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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Ho avuto la fortuna di ascoltarlo interamente e si tratta di una vera e propria nuova dimensione per le composizioni di Gilardino.

     

    Dove/come possiamo fare altrettanto?

     

    Ho inviato a Cristiano e a pochissimi altri amici dei file audio con il concerto registrato con i suoni campionati della Garritan orchestra, della quale mi servo per il playback quando compongo adoperando Finale o Sibelius. E' un'audizione ben lontana dalla realtà, ma dà un'idea abbastanza chiara. Non intendo escludere nessuno da quello che non concepisco come un privilegio, ma i files sono pesantissimi (sui 10 MB ciascuno) e infliggerli al prossimo non mi sembra corretto. Sono sicuro che ci saranno presto delle registrazioni "vere".

     

    dralig

  2. In effetti 18 gg.sono davvero un record!

     

    ma davvero fanno un fetival per la chitarra russa?

    nel senso proprio per questo tipo di strumento o in generale di artisti-compositori-strumenti russi?

     

    ad ogni modo congratulazioni ancora.

     

    saluti

    Gio

     

    Si, fanno un festival dedicato allo strumento russo a sette corde, al suo repertorio e ai suoi artisti. Alcuni sono degli specialisti, altri suonano anche la chitarra classica esacorde, e nei loro concerti alternano i due strumenti. Io mi sono sentito molto attratto dal suono scuro e misterioso della chitarra russa, e ho prima composto un pezzo per sei corde, con l'accordatura della chitarra chiamata semistrunnaya: re-sol-re-sol-si-re. Il pezzo è piaciuto molto agli addetti, alcuni dei quali mi hanno manifestato la loro speranza per un concerto per eptacorde e orchestra. Sulle prime ho detto loro che erano matti, ma intanto la mente si è messa in moto, ed eccolo qui. Sono sorpreso anch'io.

     

    dralig

  3. Complimenti Maestro!

    E' stato velocissimo a scriverlo!

     

    C'è già in programma la prima esecuzione?

    saluti

    Gio

     

    Grazie. Si. ho impiegato 18 giorni, il tempo che in precedenza mi bastava appena per scrivere un pezzo breve per chitarra sola. Non so spiegarmi il perché di questa scorrevolezza. E' vero che ho lavorato 15 ore al giorno, ma l'ho fatto perché ho capito che bisognava cogliere "l'attimo fuggente": se scappa, addio composizione.

     

    La prima avrà luogo negli Stati Uniti l'anno prossimo. Fanno un festival dedicato alla chitarra russa in primavera. Ma non è detto che non si suoni ancora prima nella vecchia Europa.

     

    dralig

  4. Per il momento lo "conosco" solo fino alla cadenza del primo movimento (esclusa)...ma io mi ricordo un incipit di timpani...o forse è il caldo ottundente dell'après-midi?

     

    Il caldo c'è - inutile negarlo - ma ci sono anche i timpani, e proprio nell'incipit. Ha ragione. Timpani che io amo mescolare ai legni. ottenendo quel colore che - piaccia o non piaccia - c'è solo nelle mie orchestrazioni, e non in altri concerti per chitarra.

     

    dralig

  5. Alle 2.40 di stanotte, 24 giugno 2006, ho terminato di comporre il "Concerto di Novgorod" per chitarra russa eptacorde e orchestra. Consta di tre movimenti, dura circa 25 minuti e ha forma classica. Fa uso di uno stile contrappuntistico atonale e/o polimodale. La chitarra russa è accordata re-sol-si-re-sol-si-re, e comporre per tale accordatura implica la soluzione di problemi che sorgono qualora non si voglia subire lo stile modale puro e semplice, non adatto a reggere una composizione concertante di lunga durata.

    L'organico orchestrale è leggero ma variato: piccolo, flauto, oboe, corno inglese, clarinetto in si bemolle, fagotto, archi (4.4.3.2.1 al minimo), timpani.
    La chitarra dev'essere amplificata.

    dralig

  6.  

