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Angelo Gilardino

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Tutti i contenuti di Angelo Gilardino

  1. Nella collezione "The Andrés Segovia Archive" pubblicata dalle Edizioni Bèrben figura un volume di composizioni di Alvaro Company intitolato "Works for Guitar". Si tratta di pezzi scritti per Segovia. "Las seis cuerdas" - fino a qualche anno fa incluso nel catalogo Suvini-Zerboni - è attualmente in corso di revisione da parte dell'autore, e verrà ripubblicato dalle Edizioni Bèrben. Per sentenziare qual è il più importante brano per chitarra del Novecento bisognerebbe averli letti tutti - il catalogo Pocci ne contiene circa 20 mila - e disporre degli strumenti analitici e critici sui quali soltanto si possono fondare giudizi di valore. Forse, per l'ardua sentenza, sarà meglio aspettare un centinaio d'anni. Intanto, è auspicabile che la lista degli interpreti de "Las seis cuerdas" si allunghi in misura corrispondente al valore del brano, che è fuori discussione. Purtroppo, che l'abbiano suonato i più grandi chitarristi del mondo è una bella favola. dralig
  2. Fatte le dovute proporzioni, accade la stessa cosa nell'editoria musicale, specialmente ad opera dei "compositori" di musiche per chitarra. http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/inchiesta-italiana/2011/08/25/news/premiopoli-20863445/?ref=HREC1-12 dralig
  3. Gli Studi di Regondi segnano il punto più alto nell'opera del compositore e della musica romantica per chitarra in generale. Sono coerenti con le altre composizioni di Regondi. E' più difficile, invece, riconoscere una linea di coerenza tra la maggior parte delle opere di Napoléon Coste e i suoi Studi op. 38 - altra vetta della musica romantica per chitarra. dralig
  4. Non esiste una linea di demarcazione che separi - negli Studi - quelli che si possono considerare "da concerto" da quelli che invece servono solamente all'esercitazione. Anche i più semplici Studi di Sor possono essere eseguiti in concerto, grazie al loro valore musicale, e sicuramente autori come Matteo Carcassi e Napoléon Coste hanno dato il meglio di sé - anche dal punto di vista del pensiero musicale e della forma - nelle loro raccolte di Studi piuttosto che nei loro pezzi da concerto. Il titolo "Studio" non è univoco - non si riferisce cioè a brani che hanno in comune la forma, il carattere, le finalità. All'interno di una stessa raccolta, è possibile trovare Studi che presentano caratteristiche e architetture molto differenti (per esempio, i primi sei Studi di Villa-Lobos sono del tutto diversi dagli Studi nn. 7-12 in ogni senso: formale, tecnico, di carattere). Non è possibile inoltre stabilire in generale da quale tipo di Studi convenga ricominciare a studiare seriamente. Lo si può fare soltanto esaminando attentamente ogni singolo caso.Comunque, domandarsi "che cosa" studiare è molto meno importante eal domandarsi "come studiarlo". In ogni ricerca artistica, bisogna capire come fare, e questo comprende anche il che cosa fare. Gustave Courbet usciva en plein air a dipingere: raffigurava sulla tela gli oggetti lontani e, dopo averli dipinti, mandava il suo aiutante a vedere che cos'erano. dralig
  5. Ciao Luigi, non entro nel merito della questione da te sollevata perché non ho nulla da aggiungere a quello che hai detto - salvo il fatto che la necessità di leggere le opere, non soltanto testualmente, ma anche contestualmente (la storia!) si pone in modo urgente anche per il Novecento, non solo per la musica antica. Riguardo a Segovia, sono giunto alla conclusione che, in uno studio biografico che mi sembra ancor più necessario dopo la pubblicazione dei corposi volumi di Alberto López Poveda, un capitolo debba essere dedicato all'influenza che esercitò sul maestro la seconda moglie, la pianista Paquita Madriguera. Parecchie trascrizioni che Segovia realizzò di prima mano, cioè senza rifarsi a trascrizioni precedenti di Tárrega e