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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Maestro Gilardino a questo punto propongo una soluzione che taglia la testa al toro...

    Ci consenta di ascoltare le sue vere tracce...

     

    Magari potresti comprare i dischi... :D

     

    Non sono in commercio - si tratta di vecchi LP che non permetto di rimasterizzare e ristampare. Potranno forse, un giorno, rivestire qualche significato come documenti storici delle attività collaterali di un compositore.

     

    Comunque, i fatti sono questi. Alcuni anni fa, Reza Ganjavi, un chitarrista dilettante persiano, cittadino statunitense, residente in Svizzera, laureato in informatica ma dedito soprattutto alla chitarra, mi commissionò un lavoro particolare. Voleva incidere Romance Anonimo, alias Jeux Interdits, con delle sue amiche musiciste. Mi chiese perciò di arrangiare la canzone russo-ispanica in modo da poterla suonare in diverse formazioni a duo. Poiché la commissione era buona, accettai e scrissi sette melodie, ciascuna da suonare con uno strumento diverso (viola, violino, flauto, mandolino, oboe, cello, voce) in duo con la chitarra. Il chitarrista, in pratica, suona sempre Jeux Interdits, che diventa però l'accompagnamento fisso di una serie variabile di melodie. Lavoro per niente facile da scrivere, perché il percorso armonico del brano per chitarra è molto stretto, e inventarci sopra delle melodie belle è cosa ardua. Comunque, feci il lavoro, fui pagato, Ganjavi incise il suo disco - e seppe venderlo assai bene, a giudicare dai diritti d'autore che ho percepito - e tuttofinì lì. Io credevo. Invece adesso salta fuori che il disco, il quale, oltre ai miei brani (intitolati "Canzoni dimenticate"), contiene anche pezzi facili di autori classici, è finito sui server peer-to-peer, i cui compilatori mi hanno classificato, non come compositore, ma come esecutore. Figurarsi. Neanche con una mano legata dietro la schiena io suonerei così.

     

    Ieri l'altro ho fatto il diavolo a quattro e, almeno dal server da cui tutto il pasticcio è iniziato (Gracenotes) i files sono stati rimossi. Inseguirli nel vespaio del peer-to-peer sarà più complicato. Io comunque ho minacciato denunce, e devo dire che ieri Reza Ganjavi si è dato da fare.

    Caso vuole che questa vicenda giunga a ridosso di un'altra, anch'essa poco piacevole, in cui avevo appena mandato Reza a quel paese per altri motivi.

     

    Seccature che potrei evitare? Non lo so, ho solo scritto delle melodie su un fondo armonico...tutto il resto l'hanno fatto gli altri.

     

    dralig

  2. Maestro, può spiegare meglio questo concetto? Non ho inteso quello che Vuole dire.

     

    Intendo dire che la creazione artistica - inclusa l'arte dell'interpretazione -è un fatto del tutto personale e che quindi ogni musicista sceglie e decide da sé e per sé dove vuole che vada la musica: cioè, l'unica "porzione" della musica sulla quale gli è dato di esercitare un'azione che, piccola o grande, poderosa o appena percettibile, conti qualcosa nel determinare dove va la musica. A me non importa altro che sorvegliare con rigore e alimentare con passione la mia musica. Di dove vada quella altrui, proprio non mi do il minimo pensiero. La musica va a Patrasso? Non la mia, e tanto mi basta. Preferisco occuparmi delle mie semicrome che di salvare la musica.

     

    dralig

  3. Dove sta andando la musica oggi?

     

     

    Io penso che il problema sia a monte. La musica è solo il rispecchiarsi di situazioni... Il problema non è dove sta andando la musica ma dove la stiamo/stanno facendo andare.

     

    Bravissimo. Ergo: ciascuno faccia in modo di "far andare" la SUA musica nella direzione che corrisponde ai suoi pensieri e al suo mondo, e se riuscirà a fare questo, non avrà nient'altro di cui occuparsi.

