Vai al contenuto
Novità discografiche:

Angelo Gilardino

Membri
  • Numero contenuti

    2241
  • Iscritto

  • Ultima visita

  • Giorni Vinti

    37

Tutti i contenuti di Angelo Gilardino

  1. Questo è un argomento che ha sempre suscitato - e mai appagato - la mia curiosità. Prendiamo i chitarristi: sono disposti a corrispondere onorari non sempre moderati per ricevere lezioni private e per iscriversi a masterclass e a concorsi, e a svenarsi per comperare chitarre di liutai più o meno meritevoli, ma certamente capaci di richiedere, per i loro strumenti, somme ragguardevoli. Poi, ti chiedono amabilmente: perché non compone un pezzo per me? e quando tu - altrettanto amabilmente - rispondi loro: benissimo, mettiamoci d'accordo sull'organico, la durata, etc., e, concludendo, precisi: e sul mio onorario, ti guardano scandalizzati, come se tu fossi il mercante di Venezia che vuol prelevare una libbra della loro carne. Pronti a accodarsi, genuflessi, nella lista d'attesa di un liutaio bielorusso che vuole 12mila euro per una chitarra da ricevere tra sette anni, si sentono feriti nella loro richiesta di un pezzo di musica scritto "appositamente per loro" se, a tale loro attesa, non sei pronto a corrispondere con una donazione. Ricorrenza abituale del fenomeno: mezza dozzina di volte l'anno. Curiosità non meglio appagata suscita il chitarrista-compositore che intende farti esaminare le sue opere per averne un tuo parere. Le guardi sommariamente e poi gli comunichi che, per redigere una relazione, ti occorreranno - supponiamo - dodici ore di lavoro, per le quali la tua retribuzione è di euro... Ti risponde, con un filo di voce: "Scusi, ma io non sapevo che...non immaginavo..." e tu ti ritrovi di nuovo nei panni del giudeo al quale Porzia ingiungerà di lì a poco di non versare nemmeno una goccia di quel sangue innocente. Corbetta e de Visée dovevano comporre musica per chitarra per un sovrano che ascoltava i loro brani magari mentre espletava funzioni non precisamente regali. Ma, vivaddio, venivano pagati! dralig
  2. La legge che commina sanzioni penali a chi commette atti osceni in luogo pubblico dovrebbe applicarsi anche a questi casi. dralig
  3. Non possiamo dire "brutta" di una cosa che non abbiamo ancora capito. Io confesso il mio disorientamento di fronte a un'esplosione che rende disponibili a chiunque, dovunque e senza controllo i testi musicali e i file audio (mi limito alla musica) in una varietà di impieghi nella quale i diritti del compositore sono alla fine ridotti al lumicino o cancellati del tutto. Mi rendo perfettamente conto del fatto - ricordato da Cristiano - che la pirateria delle fotocopie e delle duplicazioni con cassette era già operante da tempo, ma le dimensioni del fenomeno - rispetto a quelle generate dal web - erano molto modeste. Oggi, non si può più pubblicare nulla che non cada immediatamente nelle mani delle gang che imperversano nella rete, e che ne fanno letteralmente quel che vogliono, senza che si possa dire loro una parola. E non c'è editore che possa frenare quest'orda. Uno dei più potenti gruppi editoriali del mondo ha fatto chiudere un sito che piratava la sua musica, e due settimane dopo il sito è ricomparso con un altro nome e su un altro server. Nemmeno la multinazionali riescono a imbavagliare questi predoni. Un regime poliziesco tipo Siae - volto a cogliere in flagrante il singolo ladro che ruba la singola mela - si mostra, nei riguardi della nuova situazione, ridicolo. La dimensione del fenomeno non è marginale né trascurabile, e qualunque operatore che stia traghettando la propria impresa dal vecchio al nuovo mondo sa che questo è il problema principale. La giurisdizione capace di affrontarlo è di là da venire, perché si tratta di fronteggiare una situazione che si manifesta su scala universale con legislazioni inevitabilmente nazionali: una lotta impari tra ladri che possono risiedere virtualmente ovunque e polizie che invece possono operare soltanto entro ambiti delimitati. Sono d'accordo con Cristiano sugli evidenti benefici che il web può apportare alla diffusione dell'opera di un autore - li sto constatando di persona - ma, per il momento, il prezzo di questi benefici è posto a carico dell'autore medesimo, che vede assottigliarsi paurosamente le sue royalties, e che si ritrova - dopo una vita spesa nello studio e nel lavoro - nelle stesse condizioni di un dilettante che scrive musica naive, e che si appaga nel pubblicarla su youtube. In sostanza, per il momento, il compositore vede moltiplicarsi esponenzialmente la quantità dei suoi lettori e dei suoi ascoltatori - e questo è indubbiamente un beneficio - e dividersi i suoi introiti - il che è invece un veneficio, perché a lui nessuno regala proprio niente. Osservo tutto ciò senza pregiudizio e con animo aperto: spero che si tratti, come dice Cristiano, di una flessione di passaggio tra le due "culture" della comunicazione, e spero di vivere abbastanza per raccogliere, insieme alla moltiplicazione dei consensi, anche quella "giusta mercede" che il Vangelo, ben prima dei sindacati, ha raccomandato di pagare agli operai. E Dio sa quanto un compositore assomigli a un operaio... dralig