di Llobet, furono concepite grazie alla conoscenza che egli accumulò di un repertorio pianistico "minore": la fonte di tale conoscenza era la biblioteca musicale della Madriguera, che possedeva le antologie pianistiche tipiche dell'epoca (comprendenti anche i clavicembalisti). Da questa conoscenze ebbero origine le trascrizioni che vanno dal barocco francese (Louis Couperin, Rameau) al romanticismo (Franck, Brahms), escluse quelle da Chopin, che Segovia ereditava da Tárrega. Frescobaldi; in particolare, l'Aria detta La Frescobalda, era sicuramente uno dei pezzi inclusi nelle antologie prossedute dalla Madriguera - e la cronologia delle trascrizioni segoviane riflette puntualmente i frutti del periodo di Montevideo - quello in cui Segovia fu maggiormente esposto all'influenza del pianoforte. In un certo senso, il divorzio dalla Madriguera fu una disdetta per Segovia, perché la moglie era una musicista di formazione accademica molto severa, e il contatto quotidiano con lei era un fattore di equilibrio nell'arte segoviana - sia nel repertorio che nell'interpretazione. Credo che faresti bene a pubblicare un volume di trascrizioni, riprendendo alcuni lavori resi celebri da Segovia: la Frescobalda occuperebbe meritatamente il primo posto. ag
  6. Il concerto di Bonfante - detto Panizza - è da anni nel catalogo dell'editore Sonzogno, pubblicato con la revisione di Daniele Zanettovich e del chitarrista Giulio Chiandetti. http://www.sonzogno.it/it/catalogo?todo=search&lang=it&composer=Panizza&title=&keyword=&category=&duration=&hour=&minutes= dralig
  7. Un compositore - se è autentico - immagina, ricerca, trova quello che prima non aveva trovato. Costruisce qualcosa di "nuovo" - non nel senso che non abbia radici nella storia, ma che non ne rappresenti un inutile rigurgito o - nella migliore delle ipotesi - una furba iterazione. Facendo ciò, sa benissimo che crea - senza volerlo deliberatamente - un "problema di comunicazione" nei confronti di un ascolto basato sulla pretesa del confort, della mancanza di impegno a comprendere: la stragrande maggioranza degli ascoltatori crede convintamente che la musica le debba essere servita come un piatto pronto, come un apparecchio di facile uso che ridurrà ulteriormente la fatica in qualunque occupazione, come un divertimento. Davanti a ciò, che fa il compositore? Rinuncia a scrivere quello che ha immaginato e trovato per non molestare il crasso e supino benessere di una massa di ascoltatori il cui comprendonio musicale è livellato dalla televisione e dalla muzak? Si banalizza per non irritare il pubblico? Pane e cipolle, per chi si ribella e fa quel che sa fare e come farlo? Rinuncio alle cipolle e dimezzo il pane. Se non basta, tiro le cuoia per fame: la vergogna di essere l'autore di certe musiche del repertorio chitarristico oggi corrente (se mai le avessi scritte io) mi ucciderebbe molto più crudelmente della mancanza di cibo. dralig
  8. Considerando che ci si trova in Andalucia, non è così raro che il cognome venga modificato - accade lo stesso al centroavanti della nazionale di calcio. Infatti, una delle glorie architettoniche andaluse è la Giralda, chiesa insigne di Sevilla, il cui nome costituisce, per gli andalusi, l'archetipo di tutte le derivazioni ed elaborazioni dell'originario Gerhard - proveniente dalla barbarica Germania, nella cui lingua arcaica, essendo "ger" la lancia e "hard" l'aggettivo "forte", i Gerhard, più che una famiglia, erano una parte dell'esercito, cioè i lancieri. Il diminutivo Giraldino o - per scambio delle consonanti dentali elle ed erre - Gilardino, viene dal francese, che aveva adottato il nome tedesco e che lo usava al diminutivo forse ancora per designare un corpo militare - lancieri o, come dice la canzone medioevale piemontese, guerrieri che andavano a tirar di spada. Oggi, calciatori e musicisti: la decadenza è evidente. dralig
