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Angelo Gilardino

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  1. Lei ammette che il ricorrere ad esempi allogeni può servire a chiarire concetti relativi all'arte della chitarra, e ritiene che talvolta ("non sempre") essi siano applicabili. Il che vuol dire che ne capisce la funzione. Ma premette il contrario ("Non capisco"). Ci pensi sopra. Nel frattempo, sarà meglio che ciascuno seguiti ad argomentare i proprii discorsi con i mezzi di cui dispone, e non cerchi di mettere fuori gioco quelli altrui. Rispetti, oltre ai pareri, anche gli artisti. Siamo tutti d'accordo nell'ammirare l'arte di Lorenzo Micheli, e io al riguardo non arrivo qui a professarmi adesso. Per fare questo, tuttavia, non abbiamo alcuna necessità di restringere i meriti di un musicista - Yamashita - che ha dimostrato di voler ben altro che imporsi principalmente per il proprio virtuosismo. Gli dobbiamo rispetto, anche se non ci piace il suo modo di suonare: disconoscergli di essere un interprete sensibile e intelligente, oltre che di una enorme generosità nel suo impegno riguardo il repertorio, è cosa ingiusta. dralig
  2. Davvero non capisco che cosa c'entri l'aspetto umano. Qui, si sono confrontate delle idee e delle concezioni. Ci può essere accordo, convergenza, disaccordo, dissenso: è ovvio, naturale, salutare. Come tutto ciò possa implicare l'aspetto umano, personale, è del tutto incomprensibile, visto che nessuno ha fatto il benché minimo riferimento alle persone che partecipavano alla discussione al di là della loro veste di partecipanti alla discussione. dralig
  3. Egregio Maestro... io imparo molto dalle sue parole. I suoi allievi sono un esempio lampante di quello che dice e tutti (parlo di quelli che ho sentito in concerto) hanno impostazioni tecniche di altissimo livello: senza fronzoli o sbuffi e perdite di energia. Dovremo far riferimento a loro per lezioni di tecnica o lei ne fa ancora durante i suoi corsi o master? Consiglio vivamente di rivolgersi, per la propria formazione tecnica, ai maestri giovani. Hanno sviluppato cognizioni e capacità molto più avanzate di quelle di cui disponevo io come chitarrista, e nell'insegnamento - attività che tendo a ridurre a misura della crescita degli anni e del mio lavoro di compositore - ora mi occupo soltanto di interpretazione, e solo per esecutori dalla preparazione tecnica completa. dralig
  4. Da ciò, l'aggiunta alla notazione chitarristica del simbolo ssssssffffffzzzzzzz, che non si riferisce alla modalità d'attacco della nota, ma all'impegno da spendere perché suoni in modo normale. Variante, da prendere in seria considerazione: snsdfnstrch (apposta sotto una nota lunga nel registro medio-grave, significa: se non suona, defenestrate la chitarra). dralig . . . . . ottima idea! A parte gli scherzi, cosa cosa ne pensi ? CS Che bisogna esigere dai liutai una soluzione a questo problema. Non tocca agli esecutori risolverlo. Noi abbiamo già le nostre gatte da pelare... dralig
  5. Benissimo, non c'è niente di utile, quanto quello che facciamo perché ne avvertiamo l'esigenza. Ciò premesso, tra la tecnica di fondazione che si impara nei primissimi anni di studio e quella che si impara a rinforzo o a complemento, successivamente, c'è una differenza. La prima, si esercita impersonalmente sui vari aspetti della nomenclatura dello strumento: scale, arpeggi, note ribattute, accordi, legature, etc., è una sorta di scuola elementare uguale per tutti. La seconda, sorge dalle specifiche, personali e ben individuate necessità: poiché tutti gli esecutori hanno tecniche favorite e tecniche ostiche, non servirà loro esercitarsi sui capitoli che non presentano problemi, e dovranno invece, non soltanto esercitarsi su quelli che oppongono resistenze, ma farlo in modo molto acuminato, cioè dopo aver diagnosticato la radice della difficoltà e aver escogitato i rimedi giusti. Se un esecutore ha problemi in un tipo di arpeggio, non gli basterà studiare quella formula: dovrà capire qual è l'origine del problema e, sulle conclusioni, escogitare degli esercizi risolutivi molto più forti, che serviranno a lui e non ad altri. Quindi, alla base c'è la tecnica, e ai vertici ci sono le tecniche, una serie di tecniche per ogni esecutore. La prima, si impara dai maestri e dai manuali, le seconde si imparano da se stessi. dralig