     

     

     

    Grazie per la risposta, quindi è piuttosto difficile trovare il "bandalo della matassa". Giusto per essere più pratici: cosa dovrei fare a livello mentale? In base alle vs esperienze, suggeritemi qualcosa, perchè è davvero demoralizzante non poter raggiungere un obiettivo di pulizia del suono

     

    Non è difficile la ricerca è svolta accuratamente. Un pezzo di musica per chitarra è un tessuto con diversi fili. Bisogna individuare, nella maglia, ogni singolo filo e impararne bene il percorso. poi, bisogna effettuare il montaggio dei diversi fili. Tutto questo comporta uno studio di ogni singola voce (filo) ritmico e melodico, mentre il montaggio è uno studio che guarda alla combinazione verticale dei suoni (accordi, linee di una polifonia, melodia e accompagnamento). Se si svolge bene questo lavoro - che è di competenza della mente - il lavoro delle mani viene ridotto all'essenziale. Se invece si va a tentoni, "scoprendo" la musica nel momento in cui le dita la estraggono dalle corde, ci si mette su una strada senza fine...

     

    dralig

  7. Sono nuovo, e spero di essere il benvenuto.

    Non sono più ragazzo, ho compiuto 45 anni da poco ed ho iniziato a suonare circa 5 anni fa. DEdico "parecchio" tempo (beh, considerate che lavoro!!) e cioè almeno 2 ore al giorno, ma spesso anche 3 o 4 - allo studio, e noto che ci sono stati parecchi progressi (prendo lezioni serie da 2 anni e mezzo). Però, ultimamente mi rendo conto che non riesco a raggiungere un obiettivo importante: suonare senza commettere errori, suonare un brano in modo pulito, dall'inizio alla fine. C'è sempre qualcosa che non va, qualche nota presa male, possibile che sia legato alla mia non più giovane età? Secondo me è un problema della mano sinistra, anche se faccio esercizi di tecnica (scale e legati) costantemente, forse dovrei puntare su altre cose. Consigliatemi.

    Grazie

    Zeliko

     

    Non è possibile diagnosticare la causa di una serie di errori senza prendere visione diretta della situazione, ma in generale si osserva che la stragrande maggioranza degli errori è causata dal fatto che la mente non ha assorbito con chiarezza il modello musicale che deve poi ordinare alle dita di riprodurre. Chi studia molto spesso non sa letteralmente che cosa deve fare, e infierisce sulle sue incolpevoli dita alla ricerca di una via d'uscita a problemi che invece risiedono nella mente. La tipologia di errori che Lei descrive sembra proprio questa. Quindi lo studio non deve essere orientato verso la ripetizione tentativa di qualcosa che non si ha bene in mente, ma verso la definizione mentale di ciò che si deve fare, prima di farlo fare alle povere dita.

     

    dralig

  8.  

     

    dralig

    Ciao Angelo.

    Credo che ci sia poco da preoccuparsi: la tua figura oramai è talmente conosciuta e studiata che solo un chitarrista poco accorto potrebbe attribuirti quelle registrazioni.

     

    Sul piano di una eventuale indagine informatica devo purtroppo deluderti. Se ti riferisci all'operato della Polizia Postale, essa comincia indagini solo quando si dimostri il dolo e il conseguente profitto in termini economici. E devono essere anche di una certa consistenza, altrimenti nessuno muove un dito, te lo assicuro per esperienza personale.

    Un caro saluto,

    L

     

    Infatti, caro Lucio, non mi ero fatto illusioni sulla facilità della procedura da seguire per stanare i malintenzionati o, semplicemente, gli imbecilli. E' una vita che ho addosso stalkers, e in ben poche occasioni ho deciso che era il caso di fargli passare la voglia. Per il resto, "que se embarren en su proprio barro"...Ciao.

     

    dralig

  9. Maestro le comunico che delle registrazioni con il suo nome si trovano anche sul programma 'emule'.

    Ho scaricato il file ma non sapevo che si trattasse di registrazioni;pensavo fosse un suo scritto.

    Comunque appena ho ascoltato le registrazioni(a dir la verità ho ascoltato solo un minuto della rossiniana..)non ho creduto un attimo che fossero sue..veramente scandalose!!!

