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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1.  

    Credo che lei farebbe cosa gradita a molti se scrivesse un'autobiografia.

     

    Inevitabilmente scontenterebbe qualcuno, ma, dato che oltre allo stile compositivo ne possiede uno letterario, penso che ne risulterebbe un gran bel libro.

     

    Fin dalla scuola elementare, fui esortato a coltivare un mio (supposto) talento letterario. Nessuno invece mi esortò a far musica. Il fatto è che io non amo scrivere. Lo faccio solo per necessità professionale. Se c'è in me un talento (anche quello supposto) che rimpiango di non avere coltivato, è quello pittorico. Di quello letterario, proprio non me ne importa niente. A proposito di talenti, che ne è del Suo?

     

    dralig

  2.  

     

     

     

    Grande Angelo, a quando il tuo primo volume di massime e racconti?

     

    Bisognerà aspettare che il rubinetto della musica - che l'anno scorso ha dato ancora un filo d'acqua - si secchi del tutto, e allora passerò a uno di quei decorosi passatempi che i vecchi mettono in campo quando, tra la fine della vita e la fine dell'esistenza, c'è un po' di tempo da far passare.

    Magari, scriverò un libro di racconti. Se anche non avessi fantasia per inventarli, mi basterà raccontare quello che ho visto e vissuto, e ce ne sarà d'avanzo.

     

    dralig

  3.  

     

    M.° Gilardino, non sia così pessimista, per favore, che mi viene la tristezza cosmica!!! ;)

     

    Alla mia età, essere pessimisti - o ottimisti, è lo stesso - vuol dire non aver capito niente. Si osservano le cose, le situazioni e le persone per quel che sono.

     

    Se un artista rinunciasse ad essere tale, probabilmente alla fine sarebbe ancora piu' infelice.

     

    Infatti, non lo fa. Quelli che lo fanno, non sono artisti, sono i tanti signor "io avrei potuto essere se", o "mi voleva Strehler". La felicità è una cosa da festival di Sanremo.

     

    E poi mica tutti hanno il destino di Giacomo Leopardi o Modigliani, ci sono anche tanti artisti-divi che non se la passano così male....

     

    Si. Io per esempio me la sono passata benissimo.

     

    dralig

  4. io penso che la descrizione di arte che ho letto in queste pagine del forum possa andare bene ,ma la questione sollevata a me pare un altra.penso che sia :se studio tanto sarò un williams o un de lucia o civuole una dote naturale.

     

    Non serve a niente, e non ha alcun senso, domandarsi se si diventerà un Williams. L'unico obiettivo autentico per un artista è fare della propria opera uno specchio fedele di se stesso. Non serve a niente nemmeno interrogarsi sulle proprie doti naturali. Serve soltanto avere qualcosa da dire e volerlo dire. Per riuscirci, c'è una sola strada: il lavoro, il rigore, la serietà nel raccordare il grande progetto complessivo con le piccole vicende di ogni giorno.

     

    dralig

  5. [

     

     

    p.s. cmq l'ho sentito ultimamente il citato chitarrista e devo dire che non mi è sembrato assolutamente un "solfeggista"... con la Royal Winter Music e alcuni caprichos.. d MCT... tutt'altro... non conosco l'incisione ma... mi sembra... strano...

     

    Ci sono diversi modi di non capire niente. C'è il modo del trinariciuto che annaspa nella lettura e nell'esecuzione, spandendo attorno a sé i fetidi umori della sua mente antimusicale e della sua crassa ignoranza; e c'è il modo dottorale, quello del primo della classe che recita la musica come se l'avesse scritta lui, con impeccabile solfeggio, giuste articolazioni, appropriate dinamiche, e che trasmette con ciò il più totale vuoto di ogni possibile e immaginabile messaggio artistico. Tra il bovino sbuffante e il laureato pneumatoforo non so chi riesce più dannoso alla musica. E' una bella gara, forse con due vincitori. Un perfetto ex-aequo.

