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Ritengo che per apprezzare con consapevolezza i 60 studi di A. Gilardino, oltre che ad ascoltarli, bisogna cimentarsi nel suonarli. E' in quella circostanza che ti rendi conto della bellezza di quella musica, sicuramente atonale ma sublime. Al M° Gilardino volevo chiedere perchè li ha chiamati Studi e non Composizioni? O perchè non ha usato un altro termine che gli desse il giusto valore?

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Ritengo che per apprezzare con consapevolezza i 60 studi di A. Gilardino, oltre che ad ascoltarli, bisogna cimentarsi nel suonarli. E' in quella circostanza che ti rendi conto della bellezza di quella musica, sicuramente atonale ma sublime. Al M° Gilardino volevo chiedere perchè li ha chiamati Studi e non Composizioni? O perchè non ha usato un altro termine che gli desse il giusto valore?

 

Molti degli Studi sono modali, non atonali. Non mi è mai sembrato giusto indicare alterazioni in chiave per la musica modale, e dunque le ho scritte nel corso delle singole misure; però, in un caso almeno, quello del brano intitolato "Ikonostas", l'editore (Matanya Ophee) ha voluto evitare la ripetizione delle alterazioni nel corpo del testo, e ha insistito per farmi scrivere un'armatura di chiave. Ho accettato.

 

Ho adoperato la parola "studi" dandole un significato più ampio di quello normalmente inteso nel genere della musica scritta con finalità didattiche. Studi, in questo caso, non vuol dire soltanto che il chitarrista che li esegue "studia" delle tecniche e le loro applicazioni, ma anche altro: il compositore "studia" lo strumento mentre compone; studia nel senso che esplora al di là del cognito e del già noto, il lessico dello strumento con procedimenti - quelli compositivi - diversi da quelli adoperati dal virtuoso che suona materialmente la chitarra; il compositore "studia" un particolare equilibrio tra le formule idiomatiche e le forme musicali specifiche da forgiare per trasformare dei semplici mattoni (le cellule originarie) in parti di una costruzione; e poi per altri motivi che evito di descrivere qui, perché hanno carattere autobiografico, e non mi sembra il caso di raccontare me stesso anche in prosa. Non qui, almeno.

 

dralig


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Ritengo che per apprezzare con consapevolezza i 60 studi di A. Gilardino, oltre che ad ascoltarli, bisogna cimentarsi nel suonarli. E' in quella circostanza che ti rendi conto della bellezza di quella musica, sicuramente atonale ma sublime. Al M° Gilardino volevo chiedere perchè li ha chiamati Studi e non Composizioni? O perchè non ha usato un altro termine che gli desse il giusto valore?

 

Intervengo amichevolmente, Sismova, in quanto dedicatario di uno tra i primi studi.

Vorrei che A.G.confermasse la collocazione atonale di quella musica; o si è trattato di usare una parola di cui non conosce appieno il significato?

Personalmente (e credo anche Angelo) apprezzo molto gli studi di Scriabin, ma quanto a suonarli...


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La letteratura musicale offre diversi esempi di studi che non si limitano ad avere una funzione didattica: Chopin, Lizst, Debussy...certo non si tratta di lavori che esauriscono la loro funzione nell'articolazione delle dita.

 

Anche in ambito chitarristico abbiamo degli esempi calzanti a tale proposito: Sor o Regondi nell'800, Villa Lobos o Gilardino, appunto, nel '900; giusto per fare alcuni nomi che hanno saputo coniugare ricerca tecnica e pensiero musicale nell'usare questa forma.


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Leggo che sono stato anticipato.


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Ritengo che per apprezzare con consapevolezza i 60 studi di A. Gilardino, oltre che ad ascoltarli, bisogna cimentarsi nel suonarli. E' in quella circostanza che ti rendi conto della bellezza di quella musica, sicuramente atonale ma sublime. Al M° Gilardino volevo chiedere perchè li ha chiamati Studi e non Composizioni? O perchè non ha usato un altro termine che gli desse il giusto valore?

 

Intervengo amichevolmente, Sismova, in quanto dedicatario di uno tra i primi studi.

