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Angelo Gilardino

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Tutti i contenuti di Angelo Gilardino

  1. Se la commissione ignora un pezzo scritto due settimane prima da un diplomato di chitarra che non sa che cosa sia la composizione e crede di stare componendo solo perché è capace di annotare sulla carta una serie di gesti che compie sul "suo strumento", non si verificheranno problemi: i giudici si renderanno conto dell'immaturità del candidato e lo elimineranno. Se invece la commissione ignorasse un pezzo scritto cinquant'anni prima da un compositore di indiscutibile profilo artistico-professionale (ad esempio, il citato Manén), allora sarebbe il candidato a dover eliminare la commissione, andandosene non appena si fosse reso conto di trovarsi di fronte a degli ignoranti. dralig
  2. Ecco, appunto, i rivoluzionari. La Fantasia-Sonata di Manén fu composta nel 1929 e la Suite di Krenek nel 1953. Già nel 1935, Manén aveva capito l'aria che tirava, nel bel giardino del chitarrume, per il suo pezzo, e l'aveva messo in salvo realizzadone una splendida versione per orchestra, nei riguardi della quale parecchi direttori non sembrano nutrire le dubbiose circospezioni dei chitarristi: la eseguono senza timori (Salvador Brotons, Per Anderberg, per citare solo quelli con cui ho potuto discutere di persona alcuni aspetti emersi nel confronto tra l'originale per chitarra e la versione per orchestra). Nell'anno di grazia 2014, i chitarristi esitano ancora, e sognano l'avvento di compositori di genio che possano "rivoluzionare" il loro repertorio. Per il 2450. dralig
  3. Dove siamo "arrivati"? L'arrivo è la conclusione di un procedere verso una destinazione, nota o ignota. A meno che non si voglia tornare alla santa inquisizione (e relative condanne) sui materiali, io credo che ci si debba rendere conto del fatto che non si arriva a nessuna meta, che lo scopo del procedere è solo la ricerca, e che le definizioni dell' "andare avanti" e del "tornare indietro" sono bolse metafore. La sola, vera domanda è: la navigazione è condotta con senno, sapienza, onestà, coraggio, o si va alla deriva? Cristoforo Colombo partì per le Indie, e sbarcò in America. Era un buon navigatore. Quando la sua vedetta gridò "terra", non importava il "dove", ma il fatto che la navigazione avesse avuto un senso. Io sono stufo di sentire il compositore Tizio - che crede di "andare avanti" - criticare il compositore Caio - accusato di "tornare indietro". Mi interessa invece capire, dovunque vadano Tizio e Caio, se sanno navigare e se hanno una buona caravella. Non c'è un "arrivo", c'è solo un "andare", e non c'è un "dove", ma solo un "come". T.S. Eliot dedicò il suo poema "The Waste Land" a Ezra Pound chiamandolo "il miglior fabbro". Bene, quando si parla di compositori, vogliamo parlare di fabbriceria musicale? Se no, la strada la conosciamo: si "parte" da Adorno e si "arriva" ad Allevi. dralig
  4. La lista non l'ho fatta io, ho riportato, in estrema sintesi, ma fedelmente, quello che risulta dalla lettura del libro in questione. Riassumo: si è partiti dalla domanda riguardante i nomi dei compositori che potrebbero rivoluzionare la musica per chitarra. Ho risposto che la rivoluzione non è né necessaria né possibile. Potrebbe aver luogo solo nella consapevolezza che i chitarristi hanno del repertorio già esistente. E ce ne sarebbe bisogno. Al seguito, per allegare alla mia asserzione dati esistenti e disponibili a chiunque li voglia leggere, ho citato un libro e ne ho riferito brevissimamente il contenuto. Mi sembra lineare. dralig
  5. La distinzione tra "compositori in genere" e "compositori soltanto per chitarra" ha senso fino a che mette a confronto un sinfonista e un autore che ha scritto soltanto pezzi per chitarra sola. Non ha più senso dal momento in cui un compositore - pur collocando la chitarra al centro della sua opera - scrive anche per orchestra e per formazioni da camera. Non capisco perché dovremmo istituire categorie diverse per un compositore come Castelnuovo-Tedesco, che di concerti chitarristici ne ha scritti tre, e un compositore di formazione chitarristica, che di concerti con orchestra può averne scritti una dozzina, e che magari può aver composto brani orchestrali o da camera senza chitarra: non si tratta più di rarità, l'elenco dei nomi di questi compositori è abbastanza nutrito. Si può comporre "in genere" solo se si è pianisti? Visto che si parlava di comporre per chitarra, e visto che di chitarristi che sanno comporre e orchestrare ce ne sono ormai parecchi, che senso ha creare categorie diverse? Risulta a qualcuno che, nella storia della musica, Chopin non sia considerato "compositore in genere", anche se il 97% della sua opera è per pianoforte solo? dralig