    Fabio

     

    Per acchiappare questi cretini ci vorrebbe una complessa indagine informatica, e alla fine che cosa si ottiene? Di mettere con le spalle al muro qualche povero disgraziato. Per il momento, non ne vale la pena...Del resto, è abbastanza noto che io non suono in pubblico da 25 anni, che non ci sono registrazioni mie in commercio e che le poche esistenti riguardano il Novecento.

     

    La ringrazio comunque per la Sua segnalazione.

     

    dralig

  10.  

     

    Sottoscrivo con convinzione.

    In bocca al lupo per l'incontro al vertice...

     

    Sia detto rispettosamente, sarà come arare il mare. Questa riforma non l'hanno voluta i politici , i quali - come sempre negli affari della cultura e dell'istruzione - hanno funzionato come riflettori di volontà altrui. Questa riforma è stata costruita dai conservatori medesimi, che sono diventati quello che volevano essere.

     

    Andare a dire oggi ai politici che la riforma non va bene, vuol dire sentirsi rispondere - sacrosantamente: e allora perché l'avete voluta?

     

    Volete imparare a suonare, a comporre, a dirigere, a cantare, sul serio? Bene, l'ultima cosa che dovete fare è iscrivervi al conservatorio. Lo dico nella piena coscienza del fatto che, in conservatorio, insegnano fior di musicisti e - nella fattispecie della chitarra - anche personalità artistiche di altissima caratura.

     

    dralig

  11. La carta abrasiva che ho suggerito è una 3600 quella a cui tu rimandi è 2400.

    Ma va bene lo stesso.

     

    Vanno benissimo anche le pareti di casa, contro le quali si può arrotare l'unghia con estrema precisione. L'artigliatoio del gatto è pure atto alla bisogna, ma espone al rischio di venire azzannati dalla bestia che giustamente non tollera intrusioni nei suoi domini. In generale, direi che il problema non è come accorciare le unghie, ma come comportarsi nei riguardi di certi chitarristi che tengono unghie leopardiane. CS da Asti si aggira con il pollice destro armato di un'unghia che gli consentirebbe, con un solo fendente, di neutralizzare un duo di chitarristi, sgozzando il primo e cavando un occhio al secondo.

     

    dralig

  12. che percorso si può fare iniziando in giugno, facendo qualche ora qui e qualche ora là, magari senza tempo per studiare perché si devono fare centinaia di ore di frequenza in conservatorio? Io dico che non ci siamo).

     

     

    Sono talmente d'accordo sul fatto che non ci siamo, che in conservatorio non ci sono più io. Una della decisioni più sagge della mia vita.

     

    dralig

  13. Salve a tutti.

     

    Vorrei chiedervi come fare per costruirsi un repertorio, che sia vasto almeno il minimo indispensabile per dare concerti. Io ci provo, ma non riesco mai a terminare lo studio di un brano; cioè mi spiego meglio...Finisco il brano, mi riesce, lo suono per cinque, sei giorni, poi passo ad un altro brano. Quando ritorno sul precedente, non sono più in grado di farlo tutto senza fermarmi. Come fare allora? Un metodo per costruirsi un repertorio c'è o è individuale? Secondo quesito: Quanto tempo studiare un brano da inserire in repertorio, o meglio, fino a quando bisogna studiare un brano? Ringrazio in anticipo chi vorrà rispondere. Intanto porgo cordiali saluti

     

    Imparare un brano vuol dire studiarlo analiticamente e questo garantisce un fissaggio alla memoria musicale. Se la mente ha assorbito un pezzo indipendentemente dalla pratica digitale, non lo dimentica più, e lo trattiene anche se il brano non viene materialmente eseguito per mesi. In caso di lungo accantonamento, alcuni dettagli possono svanire, ma è questione di un breve ripasso e tutto torna come prima. Se il pezzo già studiato si dissolve in pochi giorni, vuol dire che la mente non l'ha assorbito, e che è stato imparato solo gestualmente, cioè abituando le dita a ripetere i movimenti necessari a suonarlo senza però impossessarsi delle note indipendentemente dallo strumento. Questo modo di studiare è disastroso, non solo perché chi lo pratica sottoscrive un abbonamento sicuro ai vuoti di memoria in caso di esecuzioni pubbliche, ma anche perché è terribilmente dispendioso di tempo e di fatica: obbliga infatti a ripetere, non già per mettere a punto l'interpretazione, ma per fissare con la memoria periferica quello che la mente, istupidita e passiva, non fa.