  9. Caro Raffaele, ho citato Leverkuhn e la muzak (il genere di musica, non la rivista, che non conosco) come due estremi che non amo: da un lato, il genio sociopatico che detesta il genere umano e che vive in un isolamento monastico, dall'altro il populismo empio e volgare, che anche nel piccolo mondo della chitarra annovera molti pregevoli esemplari. La via di mezzo consiste - secondo me - nel suonare o nel comporre non per tenere i frutti della propria arte lontani dalla portata di chi se ne può cibare - dunque nel rendere pubblico, con mezzi adeguati ma senza sgomitare, ciò che si produce, e nel cercare di assecondare le aspettative della categoria - per i compositori indispensabile - degli interpreti, senza cercare di invogliare in loro i bassi istinti e le aspirazioni futili. Ti assicuro che, anche senza diventare "ricchi e famosi", nella via di mezzo si può sopravvivere decentemente. Ciao. dralig
  10. Nel 2008 proprio su questo forum chiesi al maestro per quale motivo egli non avesse mai composto nulla per chitarra e pianoforte, configurazione a mio giudizio piuttosto trascurata. La risposta testuale fu: Trascuratissima, e con qualche buon motivo. E' improbabile che un compositore possa sentirsi interessato, o addirittura ispirato, a comporre di sua iniziativa per chitarra e pianoforte: all'epoca del fortepiano, poteva avere un senso, oggi molto meno. Quindi, il compositore si muove su richiesta di un duo di chitarra e piano che, con le sue esecuzioni, gli offre la prospettiva di non vedere la sua opera sprofondare nel silenzio. A me sono giunte le richieste più rare - ho scritto una Partita per vibrafono e chitarra - ma non quella di comporre per chitarra e piano. Oggi con grande piacere noto che il maestro, evidentemente, ha cambiato idea. Gli pongo quindi direttamente la domanda: cosa è cambiato dal 2008 ad oggi ? Grazie Taltomar Non è cambiato nulla nella mia fondamentale disponibilità ad assecondare il prossimo e penso che, tra il modello Leverkuhn e la muzak possa darsi una sana via di mezzo. Quindi, allorché il valente chitarrista Francesco Diodovich mi chiese di scrivere un pezzo per il duo che aveva appena costituito con il pianista Corrado Greco, gli dissi di si, perché mi piace far contenti gli amici. Parafrasando John Wayne: "Che mi prenda un colpo se non ho scritto un pezzo dannatamente buono". dralig
  11. L'articolo riguardante il liutaio Mario Pabè è stato pubblicato dalla rivista "Suonare" nel numero del mese di marzo e non - come erroneamente avevo scritto nel mio messaggio precedente - nel numero di aprile. Dopo la pubblicazione del suddetto articolo, mi sono pervenute altre informazioni riguardanti il negletto - ma straordinario - artefice. Le chitarre che ho potuto esaminare sono finora otto. Se arriverò a catalogarne una dozzina (almeno) e ad arricchire la raccolta di notizie biografiche, scriverò e pubblicherò un volumetto per favorire il recupero di Mario Pabè alla storia della liuteria italiana. ag
  12. Caro Giulio, suppongo che l'indulgenza da te invocata possa esercitarsi non solo nei confronti degli "ingegneri, medici, avvocati e lavoratori". ma anche nei confronti di chi scrive libri di storia della chitarra: se regaliamo magnanimamente agli amateurs il diritto di sparare fandonie sul conto dei musicisti e dei musicologi, dovremo anche -necessariamente - riconoscere a questi ultimi - dal cuore generoso della nostra indulgenza - il diritto di incavolarsi - non sempre, ma come dicevo dianzi, una volta su cento - e di mandare un paio di lavoratori a quel paese, non ti pare? Altrimenti, potremmo suscitare il sospetto di offrire la nostra indulgenza solo a chi fa numero,spargendo "serene chiacchiere", e non anche a chi sfanga da solo, e ha spesso la mala ventura di vedersi al centro dei bei conversari chitarristici di medici e ingegneri. Con reazioni che vanno dall'indifferenza al fastidio, dalla nausea al raccapriccio: così reagisce la "gente normale", della quale mi sento di far parte a pieno titolo. dralig dralig