     

    dralig

  4. Maestro, devo ammettere di essere a conoscenza di questa truffa e di aver sentito i brani in questione, non personalmente sul mio computer, e devo dire di essere rimasto molto deluso dalla qualità delle esecuzioni, che per nulla si addicevano allo stile dei brani. Infatti mi meravigliavo come Lei avesse potuto suonare in modo tanto superficiale: note saltate, glissati che non esistono, neanche l'ombra di note distinte, accordi arpeggiati e altre aberrazioni di questo genere. Sono lieto di questa notizia.

     

    Ho già individuato i responsabili dell'accaduto e sto prendendo le misure del caso. Se mi convinceranno che si è trattato di un errore, forse lascerò passare, in caso contrario dovranno procurarsi molti fazzoletti.

     

    dralig

  5.  

    man mano che lo sviluppo tecnologico ci ha permesso di osservare al "microscopio" lo spettro dei suoni prodotti dagli strumenti

    musicali, si è visto che in realtà "tra" le componenti armoniche ed in corrispondenza del transitorio di attacco di un suono

    la componente rumorosa è fondamentale alla formazione del timbro...

     

    Negli studi di registrazione, anni Sessanta, i tecnici che ci registravano su nastri a 39,...cm al secondo, a volte si divertivano a farci ascoltare un suono di chitarra alla cui registrazione erano stati tagliati i primi 2 cm. di nastro. Non era possibile identificare lo strumento che l'aveva emesso.

     

    dralig

  6. Gentile Maestro,

    credo non vi sia alternativa che denunciare il fatto alla Polizia Postale ed attendere.

    Al più alcuni programmi consento di allegare commenti (di denuncia del falso, nel caso).

     

    Nel caso del PtP i server contengono solo l'indicizzazione dei files, che sono materialmente in pc che potrebbero trovarsi non su territororio Italiano.

    Per la nostra legislazione è sanzionabile chi scarica il file, chi lo mette a disposizione e chi ospita gli indici, se in territorio nazionale (la qual cosa spesso non è di dominio comune).

    Se ritenesse di subire un danno grave ed irreparabile, Le resterebbe ulteriormente da esperire un'azione cautelare che potrebbe portare al sequestro preventivo dei server (a trovarli).

    Cordialità.

     

    Grazie echi, per il momento non faccio null'altro che diramare un comunicato ai forum e alle newsgroup di chitarra. Si tratta sicuramente di un'altra delle imprese di un cretino malevolo del quale conosco le generalità e il luogo di residenza.

     

    dralig

  7. Un frequentatore di questo forum - che è anche un mio amico - mi informa che in un server dove si scambiano files peer-to-peer (non ne faccio il nome perché non l'ho mai visitato di persona, anche se sono certo dell'attendibilità della mia fonte) circola una registrazione di brani originali per chitarra del secolo XIX attribuita a me.

     

    E' un falso. Fino a che ho dato concerti e registrato (1981), io non ho mai eseguito in pubblico né inciso musiche dell'Ottocento.

     

    Vi prego di far girare la voce e, se sapete come bisogna fare per denunciare la falsificazione ai gestori del server, per favore ditemelo.

     

    AG

  8.  

    Si può attribuire un'altezza a dei rumori? Fino a un certo punto. Ossia, in un rumore ci sono delle frequenze non ordinabili in una progressione di multipli esatti, e quindi, per dire che il ronzio della corrente elettrica è un sol diesis, che il tuono è un mi bemolle, che il cigolio della porta è un re naturale, occorre che l'orecchio selezioni, nel fenomeno sonoro, quelle frequenze che risultano ordinabili in una serie di multipli esatti, e scarti le altre.

     

     

    salve maestro

     

    una precisazione.

    Si potrebbe altrimenti chiedere: quanto rumore c'è in una qualsiasi altezza che ascoltiamo? Molto. E'vero che l'orecchio in qualche modo "seleziona", ma se di quel selezionato non esistesse la componente rumorosa il nostro sistema percettivo non sarebbe in grado di ricostruire la sensazione della caratteristica "timbrica" degli strumenti musicali e di conseguenza, delle altezze che producono. Il rumore contribuisce alla formazione del timbro tanto quanto tutte le altre parziali di un suono, armoniche ed inarmoniche. Anzi, studi di psicoacustica hanno dimostrato che è inscindibile da queste.

