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Piero Bonaguri

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  1. Nel mio primo intervento di ieri, già troppo lungo così, non ero entrato in una serie di citazioni di tutte le cose dette sulle quali si potrebbe argomentare. Nel secondo sono entrato un momento sulla questione delle attribuzioni tarreghiane perché mi sembrava che fosse quella la "domanda del giovane" a cui Selvafiorita faceva riferimento. E ci sono entrato per dire che l'errore, evidente, di chi aveva sostenuto che era impossibile dire che certi pezzi non sono di Tarrega, non era estendibile a chi quella affermazione non l'aveva fatta e non toglieva, a mio avviso, altri pregi di un'opera che, sia pure non completa (come osservava poi Frédéric), era probabilmente la più completa a cui allora si potesse accedere facilmente. Questo cosa era per me altrettanto evidente degli "errori": era poi così difficile riconoscerlo? Potrei continuare, ma preferisco non farlo anche per brevità. Ma avevo detto, fin dall'inizio, che percepivo un disagio per la piega che la discussione aveva preso, sottintendendo evidentemente molte cose e non citandole una ad una (ad esempio certo non condivido, anzi deploro, se ci fosse bisogno di dirlo, che uno dei partecipanti al forum venga chiamato "grande rospo"!). Quello che io volevo dare come mio contributo è questo: per come conosco, da ormai quarant'anni, l'ambiente chitarristico italiano, mi sembra di poter dire che è veramente ricco di esperienze e potenzialità molto grandi, sviluppatesi in situazioni di partenza - e che a volte permangono, forse peggiorate - difficilissime. Come dappertutto, ci sono e forse ci saranno sempre anche arrivismi, gelosie, vecchi rancori e rivalità, esagerazioni... ma tutto questo convive con la passione per uno strumento bellissimo ma troppe volte considerato marginale, con lo studio, con la ricerca, la produzione, e la direzione artistica, che da' certo risultati di tipo e spessore diverso. Da sempre leggo avidamente quello che Gilardino scrive, a cominciare da vecchi articoli su "Strumenti e Musica" in cui illustrava le prime uscite della sua collana per la Bérben, e sono ammirato per la mole delle sue conoscenze riguardo al nostro repertorio, e non solo. Ho poi anche eseguito ed inciso alcuni dei suoi pezzi per chitarra. E sono molto contento dell'attuale dialogo, su altro thread, sul linguaggio strumentale di Segovia - che bello se il forum fosse sempre così, no? Sto anche conoscendo tante altre figure che da tempo si sono occupate di chitarra, e sono sempre più convinto che esista, nel nostro ambiente, un ricchissimo patrimonio di conoscenze da incontrare; ciascuno ha qualcosa da dire. In più, è il mio ambiente di lavoro, e su tante cose sarebbe bello poter collaborare per il bene anche della chitarra, e non fare come i capponi manzoniani citati da Gilardino recentemente. A me pare che un forum, proprio in quanto aperto a tutti e non in prima battuta espressione di una persona o di una scuola (anche se certamente chi lo "fa" è una persona ed ha seguito una scuola) rappresenti una possibilità preziosa in questo senso. Certo, è legittimo difendersi da una accusa pubblica; né io intendo fare prediche a nessuno. Spero che la posizione di valorizzazione reciproca di cui continuo a sostenere la utilità (oltre che la distinzione dell'errore dall'errante - e anche l'errore come diceva Chesterton è "una verità impazzita" cioè parte da qualcosa di condivisibile che poi degenera) io possa continuare a dimostrarla più con i fatti che parlandone. Se invece qualcuno preferisce che il bell'albero di Natale che da qualche giorno campeggia sul forum e i bei fiocchi di neve in movimento scendano su furibondi e interminabili litigi (e abbiamo già perso tante collaborazioni preziose proprio a causa del degenerare di discussioni) il tempo giudicherà se ne valeva la pena. Auguro a tutti Buon Natale.