  6. Da ciò, l'aggiunta alla notazione chitarristica del simbolo ssssssffffffzzzzzzz, che non si riferisce alla modalità d'attacco della nota, ma all'impegno da spendere perché suoni in modo normale. Variante, da prendere in seria considerazione: snsdfnstrch (apposta sotto una nota lunga nel registro medio-grave, significa: se non suona, defenestrate la chitarra). dralig
  7. E' stato dimostrato da studi neurologici che la differenti contestualizzazioni di un determinato passaggio (ad esempio, una scala) creano situazioni nelle quali il cervello non trasferisce le nozioni apprese in contesti diversi. Dunque, se in un pezzo c'è una scala in la maggiore, l'averla studiata separatamente non serve a nulla: mutando il contesto, si riparte da zero. Dopo il secondo- terzo anno, fare le scale serve soltanto a coloro che hanno problemi di tecnica (per aggravarli) e per guardare la televisione, occupazione priva di significato, che ben si accoppia al far le scale. Scrive Robert Schumann: certi virtuosi si addestrano a suonare le scale ogni giorno, fino alla più tarda età. E' come se i poeti, alzandosi dal letto, recitassero ogni mattina l'alfabeto. dralig
  8. Premesso che la polemica, esercitata correttamente, cioè riguardo le idee e gli argomenti, e con pieno rispetto delle persone, è strumento civilissimo di cultura e di relazione, faccio notare che io non ho mai detto che non si dovrebbe discutere di tecnica. Infatti, stavo partecipando a una discussione sulla tecnica. Proprio perché non esistono divieti, mi sono sentito in diritto di osservare come, a parer mio, risultasse sorprendente che un noto concertista sopravvenisse a rendere noto il fatto che, nella sua storia personale, si era verificato, a un certo punto, il superamento delle tecniche manualistiche: e la mia sorpresa derivava dal fatto che questa "personalizzazione" della tecnica è normale in tutti coloro che abbiano raggiunto uno stile personale. Il maestro Catemario ha poi soggiunto che il Suo intervento aveva una valenza didattica, e io ho accettato questa Sua conclusione. Riconosciuto tutto ciò, ribadisco la mia osservazione. Non so di che cosa parlino, nei loro club, i dentisti, gli avvocati e i giocatori di hockey, ma so per certo che, nei convegni tra letterati, si parla di poesia, di romanzi e di saggi, non di ortografia, grammatica e sintassi, dando per scontato che chi partecipa alla vita letteraria non abbia più bisogno di tornare sugli argomenti insegnati nella scuola primaria. Prego di cogliere la differenza esistente tra il manifestare stupore perché a un certo punto, nel dibattito su un argomento, è affiorata una dichiarazione sorprendente, e il voler mettere all'indice l'argomento stesso: a me non sembra una sottigliezza e, visto che le regole della corretta polemica non permettono di attribuire a qualcuno cose che non ha detto, per poi prendere posizioni contrarie, mentre l'amabile conversazione sembra invece ammetterlo, esorto a polemizzare senza problemi. Ne guadagnano la sostanza e la correttezza del dibattito. dralig dralig
  9. maròòò...che cazzimma, direbbero alcuni miei cari amici!!! comunque sono d'accordo con voi credo nello stesso tempo che questa idea di tecnica "assoluta" per molti giovani studenti sia contemporaneamente uno stimolo che un ostacolo...responsabilità sia del maestro che dell'allievo dovrebbe essere quella di accompagnare lo strumentismo fine a se stesso alla musica, quindi all'arte dell'intepretazione musicale (premesso ovviamente che si desideri diventare interpreti)... Il Suo messaggio inizia bene, Fabio, poi si converte in una esortazione ecumenica ai maestri e agli allievi a comportarsi lodevolmente. Il fatto è, e Lei lo sa benissimo, che, mentre lo strofinamento del mobile è attività democraticamente aperta a tutti, il far musica è un po' meno accessibile. Dovrebbe, si. Se potesse. dralig