  6. Aggiungo qualche altro dato di fatto constatato nella lettura del libro in questione, scritto (meglio sarebbe dire: compilato) da Enrique Robichaud e intitolato (titolo americano, questo sì): "Top 100 - A Guide to Classical Guitar's most recorded music". Allargando la panoramica su 550 composizioni (e senza prendere in considerazione le trascrizioni) dal Seicento a tutto il Novecento, l'autore permette di osservare tutto quello che, del repertorio italiano per chitarra, galleggia nella programmazione dei chitarristi di tutto il mondo, sono venti - o poco più - composizioni dei seguenti autori (ordine alfabetico): Luciano Berio,Luigi Boccherini, Ferdinando Carulli, Mario Castelnuovo-Tedesco, Francesco Corbetta, Carlo Domeniconi, Angelo Gilardino, Mauro Giuliani, Luigi Legnani, Niccolò Paganini, Giulio Regondi. "Koyunbaba" è il brano più conosciuto al mondo del repertorio italiano di tutti i tempi, più del Concerto op, 30 e della Sonata op. 15 di Giuliani o della Sequenza di Berio. Non vi è traccia di autori come Petrassi, Bettinelli, Porrino, Desderi o Gervasio (cito solo cinque maestri di indiscutibile statura musicale). Il catalogo è questo. Sicché, quando sbuca (di tanto in tanto accade) il chitarrista che auspica la chiamata di altri compositori da convertire alla chitarra, viene in mente l'immortale battuta con cui, nel 1982, l'allora ministro del tesoro, il compianto Beniamino Andreatta, economista di formazione internazionale, annunciò ai giornalisti l'esito di un consiglio dei ministri. Riferendosi alla proposta di un altro ministro dichiarò, liliale: "E' arrivato da Bari un commercialista trafelato annunciando che bisogna consolidare il debito pubblico". dralig
  7. Hans Erich Apostel, Sechs Musiken (Universal). Ernst Krenek, Suite fur Gitarre allein (Doblinger) Jurg Baur, Drei Fantasien (Peters) Thomas Wilson, Three Pieces (Bèrben). Le tecniche di composizione dodecafonica sono compatibili con l'idioma della chitarra, come dimostrano i brani sopra indicati. dralig
  8. Cristiano, il libro in questione è una somma di statistiche, uno specchio della realtà, non contiene alcuna presa di posizione critica, esortativa, è solo una fotografia. Lo spettacolo che osserva è allucinante. Immaginavo qualcosa del genere, ma non in tale misura. dralig
  9. Il repertorio chitarristico del Novecento giace per il settanta per cento intonso, per il venti per cento è conosciuto poco, per il cinque per cento è conosciuto male e per il rimanente cinque per cento è suonato alla nausea. L'unica, vera rivoluzione si potrebbe verificare nel caso in cui i signori interpreti si svegliassero dal loro torpore e incominciassero a leggere, a capire, a distinguere il grano dalla paglia e a valorizzare quello che hanno già. Un libro uscito recentemente in Canada, scritto da un ricercatore canadese, che ha costruito un database con diecimila CD di chitarra pubblicati negli ultimi tre decenni e ne ha derivato una serie di statistiche, dimostra che il brano più frequentemente eseguito dai chitarristi di tutto il mondo è "Recuerdos de la Alhambra", seguito da "Capricho arabe" e da "Romance anonimo" ("Giochi proibiti", per intenderci). Tra i primi cento titoli, si trovano decine di brani come "Sons de carrilhoes" e altre delizie del genere, e la maggior parte del repertorio di sostanza musicale ne è esclusa. Questo dicono i dati incontrovertibili, e non c'è altro da aggiungere. I compositori possono spendere i loro talenti e il loro tempo per un destino migliore. dralig
  10. Questi Studi facili per chitarra sono stati composti per offrire un apporto agli insegnanti e ai loro scolari. Ce n’è bisogno? La letteratura didattica della chitarra è ricca, e non si avverte alcuna necessità di nuovi metodi. Tuttavia, mentre il repertorio di studi composti dai maestri dell’Ottocento e del Novecento tradizionalista (da Sor, Aguado, Carulli e Giuliani fino a Pujol e a Castelnuovo-Tedesco) e destinato agli studenti dei primi corsi è ampio e soddisfacente, non si dà uguale ricchezza negli studi introduttivi alla musica moderna, e pochissime sono, in questo campo, le opere universalmente riconosciute. Esiste quindi un vuoto da colmare, e questa raccolta punta a occuparne una parte, aggiungendosi, con una fisionomia stilistica propria, alle opere didattiche scritte dai grandi maestri del passato. Gli insegnanti che attuano i loro programmi didattici curando fin dall’inizio non soltanto l’apprendimento della tecnica, ma