     

    dralig

     

    dralig

  14. ma come può conciliarsi quello che Ha appena detto con una carriera concertistica? Non mi capacito come possa un didatta del Suo spessore affermare questo, ma appunto essendo Lei un grande didatta, Le sarei grato se chiarisse meglio questa sua concezione, che ahimè, non comprendo.

     

    Concertista è colui che dispone di un dominio assoluto della tecnica, non colui che, a prezzo di centinaia di ore di lavoro, riesce a mettere in piedi, a furia di ripetizioni, un programma da concerto e lo suona tutta la vita, a patto di esercitarsi tutti i giorni sui medesimi pezzi. Il concertista, lo si vede dai primi mesi - vorrei dire dai primi giorni - del suo contatto con lo strumento: è un contatto spontaneo, che si svolge all'insegna della facilità. I problemi tecnico-meccanici che possono insorgere nello studio di un pezzo da parte di un concertista si presentano nell'ordine dell'eccezione, dell'idiosincrasia, del rifiuto inspiegabile di far svolgere alle dita un processo che, osservato dall'esterno, non risulta più difficile di mille altri che invece vengono compiuti dall'interessato senza nemmeno bisogno di pensarci. E' su queste "resistenze", che anche i virtuosi più dotati incontrano in qualche misura, che si costruisce il breviario della tecnica personale, ossia la serie di esercizi volti a tentare di domare le resistenze. Ciascuno ha le proprie "bestie nere", e ciascuno ha i proprii rimedi, pagati a prezzo più o meno caro di studio, e ciascuno deve rassegnarsi a lasciare qualche tipo di tecnica applicata nel libro dei sogni, perché non riuscirà mai a dominarli, nonostante lo studio più accurato.

     

    Il motto "conosci te stesso" è di importanza capitale per un concertista: nessuno ha facoltà di dominio sull'intero repertorio, l'importante è conoscerlo a fondo, anche nelle parti non accessibili, e non classificarlo in base alle proprie "resistenze", come purtroppo avviene tra chitarristi in modo riprovevole.

     

    dralig

  15. ma è necessario che ognuno trovi il punto in cui attacca la corda e regolare la sagomatura delle unghie in base al proprio attacco, o erro?

    Ma se così fosse, come essere certo che quella sagomatura rispetta realmente l'andamento naturale del dito dalla fase di aggancio a quella di sgancio?

     

    Se ne accerta sperimentalmente. Un buon metodo è quello di compiere il tragitto del dito sulla corda al rallentatore (avendo cura di non alterarlo rispetto al tempo reale), osservando con attenzione tutto ciò che avviene: se tra il punto di contatto e il punto di svincolo non ci sono salti, interruzioni, blocchi (detto in una parola: discontinuità), e se la corda scivola lungo il dito, tutto è a posto. Se invece ci sono delle discontinuità, bisogna individuarle e correggerle, o sagomando l'unghia diversamente, o modificando l'angolazione della mano e conseguentemente la traiettoria del dito. E' uno studio di grande importanza, che ciascuno deve svolgere alla luce del motto "conosci te stesso". I princìpi sono uguali per tutti (la fisica acustica e l'anatomia), le applicazioni sono individuali.

     

    dralig

  16.  

    Se, dopo un'ora di buon esercizio mirato, la soluzione non si trova, non la si troverà mai, ed è meglio lasciar perdere il pezzo.

     

    dralig

     

    Sembrerebbe una provocazione, ma non lo è. Chiarendo se servisse il concetto: non si pretende e credo non auspichi neanche Angelo di poter assimilare con scioltezza la Sonata di Ginastera o la sua Sonata Mediterranea in un'oretta, ma di risolvere uno per uno, in tempi limitati, ognuno dei particolari problemi tecnici che questi brani presentano.