     

    ...A questo punto, tutti paventeranno che, tra suono con rumori e rumori identificabili come suoni, non ci sia alcuna differenza. E poiché questo timore lo ha suscitato Lei, con la Sua precisazione, adesso per favore si spenda in un'ulteriore precisazione, altrimenti vengo sotto le finestre di casa Sua con un mio amico agricoltore, che possiede mezza dozzina di trattori, e Le offriamo un amabile concerto notturno.

     

    dralig

  9. Povero...povera...peccato, occasione mancata.

    Quindi non è plausibile dire che Castelnuovo -Tedesco non abbia scritto in forma idiomatica?

    O che non ci sia un'evoluzione nella sua scrittura chitarristica?

    Escarraman o i Caprichos mi sembrano molto diversi dalla Tarantella...

     

    La Tarantella è diversa da tutti gli altri pezzi - la compose adoperando una scrittura volutamente "rozza" o "popolare", basso e triadi in alternanza, oppure note singole, niente melodia armonizzata da accordi o arpeggi, tanto meno polifonie...

     

    dralig

  10.  

    Nessun dubbio sulla validità compositiva di Margola; ciò che un poco mi spiace è l' appurare il mancato risultato chitarristico.

    L'approccio allo strumento, se non sbaglio in ambito chitarristico rifuggito parimenti da Castelnuovo-Tedesco, ha dato risultati diametralmente opposti.

     

    Castelnuovo-Tedesco non rifuggiva dall'obbligo di scrivere appropriatamente per chitarra, infatti la sua musica è piuttosto ricca di modelli di scrittura diversi - alcuni anche del tutto originali, inventati da lui. Il problema sta nella loro praticabilità - lui sapeva benissimo tutto ciò, e si affidava a Segovia o, successivamente, ad altri revisori. Ad ogni modo, trattava la chitarra come uno strumento ricco.

     

    Margola invece non ci ha nemmeno provato, ha sempre scritto in modo assai elementare, semplicistico, come se la chitarra fosse uno strumento povero.

     

    dralig

  11. [quote="Capo d'Astro

     

    La stessa pratica l'ho fatta io quando preparai l'esame di solfeggio (chissa se si chiama ancora "licenza"...?). Si viveva con un diapason in tasca e si cercava di trovare note e intervalli provenienti da ogni dove.

    Ricordo di aver letto da qualche parte che Miles Davis diceva una cose tipo]

     

    Si può attribuire un'altezza a dei rumori? Fino a un certo punto. Ossia, in un rumore ci sono delle frequenze non ordinabili in una progressione di multipli esatti, e quindi, per dire che il ronzio della corrente elettrica è un sol diesis, che il tuono è un mi bemolle, che il cigolio della porta è un re naturale, occorre che l'orecchio selezioni, nel fenomeno sonoro, quelle frequenze che risultano ordinabili in una serie di multipli esatti, e scarti le altre. Io mi diverto a dire le note di tutto quello che sento e a volte do agli amici un foglietto pentagrammato con scritte le note su cui "intonano" la loro parlata ma, per quanto questo gioco possa risultare stupefacente, è in realtà abbastanza arbitrario. Quando Giuseppe Rosetta componeva i "Canti della Pianura" per chitarra, scrisse dei bicordi per imitare il canto mattutino dei galli. Erano bellissimi - e così furono lasciati - ma erano sbagliati, lo sapevo bene perché ero cresciuto in cascina e una delle prime cose che avevo fatto imparando la musica era stata proprio quella di scrivere "sotto dettatura" tutti i versi degli animali, li so a memoria...Il più difficile è quello dell'oca, è ltenue e sfuggente.