anche la formazione musicale degli allievi, troveranno qui brani che, trattando aspetti ben individuati del lessico della chitarra, collocano ogni procedimento tecnico in un discorso musicale compiuto, vincolando la diteggiatura a precise finalità di ritmo, di espressione, di fraseggio, di colore. Il primo e fondamentale obiettivo al quale ho mirato è dunque la simbiosi tra tecnica e musica: l’allievo deve imparare a subordinare sempre ogni suo gesto meccanico a un risultato estetico, e io ritengo che non esista motivo ragionevole per non stimolarlo a lavorare in questa direzione fin dai suoi primi contatti con lo strumento. È ovvio che, per realizzare un progetto didattico di autentico valore formativo in diretta relazione con il repertorio del Novecento, una raccolta di studi non si deve porre l’obiettivo di intrattenere l’allievo con epidermici – quanto inutili - divertimenti: il lato “facile” di queste piccole composizioni sta nel fatto che, dal punto di vista tecnico, esse sono abbordabili da chi si trova nella fase iniziale della sua formazione, a patto che sia capace di riflettere sugli aspetti musicali (e, a questo riguardo, la funzione dell'insegnante è fondamentale e decisiva) e disposto a spendere un impegno non minore di quello che, nelle fasi successive della sua crescita, gli verrà richiesto dalle opere maggiori del repertorio. Già sento levarsi il critico lamento di coloro che protesteranno per la difficoltà di alcuni di questi piccoli brani: ebbene, credo che si tratti di una manifestazione tipica della pigrizia che affligge insegnanti e allievi accomodati nella convinzione che sia loro dovuto il piacere di suonare in stato di inerzia mentale. Io ritengo invece che il potenziale di molti scolari sia assai superiore a quello che certi autori di volumi didattici sembrano presumere, e con questi studi mi propongo di invitare al lavoro chi voglia seriamente accostarsi al repertorio del Novecento, indicandogli una via che lancia sì alcune sfide, ma che offre anche le relative, e proporzionate, ricompense. La diversità di questi studi, rispetto a quelli classici o tradizionali, si manifesta in diversi aspetti: innanzitutto nella scrittura, che evita di iterare i modelli ottocenteschi, e poi, ad esempio, nella rinuncia a un vincolo tonale (abbandonato a favore della modalità o di altri ambienti armonici), nelle asimmetrie nel periodare musicale, nei frequenti cambi di metrica, nell’uso delle parti incrociate, tutte situazioni alle quali è bene abituare gli studenti al più presto. Ho dato il massimo rilievo alle dinamiche e alle articolazioni, che sono parte strutturale (e non accessoria) di ogni singolo brano. Non vedo infatti ostacoli al proposito di rendere subito familiari i concetti e le pratiche del legato, dello staccato, dei diversi accenti, del crescendo e del diminuendo, del laissez vibrer, etc. Un’altra peculiarità di questa raccolta di studi è la concezione aperta e totale della tastiera: non trovo alcuna motivazione valida per continuare a dividerne lo studio in “posizioni”, e ho quindi scritto brani che spesso si estendono lungo le corde senza barriere, esplorando anche aree fisiche e timbriche evitate negli studi tradizionali e superando la paura del temuto registro sovracuto (hic sunt leones) – che, se affrontato con impostazione e pratica adeguate, non è affatto più difficile degli altri registri. Credo che lo scolaro debba abituarsi subito a governare tutto lo spazio musicale del suo strumento, e che il cambio di posizione sia una tecnica da imparare senza indugi e dilazioni. Mentre ho cercato di tracciare un itinerario logico nella progressione degli studi, non ho inteso disporli in un definito ordine di difficoltà. Credo invece che ogni didatta possa attingere liberamente a questa raccolta riordinando la successione dei brani in relazione al criterio con cui sta guidando la formazione di ogni singolo allievo. Si osservi inoltre che la scelta delle tecniche con le quali realizzare le articolazioni, le dinamiche, gli accenti e gli altri effetti indicati nel testo musicale è interamente lasciata ai docenti, senza vincoli e senza preclusioni per nessuna scuola. Essendo indispensabile l’osservanza di tutti i parametri rappresentati nella notazione, è del tutto pacifico il fatto che alla loro corretta realizzazione si può pervenire attraverso differenti approcci alla tecnica della chitarra. A questo riguardo, mi è sembrato necessario annotare solo la diteggiatura della mano sinistra, in quanto fattore strutturale della composizione: da essa infatti risulta inequivocabilmente come ogni studio sia stato pensato e costruito, e