     

    dralig

  6.  

    dralig

    Sono assolutamente d'accordo... credo che la riflessione e la capacità di predisporsi e di aprirsi alla realtà giochi un ruolo fondamentale insieme alla volontà....

     

    Credo che ciascuno sia artefice del proprio destino artistico. Bisogna dare fiducia a se stessi, aprirsi un credito illimitato, e poi rimboccarsi le maniche. Quando si finisce il lavoro, ci si ritrova più o meno come una pelle di tigre sul parquet, ma vivaddio il lavoro è fatto.

     

     

    dralig

  7. Sulla serietà dell'impegno che occorre per mettere in piedi un programma di sessanta minuti con le costrizioni imposte dagli elenchi ministeriali non può esistere dubbio alcuno. Sulla difficoltà di tale programma, io non ho speso considerazioni semplicemente perché, tra le varie opzioni lasciate al candidato, è possibile compilare un programma più o meno difficile - ferma restando la serietà dell'impegno comunque necessario.

     

    Non devo essermi spiegato bene. A mio avviso sessanta minuti di repertorio (anche difficilissimo) non bastano. Neanche come infarinatura. Neanche aggiungendogli gli altri sessanta minuti dell'ottavo. E' troppo poco. Un allievo dovrebbe conoscere un repertorio adeguato. Qualcosa che gli permetta di poter dire di conoscere il linguaggio del tale o talaltro compositore. Un aspirante concertista (ma anche un dignitoso strumentista) è costretto ad usare la sua buona volontà, i propri soldi, il proprio tempo per cercare altrove le informazioni che gli mancano. Se è intelligente.

     

    Nemmeno io devo essermi spiegato bene, anche se, rileggendo il messaggio che ho inviato ieri al riguardo, mi sembra che non dovrebbe dar luogo a equivoci. Ho detto - e ripeto, se pur con parole diverse - che un esame al conservatorio (p, per questo, in qualunque ordine di scuola) non è altro che una verifica a campione su un ben più vasto programma di studi che insegnanti e allievi devono avere svolto. Or bene, dopo che un candidato ha eseguito una Fantasia di Simone Molinaro o di Dowland, una Suite di Bach per liuto, una delle Sonate di Sor, la Sonata di Castelnuovo-Tedesco o la Cavatina di Tansman e, che so, "Nunc" di Petrassi, agli occhi di qualunque esaminatore onesto e competente non può sussistere il benché minimo dubbio residuale sulla qualità e sulla serietà della preparazione del candidato medesimo, e il fatto che al medesimo venga poi richiesto di eseguire un pezzo di un certo impegno dopo sole tre ore di studio spazza via ogni possibile interrogativo sulla solidità della preparazione, perché, lasciato a se stesso, il candidato non può avvalersi di altro che delle proprie capacità. Si aggiunga la prova orale, e il quadro è completo.

     

    Io sostengo che, a certificare l'idoneità di un candidato a esercitare le attività a cui il diploma dà accesso, una prova del genere è del tutto valida. E che non occorre altro. Un altro programma da concerto potrebbe solamente duplicare l'evidenza già rivelatasi in precedenza: non si dà il caso, infatti, di repentine folgorazioni.

     

    Ovviamente, il diploma di conservatorio non dà, in quanto tale, accesso all'attività concertistica, per esercitare la quale occorrono doti specifiche e preparazione corrispondente: sostengo che è fuori di luogo imporre a chi non ha mai inteso né dichiarato il proposito di fare il concertista di sostenere prove d'esame per superare le quali occorrono capacità da concertista. E' ingiusto, non soltanto nei confronti del candidato-musicista, ma anche - e soprattutto - nei confronti del candidato-cittadino, al quale si richiederebbero prestazioni tipiche di una professione alla quale il titolo rilasciato in cambio non prospetta, né tanto meno garantisce, alcun accesso. E un ricorso in tal senso avrebbe facilmente partita vinta, perché sarebbe legalmente fondatissimo.