     

    dralig

  12. Ho letto diverse pagine di Margola ma non sapevo che avesse studiato con Casella.

    Ciò che non mi convince della sua scrittura è la destinazione strumentale chitarristica, la trovo veramente troppo poco idiomatica.

    Ad intuito, e confortato dalle parole di Gilardino, credo che la sua musica abbia una natura molto legata agli organici cameristici...mi vedo molto bene viole e violoncelli cantare quelle linee melodiche.

     

    Si fidava molto - e a buon motivo - delle sue capacità di costruzione del discorso musicale che, bisogna riconoscerlo, è sempre fluido, coerente, impeccabile, e per questo non si sentiva nella necessità di approfondire la sua padronanza della specifica scrittura chitarristica. Ne rimase sempre fuori o, al massimo, ne lambì le soglie. Era un musicista con i fiocchi. Incidentalmente, ricordo che, tra i suoi interpreti, annoverava Arturo Benedetti Michelangeli, che aveva eseguito abbastanza spesso, in giovantù, il Kinderkonzert per pianoforte e orchestra.

     

    dralig

  13. Grazie, sei stato molto gentile. A quanto pare non era un compositore per chitarra, e infatti nelle pagine che mi hai segnalato non se ne fa alcun accenno. Visto che lo hai citato, sarebbe interessante sapere cosa ne pensa il Maestro Gilardino.

     

    Franco Margola era un fior di musicista, un compositore di grande dottrina e tuttavia non pedante nella sua musica, ma semplice e sapiente. La parte migliore della sua musica non è quella chitarristica. Scrivendo per chitarra, Margola è andato nella direzione opposta di Castelnuovo-Tedesco (per parlare di un maestro con il quale aveva qualche affinità), cioè ha semplificato eccessivamente la scrittura polifonica, rendendola troppo sottile e uniforme, quindi priva di varietà. Il suo lavoro chitarristico migliore è il Concertino, ed è pregevole anche la prima Sonata. Ci sono anche pagine brevi - alcuni Preludi, un Ricercare, etc. - ispirate, mentre gli altri lavori - specialmente dell'ultimo periodo, quando il maestro soffriva di un disturbo che gli appannava la mente - sono deboli.

     

    La "Canzonetta" fa parte di una raccolta di "Dieci composizioni" scritte nel 1975. E' un pezzo semplice, sereno, da eseguire con dolcezza e badando molto alla continuità della melodia, che non deve patire picchi di suono o mancamenti: una linea di canto da portare come se fosse un lied. E' diteggiata male, e quindi conviene cancellare la diteggiatura, coprendola con il bianchetto, e studiarne un'altra, più consona al carattere della melodia.

     

    dralig

  14. Per Lei Maestro Gilardino: Lei non è la musica, sarebbe come il voler dire che Bohr sia la Fisica, il che è un'idiozia, oppure un liutaio che affermi: "io sono la chitarra", non può che essere altrettanto...Le Sue ultime parole invece le accetto, e le auguro di continuare a comporre così. Detto questo, se volete, potete continuare a parlare di Levinas o delle ultime "frontiere" teologiche...

     

    Io sono quel che scelgo consapevolmente di essere, esercitando in ogni istante il dono della libertà. Che poi, nel definire verbalmente quello che sono, io adoperi una metafora, , è cosa che ha che vedere con il mio essere e sentirmi artista, il che - se permette - mi svincola dall'obbligo di parlare di me, in un forum tra artisti, come se stessi declinando le mie generalità a un carabiniere. Quindi, qualunque definizione io dia di me stesso, è atto integrante il mio essere artista: Lei, che sottolinea la necessità di essere coerentemente uomo e artista, questo lo dovrebbe capire. Ma se non lo capisce, per me non cambia nulla: quando si compone si è soli, sempre, da sempre e per sempre. Io ci sono abituato, e ci sto benissimo, con o senza l'accettazione altrui.

