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tecnica, velocità e rilassatezza...


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Forse è il caso che mi procuri questi perigliosi esercizi...

 

Te lo consiglio caldamente.

E' un lavoro che porta via degli anni ma i risultati che ottieni sono indelebili.

 

Come chitarrista ormai sono alla frutta.

L'ultima mia performance si è svolta in Sicilia attorno ad un tavolo di commensali avvinazzati e mi vedeva intento ad accompagnare stornelli romani, litanie sicule e boccaccesche melodie piemontesi.

:D

 

Mi chiedo però se questi esercizi possano svolgere una funzione propedeutica anche nell'ambito di uno sviluppo del pensiero musicale.

Ultimamente sto cercando di sviluppare, seppur in forma embrionale, delle idee poliritmiche all'interno di ciò che scrivo.

 

Non vorrei fare la fine di Tarrega e ritrovarmi ad inventare l'acqua calda: nel 2006 sarebbe imperdonabile!

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Sembra infatti che lo "stampo" crato dalla tecnica dei vari Sor, Giuliani etc, sia più difficile da scardinare in seguito, specialmente se ci riferiamo al non-uso o uso approssimativo dell'anulare, con tutte le implicazioni relative all'assetto della destra.

 

Ho trovato invece che praticare questi esercizi già dai primi anni (a maggior ragione da somministrare con attenzione!) contribuisce molto, anche mentalmente, ad una visione completamente diversa dell'uso delle dita della destra, a prescindere la loro finalizzazione nell'impiego delle scale a tre dita (cito naturalmente l'esito più banale).

 

Ti ho dato una risposta incompleta. Il mio lavoro di insegnante si è svolto in misura ridottissima nei confronti dei principianti e degli allievi dei primi corsi, e non dispongo, nel settore, di un'esperienza. Capisco però quello che intendi dire. Una concezione della mano destra qual è quella delineata negli esercizi di LB si assorbe meglio a livello fondativo che come integrazione della tecnica tradizionale.

 

 

E devo dire di non essere tanto d'accordo con te quando paventi una possibile "operazione fine a se stessa".

Anche se Luigi non ha voluto ancora "materializzare in una serie di studi" gli esiti di questi suoi lavori, cosa che tutti auspichiamo si concretizzi al più presto, credo che le applicazioni dei concetti che essi sottintendono abbiano dato una luce nuova alla interpretazione della tecnica chitarristica anche se applicata al repertorio oramai storicizzato, e mi spingerei a dire persino per quello ottocentesco.

 

 

...il che ci riporta alla mia definizione di "tecnica onnivora". In campo pianistico, è data per scontata, tra chitarristi no: Pollini esegue il "Clavicembalo ben temperato", Beethoven, Chopin, Berg e Boulez, e nessun pianista si sogna di contestare l'esistenza di una tecnica omnicomprensiva, né il fatto che, pur essendo diversa da quella dei clavicembalisti, dei pianisti romantici e di quelli d'inizio Novecento, possa servire egregiamente alla copertura di tutto il repertorio. Noi, no: siamo un caso speciale. L'operazione di LB può essere considerata fine a se stessa nel caso di un'osservazione superficiale (ne parlo perché si è verificata) della distanza che si crea tra i portati della tecnica da lui emancipata e le richieste del corrente repertorio - anche il più avanzato. Se si considera che le tecniche sono sempre (salvo che negli ultimissimi tempi) state originate all'interno dei repertori, forgiate su e motivate da quelli, si può capire il disorientamento del chitarrista medio che, in una recensione, ha osservato pudicamente: ma a che serve tutto ciò, visto che la musica non ce lo chiede? Domanda che adombra la scelta di rimanere al tiepido nel proprio nido aguatarresegoviano, e in quello sentirsi protetto dalle diavolerie contemporanee. E' per questo che io auspicavo la creazione di una serie di Studi da concerto, che dessero esito sul terreno musicale a una tecnica altrimenti esistente allo stato puro, anche se perfettamente collegabile al repertorio esistente. L'autore aveva anche dato una prima risposta, componendo il "Ricercare" pubblicato nell'antologia "Fortune", ma poi non ho dato seguito. Speriamo.

 

 

 

Non devo certo ricordarti le brillantissime esecuzioni di Luigi dei Capricci di Legnani, che magari facevano storcere il naso ai soliti filologi dell'ultima ora, ma che emanavano una energia straripante e dalle quali io stesso ho tratto notevole spunto per le mie (che non a caso, come sai, hanno anch'esse fatto storcere il naso etc, etc... non vale la pena parlarne...).

 

LM

 

Questo dei filologi, Lucio, è uno dei travestimenti macchiettistici più grotteschi e caricaturali della corte di miracoli chiamata chitarra. Ma quali filologi? Ci sono stati - tra chitarristi - alcuni ricercatori (rara avis), il più delle volte guardati con derisione dai chitarristi militanti, quelli che - in caso di discussione - "tirano fuori lo strumento" e suonano (come, è altro discorso).

 

dralig

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