     

     

     

     

     

    Ad un medico condotto si richiede di saper diagnosticare i malesseri più comuni e di farsi giustamente da parte (invocando cure specialistiche) quando non è in grado di garantire una diagnosi appropriata. Siccome invece i diplomati sono tutti uguali, nessuno sa chi sia un medico condotto e chi no. Anzi, alle volte, medici condotti dirigono ospedali e "spacciano" rimedi e magari (tanto per rendere la cosa più stimolante) rendono la vita difficile a bravissimi specialisti il cui unico difetto è di essere giovani...

     

    Cordialmente

     

    Catemario

     

    Temo che, interpretata così, l'analogia che io avevo proposto risulti fuorviante. Il medico condotto è automaticamente abilitato all'esercizio della sua professione dal titolo generico che ha conseguito; se vuole fare il dentista, l'otorinolaringoiatra o il cardiologo, dovrà specializzarsi e superare esami specifici di abilitazione. Lo stesso avviene per lo strumentista: se gli basta il diploma, perché vuole "soltanto" insegnare musica nelle scuole medie (e per fare questo dovrà seguire corsi di didattica della musica e superare esami specifici), non vedo perché lo si dovrebbe tormentare imponendogli di superare esami di strumento con quattro programmi da concerto, allo stesso modo in cui nessuno si sogna di imporre al medico generico il possesso di un paio di specializzazioni per poter esercitare dignitosamente in una semplice condotta.

     

    Se allievi furbastri e di insegnanti complici aggirano la fondamentale serietà dell'ordinamento degli studi musicali, non è certo infittendo le prove d'esame che si sradicherà la mala pianta: chi inganna in una sessione d'esame, ingannerà in due o in tre sessioni. E saremo daccapo. Converrà quindi lasciare alla coscienza di ciascuno - allievo o docente - di decidere come comportarsi, perché purtroppo le leggi possono irrogare sanzioni a chi trasgredisce, ma non possono obbligare i cittadini a essere persone per bene, se non lo sono di per se stessi.

     

    Inoltre, credo sia prudente evitare rappresentazioni in cui tutto il malaffare sta nei conservatori. Anche fuori dai conservatori, e cioè nei teatri, nelle società di concerti, nelle agenzie, nelle case editrici e discografiche, nella stampa di settore, troviamo il grano e il loglio abbondantemente mescolati, la propaganda che spaccia per straordinario quel che è qualsiasi, gli incarichi prestigiosi affidati per meriti di partito, di cosca o di alcova e non di valore artistico, le mezze tacche che si presentano come geni e quel sovvertimento del rapporto essere-parere contro il quale, da secoli, si è levata la voce di tanti maestri. Inascoltati.

     

    dralig

  8. ma a me sembra che il vecchio programma di compimento superiore fosse alquanto impegnativo, e nemmeno il programma di compimento medio era uno scherzo.

     

    Lungi da me ogni intento polemico nei confronti del conservatorio come istituzione e lungi anche l'idea di criticare i programmi ministeriali ma io, sinceramente, tutta questa difficoltà negli esami di chitarra del vecchio ordinamento non l'ho mai trovata. Furbi o non furbi l'esame dovrebbe servire da termometro di una preparazione ampia e profonda. A titolo puramente esemplificativo mi permetto di riportare quello che io chiedo ai miei allievi del corso di Firenze: repertorio solistico (due programmi da concerto per anno) due concerti per chitarra ed orchestra alla fine dei due anni del mio corso superiore ed un programma di musica da camera. Nella mia immaginazione questo dovrebbe essere il minimo per dare un po' di credibilità ad un programma di studi. Questo ovviamente oltre il carico di studi, letture etc.. Poi, per dare un po' di "peperoncino" alla cosa, alla commissione è permesso scegliere il programma da concerto che il giovane candidato suonerà (con un mese di anticipo). Un po' come avviene in molte stagioni concertistiche, dove un direttore artistico capace chiede di presentare varie opzioni di programma. Magari poi gli si fa suonare, il secondo giorno di esame, il concerto con orchestra (anche con pianoforte per carità), si prevede una prova di musica da camera per vedere se un giovane è o non è in grado di fare un minimo di concertazione, se ha un po' di lettura all'impronta etc.