come sia dunque necessario rispettare la distribuzione del tessuto polifonico e armonico sulle corde e lungo la tastiera. La realizzazione fisica del suono – affidata alla mano destra – è invece possibile con diverse diteggiature, ciascuna delle quali può offrire risultati diversamente soddisfacenti (sarà spesso il caso di sperimentarne più di una) e, per non condizionare le scelte dei maestri, ho preferito lasciar loro il compito di escogitare le soluzioni più consone alle loro metodologie. Invito, infine, a prestare attenzione a titoli e sottotitoli, che risulteranno utili a orientare lo studio nella giusta direzione. Dopo la prima stesura della raccolta, ho sottoposto il testo alla lettura di alcuni didatti: Fabio Ardino, Gianluca Barbero, Luigi Biscaldi, Francesco Diodovich, Claudio Maccari, Alberto Mesirca, Filippo Michelangeli, Lorenzo Micheli, Giovanni Podera, Cristiano Porqueddu, Stanley Yates, Frédéric Zigante. Li ringrazio sentitamente per le loro osservazioni e i loro suggerimenti. [divider] Studio n. 1 | Stendardo e Studio n. 2 | Nuvole Accordi placcati e arpeggiati con le corde a vuoto e sforzato nel basso (laissez vibrer sempre) Questi Studi sulle corde a vuoto richiedono particolare cura nella pratica del “laissez vibrer”. Le vibrazioni delle corde devono essere interrotte solo all’entrata di ogni nuovo suono, e non prima: occorre dunque evitare ogni contatto non indispensabile delle dita con le corde. L’allievo imparerà a osservare la differenza tra le durate dei suoni reali e quelle scritte e a estrarre gli accordi sia con le parti perfettamente simultanee (placcati) che in forma di arpeggio sgranato. Studio n. 3 | Sera Monodia arpeggiata con molte corde a vuoto e accenti (un poco marcato e tenuto) Oltre a quanto già trattato nello Studio precedente, si dovrà prestare attenzione al giusto rilievo delle note contraddistinte con il segno di “tenuto e un poco marcato” o “appoggiato portato”. Studio n. 4 | Gloria Sulle prime due corde con accenti (sforzato) È necessario dare il giusto, forte rilievo agli accenti indicati dal segno di “marcato” o “sforzato”. Benché lo Studio si sviluppi soltanto sulla prima e sulla seconda corda, alcune risonanze di simpatia si creeranno da sé sulle corde 4, 5, 6: è necessario lasciarle vibrare liberamente. Studio n. 5 | Scolastica Sulla terza e sulla quarta corda con staccato e legato La caratteristica di questo Studio è il contrasto tra lo staccato, che si effettua con la mano destra, e il legato da realizzare con la mano sinistra. Studio n. 6 | Notte Sulla quinta e sulla sesta corda per la tenuta dei valori È uno Studio sulla tenuta dei suoni da eseguire con una accuratissima condotta delle dita della mano sinistra, che devono non soltanto conservare le note per la loro esatta durata, ma anche evitare di interrompere i suoni in atto sulla corda vicina. La mescolanza delle vibrazioni delle due corde è infatti essenziale per rispettare il carattere della composizione. Studio n. 7 | Saturno Segmenti monodici senza vibrazioni oltre i valori scritti Al contrario del precedente, questo Studio tratta invece la chitarra come strumento monodico, sostituendo ogni nota con la nota successiva, senza mescolanze di vibrazioni. È dunque necessario non soltanto riporre la massima attenzione nell'articolare ogni nota con estrema chiarezza, ma anche chiudere le risonanze che si accendono sui bassi per simpatia con i suoni del registro acuto. Studio n. 8 | Papillon Arpeggi (laissez vibrer) e profili melodici (suoni tenuti) Questo Studio offre fondamentalmente due tipi di sonorità: una a vibrazione libera, con mescolanze di suoni, e un’altra dal profilo molto meno ampio, che funge da pedale in contrattempo o che si muove per intervalli brevi. È necessaria un’attentissima tenuta dei valori e una giusta resa delle dinamiche. Il carattere della composizione si manifesta soltanto con un tempo molto mosso, almeno pari a quello indicato; potendo, anche più rapido. Studio n. 9 | Fontanella Arpeggi (laissez vibrer e tenuta dei suoni oltre i valoriscritti) con estensione fino al registro sovracuto e con escursioni dinamiche I valori scritti indicano solo l’inizio di ogni nota e non la sua durata reale, che dev’essere prolungata al massimo, tenendo le dita della mano sinistra in posizione il più a lungo possibile e favorendo le mescolanze di vibrazioni. Studio n. 10 | Domande Note ribattute a coppie Al contrario del precedente, questo Studio tratta una sonorità filiforme e secca, senza accumulo di vibrazioni. La tecnica da adottare nelle coppie di note è quella dell'alternanza tra pollice e indice della mano destra: in tal