  4. Il punto che io ho sollevato, caro Cristiano, non è nel questionare la potenza - già in atto - della rete, ma capire in quali modi le nuove tecnologie della comunicazione stanno trasformando l'essenza, il concetto giuridico ed etico, del diritto d'autore. E' evidente che non è mai esistito un mezzo di diffusione dell'opera - specialmente quella del compositore - rapido e potente come il web, ma non è ancora chiaro come gli autori potranno tutelarsi nel loro diritto di usufruire dei frutti del loro lavoro, e non è incomprensibile la domanda - allarmata - che taluni autori rivolgono - forse più a sé stessi che al mondo: quello del compositore continuerà a essere un lavoro retribuito (sia pure modestamente) o diventerà - dal punto di vista economico - un hobby? Non mi sembra una domanda insensata, anche se non è il caso di precipitarsi a dare - o a darsi - risposte catastrofiche. Io lavoro da 45 anni per l'editoria cartacea, e tuttavia non nutro alcun pregiudizio nei confronti dell'editoria digitale. Vorrei solo capire perché non devo irritarmi se vedo le partiture dei miei pezzi passate allo scanner e pubblicate in un sito i cui gestori dispongono della mia musica a loro piacimento e - ove domandassi loro con quale diritto - mi risponderebbero con degli sberleffi. Non capisco perché i file audio della mia musica si possono scaricare liberamente e gratuitamente nei computer di persone che gestiscono negozi dove nessuno si sognerebbe mai di regalarmi nulla e dove, qualora io prelevassi un bottone senza passare alla cassa, chiamerebbero i carabinieri. E' vero che io non ho composto e non compongo per il denaro, ma nemmeno per farmi derubare dei proventi che il mio lavoro crea: la rete - con tutto il suo potere di far conoscere la mia musica - si appropria di ciò che, nel diritto di ogni paese civile di questo mondo, è riconosciuto come mio, e io non vedo, al momento, iniziative serie che si propongano di impedire questo esproprio. La rete è planetaria, il diritto è nazionale: questo è il punto che mi fa dubitare dell'effettiva capacità dell'essere umano di sottoporre ciò che inventa a un controllo etico e giuridico. E' vero che lo stesso discorso vale per le bombe nucleari, ma in campo bellico sappiamo che non si dà parvità di materia, se si preme un bottone finisce tutto, mentre con la pirateria informatica dei chitarristi ladri possono frugare nelle mie tasche senza incorrere in alcuna reprimenda. Anzi, c'è chi difende questi tipi, dicendo che sono bravi ragazzi privi di risorse che esercitano il loro diritto a istruirsi... Come vedi, il problema esiste, e non è ozioso domandarci dove andremo a parare. Anche senza essere catastrofisti... dralig
  5. Credo, caro Daniele, che occorra fare delle distinzioni. Può essere giusto - e anche lodevole - regalare quello che non si potrebbe comunque vendere: un compositore giovane, che ha sale in zucca e che vuol farsi conoscere, ha senz'altro tutto da guadagnare, oggi, pubblicando online i testi delle proprie opere e permettendone il download gratuito: naturalmente, anche nel regalare si denota lo stile... Le entrate di un compositore provenienti dalla vendita delle copie stampate sono comunque poco significative, e - nel caso di compositori affermati, le cui opere stampate vengono comunque acquistate - conviene re-investirle in copie da inviare in omaggio a interpreti degni di considerazione, con gesto gentile ma non servile: un compositore "perbene" deve informare dell'esistenza di un suo nuovo lavoro gli esecutori che stima - e far inviare loro la partitura è senz'altro il modo migliore per raggiungere lo scopo - ma non deve assolutamente, mai, andare oltre. Sono tristemente noti i casi di "compositori" che molestano - letteralmente - coloro che ritengono loro potenziali interpreti "regalando" loro chilogrammi di carta o file non richiesti, salvo poi inviare loro pressanti richieste di rendiconto: hai suonato la mia musica? Perché non la suoni? Perché non smetti di