     

     

    Scusi Edoardo, cerchiamo di rimanere con i piedi per terra e di non rimproverare le carrozze di non essere aeroplani. Intanto, io non ho scritto che il programma ministeriale di compimento superiore era "difficile", ho scritto invece, più verosimilmente, che era "alquanto impegnativo". Sulla serietà dell'impegno che occorre per mettere in piedi un programma di sessanta minuti con le costrizioni imposte dagli elenchi ministeriali non può esistere dubbio alcuno. Sulla difficoltà di tale programma, io non ho speso considerazioni semplicemente perché, tra le varie opzioni lasciate al candidato, è possibile compilare un programma più o meno difficile - ferma restando la serietà dell'impegno comunque necessario.

     

    E qui veniamo al punto principale. Non è scritto da nessuna parte, nell'ordinamente fondativo dei conservatori di stato, tanto meno dopo la riforma, che le varie scuole di strumenti debbano essere frequentate soltanto da futuri concertisti. Si dà ragionevolissimamente il caso che molti allievi che frequentano il conservatorio vogliano soltanto istruirsi in modo da poter suonare decentemente uno strumento in orchestra, oppure - caso ancora più frequente - dedicarsi all'insegnamento della musica nelle scuole. In questi numerosissimi casi - molto più numerosi di quelli di aspiranti all'attività concertistica - imporre programmi di esame con profilo di tipo virtuosistico sarebbe, oltre che un'assurdità, un'ingiustizia dal punto di vista dei diritti del cittadino: a chi voglia fare il medico condotto non si chiede una specializzazione in neurochirurgia o in cardiochirurgia, e le università non si sognano di andare a controllare se coloro che aspirano modestamente a conseguire una laurea in lettere per insegnare alla scuola media o al liceo sappiano scrivere come Gadda o Calvino.

     

    Quindi, nel vecchio e ora superato ordinamento, i programmi di esame - con le loro evidenti parzialità - tendevano ad accertare che il candidato avesse svolto correttamente una "pratica" abilitante. Che poi questa verifica non garantisse che chi la superava fosse un concertista, mi sembra ovvio: la scuola pubblica è, dev'essere per tutti, e non soltanto per pochi eletti. Se la scuola nella quale Lei insegna ha invece un profilo che seleziona soltanto aspiranti all'attività concertistica, è giusto, e direi normale, che i programmi siano adeguatamente rinforzati.

     

    Trovo normalissimo che, nello stesso stato, ci siano scuole musicali ordinarie, intese a fornire una preparazione generale media, e scuole musicali specializzate, intese a rifinire in ambiti molto specifici la preparazione dei candidati. Non trovo giusto ascrivere ai conservatori colpe che non hanno. Semmai, si può e si deve riflettere sulla fisionomia assunta dagli studi dopo la riforma, e qui si addensano, secondo me, nubi fosche all'orizzonte.

     

    dralig

  9. Ci si potrebbe chiedere, e chiedere a chi può rispondere su questo forum, come un artista, pur consapevole delle proprie capacità, trovi la forza o l'idea creativa che lo aiuta a superare un ostacolo.

     

    L'idea creativa dura mezza battuta, il resto lo si fa con la riflessione e con il lavoro.

     

     

     

    Ma un musicista a cosa si ispira, da cosa trae forza per superare una difficoltà?

     

    Parte da un'idea, un breve motivo, e da lì in poi ci dà dentro. Il più delle volte, finisce sulle picche, ma qualchevolta gli va bene e viene fuori il pezzo.

     

     

     

     

    Dove trova le "sue" note o l'agilità delle sue dita quando proprio non ne vogliono sapere di manifestarsi?

     

    Dal lavoro.