  2. Bellissimo, non vedo l'ora di vederlo anch'io! Quanto alla domanda di Paolo, è rivolta ad Angelo Gilardino e, se vorrà, sono anche io desideroso si leggere la sua risposta; quella che mi sono dato io è che Segovia in queste trascrizioni perseguiva anche uno scopo "didattico" in senso lato oltre a quello puramente artistico o alla funzionalità concertistica (tra l'altro, se non erro, le sue trascrizioni sono quasi tutte della prima epoca della sua attività, anche se continuò ad eseguirle fino alla fine). Lo scopo "didattico" si può evidenziare se si pensa che si tratta di una serie di pezzi, in genere brevi tranne qualche eccezione come la Ciaccona di Bach, che vanno dal rinascimento (Mudarra, Purcell) a Scriabin. E' come se Segovia dicesse, ai suoi primi ipotetici ascoltatori di un secolo fa o quasi: "vedete? La chitarra può essere a suo agio con la grande musica di qualsiasi epoca, magari con quei pezzi celebri che ascoltate nel concerto precedente o successivo al mio nella stessa sala da Cortot o da Ysaye"; queste trascrizioni perciò fungevano anche, a mio parere, come esempi dimostrativi, quasi ambasciatori delle potenzialità espressive dello strumento, oltre che dell'interprete che le proponeva.
  3. Sinceramente non capisco. Se si tratta della questione relativa alla paternità di alcuni pezzi presenti nella edizione Bérben delle opere di Tàrrega a cura di Gangi - Carfagna - questione apparsa peraltro relativamente tardi nella discussione sul Manuale di Nuti e poi spostata ad altro thread, credo che sia abbastanza evidente il fatto che quei pezzi non sono di Tàrrega ma sono trascrizioni di pezzi o trascrizioni-elaborazioni di frammenti usati da Tàrrega, come ha sostenuto Angelo Gilardino, nell'insegnamento e che Tàrrega probabilmente non intendeva pubblicare a suo nome. Forse ha contribuito alla confusione il Metodo di Pascual Roch dove alcune di quelle cose sono state pubblicate senza dire chiaramente di chi fossero; o forse gli autori della pubblicazione Bérben hanno semplicemente inglobato in un unico volume materiale didattico di appartenenza a Tàrrega senza sentire il bisogno di specificare, caso per caso, se si trattasse di materiale originale o di frammenti utilizzati a scopo didattico. Nel caso dei Preludi, se non ricordo male, quella edizione separava i Preludi veri e propri da altre composizioni brevi, quasi abbozzi. Probabilmente oggi si farebbe diversamente, ma non vedo il motivo di usare questo fatto per gettare il discredito su una intera operazione editoriale e, tanto meno, soprattutto, sui suoi autori. Perché è poi altrettanto vero che quella è stata forse la prima pubblicazione completa delle opere di Tàrrega, avendo quindi anche una utilità pratica. Io stesso la ho usata, sia per me che con gli allievi. Era a questo che ti riferivi sulla domanda di un giovane a cui dare risposta? Se no, dimmi tu. Peraltro non mi pare che la tesi di una paternità tarreghiana di questi frammenti sia stata qui sostenuta, né da Carfagna né da Fabbri. Ma il dispiacere da qualcuno espresso per l'insufficiente peso riservato dal Manuale di Nuti alla produzione di certi autori - da cui è partito il contendere - non poteva, chiedo, essere accolto come almeno comprensibile se non giustificabile (perché se un testo avesse, specularmente, riservato tale trattamento ad altri forse la cosa avrebbe un pochino dato fastidio, nonostante la faccenda dei criteri personali eccetera - è proprio così impossibile immaginarlo?)? Perché dire e insistere, come mi pare tu faccia nell'ultimo messaggio, che non c'è proprio nulla da valorizzare? In chi non ci sarebbe nulla da valorizzare? In colleghi che hanno dedicato la vita professionale a studiare, suonare, insegnare, comporre? E chi è tanto perfetto da potere utilizzare gli sbagli altrui per "chiudere" con una possibilità di scambio e arricchimento? Io no di certo. In questo senso ho colto e fatto mio quanto Cristiano Porqueddu scriveva auspicando che con Carlo Carfagna si potesse tornare a parlare di musica. Se no la dichiarata apertura a tutti del forum cos'è? Una trappola per dimostrare che chi la vede diversamente è un fesso o un imbroglione o tutti e due? Se io, seccato per essere stato così, credo, frainteso da te, decidessi che quindi con te e con la tua musica non val la pena avere a che fare, sono certo che sbaglierei - e sbaglierei anche se tu, insistendo, mi rispondessi che ne saresti ben lieto....