suonare la musica di Prwsqkzo, e non suoni invece la mia? Se suoni un mio brano, ti invito nel mio festival...e via questuando...I regali di questi dulcamara sono da considerare alla stregua di piaghe sociali. Diverso è il caso della musica non destinata principalmente all'esecuzione pubblica: un libro didattico non offre al suo autore altra remunerazione che quella proveniente dalla vendita delle copie, e non credo che regalarle sia, in questo caso, la cosa giusta. Lo stesso discorso vale - ancora di più - per gli scrittori: se regalassero i loro romanzi, di che cosa camperebbero? Stiamo attraversando una fase assai poco decifrabile in cui il diritto d'autore è preso d'assalto da una tecnologia della comunicazione che sta sconvolgendo il concetto stesso di proprietà dell'opera d'ingegno. I compositori di musica "seria" - che già campavano stentatamente in precedenza, quasi tutti obbligati a svolgere altri lavori per sostentarsi - sono ulteriormente taglieggiati. Forse, è bene non decretare la loro morte per asfissia... Cordialmente. dralig
  6. Dato e non concesso che Lei abbia bisogno di consigli: stia molto attento alle eventuali manipolazioni che non di rado questi strumenti hanno subito: talvolta, possono essere state rovinose. Inoltre, nell'effettuare le prove acustiche, non accordi con il LA 440, ma un po' più basso. dralig
  7. Domingo Prat elenca - nel suo Diccionario - Francisco Dominguez e Manuel Dominguez Cambra; Juan Galan Rodriguez e Rafael Galan Rodriguez; e un Angelo Del Vechio (sic). Bisogna per prima cosa identificare con precisione gli autori e le date di costruzione (leggere i cartigli). Poi, si vedrà. Impossibile fornire indicazioni su valori di mercato senza esaminare gli strumenti: qualità intrinseca, stato, eventuali riparazioni, etc. dralig
  8. Tranquillo Bruno, le tasse d'esame dei privatisti fanno far cassa ai conservatori, puoi star certo che non rinunceranno. dralig
  9. Come volevasi dimostrare, e come avevo a suo tempo previsto. dralig
  10. Quella che poeticamente si può definire - e non c'è nulla di male in ciò, nonostante le reprimende dei maestri dell'avanguardia postweberniana - "ispirazione" in realtà non è altro che un'idea. Al compositore viene in mente qualcosa: una cellula molto piccola, in genere - un ritmo, una successione di note singole, una concatenazione di pochi accordi - a volte, anche solo due accordi. Da lì in poi, si passa a una fase di stesura dell'appunto-idea, e già in questa fase si manifesta il possesso - o meno - del "mestiere" da parte del compositore. Da lì in poi, si tratta di costruire. La costruzione può essere ampia o piccola, ma è sempre e comunque una questione di idee e di mestiere. Le idee sono indispensabili, ma da sole non bastano; il mestiere senza idee dà luogo a costruzioni anonime, la cui povertà diviene proporzionale alle dimensioni e alla quantità di mezzi impiegati. La mano dell'architetto si rivela tanto nella progettazione di un palazzo che in quella di un pollaio. Alcuni costruttori con poco mestiere e con buone idee possono mettere in piedi una costruzione decente e magari anche bella, ma non ampia: parecchi chitarristi-compositori ingegnosi hanno scritto brani di un certo pregio, pur mancando di mestiere compositivo, ma ovviamente si sono fermati al pezzo breve, e meno male che sono stati saggi e prudenti. Altri, invece - la stragrande maggioranza, per la verità - cascano dopo aver speso la prima idea, anche nei pezzi brevi: la mancanza di mestiere è comunque evidente. Io credo che sia difficile mettere d'accordo opinioni e giudizi disparati sulla validità o meno di un brano di musica - e non credo che sia utile tentare di farlo. Quello che sì invece è evidente a chiunque sappia che cos'è la composizione musicale è - nella pagina scritta - la presenza o l'assenza della mano di un compositore. Se c'è, o se manca, è evidenza lampante. E i compositori fasulli dovrebbero rendersene conto e smetterla: la composizione è diversa dal poker, è una cosa seria. dralig