modo la corda viene toccata consecutivamente in direzioni opposte, come con un plettro. È tuttavia ammissibile anche l’alternanza tra indice e medio o indice e anulare, se risulta più agevole al singolo studente. Nella sezione compresa tra le misure 21-28 l'effetto di staccato si crea in modo pressoché automatico ed è stato indicato per descrivere il risultato. Studio n. 11 | Unruhe Voce mobile su ostinati di corde a vuoto Lo Studio si occupa di combinazioni tra ostinati (sempre su corde a vuoto) e linee mobili con diversificazione dei rilievi e con intrecci ritmici particolari. Studio n. 12 | Tropicale Linea melodica tenuta su accordi con staccato Lo Studio insegna a creare simultanemente due tipi di articolazioni – una linea tendenzialmente legata e un commento armonico di accordi staccati – il che richiede una condotta particolare della mano destra. Studio n. 13 | Tombeau Polifonia a parti late La polifonia a parti late necessita di una cura scrupolosa delle durate da tenere con la mano sinistra. Le prese di suono con la mano destra implicano la selezione di corde non consecutive e un dosaggio calcolato dell'intensità di ogni voce. Studio n. 14 | Burlesca Accordi con il barré (placcati e arpeggiati-strappati) La pratica del barré viene inquadrata in un contesto ritmico-armonico movimentato da continui cambi di posizione, con effetti irregolari di legato e staccato. Gli accordi “strappati” possono essere eseguiti sia con il solo pollice della mano destra che con quattro dita e richiedono comunque una sonorità piena – senza scorie – e una pronuncia affine, ma non identica, a quella degli accordi arpeggiati: la sgranatura delle note dev’essere infatti, in questo caso, più rapida e incisiva. Studio n. 15 | Pastorale Monodia con suoni armonici sui tasti VII, IX, XII e polifonia La melodia in suoni armonici dev’essere creata permettendo il libero accumulo delle vibrazioni oltre i valori scritti. Occorre portare tutti gli armonici allo stesso grado di chiarezza rappresentativa della linea e ottenere la massima trasparenza nel suono. Studio n. 16 | Escheriana Parti late e pizzicato Questa sorta di Invenzione a due voci si può quasi sempre giovare dell'effetto di “laissez vibrer” e pertanto si deve mirare a un'esecuzione tendenzialmente legata, salvo il breve passo con l'effetto di pizzicato, che si può realizzare con diverse tecniche della mano destra. Studio n. 17 | Tzigane Canto vibrato, portamento e intrecci ritmici tra le parti con differenti articolazioni Le due voci richiedono nella maggior parte del brano articolazioni distinte (legato e staccato), ma l’aspetto più rilevante dello Studio è quello della coordinazione delle crome ordinarie e delle crome di terzina – che sembra essere uno dei tabù della musica per chitarra. Inoltre, la parte superiore richiede un uso generoso del vibrato, risorsa troppo poco valorizzata dai chitarristi. Studio n. 18 | Zivago Suoni “ottavati”, naturali (clarinetto) e armonici La mano sinistra e la mano destra lavorano sempre – su una determinata corda – alla distanza di un’ottava. Quando la mano destra estrae i suoni con la procedura ordinaria, il timbro risultante evoca quello del clarinetto; quando invece adopera la tecnica atta a creare i suoni detti “armonici ottavati”, è arricchita da una seconda voce in suoni ordinari. In entrambi i casi, l’intensità dei suoni sarà limitata ma fortemente caratterizzata nel timbro. Studio n. 19 | Ghirlanda Abbellimenti con le legature della mano sinistra I vari abbellimenti di questo Studio si possono eseguire in due modi: “in battere”, ossia sottraendo il loro valore alla nota seguente (in tal caso la prima nota di ogni abbellimento si suona simultaneamente alla nota della voce inferiore), oppure “in levare”, sottraendo il loro valore alla nota precedente. In questo secondo caso, si eseguono le note dell'abbellimento e poi, simultaneamente, la nota reale e la nota della voce inferiore. La nota reale verrà inclusa nel gruppo affidato alla sola mano sinistra, la nota della voce inferiore verrà invece suonata da un dito della mano destra, con una coordinazione che si raggiunge attraverso lo studio. La prima procedura si applica alla musica antica e, in parte, anche alla musica del periodo classico; la seconda procedura è tipica della musica romantica, anche se ordinariamente i chitarristi suonano sempre gli abbellimenti “in battere”, perché risulta più facile. Studio n. 20 | Ventanas Arpeggi composti (con la mano sinistra in movimento) È una sorta di Capriccio affidato alla pura agilità e alla perfetta coordinazione delle due mani. La pratica del “laissez vibrer” dev’essere