     

     

    dralig

  10. ... Ho usato il termine "grande" dal punto di vista del fruritore, non dell'artista... in qualche modo mi sono chiesto guardando altri e non me stesso, chi fosse (O quantomeno io) ho trovato grande... concordo perfettamente che l'artista segue un suo percorso a prescindere a epitteti, gratificazioni materiali e affini...

    Trovo comunque essenziale nella vita dell'artista un continuo aprirsi e accogliere quanto più gli è possibile la vita.... e ribadisco che questo richiede abnegazione, coraggio ed un continuo mettersi in gioco... che gratifica e illumina a prescindere dal consenso delle masse....

     

    Giustissimo. E soprattutto, vero.

     

    dralig

  11. Sarebbe?

     

    Aneddoti edificanti raccontati - con quale aderenza ai fatti, è domanda da evitare caritatevolmente - con atteggiamento devozionale. Tarrega fu senz'altro un musicista ispirato e un chitarrista eccezionale, ma non il santo che Pujol ci ammannisce. Era un uomo con alcuni aspetti caratteriali evidenti, in piena luce, e altri molto meno evidenti, e un biografo dovrebbe occuparsi di renderli tutti chiari. Genuflettersi davanti a un santo che non è mai esistito è cosa da stolti, e probabilmente lo stesso Tarrega ne sarebbe stato infastidito. Domingo Prat, allievo sia di Tarrega che di Llobet, ci ha lasciato una testimonianza di segno opposto a quella di Pujol (contenuta nel "Diccionario de guitarristas", pubblicato a Buenos Aires nel 1934). Probabilmente, nemmeno Prat fu del tutto obiettivo, ma il suo atteggiamento è senz'altro più sano di quello dell'agiografo Pujol.

     

    dralig

  12.  

    Essere un grande artista a mio avviso significa essere capace di trovare un ordine ed una relazione sempre più profonda con gli elementi con cui si interagisce... e ciò è condizionato dalla nostra voglia, il nostro coraggio e la nostra volontà di metterci in gioco in questa direzione...

     

    Pico

     

    Il grande artista di tutto si occupa, meno che si essere grande. Non ha alcun senso. L'artista capta con mezzi sensibil - che sono soltanto suoi, individualmente - i una quantità eccezionale di segni e segnali - molti dei quali a chi non è artista sfuggono - e si impegna in una incessante ricerca per rendere espliciti, intelligibili, partecipati, tali segni e segnali in forme compiute, cioè in opere. L'unico suo impegno - che è capitale - è la coerenza, la consequenzialità, l'esattezza, della realizzazione in forme compiute di ciò che percepisce: questo, e solo questo, è il suo compito, e basta a occupare l'intera esistenza, non occorre altro. Grande? Che cosa vuol dire? Autentico, si. Fasullo, no. Giusto, si. Approssimativo, no.

     

    Grande è una valutazione espressa, più o meno sensatamente, da chi legge, guarda o ascolta.

     

    Il talento, se c'è, bene, se non c'è è lo stesso, uno se lo fabbrica. Quella che occorre, è l'esigenza. Nessuno ha mai creato opere d'arte in quanto tali. Un tizio aveva l'esigenza di motivare la sua vita, di darle senso, facendo una cosa sola: dipingere, comporre, scrivere versi o romanzi. Che ciò producesse, come risultato, un'opera d'arte, è cosa che riguardava gli altri, non il creatore: per lui, non era in gioco l'arte, era in gioco la vita, e il suo senso. Il talento? Si, ce l'ho, ebbene? Ma non è quello che soffia nelle vele. Il vento è l'esigenza, il bisogno di creare. E chi il talento non ce l'ha, a fronte di tale esigenza, si rompe la schiena e le cose le fa lo stesso: vedi van Gogh, che rispetto agli impressionisti era una scimmia, eppure li ha fregati...