  13. Caro Giorgio, "un po' travisato"? No, capovolto! Il Cherubino prende posizione contro un mio giudizio, dicendosi in disaccordo con il medesimo, e assume la difesa delle Sonate di Paganini che, dunque, io avrei tentato di sminuire. "Nome utente" non fa una piega: non si corregge, non dice a Cherubino: "Guarda che stiamo parlando a vanvera, alle spalle di un autore che tu non hai letto per niente, e che io cito a sproposito". Ma poi, sensibilissimo, si profonde in un racconto - commosso e da commuovere - della Sua vita sacrificale di amateur, si fa vittima di un "attacco" - lui, invece, quando stravolge il pensiero altrui è impegnato in una "serena chiacchiera" - e si butta in una patetica captazione di benevolenza da parte dei lettori. Tu mi domanderai perché io abbia reagito - con tutto quello che si scrive e si legge nei fora del chitarrume riguardo al mio lavoro: non lo so, vado a campione, ne ignoro 99 e uno lo metto in piazza. Non che mi aspetti di cambiare la situazione, forse sono solo ciclotimico... dralig
  14. Se io citassi a memoria e a sproposito quello che un autore ha scritto, sarei ben lungi dal potermi sentire sereno. Mi sentirei alquanto stupido, e mi preoccuperei del danno che sto arrecando all'autore in questione, sfigurandone il pensiero e attribuendogli posizioni che non ha mai assunto. Sia detto rispettosamente: questi sono sffari Suoi. L'autocommiserazione è un animale che spesso ha per testa una grande sensibilità nei riguardi di se stessi, e per coda il più assoluto disprezzo degli altri. Non interessa a nessuno, qui, sapere quali siano le Sue faccende private: qui stiamo parlando di musica e di scritti sulla musica, non di questioni personali. La sensibilità che Lei dimostra nei riguardi della Sua condizione avrebbe dovuto guidarLa - una volta giunto a casa - a verificare se quello che aveva dichiarato pubbiicamente, chiamandomi in causa con nome o cognome (mente Lei sta acquattato dietro i Suoi nicknames), era corretto o no: e, constatato che non lo era, avrebbe dovuto subito emendarsi pubblicamente, là dove pubblicamente aveva detto cose non vere. A dire il vero, per fare tutto ciò, non occorre essere sensibili - come Lei è quando racconta delle Sue vicende personali -, basta essere corretti. Non continui la Sua opera di falsificazione di quello che io ho detto. Il Male se lo sta inventando Lei - io non mi sono mai arrogato il ruolo di giudice delle persone in senso morale, parlo e scrivo da musicista, e come tale rispetto i miei colleghi e da loro esigo di essere rispettato. E non piagnucoli affermando di essere stato "attaccato": citare il pensiero altrui in modo distorto, infischiandosene delle conseguenze, è assai peggio che attaccare il prossimo, e chiamare "attacco" l'autodifesa chiarificatrice di chi è stufo di sentirsi tirare in ballo in tutte le "serene chiacchiere" del chitarrume nazionale è un tentativo - non precisamente limpido - di autoassolversi. Si tenga per sé le Sue lamentele, o le racconti ai Suoi amici chitarristi: e, d'ora in poi, se non Le dispiace, mi lasci stare. dralig
  15. Le persone normali parlano dei libri dopo averli letti, gli esponenti del chitarrume ne sparlano senza averli letti e senza sentire alcun bisogno di leggerli. dralig
  16. Non mi è possibile, al momento, scrivere più diffusamente di quanto ho fatto nel mio libro della musica scritta da Paganini per e con chitarra. Per dare un buon avvio ai Suoi studi paganiniani, Le consiglio di procurarsi il fascicolo intitolato "Niccolò Paganini - L'opera per chitarra", pubblicato da Guitart (anno undicesimo, n. 16). Troverà uno scritto biografico di Piero Viti che Le sarà utile per introdursi nel mondo del maestro genovese. Inoltre, il fascicolo in questione contiene anche una registrazione di brani paganiniani interpretati da Pavel Steidl, con il supporto di un commento di Paolo Paolini. Dopo che avrà assimilato il contenuto di questa pubblicazione, Le converrà passare alla lettura della biografia paganiniana scritta da Edward Neill - uno dei maggiori studiosi nel campo -, che non tratta specificamente della musica per chitarra ma, in generale, della figura e dell'arte di Paganini. dralig