  10. Mi sembra una diagnosi perspicace. Soprattutto perché fa riferimento non a una causa, ma a un insieme di concause. Quella delle frequenze è, a mio giudizio, tra le meno forti: con la quinta scordata in sol, il problema è sempre lì. dralig
  11. Il confronto, a mio avviso, non può e non deve avere argomenti tabù. La tecnica strumentale, in un forum sullo strumento, è uno degli argomenti possibili. Se diventasse l'UNICO argomento di conversazione, io sarei uno dei primi ad abbandonare discussione e comunità non per disprezzo ma per noia! Cordialmente Catemario Infatti, caro Edoardo, a dire il vero - e considerando gli argomenti, i contenuti e il tenore abituali dei Suoi interventi in questo forum - non ho capito a quale necessità rispondesse il Suo sopraggiungere in una discussione sulla tecnica, al fine di manifestare il superamento, da parte Sua, di concezioni manualistiche della medesima, e il conseguimento di una tecnica declinata nelle particolari esigenze del Suo fare musica: ciò è del tutto ovvio per un concertista. Nessun artista adopera solo una tecnica imparata a scuola o da uno o più manuali, ed è artista anche nella misura in cui si forgia le tecniche proprie. Nel Suo caso - essendo i Suoi concerti e le Sue registrazioni di pubblico dominio - è anche evidente e nessuno, ch'io sappia, si è mai sognato di mettere tutto ciò in forse. Io non sento il bisogno di sottolineare il fatto che non adopero il contrappunto fuchsiano nelle mie composizioni, ma un contrappunto mio: che diamine, se no sarei un chierichetto, non un compositore, non Le pare? dralig
  12. L'ho pensato anch'io, Luigi, ma com'è allora che la stessa nota, sulla quarta corda, suona normalmente? E com'è che, di norma, non è una sola nota a risultare difettosa sulla quinta corda, dall'ottavo tasto in poi? Avendo interrogato al riguardo liutai diversi nell'età, nella cultura, nell'intelletto e nella pratica costruttiva, mi sono sentito unanimemente rispondere - a diversi livelli di eleganza - che la causa del problema è sconosciuta, e che nessuno sa che cosa farci. dralig
  13. una giorno, a lezione da un compositore, imparai una cosa importante...il compositore dovrebbe essere in grado di apprezzare non solo ciò che egli desidera, ciò che sente, volgarmente quello che gli piace...dovrebbe essere anche in grado di farsi sorprendere dalla trascendenza (nel senso qui di Gilardino) del proprio artigianato, il quale può essere in grado di trasportare la musica così scaturita dalla penna (dal piano, dal computer, dalla pietra) verso un luogo a lui stesso sconosciuto, ignoto...l'artigianato per il compositore, l'arte dell'intepretazione per l'interprete sono residui, "tracce di una volontà formatrice che non tanto si riconosce nella organicità di una forma voluta, ma piuttosto si dispone al riconoscimento della formazione di un organismo sorgente dall'evento vissuto" (disse Donatoni)... Non sono un filosofo, ma mi sembra evidente, in quest'affermazione di Donatoni - nella lettura dell'esperienza del comporre, che poche altre persone al mondo come lui avevano condotto al limite estremo - l'allineamento alle posizioni di uno dei massimi pensatori del Novecento, Luigi Pareyson, che nella suo studio sull'estetica colloca il "fare" non come esecuzione di un progetto preordinato nei suoi dettagli, ma piuttosto come una scoperta di ciò che si deve fare attraverso la coscienza del "come" farlo. Lo diceva anche Stravinskij. A farla breve, quella del compositore "mozartiano" che, prima di scrivere la prima nota, ha già in mente tutta la composizione, è una bella favola. Ho parlato qualche volta con Donatoni (a tavola) della relazione tra autore e opera: devo dire che era, al riguardo, molto romantico, ma non glielo dissi mai, perché mi premeva di finire il pasto, e se invece glielo avessi detto, credo che avrebbe tentato di passare a vie di fatto. Era un tipo sanguigno. dralig