  4. Quello che scrivi è molto interessante; vorrei aggiungere un dettaglio che mi ha fatto impressione recentemente: suonando alcuni dei Preludios y Estudios di Segovia e alcune delle Canciones Populares (Bérben), mi è parso evidente che, come linguaggio strumentale, sono molto simili alle trascrizioni e revisioni di Segovia. Nel senso che, da una parte, le trascrizioni e revisioni di Segovia diventano dei veri e propri "pezzi per chitarra", di per sé non meno idiomatici di quelli che scriveva lo stesso Segovia per chitarra. E, d'altra parte, Segovia, anche nelle sue composizioni originali, non sacrificava l'idea musicale alla pura facilità esecutiva; con un gioco di parole si potrebbe dire che se le trascrizioni segoviane diventano "facili" come i suoi pezzi per chitarra, i suoi pezzi per chitarra sono "difficili" come le sue trascrizioni! In ogni caso un pensiero musicale e strumentale sempre chiaro e coerente.
  5. Mi scuso in anticipo per la lunghezza... Vorrei esprimere il disagio, che immagino condiviso da altri, per la piega che sta prendendo, forse indipendentemente dalla volontà iniziale dei partecipanti, questa discussione. Forse il migliore insegnamento che i giovani lettori ne trarranno è che le guerre, anche verbali, si sa dove cominciano e non si sa dove finiscono. Quello che invece non vorrei ne venisse tratto è che l'importante in queste cose è schierarsi - possibilmente con chi vince, e, dopo averlo capito, contribuire magari a dare qualche calcetto a chi le sta prendendo (non costa nulla e ci si mette in buona luce). Da parte mia continuo a credere e sperare che un forum come il nostro abbia senso in quanto punto di incontro, per un arricchimento reciproco, di esperienze e sensibilità diverse. Nella misura in cui questo avviene si giustifica il fatto che possa esistere un forum che diventa punto di incontro di tutti. Di per sé la formula del forum dovrebbe permettere questo più facilmente rispetto a quella di una rivista, che per forza è espressione privilegiata soprattutto di chi la fa, dei suoi punti di vista, della sua impostazione culturale; in questo senso penso che ha senso che esistano più riviste di chitarra in Italia, mentre di forum idealmente ce ne potrebbe essere anche uno solo, proprio perché aperto al contributo di tutti. Per questo ho finora cortesemente rifiutato le richieste che mi sono pervenute di iscrivermi ad altri forum di chitarra; sia per ragioni di tempo che per la scommessa su questo come possibile punto di incontro per tutti. Per esempio, la questione che ha dato origine a tutta la presente discussione potrebbe essere spunto per favorire una maggiore conoscenza da parte di tutti di musiche ed autori che non tutti (io per primo in qualche caso) conoscono; nella consapevolezza che chi si muove in un ambito artistico come il nostro cerca di dare il suo contributo, di valore grande o piccolo, simpatetico o meno rispetto ad altri, ma comunque tale, portatore di istanze che comunque possono avere almeno qualcosa di condivisibile. E se a nessuno di noi piace che il proprio contributo non sia valorizzato è proprio perché ciascuno crede in quel che sta facendo. Al recente convegno di Modena su Ferrari sono stato sorpreso nell'ascoltare Renato Balestra suonare una sua composizione dedicata al suo Maestro Di Ponio; ho poi scoperto che Balestra ha scritto tantissimo e mi piacerebbe conoscere anche le altre sue composizioni; ho comunque apprezzato il fatto di "mettersi in gioco" per rendere omaggio ad una figura dimenticata. Così, sono convinto che (altro esempio) una maggiore conoscenza delle circa quaranta opere per e con chitarra di Gilberto Cappelli, compositore non chitarrista, ma che è una presenza importante della musica italiana contemporanea, sarebbe un arricchimento importante per tutti i chitarristi. Il fatto che questi pezzi siano scritti per me e non tanto noti nell'ambiente dei chitarristi (le riviste di settore non ne hanno parlato, eccetera) potrebbe generare, invece che sospetto per un "intruso", una sana curiosità. Perché no? Ma proprio perché "i giovani ci guardano", se vedono che la difesa solo del proprio punto e l'attacco dell'altro sono la regola ho paura che poi imparino anche loro a fare così. Non intendo aprire nuove polemiche, per carità...né del resto far finta che non ci siano visioni anche molto diverse tra loro. Mi pare semplicemente che l'apertura e la valorizzazione siano la vera scommessa e possibile utilità anche di questo luogo, per noi e per gli altri, e anche per la chitarra. Sono disponibile a quello che si possa fare in questa direzione.