  17. Si ritiene da parte di qualche anima più generosa della mia che il neologismo "chitarrume" - che ho forgiato per definire una categoria di sparlatori ignoranti avvinghiati alla zattera-chitarra - sia eccessivamente dispregiativo. Io credo invece di essere fin troppo tollerante. Una volta al mese lancio nel motore di ricerca google una query per leggere le varie notizie che riguardano me e il mio lavoro: lo devo fare per ovvie ragioni professionali. Ne leggo di tutti i colori, il chitarrume è prodigo di informazioni e di giudizi, e li largisce a flusso, senza sosta. Fa comunque parte del protocollo tirarmi in ballo anche quando non c'entro assolutamente nulla o farmi dire esattamente il contrario di quello che ho detto. Un piccolo saggio tratto dal forum delcamp, così come lo riporta google groups. Scrive tale "nome utente": "Nota che tra l'altro, se non ricordo male, lo stesso Gilardino nella sua recente pubblicazione ha ritenuto opportuno soffermarsi unicamente sulla Grande Sonata." Ricorda malissimo e, prima di scrivere, farebbe bene a verificare, ma il chitarrume parla, e poi si vedrà. Subito a ruota, tale Cherubino sentenzia: "Il parere di Gilardino non lo trovo affatto giusto: le sonate M.S. 37 sono da tenere in grande considerazione: ovvio, non è tutto oro colato, ma ci sono idee musicali, anche semplici, molto gradevoli. " Ora - escludendo ragionevolmente che la maggioranza dei lettori del forum delcamp abbia mai letto un libro di storia della chitarra, e certo non quello al quale i due serafini si riferiscono - risulterà chiaro, e rimbalzerà nei sempiterni pettegolezzi, che io ho "parlato male di Paganini". Ecco quello che ho scritto al riguardo nel mio libro: "Oltre a questo, che rimane come il suo capolavoro, Paganini ha composto molti altri pezzi per chitarra: 37 Sonate, 43 Ghiribizzi e una ventina di pezzi sparsi. Le Sonate – a due tempi, di breve durata – sono forgiate in uno stile melodico semplice, che si può definire post-galante: motivi tracciati con mano sicura, sempre pieni di espressione, con commenti armonici essenziali, con uso frequente del basso albertino. I Ghiribizzi sono invece bozzetti scritti per una bimba di Napoli, ai quali Paganini non volle dare importanza: non mancano però di rivelare, con qualche guizzo melodico, il genio del loro autore." E' chiaro, adesso, il concetto di "chitarrume"? dralig
  18. Ho chiesto e ricevuto lumi. Il maestro Ugo Orlandi - sicuramente il maggior studioso del repertorio per strumenti a plettro - mi comunica che esistono - allo stato attuale delle conoscenze - sette composizioni di Umberto De Msrtino: due per chitarra sola (quelle di cui ho già dato notizia) e altre cinque: tre per quartetto a plettro e due per mandolino e chitarra. La composizione "C'era la luna" figura nell'elenco inviatomi da Ugo Orlandi come un brano per quartetto a plettro e non per orchestra. dralig
  19. Ragazzi del forum, come faccio a spedirvi il file se tutto quello che posso sapere di voi è il vostro nickname? Dovreste inviarmi - sempre qui sul forum - un messaggio privato notificandomi un indiirzzo email al quale io possa indirizzare la mia risposta... dralig
  20. Ti giuro che se io fossi nato a Napoli, a quest'ora non ci sarebbe più, all'ombra del Vesuvio, una sola pagina di musica per chitarra, in nessuna biblioteca o archivio o fondo di magazzino, senza le mie impronte digitali. dralig Quando studiavo Didattica della musica al Conservatorio di Napoli, il docente di storia mi mandò a cercare nella biblioteca un brano per chitarra (di un autore che purtroppo non ricordo il nome,e me ne scuso)appunto di Napoli, ma del secolo scorso. Beh ,io ci provai, ma dopo 4 tentativi in giorni diversi di trovarla aperta,nel5 giorno mi anticipai 2 ore prima dell'apertura e aspettai