  14. Caro Christian, se una categoria che si dedica professionalmente alla musica si ritrova a parlare di tecnica, vuol dire che molti dei suoi esponenti non sono professionisti. dralig
  15. Sono piacevolmente sorpreso, caro Edoardo. Non ho mai misurato i concertisti dalla loro altezza corporea, ma la notizia che persone alte meno di 1,50 fanno i concertisti di chitarra mi fa contento - sono sempre stato un ammiratore di Biancaneve. Io ero già oltre il mio libro di tecnica quando lo scrissi 26 anni fa. Non rappresentava né il punto più avanzato delle mie conoscenze né, tanto meno, il nocciolo della mia ricerca artistica. Lo scrissi perché mi serviva un sussidiario da adoperare come pro-memoria per i miei allievi e gli allievi dei miei allievi, non perché ritenessi di collocare, in quel manuale, il punto di arrivo del mio mondo musicale. Era un taccuino, non una stele. Negli anni, io ho sviluppato altre ricerche in altri campi musicali, e lascio che le opere parlino da sole. drallig
  16. Per non essere frainteso come in passato faccio una premessa: Non sto contestando nessuno e non mi sto riferendo a nessuno in particolare! Io, quando mi riferisco a qualcuno, lo nomino, così non sorgono equivoci. Io non intendo convincere né Lei né nessun altro di nulla, e quella della tecnica onnivora non è più un'idea, da almeno vent'anni è una realtà dimostrata e operante: chi, avendo assimilato tale tecnica, suona i concerti di Giuliani, l'opera integrale di Tarrega, l'opera completa di Castelnuovo-Tedesco, i concerti e i brani di Rodrigo, la Sequenza di Berio e i miei pezzi, non è un fantasma, è un concertista in carne e ossa, e non è il solo. Questo genere di utopia pesa sugli ottanta chili, stazza in media 1.80 da terra e si sta moltiplicando sul pianeta con poco utopica evidenza. Utopia è pensare che ciò non esista, perché l'ammetterlo ci obbligherebbe a dare una spolveratina alla nostra formazione. Fatti loro. Nessuno è obbligato a ripetere le gesta e gli errori dei grandi del passato. Che artista è, quello che rinuncia a espandere il proprio repertorio, e a cercare di misurarsi con tutto ciò che esso offre, con la scusa che i grandi del passato non ci sono riusciti? Scusi, e se a uno piace suonare tutto il repertorio, da Roncalli fino a Ferneyhough (c'è una regola che lo vieta?) e, seguendo il suo precetto, si forgia una tecnica che "permetta di suonarlo al meglio", che cosa sta facendo? Non arriveremo alla mostruosità secondo la quale, non potendo esistere la tecnica omnicomprensiva, perché a Lei piace credere che non esista, costui dovrà limitare la propria esplorazione del repertorio nel timore di smentirLa... Delle Sue opinioni è padrone solo Lei. Dell'evidenza dei fatti già verificatisi, no: Lei è padrone di nasconderli alla Sua vista, non di negarne l'esistenza. Suppongo che il Suo omonimo Fabio Caputo, chitarrista, compositore e musicologo di Buenos Aires, abbia legittimamente esercitato il suo diritto a esistere, anche se Lei non ne era a conoscenza. Adesso, che ne è informato, può scegliere, se interessarsi a lui e al suo lavoro, o affermare che non esiste. dralig
  17. Non colgo il senso delle Sue osservazioni: da un lato afferma che, con opportune diagnosi e terapie, certe situazioni si potrebbero risolvere, dall'altro, invece, osserva che le terapie per le frane interiori non sono di competenza della medicina. Io non ho né emesso diagnosi né proposto terapie: ho raccontato quello che ho visto con i miei occhi. Che il disagio interiore (o psichico) si manifesti attaccando organi e funzioni corporee, purtroppo è un'evidenza che non scopriamo oggi. Io non ho fatto che constatarne le manifestazioni nel campo in cui opero, quello musicale. Non credo comunque che Mr Dinnigan si sia perso. Come ogni altro virtuoso appiedato dall DF avrà trovato una compensazione in qualche altra attività. Nicola Hall fa l'avvocato, Luigi Biscaldi è uno dei didatti più ricercati e una delle persone più serenamente equilibrate che io conosca, e potrei continuare con l'elenco di coloro che, usciti dal concertismo, hanno manifestato il loro talento e il loro amore per la vita in altri territori. dralig