applicata costantemente, sia pure su brevi gruppi di note. [toggle title="English Version" state="close" ] Study no. 1 | Flag and Study no. 2 | Clouds Plaqué and arpeggiated chords, with open strings and sforzato in the bass line (laissez vibrer throughout) These Studies on open strings require special care in the practice of the “laissez vibrer”. The strings’ vibrations must be interrupted only when new notes have to be produced on the same strings, and not before: it is therefore essential to avoid any unnecessary contact between fingers and strings. The student will learn the difference between the real and the written length of a sound, and to create chords with all notes played simultaneously (plaqué) or arpeggiated. Study no 3 | Evening Arpeggiated monody with several open strings and accents (un poco marcato and tenuto) In addition to the material examined in the above Studies, special attention must be paid to those notes marked as “tenuto e un poco marcato” or “appoggiato portato”. Study no. 4 | Gloria On the first two strings with accents (sforzato) It is necessary to give the proper, strong emphasis to the “marcato” and “sforzato” signs. Although the Study is played only on the first and second string, there will be some spontaneous sympathetic resonances on strings 4, 5, 6: they must be allowed to vibrate freely. Study no. 5 | Scolastica On the third and fourth string with staccato and legato This Study is characterised by the contrast between “staccato”, produced by the right hand, and “legato”, by the left hand. Study no. 6 | Night On the fifth and sixth string, for the durations of note values This Study works on the “tenuto” sound, which must be achieved through a most accurate left hand control. The fingers must not only preserve the notes for their exact duration, but must also avoid to interrupt the sounds created by the adjacent string. The resulting mix of the two vibrations is essential to the character of the piece. Study no. 7 | Saturn Monodic sections with no vibrations beyond the written values Unlike the former piece, this Study treats the guitar as a monodic instrument, where note follows note with no overlapping of vibrations. Each note must be articulated with the utmost clarity, and the sympathetic resonances that carry from the high register to the bass must be dampened. Study no. 8 | Papillon Arpeggios (laissez vibrer) and melodic outlines (tenuto sounds) This Study offers two types on sound: one produces free reverberation, with sounds overlapping, the other is much narrower, and has the function of a rhythmic pedal in syncopation or contretemps, in short intervals. Great care must be taken over the exact duration of the notes and the precise dynamics. The character of this composition can only emerge if played quite fast, at least as fast as indicated in the score, or even faster, if at all possible. Study no. 9 | Water fountain Arpeggios (with laissez vibrer and with sounds held beyond their written values), extension to treble register and dynamic excursions The written durations only show the beginning of each sound and not its real length, which must be prolonged as much as possible, by keeping the left hand fingers in position and encouraging the blending of the vibrations. Study no.10 | Questions Pairs of repeated notes Unlike the above, this Study pursues a thin, dry sound, with no vibrations build-up. To this end, the pairs of notes must be played with alternating thumb and index finger of the right hand: thus the string is hit consecutively from two different directions, just as with a plectrum. It is also acceptable to use index and middle finger, or index and ring finger, if that suits the student best. Between bars 21 and 28 the staccato effect is almost automatic, and the notation reflects this. Study no.11 | Unruhe Melodic voice accompanied by ostinatos on open strings This piece offers a combination of ostinatos (always on open strings) and melodic lines, with different emphases and unusual rhythms. Study no. 12 | Tropical Legato melodic line over staccato chords This Study shows how to play simultaneously two different types of articulation: a mainly legato line and a harmonic accompaniment of staccato chords. This requires special attention to the right hand. Study no.13 | Tombeau Open voicing polyphony Open voicing polyphony requires scrupulous attention to the length of the notes played by the left hand. The sounds created with the right hand imply the selection of non-consecutive strings and a careful weight given to each voice. Study no. 14 | Burlesque Barré chords (plaqué and arpeggiated-strappato) The