il responsabile. Neanche mi voleva far entrare dopo che lo pregai per mezz'ora,per fortuna passò il direttore del Conservatorio e dopo tutte le mie spiegazioni e le mie insistenze, mi firmò un permesso speciale per entrare in biblioteca. Quando entrai mi fu difficile cercare il brano perchè avevo costantemente il fiato sul collo del bibliotecario,non mi lasciò un secondo da solo e ogni qualvolta toccavo,anzi sfioravo un libro,mi dava delle occhiate che neanche Mefistofele ha mai dato. Quando tiravo un libro dagli scaffali, non perdeva tempo a dirmi stia attento, giri la pagina con moderazione,e tante altre cose ossessionanti. C'è l'ho ancora oggi nelle orecchie. Però una cosa non è riuscito a farla ,non mi ha cancellato il ricordo che ho di quello posto che per me era il "Paradiso" del libro. Si respirava musica anche se non si sentiva nulla era magico e fantastico allo stesso tempo. Si Angelo tu mi tenti,ma io ho paura di fare queste cose ………. Io invece avrei paura di non farle, queste cose. dralig
  21. Ti giuro che se io fossi nato a Napoli, a quest'ora non ci sarebbe più, all'ombra del Vesuvio, una sola pagina di musica per chitarra, in nessuna biblioteca o archivio o fondo di magazzino, senza le mie impronte digitali. dralig
  22. Rovistando nella ricca biblioteca di musiche per chitarra generosamente messa on line da Vincenzo Pocci trovo due pagine che mi obbligano a fermarmi. Il titolo del brano (Verso ignoti lidi) è kitsch, ma la musica no, per niente. Apprendo che il pezzo, pubblicato nel 1912 da "Il Plettro", era stato premiato in un concorso internazionale di composizione svoltosi nello stesso anno. Il titolo era in realtà - mi spiegherà Pocci - il motto adoperato dal compositore: gli ignoti lidi erano i giudizi della commissione, che doveva essere onesta e competente, e che lo premiò. I dizionari di Prat e di Terzi, pubblicati rispettivamente nel 1934 e nel 1937, citano De Martino, ma non dicono quasi nulla di lui. Era chitarrista e compositore napoletano, e diede alle stampe solo due pezzi: la Barcarola premiara e un'altra composizione, una Serenata. Le ho lette, e devo dire che è raro trovare, nel dozziname della musica italiana per chitarra dell'epoca, pezzi di questa caratura. Chiunque fosse, il De Martino aveva ottime nozioni di armonia e sapeva scrivere correttamente - dal punto di vista compositivo - un brano per chitarra. Inoltre, la sua scrittura non è affatto banale - si può paragonare direttamente ai brani coevi della "Suite populaire brésilienne" di Villa-Lobos. Suonava e componeva per una chitarra eptacorde con la settima corda in re tesa sulla tastiera, e dalle sue diteggiature, oggi impaticabiili, si nota che faceva ampio uso del pollice della mano sinistra sulla settima corda. Pubblicherò la Barcarola su "Seicorde", e farò avere ai chitarristi che me li chiederanno i file pdf dei due pezzi pronti per il leggio (regalo, non vendita). La De Rogatis non era senza antecedenti. Questi napoletani. dralig
  23. Il progresso delle mie ricerche sul liutaio Mario Pabè di Turate (1910-1969) mi induce a progettare una catalogazione dei suoi strumenti. E' mia intenzione raccogliere i dati e le fotografie delle sue chitarre e pubblicarli in un opuscolo commemorativo, insieme a una - inevitabilmente sommaria, temo - biografia dell'artefice. A questo scopo, invito i signori possessori di una o più chitarre Pabè a inviarmi un messaggio di contatto all'indirizzo di posta elettronica calatrava80@gmail.com Sarà mia cura rispondere, allegando un modulo contenente le richieste dei dati necessari alla catalogazione (in linea di principio, seguirò lo schema adottato da José Romanillos per il suo catalogo delle chitarre di Antonio de Torres). Va da sé che la privacy dei possessori delle chitarre verrà rispettata - sia nel corso dei contatti che nella catalogazione - nel modo più rigoroso. Ringrazio in anticipo e saluto. Angelo Gilardino
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