  18. Io non osservo un panorama "internazionale", ma un panorama musicale e artistico, rispetto al quale le nazionalità non contano. Il chitarrista che Lei ammira - fa benissimo! - è stata una delle non poche personalità che si sono manifestate negli ultimi decenni nel campo della chitarra, e che poi si sono precocemente eclissate, a causa di situazioni critiche le più disparate: la DF non ha fermato solo lui, ma tanti altri, ugualmente promettenti e già molto bravi (tra i britannici, mi viene in mente Nicola Hall). Altri si sono fermati per cause apparentemente meno definite, ma ugualmente gravi: uno dei massimi chitarristi che l'Italia abbia mai avuto, al culmine della sua carriera, con in mano un contratto firmato con una multinazionale, una mattina si è alzato, ha preso la chitarra, l'ha chiusa nel fodero e deve ancora riaprilo adesso. Che cosa intendo dire? Che il motore dell'attività artistica, specialmente di un'attività così faticosa e divorante qual è quella del concertista solista, va avanti solo se si mantiene accesa e si rinfocola, nell'animo (o, se preferisce, nella psiche) dell'artista una particolare forma di energia (i romantici la chiamavano ispirazione), affine alla fede religiosa. Se quella si spegne, non c'è santo che tenga...Questa rottura, questa frana interiore, si può manifestare direttamente, e allora l'artista onesto con se stesso e con gli altri attacca la chitarra al chiodo; oppure, indirettamente, per vie traverse: una parte della mente seguita a credere e a dire di si, e un'altra parte non ci crede più e lavora contro: da questa dissociazione, nascono le inibizioni, inclusa la DF. dralig
  19. Non è chiaro. Empiricamente, si può ragionare osservando che le stesse note sulla quarta corda non soffrono dello stesso problema, il che ci indurrebbe a concludere che non è un problema di frequenze e di armoniche, ma di struttura dello strumento. Un'impedenza. dralig
  20. trascendenza? Per l'esattezza, "virtuosità e trascendenza". Nel senso che la trascendenza è il fine della virtuosità, il suo unico vero approdo artistico. Altrimenti è vanitas: la virtuosità che non si annulla nella trascendenza lascia intravvedere non il corpo del virtuoso, ma il suo scheletro, non il suo capo, ma il suo teschio. Poche cose sanno di morte come un virtuoso che si agita su una pedana. Al cui bordo c'è il nulla. dralig
  21. Ragazzi ma non avete letto il 'Nuovo trattato di tecnica chitarristica' del Maestro Gilardino?Questo è l'ultimo concetto(non per importanza!!) espresso nel trattato.. Non per fare pubblicità ma penso che sia un trattato che debba essere letto.. Già, una tecnica - e uno strumento - esistono in funzione di un fine, di un risultato. Carulli e Aguado, per fare esempi illustri nella tradizione didattica, stabiliscono questa relazione tra la tecnica che insegnano e il risultato musicale a cui essa è preposta e finalizzata legando le nozioni che impartiscono agli esempi musicali che seguono - a volte studi e pezzi anche molto belli. Sor inaugura il genere del trattato, cioè una speculazione sulla tecnica con pochissimi esempi musicali, ma rimanda spesso, nella trattazione, alla sua musica. In altre parole, chi scrive un libro di tecnica dovrebbe impegnarsi a farne sfociare le conclusioni sul terreno della musica. Quei metodi e quel trattato nascevano da - e all'interno di - una pratica musicale, erano cioè gli strumenti giusti per eseguire quella musica nel modo in cui essa era stata concepita e sperimentata. E' giusto che fosse così: la chitarra allora andava costituendo il suo repertorio primario, un modo di suonarla corrispondeva a un modo di pensare la musica per