  6. Su segnalazione della curatrice Simona Boni, vorrei informare del fatto che il sommario del volume è consultabile online al seguente indirizzo. http://www.chitarrainitalia.it/Sommario.pdf Mi permetto inoltre di segnalare che tra i contributi presenti al volume figura quello del noto musicologo Piero Mioli, dedicato all'opera chitarristica di Ettore Desderi
  7. Sarà certamente così; tuttavia mi pare che sarebbe una cosa simpatica ugualmente...comunque se ci sarà la trascrizione poi si potrà usare in vari modi. Non c'entra molto, ma questa la volevo raccontare, per dire che l'"ambiente" continua ad avere certe, diciamo, peculiarità: Questa estate ero in Spagna al Festival Herrero e mi hanno detto che se uno fa domanda di insegnamento di chitarra in un conservatorio spagnolo viene esaminato dai docenti di chitarra di quel conservatorio; e se ha la sventura di suonare con l'impostazione della mano destra somigliante a quella di Segovia (che è poi simile a quella di Tàrrega) il posto di lavoro non glielo danno di sicuro...per non dire che a casa Luthier di Barcelona una mia allieva chiese ingenuamente un disco di Segovia per sentirsi rispondere che non li tenevano prorpio...
  8. Segnalo l'uscita per i tipi di Ut Orpheus del primo volume della collana di musica contemporanea che curo per la casa editrice bolognese. Si tratta di "Una storia Incredibile" di Roberto Tagliamacco. suite dalle musiche di scena per la pièce teatrale su testo di Lorenzo Gazzoni.
  9. Guardando la partitura pianistica mi pare che si capisca come a Segovia possa essere venuta l'idea. Dall'inizio del pezzo con i due righi scritti entrambi inusualmente in chiave di violino, ad alcune situazioni armoniche che possono essere ben tradotte sulla chitarra, al fatto che probabilmente non c'è bisogno di cambiare "tonalità" - uso il termine improprio per farmi capire - ci sono diversi elementi che possono suggerire l'idea. Certo, in qualche punto del pezzo occorre sacrificare molto in una versione chitarristica; e questa può essere la considerazione che ha poi convinto Segovia a non continuare a proporre il pezzo. Debussy nel 1913 era ancora vivo e quindi nel proporlo il ventenne Segovia si paragonava con una punta della composizione contemporanea. Sarebbe simpatico che una nuova trascrizione di Arabesque figurasse come pezzo imposto, che so, al concorso Tàrrega, a testimonianza di un finale anche se tardivo riconsocimento da parte dei "tarreghiani"...
  10. Faccio mio questo appello. Questa discussione ha - tra l'altro - stimolato la mia curiosità nei confronti delle composizioni di Carfagna che, ahimé, non conosco. Spero di rimediare presto a questa lacuna.
  11. Ma evidentemente l'operazione avrebbe un significato di omaggio a Segovia - omaggio debitamente firmato - ed alla sua lungimiranza artistica. Vista così, mi sembra una iniziativa simpatica.