barré technique is used here within a context of rhythm and harmony, with continuous position changes and irregular effects of legato and staccato. The “strappato” chords can be played with just the right hand thumb or with four fingers. They require a full sound (with no noise) and a similar, but not identical result to that of arpeggiated chords. In this case the notes should be produced faster and with a trenchant sound. Study no.15 | Pastoral Monody with harmonics on the VII, IX and XII frets and polyphony The melody in harmonics is enriched by allowing the vibrations to resonate freely beyond the written durations. All harmonics in the melodic line must have the same degree of clarity and the sound should be perfectly transparent. Study no. 16 | After Escher Open voices and pizzicato This is almost a Two Part Invention, and can be improved by the “laissez vibrer” effect. It should therefore be played mostly legato, except for a short piece where pizzicato is used, choosing from several right hand techniques. Study no. 17 | Tzigane Vibrato, portamento and rhythmic interweavings between parts, with different articulations Here the two parts mostly require different articulations (legato and staccato), but the most relevant aspect of this Study is the coordination of ordinary quavers with triple quavers. This, for some reason, is one of guitar music's great taboos. Furthermore, the higher voice requires generous use of vibrato, again something that is too often overlooked by guitarists. Study no. 18 | Zivago Natural “octavated” sounds (clarinet) and harmonics (with right hand always 12 frets (an octave) from the note prepared on the same string) Left and right hand always work (on the same string) an octave apart. When the right hand creates a normal attack, it creates a sound reminiscent of a clarinet; when it employs the technique known as “octave harmonics”, the sound is enriched by a second voice of ordinary sounds. In both cases, the intensity of the sound will be weak, but with a very special timbre. Study no. 19 | Garland Grace notes with left hand slurs The ornaments or grace notes in this Study may be played in two ways: on the downbeat (when the first note of the embellishment is played simultaneously to the lower part), or on the upbeat, which means that the note that precedes the ornament is played slightly shorter, to give room to the ornament. In this second case, the ornamental notes are played and then both the real note and the note of the lower part are played simultaneously. The real note is played by the left hand alone, while the lower part note is played by a finger in the right hand. This requires a coordination that can only be achieved with practice. Downbeat ornamentation is typical of Early and Baroque music and even some of the Classical period. Upbeat rnamentation is used in Romantic music. In practice, many guitarists always play embellishments on the downbeat, as it is easier. Study no. 20 | Ventana Composite arpeggios (with the left hand moving) This is almost a Capriccio and it relies on pure agility and perfect coordination between the two hands. The “laissez vibrer” technique must be always employed, even on small groups of notes. [/toggle] [toggle title="Preview" state="close" ] View full article on repertoire
  11. Saluto un maestro dell'arte liutaria e un sommo esponente della meravigliosa tradizione della famiglia De Bonis. Nobili senza titolo, per innata eccellenza della mente e dell'anima. Angelo Gilardino
  12. Una fotografia della miglior Pabè che io abbia mai avuto modo di provare - e che non è di mia proprietà - appare nel mio libro "Il legno che canta", pubblicato proprio oggi da Edizioni Curci (una tiratura speciale destinata agli abbonati di "Seicorde" è già in corso di spedizione). Il volume si occupa della vita e dell'opera di cinque maestri della liuteria italiana nati prima del 1920: Luigi Mozzani, Pietro Gallinotti, Lorenzo Bellafontana, Mario Pabè, Nicola De Bonis. Poiché so che Lei è un appassionato cultore di liuteria, mi permetto di suggerirLe la lettura del volume. Sarò lieto di discuterne con Lei. Cordialmente, AG