     

    dralig

  13. Ha qualche suggerimento per passare a questa impostazione?

     

    Si. Collochi il mignolo della mano sinistra sulla prima corda al 12° tasto, avendo cura di far scendere la falangetta esattamente a 90 gradi rispetto alla corda. In questo modo, il dito appoggerà sulla corda il massimo della sua superficie di contatto e sfrutterà al meglio la pressione da esercitare (se invece la falangetta scende inclinata l'energia di pressione diventa energia di scivolamento e il lavoro si complica). Con questa collocazione della falangetta del mignolo, l'asse centrale della mano sinistra risulterà inclinato rispetto alla tastiera - di quanto, varia da mano a mano, a seconda di quanto il mignolo è "storto". Ebbene, questa è l'ìmpostazione. Osservi che l'indice e il medio scendono inclinati (poco male, sono grandi e forti) e osservi soprattutto che l'indice presenta alla corda non la punta, ma il lato sinistro (dal punto di vista di chi suona): ebbene, quella è la posizione migliore anche dell'indice, che appoggia lateralmente la faccia (non la punta), assumendo già la posizione a barré (anche sul solo cantino). Se la base dell'indice tocca il manico, tanto meglio: un appoggio in più. In altre parole, la discesa giusta del mignolo implica una leggera rotazione antioraria del polso, e quest'ultimo lavora in posizione semiestesa - quindi al massimo della sua potenza. Tra indice a barré e mignolo perpendicolare - con l'appoggio esterno del pollice - si forma una morsa potentissima, per cui la pressione da esercitare sulle corde si riduce al minimo, e comunque, quando la si deve esercitare, si è avvantaggiati al massimo. Come esercizio, trasferisca il mignolo, tasto per tasto, su tutta la tastiera, mantenendo inalterata l'angolazione della mano sinistra. Se il pollice - nel caso di una mano grande - oltrepassa la fatidica linea della metà del manico, infischiarsene.

     

    Imparato da ag nella sua pratica adolescenziale di violoncellista, e trasferito pari pari sulla tastiera della chitarra, dove funziona ovviamente altrettanto bene che nel violoncello. Escuela desrazonada de como no tocar la guitarra permettendo, o anche senza tale permesso.

     

    Tempo necessario a "cambiare impostazioni": 5 secondi. Se la cosa non risulta chiara e immediatamente esplicita in tutta la sua evidenza, buttarsi dalla finestra.

     

    dralig

  14.  

     

    A me le richieste ministeriali circa gli esami hanno sempre fatto un po' sorridere. Mi sembra puntino a fare in modo che l'esame sia "abbordabile" invece che "selettivo".

    Catemario

     

    Scusi Edoardo, lungi da me l'intento di tessere le lodi dei programmi ministeriali d'esame - me ne sono andato a gambe levate dal conservatorio non appena ciò è risultato burocraticamente possibile - ma a me sembra che il vecchio programma di compimento superiore fosse alquanto impegnativo, e nemmeno il programma di compimento medio era uno scherzo. A immiserire la formazione degli allievi è stata - e, temo, continuerà a essere - una sorta di profittazione da parte di allievi furbetti e di insegnanti complici, che ha ridotto il programma di studio alla pura e semplice preparazione dei soli pezzi richiesti dai programmi di esame. Ossia, e ad esempio: sappiamo benissimo quanti Studi ha scritto Sor, e quanto siano importanti per la formazione del gusto e della tecnica. Una verifica, contemplata dai vari livelli degli esami ministeriali, che ne comprende venti - cioè un quinto del totale - non è corriva né spregevole, e non implica né suggerisce che lo studio deve essere limitato a quella selezione. Semmai, implicherebbe il contrario. Ossia, si leggono diligentemente tutti gli Studi di Sor e, in prossimità degli esami, si concentra la preparazione sui venti Studi selezionati da Segovia (adoperando, si spera, il testo originale). Similmente, si supporrebbe - da parte di menti oneste - che la scelta tra le varie opere solide dei maestri dell'Ottocento indicate dal programma ministeriale per il compimento superiore venga operata dopo averle lette e suonate tutte: limitare lo studio a una sola è una scorciatoia da babbuini.