     

    I tempi di assimilazione di un brano sono determinati - come tu ben sai - da tanti processi (lettura, costruzione del modello interpretativo mentale, memorizzazione), e questi prendono tempi soggettivamente diversi. La risoluzione dell'ultimo ordine di problemi, quelli tecnico-meccanici, è invece istantanea: se uno sa quello che deve fare e come deve farlo, o cis riesce subito - o quasi - o non ci riesce più.

     

    dralig

  17. Non mi riferivo direttamente a quanto stavi scrivendo, ma già che ci siamo ti dirò la mia.

    Credo che nello studio esistano fasi diverse: é vero che per apprendere i rudimenti forse é necessario "spizzicare" un po' qua e un po' là, ma credo che un passaggio si risolva solamente studiando quel passaggio. Non credo in una tecnica "astratta" capace di divorare indifferentemente qualunque passaggio di una certa tipologia. E' ovvio che nello studio del tremolo ogni brano che utilizza tale tecnica male non può fare, ma non é vero che suonare il Recuerdos sia fondamentale alla soluzione delle difficoltà che si trovano in "Un sueno en la floresta" (e viceversa).

    Ogni passaggio musicale nasconde dentro di sé una serie di variabili in grado di far nascere problemi assolutamente peculiari e irrisolvibili se non all'interno dello stesso "universo di riferimento", che in questo caso é un certo brano.

    Questo é ovvio non significa che, passatemi l'espressione, faccia male, che ne so, per preparare l'esecuzione del Concerto Elegiaco uno studio specifico sulle scale, ma non per questo si può concepire di poter risolvere a monte le difficoltà tecniche che ciascun brano nasconde dentro di sé. studio le scale, tutte, le facciobenissimo, a duemila di metronomo, quindi leggo Aranjuez e faccio tutto senza difficoltà. A me, almeno per ora, non é mai successo.

    E' ovvio che saper guidare é una premessa necessaria per correre su un circuito particolare, ma nessuna preparazione "in astratto" può garantirti la soluzione di un insieme di problemi legati ad una serie molto precisa di eventi. Sono convinto che il preludio della suite in mi minore di Bach lo si impari suonando il preludio in questione, che poi esista un percorso per potersi avvicinare a quel brano credo che sia fin troppo ovvio, ma non ho una fede assoluta negli "esercizi preparatori": in definitiva é l'idea che per imparare a nuotare sia necessario bagnarsi.

    Ad ogni modo é un punto di vista che ho maturato nella mia esperienza, potrei essere ampiamente smentito.

     

    La tecnica fondamentale si impara nei primi due-tre anni di studio - non ne occorrono di più, se si è ben guidati - dopodiché si prosegue suonando il repertorio e non è più necessario fare esercizi di base, solo esercizi specifici che ciascuno deve costruirsi da sé. Imparata agli inizi la tecnica di base, l'incontro con il repertorio svela che: 1) ci sono delle applicazioni della tecnica che vengono risolte spontaneamente; 2) altre che richiedono un certo lavoro e vengono risolte; 3)altre ancora che resistono a qualunque lavoro. Gli esercizi personali derivano da queste applicazioni problematiche. Si isola il problema, e su quello si costruisce un modello di tecnica da espandere in una serie di applicazioni che mettono a fuoco il problema in modo specifico e peculiare, attaccandolo alla radice. Questo non sarebbe possibile continuando per ore ogni giorno a praticare una tecnica generica (scale, arpeggi, legature, etc) che tale problema non sfiora nemmeno: come i farmaci, la tecnica dev'essere specifica.

     

    Comunque, quando si è assimilata la tecnica di base, qualunque problema di tecnica specifica incontrato in un brano deve essere risolto nel giro di un'oretta di lavoro. Se, dopo un'ora di buon esercizio mirato, la soluzione non si trova, non la si troverà mai, ed è meglio lasciar perdere il pezzo.

     

    dralig

  18. Non resisto, devo dirla.

    Il violino non dorme perchè la... chitarra russa.

     

    E con questo mi ritiro in una sana lettura.

    A domani.

     

    Ma spero che con questo prossimo concerto da Maestro Gilardino, la chitarra russa smetta di russare ed infine svegli!

     

    Ieri, l'incipit con 24 battute, tutte orchestrate. Se proseguisse così, in capo a sei settimane il concerto sarebbe finito - ma non ci spero. E poi, bisognerà fare i conti con la parte di chitarra: io immagino, e scrivo, scrivo, ma chissà se funziona...