  12. Nel caso, salutamelo; intanto mi prenoto almeno per la prima italiana.
  13. Grazie Angelo. Avevo visto un altro programma comprendente il pezzo, era citato nel libro su Segovia fatto dal Festival di Còrdoba; ma forse era solo una citazione e non un facsimile come questo. Ho il libro a Bologna e non posso controllare al momento. Proposta: perché non fai tu una ricostruzione di quella che poteva essere la trascrizione segoviana dell'Arabesque? Ciao, Piero
  14. Ecco il link al lavoro di Ciraldo: http://repositories.lib.utexas.edu/bitstream/handle/2152/2735/ciraldod98479.pdf?sequence=2
  15. Su una mailing list è da paoco comparso un riferimento ad un lavoro online, che citerò appena possibile, ed il seguente commento ad esso dove si parla del secondo manoscritto, su cui si basa la edizione Eschig del 1953: Hello everybody, have been lurking for the past ten years or so... could not resist this one though. Congratulations to Mr. Ciraldo for his monumental workl! I learned a lot from his historical survey, quotes and detailed information. I'd like to contribute a few comments though: the manuscript upon which the 1953 Eschig edition was made does actually exist: it's an autograph ms of the whole set of the studies, each individually signed by the composer, some in Rio 1947 some in New York, 1948, and thanks again to Dario van Gammeren for sending me a copy. Years ago I checked with several eminent listers and they all confirmed its authenticity. It is not as breathtaking as the 1928 ms (EMS), for it does not contain new material, composer's fingerings etc. yet it provides the solution for the mistery (almost typed "misery") of the missing ms upon the 1953 printed edition was prepared. In fact it coincides almost exactly with the 1953 printed edition, not only in its content, but also in its silly misprints. So basically there are two versions of the Etudes, one deriving from the 1947-8 ms (upon which the 1953 Eschig edition was made), the other from the 1920 ms (EMS) which was never printed. I wasn't able to see all mss (Guimaraes ms, Lubrano ms and Carlevaro ms, besides the EMS and the 1947-8 ms copies I have), but by judging on E. Fernandez' article, (Guitar review 1996) and by Stanley Yates' one (GFA Soundboard, summer 1997) I am uder the impressions that all mss coincide more or less with one or the other of the two above mentioned versions. So the EMS does not really contradict the printed edition, it's just a different version (the first, for this matter), and while some of the divergences are indeed misprints several others are clearly intentional, so it wouldn't be right to put them all togerther in the same waste bin. Mr. Ciraldo's justified criticism of Mr. Noad's feeble editing in the 1990 ed. is somewhat misleading, for it creates the impression that the correlated Eschig version is bad as well. But deep down the Eschig edition is a good horse too, all it needs is some new shoes, which you can get by referring to Fernandez' and Yate's articles, namely by having a look at the misprints/divergences list; and if one prefers the EMS, he can just get a copy of it and play it a is. When comparing the EMS and the printed edition, other sources could be quoted, and a more liberal system of classification could be adopted too, in other words, wider range of information + free choice for the reader. For example: (Etude N. 2 mss vs 1953 Eschig Ed.) Divergence: at end of long descending scale: G# in the EMS; F# in the 1947-8 ms Divergence, bar 20 : Gnat. in EMS and Carlevaro's ms; G# in 1947ms and GMS Misprint: D# on first lower note pizz. mg (in all manuscripts). Divergence (but most likely misprint): Play on both sides of string ending, as explicitly indicated in Carlevaro & GMS mss, agreeing with EMS. The 1947 ms too agrees with the EMS save for the "harm." inscription. Yet this was almost certainly a foreign addition (different hand writing and odd placement). Greetings from Israel Yehuda Schryer Teacher at the Jerusalem Rubin Academy of Music Musical director of the Tel-Aviv Guitar week, by the Felicja Blumental Inernational Music Festival
  16. Qualche manoscritto circola, credo, anche in rete, ma non mi risulta che siano pubblicati. La composizione degli Etudes ha visto varie fasi, ed esistono di essi numerose versioni. La stampa del 1953 è molto diversa, in alcuni punti, almeno dal manoscritto che io conosco (del 1928, se non erro), e a sua volta non è esente da errori. Il miglior consiglio che posso dare è di riferirsi alla edizione critica curata da Zigante per Max Eschig, che dovrebbe essere in uscita; essa contiene confronti, per ogni studio, tra le varie fonti alle quali ha avuto accesso lo studioso. Naturalmente non c'è edizione che possa automaticamente esimere l'interprete dalla responsabilità di operare scelte, specie in un caso come questo.