  11. Colgo il Suo apprezzamento, caro Fabio, come spunto per citare una recensione - di cui sono appena stato informato - sullo Scarlatti di Mesirca. Non lo farei se non condividessi in pieno quello che Lei ha scritto e quello che il critico statunitense ha dichiarato senza esitazioni: "il miglior Scarlatti che io abbia mai ascoltato dalla chitarra sola". dralig "Two new releases devoted to Scarlatti transcriptions, one particularly wonderful." "Mesirca's performance is the best of the four. Indeed, the best Scarlatti I've heard on solo guitar. It even rivals the magnificent Assad brothers' recording on Nonesuch - and they had the advantage of two guitars. This is sparkling playing. Passage work is tossed off effortlessly, no matter how rapid: ornamentation is graceful and elegant, perfectly and stylishly realized. He has a wonderful range of dynamics and color and a flawless tone" "He can express melancholy and mystery when the music requires it, but he is best in passages of sheer joy and exuberance, and that, for me, is what Scarlatti does best." "You should certainly seek out Mesirca's outstanding record." AMERICAN RECORD GUIDE, September-October 2011. Journalist: Keaton
  12. Non è per dare risonanza a un mio scritto che ne segnalo la pubblicazione, ma mi piacerebbe che tutti coloro che lavorano e studiano nel campo della chitarra leggessero il mio articolo sul liutaio Mario Pabè (1910-1969) appena pubblicato dalla rivista "Seicorde". E' per rendere giustizia alla sua memoria che l'ho scritto! dralig
  13. Un ottimo lavoro in questo campo l'aveva fatto negli anni Sessanta Mario Gangi, componendo dei commenti musicali ad alcune poesie di Federico Garcia Lorca, per un disco Fonit Cetra in cui il recitante era Arnoldo Foà. Non mi risulta che questo lavoro sia stato pubblicato ma, per quel che conosco dell'opera di Gangi, io lo metterei tra le cose migliori, sia per le idee musicali che per l'eccellente coordinazione con il testo poetico. dralig E' vero. Avevo anche una registrazione di un brano. Purtroppo venire in possesso della partitura credo sia piuttosto complicato - per non dire impossibile- Dalla registrazione, è possibile scrivere le note - un normale dettato armonico. In caso di eventuale esecuzione in concerto, dando credito all'autore della musica, non avrà commesso alcuna scorrettezza. Io, da giovane, quando mi mancavano i fondi per comperare la musica, la "tiravo giù" dai dischi senza remissione. Scrivevo le note e anche le corde - la diteggiatura no, quella non potevo tirarla giù. ag
  14. Un ottimo lavoro in questo campo l'aveva fatto negli anni Sessanta Mario Gangi, componendo dei commenti musicali ad alcune poesie di Federico Garcia Lorca, per un disco Fonit Cetra in cui il recitante era Arnoldo Foà. Non mi risulta che questo lavoro sia stato pubblicato ma, per quel che conosco dell'opera di Gangi, io lo metterei tra le cose migliori, sia per le idee musicali che per l'eccellente coordinazione con il testo poetico. dralig
  15. Maestro, sono cambiate molte cose dagli anni 70-80. Lei lottava contro gli epigoni di Segovia. La mia generazione (che è più o meno quella di Attademo) contro una cultura di massa uniformata e soggetta ad un raffinatissimo e diabolico lavaggio del cervello. Probabilmente Lei non ha la reale misura dell'abisso e dell'incomunicabilità che ci circonda (sia chiaro, non gleine faccio una colpa, ma credo sia solo una questione generazionale). Non si ha più il senso della Storia della Musica, della composizione musicale e di un pensiero umanistico che riflette e specula sulle esperienze musicali del mondo. E non parlo di mancanze nella società. Quella ormai è a puttane da un pezzo. Parlo delle scuole di musica, delle università, dell'editoria dei "musicisti"... Lei un'opportunità in un conservatorio l'ha avuta. Così come la fiducia di un editore. Ancora un distinguo. Non parlo di opportunità di parola, parlo di lavoro. Per studiosi come Attademo e moltissimi altri non si tratta di silenzio. Tutti sappiamo qui (e lo so io che poco mi interesso di questioni storiche-chitarristiche) del lavoro di Attademo su Scarlatti. La conoscenza c'è. E la stessa cosa vale per una miriade di altri argomenti che da soli completerebbero una nuova enciclopedia della chitarra per il nuovo millennio. Senza piangersi troppo addosso ma il sistema è clientelare. Vige il nepotismo. Nell'underground vi sono argomenti che rimarranno nascosti, nei cassetti, non sviluppati e sistematizzati perchè il problema non è il silenzio di coloro che sanno ma l'incapacità di una cultura a porre le specifiche domande alle persone giuste. Io l'intervento di Attademo l'ho interpretato così. Detto questo nulla vieta di continuare a produrre nell'indifferenza altrui. Di sicuro non ci si svende al primo mercante. Ma a quanto pare ci sono solo quelli. Caro Fabio, io invece purtroppo ho una misura abbastanza realistica della situazione nella quale ci troviamo, non soltanto perché ritengo di essere capace di interpretarne i segni, ma anche perché - negli anni Sessanta e Settanta - l'avevo prevista. Io non ero Pasolini, non scrivevo sul Corriere della Sera, ma ero tra