  13. Pianista sommo, Granados fu, come compositore, soprattutto un melodista - aveva il dono dell'invenzione melodica. La danza in questione è in realtà una melanconica canzone, una sorta di tonadilla (ne compose parecchie per voce e pianoforte) che egli immagina accompagnata dalla chitarra, e per questo la scrisse sì per pianoforte, ma con quegli effetti chitarristici che amava evocare e talvolta imitare scopertamente, come nelle "Seis piezas sobre el canto popular espanol": http://www.youtube.com/watch?v=Z426MPxVtCA Nell'esecuzione pianistica, è giusto tenere tale effetto sullo sfondo. Nella versione per chitarra, non c'è nulla da evocare - la chitarra evocata da Granados è lì in carne e ossa. La distanza tra le melodia e lo sfondo rimtico-armonico si riduce molto proprio perché lo spazio sonoro dello strumento è assai più piccolo di quello pianistico. Arturo Benedetti Michelangeli non soltanto separa i piani sonori, ma adopera scansioni ritmiche diverse per "la chitarra" e per "la voce". Grondona, all'opposto, fa un corpo unico dei due elementi - ed entrambe le versioni hanno il loro scopo preciso: quella di Michelangeli evoca, quella di Grondona incarna. dralig
  14. Ma no, ho preso il toro per le corna e, recuperata una delle chitarre di casa, ho provato la mia invenzione. Che schifo. Sarà meglio che oggi non inventi più niente. dralig
  15. Per la verità, nell'originale non è indicata alcuna sovrapposizione dell'acciaccatura - la diesis - e della nota reale - si. L'unica durata certa, che occupa l'intera battuta, è quella del basso (mi). Quindi, con la soluzione che tu indichi, togliamo la fondamentale alll'accordo e la sostituiamo con la diesis, il che, con il pianoforte, sarebbe un piccolo crimine. Con la chitarra, tuttavia, se il mi iniziale viene pronunciato bene, dopo essere scomparso a causa dell'entrata del la diesis, lascia memoria di sé: l'ascoltatore continua a percepirlo anche se non c'è più, Non ci sarebbe nulla di male, secondo me, nel lasciare il basso in vibrazione suonando la diesis-si in terza e seconda corda un'ottava sopra, e incrociando nella stessa ottava il bicordo sol-si. L'effetto (che immagino, non ho voglia di verificarlo) mi sembra piccante. Provate e sappiatemi dire. dralig
  16. Ho visto di persona Andrés Segovia adottare tale soluzione, che ha dei punti a favore, ma che purtroppo fa del la-diesis il basso stabile di un accordo che invece è fondato sul mi 6. dralig
  17. La prima trascrizione della Danza di Granados oggetto della Sua domanda fu elaborata da Miguel Llobet, che era amico del compositore. La segnalazione di Porqueddu è esatta. Prima ancora di mettere nero su bianco la sua trascrizione, Llobet la insegnò - suonandola a frammenti - all'allora giovane Andrés Segovia, che se ne fece un solo boccone. Com'era nel suo stile, Segovia non adottò la trascrizione llobetiana senza apportarvi alcune modifiche. A sua volta, non scrisse mai la sua trascrizione della trascrizione di Llobet. La incise però in uno dei suoi dischi. Dal quale, Phillip de Fremery e il sottoscritto hanno tratto le note (e anche individuato le corde). Tale trascrizione,naturalmente attribuita a Segovia, è contenuta nel volume "Andrés Segovia/Obras para guitarra/vol. 3/Transcripciones", pubblicato dalle Edizioni Musicali Bèrben, a cura dei due orecchianti sopra menzionati. Consultando le due versioni, si fa tutto il fattibile: non c'è di meglio, e non credo che ci possa essere. dralig
  18. Nella ricerca di un autore a ritroso nel tempo Rubira risulta essere senza precedenti, quindi fino a prova contraria l'autore è lui. dralig
  19. Io ho ascoltato alcuni concerti di Yepes, e non suonò "Romance anonimo", né come bis né, tanto meno, nel programma. Segovia non suonò il pezzo perché - credo - gli risultava un po' sempliciotto dal punto di vista armonico - lui amava musiche armonicamente più elaborate. Fece qualche eccezione più accondiscendente, ma non al punto di suonare lo studio di Rubira, poi noto come "Romance anonimo", poi come "Jeux interdits". dralig
  20. No, non l'ha mai fatto, o almeno non risulta da nessun programma dei suoi concerti né dal catalogo delle sue registrazioni discografiche. dralig
  21. Ho ascoltato e qualche volta ascolto un po' di flamenco. Mi piacciono i brani con armonie modali nel genere jondo. Ho avuto contatti amichevoli con Manolo Sanlucar, Rafael Riqueni e Paco Serrano - ottimi chitarristi. Ho chiacchierato piacevolmente anche con Adam del Monte, che fa un flamenco molto stilizzato, quasi nel genere classico. Tipi in gamba. dralig
  22. Ero vittima della compulsione che faceva sentire i chitarristi italiani nell'obbligo di suonare una chitarra come quella di Segovia. Durò poco, nel mio caso. Tornai quasi subito a Gallinotti, poi passai ad Arban e a un lungo eccetera di chitarre italiane. dralig
  23. Per il concerto da cui fu tratto il primo LP, Ramirez. Per la registrazione del secondo LP, una chitarra costruita da EKO di Recanati su progetto dell'ingegner E. Fausto Ciurlo. Sostanzialmente, una Mozzani. dralig
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