chitarra e di comporla. La differenza, all'epoca in cui io ho scritto quel trattato, è che il repertorio c'era eccome, ed era stratificato su diverse epoche, in generi disparati. L'intuizione - se di questo si può parlare - è stata proprio quella di partire da un presupposto diverso da quello dei grandi maestri del passato (incluso Pujol, che ragionava in termini tarreghiani e anche un po' aguadiani): non serviva più, anzi sarebbe stata d'ostacolo, una tecnica concepita all'interno di un particolare repertorio, di un genere di musica, di un sound, ma una tecnica onnivora, capace di rendersi veicolo per un'esecuzione prefetta di tutto il repertorio, non di una parte di esso. L'ultimo grande esempio di tecnica settoriale era stato quello di Segovia. Insieme ai suoi splendori, incarnati nelle esecuzioni del maestro, aveva prolungato l'equivoco del giudizio del repertorio emesso in base alle proprie disponibilità tecniche, non in base a una lettura attenta delle musiche e a una percezione sensibile dei loro diversi valori: questo lo posso fare, allora è buono, quello non lo posso fare, ma non dichiaro la mia impotenza, lo squalifico dicendo che non è buono (l'Ottocento italiano, ad esempio). Scritto questo trattato, che è "nuovo" proprio nella misura in cui non si asservisce a un tipo di musica (la mia, ad esempio, all'epoca in cui scrissi la prima versione del trattato era di là da venire), occoreva però precisare a quale risultato esso mirava, al di là della sua pretesa di rendersi padrone di ogni repertorio. Una tecnica, anche se "neutra", implica sempre una qualche visione estetica. Ed ecco allora quella conclusione. La tecnica è perfetta se è capace di rendere la musica in modo perfetto, dunque senza farsi notare come tecnica. Se rimane sul lavoro una traccia del gesto che l'ha creato, il lavoro è imperfetto. Nei quadri dei grandi maestri vedo il colore, non le pennellate, e tanto meno le setole dei pennelli. Dio che noia, il virtuoso che, su un podio, si agita, si contorce, sbuffa, rumoreggia, suda, rantola, per tirar fuori un passaggio magari sfuocato e manchevole. A ogni modo, non mi interessa più la tecnica strumentale, non me ne occupo più. Alla mia età, faccio solo musica, e solo con chi la può fare e vuole imparare a farla nel modo più pulito. dralig
  22. A questa illuminante rivelazione della verità dobbiamo concedere almeno un'eccezione: Le assicuro che, se anche Lei si ammalasse o rendesse l'anima a Dio, in questo forum nessuno spenderebbe una parola buona per Lei. Come diceva d'Annunzio: ho quel che ho donato. dralig
  23. Chiedi a Gilardino. Ti saprà spiegare. Se si nota che un esecutore è bravo, vuol dire che non lo è abbastanza. La perfezione della tecnica consiste nel farla sparire dentro il risultato musicale: si riceve la musica e basta. La tecnica è affare di chi suona, non di chi ascolta. Quando guarda un bel paesaggio da una finestra ampia e luminosa, che cosa pensa? Alla finestra? Che è brava? dralig rispetto quello che dice Maestro Gilardino ma senza finestra non può vedere il paesaggio.......... Ho detto dalla finestra, non senza finestra. dralig
  24. Da ragazzo facevo il voltapagine in alcune società di concerti, per tirar su qualche liretta e talvolta qualche invito a cena da parte dei pianisti che servivo. Così, li ascoltavo mentre provavano e ho imparato. Sa, girare le pagine ai pianisti che accompagnavano Rostropovich o Milstein non era, per un chitarrista adolescente, un piccolo privilegio. Bisognava approfittarne. Ne ho approfittato. dralig
  25. Chiedi a Gilardino. Ti saprà spiegare. Se si nota che un esecutore è bravo, vuol dire che non lo è abbastanza. La perfezione della tecnica consiste nel farla sparire dentro il risultato musicale: si riceve la musica e basta. La tecnica è affare di chi suona, non di chi ascolta. Quando guarda un bel paesaggio da una finestra ampia e luminosa, che cosa pensa? Alla finestra? Che è brava? dralig
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