i pochi italiani che, leggendo i suoi elzeviri e roano in grado di comprenderne il senso e la chiaroveggenza. La situazione in cui ci si ritrova ora non è nata all'improvviso, segue una linea di continuità con il passato, a partire dagli anni in cui io frequentavo le scuole elementari: gli italiani di allora hanno preparato la strada a quelli di oggi, e chi allora era in grado di capire (fin dai primi anni Sessanta io lo ero) vedeva benissimo dove si sarebbe andati a parare. E' alla luce di questa consapevolezza che io ho sempre parlato e parlo ai miei allievi. E' precisamente oggi che io, a un diplomato di chitarra iscritto alla facoltà di lettere, ho letto il prologo del Decameron, spiegandogliene il significato e il valore, altrimenti a lui inaccessibile (ad onta della sua maturità classica). Io appartengo a un'altra generazione, è vero, ma la realtà nella quale mi muovevo allora non era altra da quella di oggi: era la stessa realtà a un altro stadio. E taccio, ora, riguardo a quello che vedo nel futuro. dralig
  16. Caro Angelo rispondo a questa tua ultima osservazione anche uscendo dall'argomento (sarebbe necessario forse inaugurare un nuovo argomento di discussione intitolato "editoria per chitarra"). Sulle trascrizioni devo dire questo: tu mi esorti a fare un lavoro su Frescobaldi e su altri autori. Io ho l'impressione che tu non abbia bene chiaro quale sia la situazione dell'editoria musicale in Italia - lo dico in modo retorico, provocatoriamente, perché tu sai lo sai bene perché svogi in realtà un grande lavoro editoriale per diverse case editrici in Italia. Il tipo di lavoro che tu mi esorti a fare non interessa nessuno. Ho contatato a mie spese che basta essere fermo nelle proprie idee e non mercanteggiare sulla qualità del proprio lavoro per entrare nella lista di proscrizione: cosicché alcuni progetti editoriali che ho pensato e proposto a una casa italiana abbastanza attiva nel contesto chitarristico con i criteri che tu auspichi, sono stati giudicati fuori dagli obiettivi editoriali attuali. A fronte di questo, qualche anno fa ho visto pubblicare un volume dedicato a Domenico Scarlatti che come sai è un autore che ben conosco, senza alcun riferimento a fonti originali, né con un minimo di apparato critico e con una serie di indicazioni fuorvianti che mi hanno fatto pensare che non sono molti i passi avanti fatti dai tempi di Segovia. Il problema è qui che chiunque faccia una diteggiatura pensa di poter pubblicare un'edizione, e siccome ci troviamo di fronte a editori ignoranti oppure interessati solamente a vendere un prodotto sull'onda della moda, allora di queste pubblicazione il mondo della chitarra è pieno. Quello che dico è che non si dovrebbe dare credibilità a questo tipo di operazioni, altrimenti è inutile poi invocare operazioni meglio condotte: inq uesto momento storico non è vero che c'è spazio per tutti. Chi lavora male restringe gli spazi anche a chi lavora bene e fa un'operazione dannosa perché consegna al pubblico un'idea dilettantistica dello strumento. Io la vedo così. A presto Luigi Caro Luigi, il fatto che una casa editrice abbia preferito un altro chitarrista a te per pubblicare trascrizioni da Scarlatti mi sembra un motivo molto debole per indurti a rinunciare ad altri progetti editoriali. Chiunque abbia intrapreso e realizzato qualcosa di significativo in campo editoriale (e lo stesso si può dire in altri campi: la composizione, l'attività concertistica e discografica, l'insegnamento, etc.) lo ha fatto lottando e rimuovendo ostacoli, resistenze, diffidenze e invidie. Quando io incominciai la mia attività editoriale - 45 anni fa, mio Dio! - dovetti vedermela con mille problemi e rischiai seriamente di precipitare nel vuoto: essere messi da parte dopo aver avuto una chance è molto più grave che giacere nell'anonimato! Quando io decisi di introdurre nell'editoria chitarristica il principio di pubblicare i testi originali e di abolire il costume delle revisioni incontrollabili, l'establishment segoviano (non il maestro) mandò a dire all'editore per il quale lavoravo che quelle pubblicazioni erano destituite di ogni credibilità, e che sarebbero affondate nel giro di pochi mesi. Ricordo benissimo una lettera inviata all'editore da un distinto chitarrista nordamericano - mancato recentemente - che mi accusava di aver sfigurato "Platero y yo" con la mia decisione di mettere da parte la revisione di Segovia e di pubblicare invece il testo originale. L'editore, che aveva investito in quella pubblicazione - e in altre fondate sugli stessi criteri - cifre rilevanti, non