     

    Io credo che, fino all'avvento della riforma, in conservatorio non fosse proibito far musica seriamente, anche se era possibilissimo farlo con scarsa serietà. Dall'attuazione della riforma in poi, secondo me è cambiato il quadro generale, e il profilo del musicista che si delinea alla fine di un percorso di studi qual è quello riformato è, dal mio punto di vista, inadeguato alle esigenze reali delle varie professioni musicali. Per questo motivo, me ne sono andato, perché non potevo trovare una compatibilità tra il mio modo di intendere lo strumentismo e l'arte dell'interpretazione musicale e le scansioni e i contenuti di un programma didattico che è destinato, a mio avviso, a produrre risultati disastrosi.

     

    Perciò, prevedo un incremento della scuola musicale privata, che potrà forgiare allievi con una preparazione superiore a quella dei futuri "laureati" dei conservatori, siano essi autorizzati a fregiarsi del titolo di dottore o meno.

     

     

    dralig

  15. [

    Concordo con quanto lei sostiene dicendo che nella capacità motoria delle mani il cervello gioca un ruolo fondamentale, ma mi sorge spontanea una domanda: Chi ha (Come nel caso di Saggese e Tampalini) una capacità reattiva molto elevata, può acquisire la stessa capacità tecnica su qualsiasi strumento?

     

    Non possiamo nutrire certezze al riguardo, ma possiamo assai ragionevolmente inferire che chi ha capacità virtuosistiche le possa applicare a qualunque strumento, anche se non necessariamente con gli stessi risultati. Gioca infatti, nella scelta dello strumento, un fattore preferenziale che, pur non essendo legato alla sfera della destrezza, determina la forza dell'impegno nello studio, che potrebbe non manifestarsi nei riguardi di un altro strumento. Se ben lo conosco, dubito che Saggese si sarebbe appassionato all'arpa o al mondolino, spendendoci le migliaia di ore che ha impegnato per studiare la chitarra, e quindi, se costretto a fare l'arpista o il mandolinistra, probabilmente non si sarebbe spinto fin dove è giunto come chitarrista.

     

    O invece, una particolare meccanica strumentale può essere più congeniale ad ogni singola tipologia di relazione "mente-corpo"?

     

    Anche qui, dobbiamo rispondere a lume di buon senso. L'esile e minuta mandolinista che ha eseguito il mio concerto per mandolino, chitarra e orchestra è una vera diavola sul suo strumentino ma, senza nulla togliere alla sua bravura, dubito che sarebbe riuscita a manifestarsi con egual rendimento con un contrabbasso.

     

     

     

    ...probabilmente Saggese e Tampalini se decidessero di passare ad un altro strumento, potrebbero avere una marcia in più, ma mi chiedo se i risultati sarebbero gli stessi di quelli ottenuti sulla chitarra...

     

    Perché no? A patto che lo vogliano come lo hanno voluto in quanto chitarristi.

     

     

     

     

    Dico questo perché nella mia esperienza con la chitarra (Ho smesso di suonare da un pò ormai) mi è capitato di incontrare delle difficoltà insormontabili per quanto riguarda la tecnica della mano destra, mentre i movimenti della sinistra li ho sempre trovati naturali... giusto per portare un esempio, sono riuscito a suonare gli studi 9 e 10 di Villa-Lobos anche ad una velocità di 152 di metronomo, ma non sono mai riuscito a suonare lo studio n.1 ad una velocità superiore a quella di 112... in momenti di particolare rendimento anche a 120, ma è stato veramente un caso eccezionale!

     

    Scusatemi per la lunghezza, e grazie per la vostra disponibilità

    Pico

     

    Se non aveva difficoltà con la sinistra, non doveva incontrarne nemmeno con la destra. Le due mani funzionano fondamentalmente allo stesso modo, anche se esplicano funzioni diverse. Quindi, Lei è stato probabilmente vittima di qualche "impostazione". E qui mi fermo.

     

    dralig

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