Vorrei che A.G.confermasse la collocazione atonale di quella musica; o si è trattato di usare una parola di cui non conosce appieno il significato?

Personalmente (e credo anche Angelo) apprezzo molto gli studi di Scriabin, ma quanto a suonarli...

 

No, gli Studi non sono atonali, sono fondamentalmente modali - parecchi sono scritti con solo sette note - anche se, in alcuni casi, l'intelaiaitura modale è frantumata cromaticamente (per esempio nello Studio n. 1). Per atonale, si intende la musica che evita deliberatamente di tracciare, sia nei profili melodici che nelle voci del contrappunto, tutto ciò che è proprio della tonalità, per esempio le cadenze e le attrazioni gravitazionali tra accordi, e che tuttavia non fa uso della serie dodecafonica. Io adopero a volte la scala diatonica e a volte la scala cromatica, ma senza una decisa opzione atonale: oltre che aliena al mio modo di essere, la scelta atonale opporrebbe molti limiti e condizionamenti a una scrittura chitarristica libera e innovativa, e finirebbe con lo strangolarmi. Evito anche la tonalità tradizionale: in tutto il ciclo degli Studi ho scritto solo un pezzo tonale, con tanto di armatura in chiave, il Tema con Variazioni in omaggio a Fernando Sor. Nel secondo Novecento, grazie al cielo, svaniti i vari dogmi vetero-tonali o post-weberniani, con relativi apparati, ogni compositore che si sentiva libero in senso ideologico e tecnico-musicale, ha potuto riorganizzare lo spazio sonoro senza vincolarsi a obblighi: può essere tonale, atonale, modale, polimodale (io ho adoperato la bimodalità in gran parte della mia Sonata n. 1), seriale, etc., e gli conviene mettersi in grado di adoperare tutti questi stili senza giurare fedeltà eterna a nessuno. Gli serve tutto, e lui non è servo di niente.

 

Nel Novecento, alcuni autori, pur seguitando ad adoperare la tonalità con le sue regole e i suoi poteri, hanno preferito evitare di scrivere le alterazioni in chiave: un esempio illustre è la "Sonata para guitarra" di Antonio José (Martinez Palacios), che è leggibilissima come composizione tonale; per contro, Frank Martin ha scritto le alterazioni in chiave nelle sue "Quatre Pièces Brèves", nelle quali la tonalità è spesso adombrata; ha però ritirato le alterazioni in chiave nella "Plainte" (terza delle "Quatre Pièces"), che è bitonale e che mescola - almeno nella sezione iniziale - le tonalità di si bemolle minore e di si minore.

 

La chitarra è diatonica nell'accordatura e cromatica nella disposizione delle note lungo le corde. Mi è parso sensato - oltre che corrispondente al mio modo di sentire - comporre musica strutturalmente diatonica con svolgimento a volte diatonico ("accordale") e a volte cromatico ("tastieristico"), combinando i due generi. E' un uovo di Colombo? Siccome - quando ho cominciato a comporre - l'America era già stata scoperta, ho pensato che non era necessario varcare oceani. Bastava guardare lo strumento.

 

dralig


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Due dei più assidui frequentatori di questo forum, Iervolino e Gilardino (fanno anche rima) sono anche compositori. Lo stile è certamente diverso ma l'intelligenza con la quale hanno realizzato i loro capolavori è la stessa. Perchè non prenderlin considerazione o esiste soltanto Villa Lobos, Berkley o Britten?


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Chiedo scuda per il termine improprio, ma volevo intendere che non vi è un armatura di chiave. Tutto qui. Chiedo venia.


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Gilardino lo studio 37 a che livello lo si può collocare?

Guest scassanapoli
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Caro Iervolino, tutti devono inchinarsi davanti ai suoi capolavori (anche se non noti) in quanto ci dice Regondi (del cui anonimato però non si è lamentatonessuno) essere uno dei due compositori di spicco di questo forum.

Non si arravogli le budella e ricordi il nostro Totò: "Lei non sa chi sono io..."

Forse, se lo sapesse, se ne morirebbe" 'e subbito" (Pulcinella).

Complimenti comunque per la rapidissima escalation mediatica.

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