avrebbe certo potuto continuare a finanziare la realizzazione delle mie idee se si fosse dovuto scontrare con un fallimento delle vendite, e io, che avevo appena alzato la testa, sarei stato ghigliottinato e avrei dovuto ricadere nella routine di un'attività provinciale, senza nessuna speranza, perché l'aver mosso (secondo i pretoriani che mi avevano circondato) guerra a Segovia era stato un imperdonabile atto di superbia. E tralascio ogni commento su quello che l'editore riceveva dall'Urbe non segoviana - almeno, gli zeloti del maestro si firmavano! Ed eccomi qui, 45 anni dopo: i cani seguitano ad abbaiare e i lupi a digrignare i denti, ma l'orchestra l'ho diretta, e seguito a dirigerla, io. Se, alla fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, mi fossi ritratto su me stesso nello sdegno e nella sfiducia - e ne avrei avuto ben donde - oggi il repertorio della chitarra sarebbe molto meno ricco, e io di certo non avrei avuto la mia vita - con tutte le sue enormi difficoltà - motivata come invece è stata e continuerà a essere fino al mio ultimo giorno. Se mi fossi guardato intorno regolando le mie decisioni sul comportamento di tizio e di caio, sul loro livello intellettuale e culturale, sulla natura delle scelte che li avevano spinti a fare i chitarristi, e sulla loro lealtà nei miei confronti, non avrei fatto nulla. Invece, capii che, se non valeva la pena di lavorare per la gente, valeva sì la pena di lavorare per l'umanità, quella nella quale credevo, e se non ne vedevo attorno a me dei campioni intemerati, ebbene, toccava a me cercare di incarnarne un modello. Oggi, vedi, non posso cantare vittoria - l'abominio dell'empietà che ci circonda esclude che, tra queste macerie, ci possano essere dei vincitori - ma una cosa sì, posso e devo dirla: la più grande vittoria che si può concedere all'ignoranza è il silenzio di coloro che sanno. Il tuo vecchio maestro, ag.
  17. Questi e questi Dove si possono vedere incipit di prima linea. Ecco un esempio di come può essere utile ed efficace un editore. Gilbert Biberian, che abita in Inghilterra, non sa nulla di questo forum, ma il suo editore puntualmente lo rappresenta. dralig
  18. Questo tipo di editore lo hanno - se non proprio creato, certo alimentato, gli autori fasulli che hanno contratto mutui in banca per finanziare la pubblicazione delle loro opere fasulle. Una riflessione come quella che fa Lei, da parte di un autore giovane, è sicuramente opportuna. Non devono esistere solo gli editori che scelgono gli autori validi, ma anche gli autori validi che scelgono gli editori capaci: tutto il resto - sedicenti autori che ingrassano sedicenti editori - è un inutile trambusto. dralig
  19. No, non le contraddice per niente. Matanya afferma che non ha mai pubblicato nulla che non lo convincesse per la sua qualità. Basta questo a dissipare ogni dubbio: l'editore, per prima cosa, deve credere nel valore di quello che stampa. Poi, si possono dare molti casi specifici. Per esempio, esistono delle istituzioni che sovvenzionano la pubblicazione di determinate opere - un noto editore di musica per chitarra ha lavorato per 20 anni grazie ai finanziamenti di un ente statale - e questo indubbiamente facilita le cose, ma è ben diverso dal caso di editori che pubblicano a pagamento senza filtrare le opere e dando alle stampe anche dell'immondizia musicale solo perché gli autori sono disposti ad assumersene l'onere. Matanya - lo so per certo - ha rifiutato composizioni di autori già "famosi" e ha pubblicato opere di autori sconosciuti unicamente in base a un criterio meritocratico, senza ricavarne alcun profitto. Scusi, che cosa c'entra questo con l'argomento in discussione? A quale scopo citarlo? E' difficile crederlo, ed è anche sbagliato: infatti, gli editori - tolti i casi di case editrici rette da una sola persona, che fa tutto da sé - si affidano a dei consulenti, chiamati lettori, i quali hanno il compito di leggere (per l'appunto) le musiche inviate dagli autori e di redigere delle relazioni, nelle quali, contrariamente a quello che si crede, non devono mai indicare se sono favorevoli e contrari alla pubblicazione, ma solo fornire indicazioni precise e dettagliate in riferimento a determinati parametri. Io ho svolto questo lavoro per 40 anni. dralig