  17. Grazie per le citazioni; in effetti nel recente discorso agli artisti c'è qualche richiamo al pericolo di una "finta" bellezza: "Si tratta di una seducente ma ipocrita bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull'altro e che si trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell'oscenità, della trasgressione o della provocazione fine a se stessa. L'autentica bellezza, invece, schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l'Altro, verso l'Oltre da sé.". Ho anche ritrovato la citazione di Dostoevski che mi aveva colpito: "L'espressione di Dostoevskij che sto per citare è senz'altro ardita e paradossale, ma invita a riflettere: "L'umanità può vivere - egli dice - senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui". Il testo integrale del discorso è qui: http://www.zenit.org/article-20434?l=italian
  18. Suonare la chitarra è il mio (piacevolissimo) lavoro, per cui non riesco a scindere l'aspetto artistico dal rientro economico. Il “fallimento” lavorativo avverrebbe per me se con la chitarra non riuscissi a mantenermi. Dopo questo preambolo, devo dire che so bene che oggi la condizione di chi si occupa di musica e arte è particolare, esistendo due eccessi: un mondo “commerciale” dove sembra imperare e vendere benissimo il brutto o l'insulso e, d'altra parte, un mondo "creativo" che spesso pare aver perso quasi totalmente la funzione del proprio operare in termini di un “bene” per tutti, riconoscibile come tale.. E sinceramente non saprei quale dei due eccessi sia peggio. Per conto mio preferisco scommettere sulla frase di Dostoevski citata dal Papa nel suo recente discorso agli artisti - vado a memoria e non letteralmente -“l'umanità potrebbe sopravvivere senza molte cose, ma non senza la bellezza”. Scommettere su questo vuol dire per me anche sperare di offrire un buon "prodotto" artistico e che questo venga riconosciuto come tale, rendendo così anche possibile - perchè utile - il mio lavoro. Un po' come il produttore di un vino che cerca di farlo buono, non artefatto, e magari contribuire così al primato del "made in Italy" per la qualità del suo prodotto...potendo di conseguenza anche mantenersi con il suo lavoro.
  19. No, purtroppo! Ma ne parlò bene dicendo che la chitarra è un "clavecin expressif" e l'Homenaje che De Falla dedico al grande compositore francese ha segnato, di fatto, il Novecento chitarristico. Approfitto per chiedere ad Angelo Gilardino se si è mai trovata traccia della trascrizione che Segovia suonò all'inizio della sua carriera di un Arabesque di Debussy. O esiste qualche altra trascrizione dell'epoca che presumibilmente Segovia adottò, almeno come punto di partenza, come fece con alcune trascrizioni di Tàrrega? Ciao.
  20. Non conosco personalmente i due modelli, ma anche in questa fascia di strumenti conviene affidarsi al test diretto più che a confronti tra modelli, specifiche e prezzi. Certo, una meccanica migliore può giustificare un aumento di prezzo, così come finiture migliori o l'uso di ebano sulla tastiera rispetto ad altri legni meno pregiati; ma rispetto al risultato sonoro non è per niente impossibile che una chitarra che costa un po' meno suoni come o meglio di una che costa un po' di più appartenendo ad un modello di fascia leggermente superiore. Se ad un test fatto da persona competente la resa e funzionalità dei due strumenti è simile io acquisterei senza problemi il più economico. Se la chitarra più costosa è sensibilmente migliore, 200 euro di differenza ci stanno. Altra considerazione: se lo studente è al quarto anno, probabilmente la chitarra da studio può andargli bene ancora per qualche anno. Attorno al compimento medio sarebbe già bene, in genere, avere uno strumento da concerto, specie se nel frattempo si comincia a suonare in pubblico, fare concorsi eccetera. Anche questo elemento va tenuto in considerazione nello scegliere lo strumento da acquistare ora.
  21. Sarebbe a questo punto superfluo, ma avendo appena ricevuto una email da Gianni Nuti posso confermare la sua cortese disponibilità, anticipata qui da Angelo Gilardino, ad accogliere segnalazioni - mi ero permesso di proporgli il due volte "Premio Abbiati" Adriano Guarnieri, autore di pagine per chitarra che credo di una certa importanza. E' una conferma, in caso ce ne fosse stato bisogno, di quanto lui stesso ha esposto qui sopra.