     

    dralig

  19. La chitarra esacorde è ovviamente e indiscutibilmente la chitarra per eccellenza. Esistono però delle varianti - famosa quella della chitarra decacorde adoperata da Narciso Yepes (anche se non inventata da lui, come molti credono). Ebbene, tra le chitarre "diverse", ce n'è una in particolare che ha accumulato, nell'Ottocento, un repertorio vasto e multiforme, prevalentemente orientato verso la musica a ispirazione popolare: la chitarra russa a sette corde, con accordatura re-sol-si-re.-sol-si-re. Tale strumento era popolarissimo in Russia. Lev Tolstoj, in "Guerra e pace", parla con una certa competenza delle due diverse chitarre, quella classica europea e quella russa. Quest'ultima, ha avuto i suoi maestri, sia nel campo dell'esecuzione che in quello compositivo. Nel Novecento, la chitarra classica esacorde ha avuto il sopravvento anche in URSS, e a far pendere la bilancia a suo favore furono anche - ammetto di non sapere in quale misura, ma presumo che sia stata rilevante - i concerti degli anni dal 1926 al 1936 tenuti in Unione Sovietica da Andrés Segovia.

     

    In questi ultimi anni, si sono manifestati alcuni segni di risveglio della chitarra russa grazie all'apporto di virtuosi e studiosi. Il chitarrista-musicologo più impegnato nella ricerca e nella valorizzazione della chitarra russa è certamente Matanya Ophee, che ha pubblicato con le sue Editions Orphée una vasta antologia in otto volumi di autori russi. Li ha adattati alla chitarra esacorde, ma questo non preclude la conoscenza della loro musica. Un interprete interamente dedicato alla chitarra russa è Oleg Timofeyev, che ha inciso un CD contenente alcune opere di Matvei Pavlov-Azancheev, un compositore-chitarrista russo che scrisse il suo capolavoro, una vasta Sonata, mentre era imprigionato in un gulag per supposti motivi politici.

     

    Insomma, è un mondo con valori e caratteri molto specifici e particolari, che io trovo affascinanti: il suono grave e profondo della chitarra russa mi attrae non meno di quello della nostra chitarra classica, in modo diverso.

    Fu così che due anni fa scrissi un pezzo per chitarra sola intitolato "Ikonostas", adoperando, se non proprio la chitarra russa, una chitarra esacorde accordata re-sol-re-sol-si-re. Il brano è stato pubblicato da Matanya Ophee e sta per uscire anche la sua prima registrazione discografica per mano di Alberto Mesirca, che ha intitolato "Ikonostas" tutto il suo CD.

     

    Recentissimamente, negli Stati Uniti i cultori della chitarra russa si sono riuniti in una sorta di congresso. Ho letto nel blog di Matanya le sue entustiastiche cronache dell'evento, e - morale della favola - oggi incomincio un'impresa un po' folle: comporre un concerto per chitarra eptacorde russa e orchestra. Ho chiesto aiuto ai miei migliori amici per avere da loro perentorie dissuasioni, e ho scoperto che sono i miei migliori aguzzini, perché mi hanno unanimemente incoraggiato a proseguire in questo tentativo. Anzi, Timofeyev mi ha pure scritto di sbrigarmi senza fare tante storie.

     

    Questo è il mio sciaguratissimo mestiere.

     

    dralig

  20. salve a tutti, volevo chiedere a voi come avete scelto di portarle: la lunghezza e la forma che avete deciso di darle. Il Maestro Gilardino nel suo trattato ha definito due tipi di unghia, in base alla direzione della mano, se verso il ponticello e verso il capotasto. Secondo voi è sbagliato usare una forma a taglio obbliquo anche nella posizione più naturale, cioè quella con il polso e la mano rivolti verso il capotasto? Intanto porgo cari saluti.