     

    dralig

  15. Mi collego al messaggio di echi2 nel topic "La rosa bianca" e rispondo sul tema del mio concerto per chitarra e orchestra intitolato "Leçons de Ténèbres". E' una composizione ispirata a una liturgia della Settimana Santa ora non più in uso. Essendo nato nel 1941, da bimbo fui condotto da una madrina di battesimo, assai devota e fervida praticante, all'Officio delle Tenebre, che si celebrava in chiesa per tre giorni consecutivi durante la Settimana Santa. Le campane erano ammutolite (legando i batacchi) e le immagini sacre venivano coperte da teli color viola - dello stesso colore erano anche i paramenti dei sacerdoti durante la Quaresima. L'Officio delle Tenebre ("Matutinae Tenebrarum") aveva luogo il mattino prestissimo, prima dell'alba. Inizialmente, la chiesa era debolmente rischiarata da tredici ceri, simboleggianti Gesù Cristo e i suoi discepoli. A uno a uno, dodici ceri venivano spenti - in ricordo dell'abbandono di Gesù da parte degli apostoli - e il tredicesimo veniva collocato sul pavimento, dietro l'altare. Quando la chiesa era completamente buia, iniziavano i canti sulla Lamentatio del profeta Geremia. L'atmosfera era di una drammaticità estrema, e all'Officio partecipavano soltanto le persone più immerse nel mistero della passione di Cristo. I fedeli "normali" non reggevano alla gravità della liturgia. Personalmente, sono grato alla memoria di quell'anziana che, osando condurmi all'Officio, mi espose alla percezione - seppur del tutto istintiva, e allora priva di appoggi cognitivi intellettuali - del dramma della passione.

    Per l'Officio delle Tenebre, numerosi maestri hanno composto musiche vocali, che ho sempre ammirato e ascoltato con trasporto e commozione. In particolare, ho sempre amato le composizioni dei maestri del Barocco Francese, perciò intitolate "Leçons de Ténèbres". Nel 1996, decisi di comporre il mio primo Concerto per chitarra e orchestra. Per manifestare la mia scelta risoluta di evitare l'ennesima proposta della chitarra quale strumento "piacevole" di intrattenimento, e per legare il mio nuovo lavoro - come del resto avevo già fatto con le mie composizioni precedenti - alla linea aperta da Manuel de Falla con l'"Homenaje", cioè a quella visione che fa della chitarra uno strumento profondo, evocatore di mistero, scelsi di scrivere le mie "Leçons de Ténèbres" proprio in forma di concerto per chitarra e orchestra. Il responsorio tra il solista e l'orchestra evoca - con mezzi strumentali - quello della liturgia, e anche quello del teatro greco, e in particolare la chitarra evoca il soliloquio della "tinebra", strumento idiofono che, emettendo un lacerante suono a raganella, veniva usato nella Settimana Santa per sostituire le campane imbrigliate.

    "Leçons de Ténèbres" fu scritto nel 1996 e venne dato in prima esecuzione da Luigi Attademo l'anno seguente. E' stato eseguito anche dal chitarrista romano Angelo Colone e trasmesso l'anno scorso dalla Radio Vaticana. Colone lo ha inciso in un CD con un gruppo strumentale di Roma.

    dralig

  16. Il concerto, come la poesia, tocca altre corde, senz'altro più profonde che il dialogo e la spiegazione di quel che si comprende.

    Non mi sembra incompatibile col parlarne, che è del resto l'unica cosa che si può fare in un forum. Questo avevo chiesto prima che si prendessero altre traiettorie.

     

     

    Mi scusi, non avevo capito, e credo che Lei abbia ragione. Per evitare un OT, apro un nuovo topic specifico e cerco di risponderLe, scusandomi di non averlo fatto prima.

     

     

    dralig

  17. Gentile Dralig,

    conosco bene l'officio delle tenebre, non so se un forum sia il posto ideale per parlarne, né se voglia farlo.

     

    Bene, allora non ne parli. Io l'ho fatto perché lo ritenevo opportuno nella concatenazione dei pensieri che andavo formulando: per menzionare di passo una liturgia, non occorre trovarsi nel "posto ideale" per farlo, basta farlo a proposito.