  22. Certamente è impossibile scrivere una storia, anche della musica, che sia "neutra" e non rechi traccia del giudizio personale e delle preferenze di chi scrive. Non ho ancora letto il volume in oggetto, ma credo sia impossibile che almeno i nomi di Lauro e Margola non vi trovino nemmeno menzione, certamente con lo spazio ed il giudizio critico che l'autore avrà voluto riservare loro. Ci sono state storie della musica che liquidavano Rachmaninov in qualche riga e una famosa enciclopedia britannica di qualche decennio fa parlò in modo sconcertantemente sprezzante (per me) di Rodrigo. Riguardo al repertorio contemporaneo per chitarra, a me piacerebbe (ad esempio) che prima o poi venisse adeguatamente menzionata l'opera di autori che giudico importantissimi come Adriano Guarnieri e Gilberto Cappelli, e spero che prima o poi, magari anche nel volume in oggetto, questo venga fatto; se ciò non fosse me ne dispiacerei, ma non mi scandalizzerei: appunto, la storiografia non è e non può essere neutrale, anche per questo i libri di storia della musica sono tanti - e ci sono aggiornamenti e riedizioni degli stessi libri. Aspettiamo comunque almeno di leggere il volume...
  23. La confusione nasce dal fatto che questi pezzi vennero in origine chiesti da Segovia a Ponce come "supplemento" ad una letteratura originale di cui Segovia sentiva il bisogno e che non trovava. Il libro delle lettere di Segovia a Ponce mostra bene come in questo modo nacquero, ad esempio, la "Sonata di Sor" (Sonata Classica), quella "di Schubert" (Sonata Romantica). C'è poi la "Suite di Weiss", quella "di Scarlatti", ed anche il nostro Preludio, il Balletto... Nel caso delle due Sonate, Classica e Romantica, quasi subito si decise di presentarle e pubblicarle con il nome del vero autore, nel caso dei pezzi di "Weiss- Ponce" la falsa attribuzione si protrasse per decenni, anche dopo la morte di Ponce (con il buffo sottoprodotto di qualche "trascrizione per chitarra" pubblicata da qualche altro chitarrista...) e così ancora oggi qualcuno - pochi ormai, spero - non sa chi è stato il vero autore di questi pezzi. Va detto che Segovia non era il solo strumentista a proporre, ai tempi in cui questi pezzi furono scritti, simili "falsi d'autore" e che queste operazioni oggi vanno viste e giudicate in una prospettiva storica.
  24. Se non ricordo male è il pezzo detto anche Preludio e di cui esiste anche una versione per chitarra e clavicembalo; certamente pubblicata anche se al momento non ricordo da chi...in questa versione la parte di chitarra è praticamente uguale a quella solistica. Credo che si tratti della "solita" finta attribuzione a Weiss, poi dichiarata con il vero nome dell'autore; al pezzo solistico credo che Ponce abbia aggiunto in seguito una parte di clavicembalo.
  25. Rispondo solo per quanto riguarda un suggerimento per l'esame. Nel programma ministeriale non c'è nessun riferimento all'obbligo (né alla proibizione) di presentare una versione piuttosto che un'altra. C'è un riferimento alla edizione di Segovia che storicamente è all'origine di quella scelta di studi, ma la numerazione degli studi secondo il loro numero d'opera originale viene addirittura preposta alla numerazione segoviana nel testo del programma ministeriale. Qualsiasi commissione che operi correttamente (i soprusi possono esistere, ma sono un altro discorso) non dovrebbe permettersi di far ricadere sull'allievo il proprio livello di gradimento rispetto alla versione da lui presentata. Tra l'altro l'allievo interno (ma spesso anche il privatista) presumibilmente porta un testo concordato con l'insegnante, e mi sembra al di fuori di qualsiasi correttezza deontologica - oltre che indice di cattivo gusto - che una commissione faccia pesare sull'allievo che, come dice darkdraggon non ha la capacità di correggersi da solo, scelte della scuola a cui l'allievo fa riferimento (rispetto alla edizione scelta). Mentre invece è legittimo chiedere a chi si presenta ad un esame portando una qualsiasi versione - direi , almeno pubblicata, ma neanche questo secondo me è un assoluto - di rispettare quella o di sapere motivare le eventuali proprie discrepanze esecutive rispetto alla versione presentata. Questo mi pare che valga non solo per gli studi di Sor, ma per qualsiasi cosa si suoni ad un esame. Quindi, rispetto all'esame, non dovrebbe - salvo scorrettezze della commissione - creare problemi all'allievo la scelta di presentare una versione o un'altra. Quanto alla opportunità di lavorare o meno sulla versione di Segovia il discorso è molto più complesso e comporta una serie di valutazioni e scelte anche didattiche sulle quali si può esprime una diversità di punti di vista sulla quale preferisco non entrare, avendone tra l'altro scritto in passato proprio qui.
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