  20. So che alcuni. Non solo nella storia, Fernando Sor per esempio, dopo aver rotto con Messonnier, ma anche oggi. Una cosa da ricordare in tutta questa discussione è che né compositori contemporanei, né i loro editori mai fare soldi dalla vendita della carta stampata, soprattutto nell'era della macchina copia e la pirateria. I soldi in questo business è da royalties meccaniche per le prestazioni e la registrazione. Questo è il motivo per cui alcuni editori molto grande, mai realmente stampare qualsiasi cosa, e se lo fanno di stampa, è in piccole tirature delle edizioni mal progettato, preferiscono acquistare i diritti per composizioni di compositori che potrebbero rivelarsi di successo sulla scena dei concerti e lo studio di registrazione. Quindi, se un giovane compositore fa o non investire denaro nella pubblicazione della sua musica, è una questione secondaria alla sua volontà di impegnarsi esecutori e assicurare che la sua musica viene eseguita e registrata. I grandi editori hanno i mezzi per fare questo per un compositore. I piccoli come me non hanno il tempo o il denaro per fare questa promozione. Ciao Matanya, io credo che alcuni compositori, nel passato come oggi, abbiano investito del denaro nella pubblicazione delle loro opere, ma operando come imprenditori, cioè come editori di sé stessi, non come clienti di un editore. Quando leggiamo nella copertina di un'edizione ottocentesca "in vendita presso l'autore, etc.", constatiamo che il compositore aveva fatto stampare la musica a sue spese, e poi la vendeva direttamente ai suoi clienti. Questo è fare impresa, prendendosene i rischi. E' cosa diversa dal pagare un editore perché si degni di stampare la propria musica. Io immagino che tu debba rifiutare le proposte di molti autori: la musica non ti piace, non sei il tipo che si nasconde dietro scuse, glielo dici chiaro e tondo - com'è nel tuo stile alla John Wayne - e la cosa finisce lì. Non ho mai sentito dire - e nel nostro piccolo mondo si viene sempre a sapere tutto di tutti - che tu abbia chiesto soldi a un autore che non stimavi per pubblicare la sua musica. Se lo sentissi dire, risponderei che è una menzogna. Sono d'accordissimo con te sul fatto che la vendita delle copie stampate della musica non rappresenti più una fonte di entrate per un compositore - e nemmeno per i suoi editori. A me, sembra opportuno mettersi d'accordo con il proprio editore e, rinunciando alle royalties cartacee, convertirne l'importo in copie da inviare in omaggio a coloro che si suppone possano essere interessati all'esecuzione o anche solo alla lettura. Invece di ricevere 100 dollari l'anno per la vendita della copie di un mio pezzo, preferisco far spedire 10 copie del medesimo a chitarristi che ritengo capaci di leggerlo e di capire che cosa vuol dire. Ciao. dralig
  21. Il che potrebbe indurre qualche soprovveduto a credere che i "professionisti" della composizione siano invariabilmente impuri e non autentici, dediti alla concorrenza, alla promozione e alla ricerca dell'acclamazione più che alla sostanza della propria opera. E che le viole mammole che tengono le loro composizioni nel cassetto siano invariabilmente pure e autentiche. La realtà è molto più complessa. Ci sono compositori di talento autentico e di impeccabile formazione le cui opere sono meritatamente note e riconosciute. Altri di poco o nessun talento e di formazione alquanto posticcia le cui opere sono sostenute da uffici stampa e da promozioni efficaci. E altri ancora che, appartenendo alla seconda categoria - quella dei poveri di spirito - credono fermamente di essere campioni della prima solo perché non sono famosi , e accusano il mondo del mancato riconoscimento del loro genio. E questa è solo una descrizione schematica della realtà che, ripeto, è intricatissima ed estremamente variegata. Io non conosco compositori di talento che non cerchino riconoscimento, e che non patiscano in qualche misura il fatto che le mezze tacche e le nullità sono talvolta più acclamate di loro. Ma nessuno di loro ha mai scelto di "creare e godere per se stesso" le proprie opere, "senza pretese di diffusione o condivisione": un compositore di questo tipo se l'è sognato soltanto Thomas Mann, il quale, per i suoi romanzi, il riconoscimento lo cercava eccome - e lo ottenne in misura almeno pari ai propri meriti. Chi è consapevole del proprio talento e del valore della propria opera fa quanto è in suo potere per renderla pubblica, anche se non è disposto all'intrigo e al meretricio: lo stile si denota non soltanto nella scrittura, ma anche nel comportamento personale. Conosco invece - e non di rado mi tocca sopportare - tipetti piagnucolosi che, scimmiottando puerilmente qualche maestro del passato, credono fermamente di esserne la reincarnazione, e si accorano per la mancata condivisione, da parte del mondo della musica, di tanto convincimento. Costoro sono anche più molesti degli Zeppelin che offrono i frutti della loro pochezza con il favore delle istituzioni irresponsabili: entrambi i tipi sono fuori dalla realtà, ma i pallone gonfiati sono più allegri e coloriti, insomma più divertenti. dralig