     

    Solo per dirLe che tutta l'opera di Rimbaud ai miei occhi vale molto meno dell'omelia di un anonimo che la Chiesa legge all'Officio del Sabato Santo o degli scritti di Silvano dall' Athos.

    Con ammirazione.

     

    Poiché io ho soltanto sottolineato il valore della poesia di un grande come mezzo di avvicinamento alla verità, e non ho istituito un concorso letterario, iscrivendovi di mia iniziativa "Les Illuminations" e la "Lamentatio" del profeta Geremia, non ho motivo, né di sottoscrivere né di contestare la Sua scala di valori. La rispetto come cosa alla quale mi sento alieno.

     

    dralig

  18. Si, ci sono poeti come Rimbaud, come Keats o Shelley che hanno completao la loro esperienza poetica e di vita in tempi brevi o brevissimi.

    Al liceo è salutare (?) fare i bohemien, ma ci si dimentica appunto del prezzo di tali esperienze.

     

    La poesia è un dono celestiale, può scendere su una persona o, allo stesso modo misterioso, abbandonarla. Non sappiamo perché. Rimbaud visse l'esperienca poetica come una tappa di avvicinamento a quella che lui sentiva essere - al di là dello scrivere versi - la verità. Il fatto che, abbandonata la poesia (Point de cantiques! Il faut etre la verité dans une ame et dans un corps), egli si sia perduto nella ricerca di tale verità, o che l'abbia (chi lo sa?) raggiunta sul letto del martirio al quale lo inchiodò la malattia, non incide sulla grandezza del suo tentativo. Gli risponde, dopo decenni, un altro grande, sullo stesso tono:

     

    "Dicevano gli antichi che la poesia/è scala a Dio. Forse non è così/se mi leggi. Ma il giorno io lo seppi/che ritrovai per te le voce, sciolto/in un gregge di nuvoli e di capre/dirompenti da un greppo a brucar bave/di pruno e di falasco, e i volti scarni/della luna e del sole si fondevano,/il motore era guasto ed una freccia/di sangue su un macigno segnalava/la via di Aleppo" .

     

    Lei non ha bisogno di chi Le spieghi che cosa significhi la confusione di sole e luna, il guasto al motore, la freccia stampata sulla pietra...e, soprattutto, il fine ultimo della poesia: scala a Dio, che può miracolosamente manifestarsi in un deserto, nel caos e nell'infuriare delle avversità...

     

    Se la rilegga bene, la poesia di quel ragazzetto bretone che, a 18 anni, fu capace di scrivere: "E io ho visto talvolta ciò che l'uomo credette di vedere".

     

     

     

     

     

     

     

    Non so se Rimbaud abbia bisogno della mia pietas.

    La chiusa della sua esistenza terrena è tanto poetica quanto le sue poesie, ne è parte drammaticamente integrante.

     

    Non importa appurare se Rimbaud abbia bisogno della Sua pietas. E' certo invece che tutti abbiamo bisogno di provare pietas per la sofferenza degli altri: se ciò non accade, siamo noi a perderci, non coloro ai quali neghiamo la nostra pietas.

     

     

    dralig

  19. Questa storia di Rimbaud andrebbe ridimensionata: a vent'anni aveva già smesso di scrivere poesie.

    Stava in Africa, invece, a trafficare in armi e in chissà cos'altro ancora; forse ad annegare i deliri emozionali vissuti con Verlaine.

    Farà comunque in tempo a rimpatrare a Marsiglia per morire di cancrena in un letto pulcioso.

