminando lo stupida trasposizione e quasi tutti i tagli addizionali, e guadagnando inoltre lo spazio per disporre la polifonia decentemente, per scrivere le legature di frase in aggiunta alle diteggiature (e non per sostituirle), per scrivere i segni dinamici differenziati tra le varie parti. Giusto, sensato, ragionevole, ma non si può fare. Musica scritta così, il chitarrume non la compra. E purtroppo, gli editori sopravvivono con i soldini dati loro dal chitarrume, che Iddio lo benedica. dralig
  20. No. Storica è l'illogicità della scrittura per chitarra. Da Sor in poi, scrivere così non ha più alcuna giustificazione. E' solo l'abitudine. dralig
  21. Non è il caso di esaltare oltre misura la visione che, del loro repertorio, hanno i pianisti, ma è indubbio che sia migliore di quella dei chitarristi. Le ragioni sono molte, ma una svetta su tutte: i nomi dei creatori del repertorio pianistico si leggono nella storia della musica, quelli dei creatori del repertorio chitarristico sono stati - e in gran parte tuttora sono - ignoti agli storici della musica, che sono il più delle volte dei letterati incapaci di leggere una partitura e di suonare. Questo vuoto di conoscenza storica ha pesato molto nella separazione dei chitarristi dal loro repertorio. dralig
  22. Suppongo, caro Alfredo, che Lei non si sia meritata l'amicizia di questa cara e bella signora devastando i suoi mobili. dralig
  23. eccomi degno del marchese se si pensa alla pesantezza di tutto il suo repertorio...a ciò che si trascina dietro...con tutte quelle note...a volte insopportabile, da mal di testa certe sproloqui romantici...ma si può sempre dialogare entro certe dinamiche ed è un bel pensiero quando si abbassano i toni...penso perciò al piano come percussione potrebbe fornire delle idee interessanti...anzi un percussionista che suona dentro la cordiera e il pianista prepara solo le armonie col pedale tonale e la chitarra ci cesella sopra, appunta...e rimanda......chissà ok. io porto la sega da legno. ahhh roba vecchia, componente troppo rumorosa pensavo a degli ebow, poi dei cunei in gomma o del blu tack su punti armonici in cordiera e almeno un archetto... Piantatela di fare versi, disgraziati. Un pianoforte è un pianoforte. dralig
  24. In arte, mai dire mai. Si può essere scettici, si, ma non categorici. Un grande chitarrista italiano mi ha chiesto tempo fa che cosa ne pensassi di una eventuale trascrizione del concerto di Villa-Lobos per chitarra e pianoforte (non mi riferisco alla riduzione pubblicata, fatta solo per le prove). Gli ho risposto che è possibile fare qualcosa che, complessivamente, suona meglio di quello che si sente quando si ascolta il concerto con l'orchestra, nonostante l'amplificazione della chitarra. Il fatto è che sorgono problemi di autorizzazioni, di copyright, di costo del lavoro... Comunque, le cose migliori finora le ha fatte Santorsola. ag
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