     

    Francesco

     

    Qualunque profilo della relazione dito-corda è utile, purché l'unghia scivoli lungo la corda senza opporvisi frontalmente. L'unghia non deve mai trattenere la corda per rilasciarla di colpo, ma accompagnarla nel rilascio dopo averla deformata: detto questo, ciascuno si trovi da sé le proprie angolazioni. Io non ci sono mai riuscito, nel senso che l'angolazione che mi permetteva di estrarre dalla corda il suono che prediligevo richiedeva un assetto della mano meccanicamente disastroso, mentre, per mantenere la mano in un assetto meccanicamente conveniente, ero costretto a un suono che, tra quanti ne potevo estrarre, non era il migliore. Chi riesce a mettere d'accordo fattore meccanico e fattore estetico ha trovato il modo di avere la botte piena e la moglie ubriaca.

    dralig

  21. Quali sono state le grandi Dame Della Chitarra a parte la Presti?

     

    Mi piace ricordare le grandi artiste della chitarra non più viventi, cioè le figure storiche, senza pretesa di completezza e limitandomi ai nomi più importanti: innanzitutto Emilia Giuliani Guglielmi (Vienna, 1813 - ivi, ?), figlia del grande Mauro, chitarrista e compositrice; e poi Sydney Pratten (Catharina Josepha Pratten) nata nel 1821 a Mulheim in Germania, morta nel 1895 a Londra, dove visse), chitarrista virtuosa, compositrice e didatta (suonò a Londra in un concerto al quale prese parte anche Giulio Regondi) e, meno brillante, la di lei sorella minore Julia Pratten. Figure femminili di chitarriste delle quali non sappiamo molto emergono anche dalle dediche delle composizioni di grandi autori quali Sor (per esempio, Athenais Paulian, ma è solo uno dei molti nomi). Poi. dobbiamo ricordare le figure storiche delle grandi allieve di Francisco Tarrega: Josefina Robledo - concertista insigne che rinunciò alla carriera per il matrimonio -, Pepita Roca e l'italiana Maria Rita Brondi, autrice di un volume di storia della chitarra pubblicato dall'editrice Bocca di Torino. Figura di grande rilievo fu quella di Teresa De Rogatis maritata Feninger, pianista, chitarrista e compositrice - le cui opere rivelano un ingegno e una preparazione musicale assolutamente senza pari tra chitarristi; e, tra le grandi chitarriste del Novecento, si alzano le figure di Maria Luisa Anido, Luise Walker e Ida Presti, quest'ultima la più grande chitarrista che io abbia mai ascoltato di persona. Non dimenticherei Sara Stegani, la più brava allieva di Luigi Mozzani, e la di lui nipote, Carmen Tamburini Lenzi Mozzani, che ho conosciuto di persona nell'ormai lontano 1966 e che mi aveva predetto per filo e per segno quella che poi fu puntualmente la mia carriera artistica.

     

    dralig

     

    Non dimentichiamo anche i nomi di:

     

    Elena Padovani,

    Renata Tarrago,

    Natalia Ivanova-Kramskaia,

    Brigitte Zaczek,

    Raphaella Smits,

    Suzanne Mebes,

    Maria Kämmerling,

    Antigoni Goni,

    Blanca Prat,

    Lucille Saab,

    Graciela (Chelita) Pomponio,

    Naoko Yamashita,

    Eva Fampas,

    Adolfina Raitzin de Tavora,

    Olga Coelho,

    Tali Roth,

    Liat Cohen,

    Esther Bromberger,

    America Martinez,

    Maria Esther Guzman,

    Galina Vernigora (Vale),

    Vania del Monaco,

    Toyoko Yamashita,

    Maritta Kersting,

    Ursula Peters,

    Catherine Liolios,

    Anastasia Bardina,

    Valentina Fadeeva,

    Victoria Zhadko,

    Iadviga Kovalevskaia,

    Evgenia Riabakon,

    Griselda Ponce de Leon,

    Wanda Palac,

    Alina Gruszka,

    Consuelo Mello Lopez,

    Nicola Hall,

    Nicola Culp,

     

    E l'più importante di tutti:

     

    Margarita Escarpa.

     

     

    Mi ero limitato alle grandi chitarriste e chitarriste-compositrici non più viventi. Matanya. La maggioranza di quelle che tu - giustamente - elenchi è ancora sotto il sole.

     

    dralig

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