     

    Si aggiorni, aedo. La storia di Rimbaud è già stata, come Lei dice, "ridimensionata", nel senso che è stata studiata alla luce dei fatti e raccontata con serenità ed equilibrio dai suoi biografi, che non sono né mitomani né pervertiti. Il fatto che abbia smesso di scrivere poesie giovanissimo - e del resto è morto a 37 anni - non toglie che quelle che ha scritto rimangano tra le cose più alte e più belle che, nel secolo XIX, una mente poetica abbia mai pensato. Che sia morto di cancro in un letto di Marsiglia - non pulcioso, era un letto di ospedale - è cosa tristissima, ma non triste quanto il fatto che qualcuno, oggi, glielo possa ascrivere a colpa, ingiuriosamente, stante il fatto che morire giovani di malattia dovrebbe suscitare nei nostri simili la pietas, non il livore, e stante il fatto che chiunque di noi si può ammalare di cancro, o d'altro, e morirne, nessuno escluso, senza per questo meritare l'astio dei posteri. Quanto ai suoi "deliri emozionali" con Verlaine, la lettura di una buona biografia La metterebbe in condizioni di evitare toni vagamente omofobi: Verlaine e Rimbaud vissero una storia d'amore difficile e tormentata, non diversa da quelle delle coppie normali che hanno forti contrasti: nulla di eccezionale, se non il fatto che quei due erano tra i massimi poeti del loro tempo. E che cosa cercasse Rimbaud, quando abbandonò il suo amico, è ben manifesto in una sua affermazione degna di lui: "Basta con le poesie! Bisogna essere la verità in un'anima e in un corpo". Pensi, aedo, se una simile massima venisse fatta propria da tutte le mezze tacche che ci opprimono con le loro musiche!

     

    dralig

  20. Maestro Gilardino, io ho trovato un luogo in cui vengo continuamente richiamato al significato di quello che faccio, che si chiama Comunione e Liberazione, ma la cosa che più mi colpisce è che nemmeno Lei (e di questo me ne rammarico) è riuscito a cogliere le frasi più vere dei cosiddetti "propositi" che animano un'artista: "Ma se si vuole diventare artisti, bisogna prima di tutto diventare uomini." Questo è la questione! essere uomini! cioè essere della razza umana! non so se riesco a spiegarmi...essere sempre tesi a cercare il senso delle cose nella realtà, come lo faceva Leopardi o Boudelair. Stupirsi mentre si suona Chopin del dramma che lui aveva: scrive in una lettera "Cosa succede? Questa sera nemmeno la musica attutisce il dolore che mi tormenta, non riesco a comporre". Spero di essere stato chiaro, perchè non è semplice esprimere certe cose.

     

    Caro Ciccio, io non ho alcun bisogno di leggere scritti altrui - pur essendo un lettore di testi letterari da 58 dei mei 64 anni - per sapere le cose che Lei adesso sta imparando dai libri: io non so quello che Lei dice, io lo sono. Io non amo la musica, perché io sono la musica. Io non ho fatto il musicista, io ho vissuto, e la musica è stata il mio modo di vivere.

    Il dramma di Chopin io non l'ho scoperto leggendo le sue biografie, l'ho vissuto - sia pure in forma episodicamente diversa - sulla mia pelle, e se l'ho portata fin qui, sana e salva (tra chitarristi!), è perché avevo in me non solo i doni specifici del musicista, ma anche gli anticorpi per rendermi immune da ogni tentativo di omologarmi o di distruggermi. Inoltre, per salvarmi, io non sono mai entrato in sodalizi, club, confraternite, etc., e ho elaborato da solo, con il mio pensiero, le cognizioni che mi hanno permesso di sopravvivere e di diventare - come Lei dice - uomo. Non intendo esprimere giudizi sulle scelte di chi si versa in gruppi, però ci tengo a sottolineare il fatto che, essendo la creazione artistica scelta che dev'essere poi onorata dalla persona singola, con la sua individuale, personalissima opera, la stile di vita che ne discende ben difficilmente potrà identificarsi con quello adottato dai gruppi. Specialmente da quelli che si distinguono per il loro settarismo e per la loro intolleranza nei confronti di chi non fa parte dei loro organici.

     

    Quindi, prima di dedurre, da letture molto superficiali di un mio messaggio, che io non ho capito quello che Lei intende, rifletta sul fatto che le scelte salvifiche non sono soltanto quelle proposte dal Suo gruppo.

    Lei sta parlando con il compositore che ha scritto "Lecons de Ténèbres", un concerto per chitarra e orchestra ispirato alla Settimana Santa, e più precisamente all'Officio delle Tenebre. Sa che cos'è? Si informi, e poi riprendiamo il discorso, se è il caso.

     

    dralig

  21. A trenta, si incomincia a "valutare" anche "altri aspetti della vita".

     

    Devo essere in ritardo...

     

     

    Vedi di rimanerci, in quel ritardo. Le eccezioni fanno bene a chi ha dovuto - come maestro di alcune centinaia di allievi - imparare la seguente regola: 1) quando un allievo a vent'anni annuncia qual è la cosa che non farà mai nella vita, quella è la cosa che farà per prima; 2) viceversa, quando un allievo giura su una cosa che farà per prima, quella è la cosa che non farà mai.

     

    I signor "sarebbero stati se..." sono, tra gli studenti di discipline artistiche, la categoria più gagliardamente rappresentata. A 20 anni scrivono imitazioni di Rimbaud, e giurano fede all'arte. A 30 anni, contraggono i classici impegni e incominciano a "vedere le cose sotto un altro aspetto". A 40, spiegano ai loro pargoli che cosa "sarebbero stati se...". Eccezioni ce ne sono - ma cos' poche da non dover nemmeno invocare la regola. Ogni mille persone che passano per un conservatorio, due sono artisti. Se sbaglio, è per eccesso.

     

    dralig

  22.  

    "La percezione di una vocazione o di qualcosa di simile non ce l'ho. Ma se si vuole diventare artisti, bisogna prima di tutto diventare uomini. Passando attraverso ciò che è più profondo. Voglio provare a lavorare su di me. E' difficilissimo."

     

    ...per me, per meno di questo, non vale la pena perdere la propria vita per qualcosa, per la musica. Io non ci sto a fare musica per meno di questo che dice sopra Sophie. Spero che nei musicisti ci sia ancora la percezione di portare una cosa che apre l'uomo al divino, che spalanca l'anima a ciò che la sovrasta e che desidera.

     

    Vi saluto, con affetto.

    Francesco

     

    Propositi nobilissimi. Enunciarli a vent'anni è una cosa, realizzarli in seguito è tutt'altra cosa. Non è difficile sottoscrivere grandi progetti. La cosa davvero difficile è attuarli coerentemente ogni giorno, nella piccolezza (apparente) della quotidianità, dove ben poche persone, tra quante hanno giurato fede a un ideale, riescono a individuare i modi per mantenere le promesse fatte a se stessi e agli altri. A vent'anni, tutti novelli Arthur Rimbaud. A trenta, si incomincia a "valutare" anche "altri aspetti della vita". E a quarant'anni, ecco, se si tolgono, dal numero dei partenti, gli imboscati che si trascinano penosamente in un impieguccio didattico, gli imprenditori di lezionifici, gli accasciati routiniers che, con quindici pezzi imparati in gioventù, mandano avanti una spettrale attività concertistica che trasmette, agli ascoltatori, il più agghiacciante nulla - tutti ex- Rimbaud che avevano giurato vent'anni prima di voler dare il loro sangue agli ideali più alti e ai progetti di vita più ricolmi di senso - quanti restano, capaci di rinnovarsi quotidianamente nel "cimento dell'armonia e dell'inventione"?

     

    dralig

  23. Nessun altro?

     

    Non credo che abbia importanza stabilire qual è il pezzo più difficile, anche perché è difficilissimo stabilire criteri omogenei per misurare i vari tipi di difficoltà. Ad esempio, "Les arbres rouges" è un pezzo relativamente facile da decifrare (anche se è scritto su due pentagrammi), ma richiede al chitarrista prestazioni tecniche al di là, molto al di là, della capacità media dei concertisti. D'altra parte, si trovano pezzi non altrettanto difficili per le dita, che però mettono a dura prova le capacità di lettura, scansione ritmica e memorizzazione. In questo senso, il pezzo più complesso che io abbia mai visto è "KurzeSchatten" di Bryan Ferneyhough.

     

    dralig

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