  22. Vuol dire che l''editore non ritiene di investire il proprio denaro e il proprio impegno nelle opere di un compositore, perché non lo ritiene valido oppure perché, pur considerandolo valido, ritiene che non abbia possibilità di destare l'interesse dei potenziali acquirenti della sua musica. Nel 1929, Max Eschig non pubblicò le "Douze Etudes" di Heitor Villa-Lobos, un compositore nel quale, d'altra parte, credeva - visto che aveva pubblicato e avrebbe continuato a pubblicare la sua musica per orchestra, pianoforte, etc. L'editore riteneva che i chitarristi di allora non fossero in grado di comprendere la musica del maestro brasiliano, e la stampò solamente nel 1954, e non senza l'avallo di una presentazione di Segovia. Gli editori non sono dei critici, ma degli imprenditori. Il loro giudizio è uno dei tanti giudizi che possono essere formulati nei riguardi di un autore e delle sue opere. Certo, chiedere denaro a un autore vuol dire sfiduciarlo in partenza. E pagare gli editori vuol dire, da parte degli autori, che la fiducia nella propria opera è pari a zero. dralig
  23. Una postilla, spero non inutile. Un lettore professionale di musica impiega non più di qualche secondo per guardare la prima pagina di una composizione e rendersi conto della sua sostanza. Gli editori esistono anche - e soprattutto - per scoprire i compositori sconosciuti, e in questo precisamente consiste l'abilità dei consulenti pagati per riconoscere, a vista, il frutto del talento e della preparazione e distinguerlo dalla rumenta (per i non piemontesi: immondizia). Chiedere al compositore sconosciuto che ha inviato anche solo un foglio d'album di pagare per pubblicarlo, vuol dire o non essere capaci di distinguere il grano dalla paglia o essere degli editori di cartapesta. Dai tempi della Bibbia, il grano e il loglio crescono nello stesso campo, e la stessa pioggia cade sia sui giusti che sui criminali, e proprio per questo occorre tenere saldo in pugno il timone. dralig
  24. Caro Giorgio, no, non si può accettare. Ti spiego perché: un editore è un imprenditore, e a questo mondo non può esistere un'impresa esentata dall'assumersi rischi. Chiedere agli autori di prendere sulle proprie spalle tali rischi vuol dire eludere le responsabilità del proprio mestiere: allora, gli autori che credono nel proprio lavoro e sono convinti del loro valore, eviteranno accuratamente di avere che fare con editori che invece non ci credono per niente. Quindi, nessuno - dico nessuno - dei compositori che io conosco ha mai speso un centesimo per far pubblicare la propria musica. Altro è il discorso riguardante i compositori della domenica, le mezze tacche e le nullità: questi tipi tormentano gli editori per farsi pubblicare, e in sostanza chiedono di adoperare il nome di una casa editrice per accreditare lavori che non hanno nessun valore. Decenni fa - quando la musica di qualità si vendeva - gli editori rifiutavano queste composizioni senza esitazione. Oggi, con la caduta delle vendite della musica stampata e l'avvento delle fotocopie e della pirateria, molti editori "noleggiano" il loro marchio a questi disperati, e si fanno pagare profumatamente - ben al di là dei costi che devono sostenere per stampare qualche centinaio di esemplari - allo scopo di finanziare le loro iniziative editoriali valide. E' un comportamento molto discutibile, ma diverso da quello dei finti editori che, a proprie spese e a proprio rischio, non pubblicano nemmeno gli autori meritevoli. Agli autori giovani e capaci, consiglio di non prendere nemmeno in considerazione l'ipotesi di farsi pubblicare a pagamento, anzi, li esorto a valutare quali effettivamente siano le capacità degli editori, affidandosi solo a quelli che sanno diffondere e sostenere la musica che stampano. Sono pochi, e loro soltanto meritano la lauta percentuale dei diritti d'autore che si riservano nei contratti. Diversamente, è meglio, per un autore giovane, pubblicare le proprie opere online, senza pagare nessun editore per un servizio che comunque non verrà reso. dralig
  25. Per la stragrande maggioranza dei "concertisti" di chitarra oggi in attività, esiste una scusante validissima: che, di suonare il brano in questione, non sono capaci. Ho udito con le mie orecchie una star della chitarra, anni fa, dichiarare che la Fantasia-Sonata è un brano orribile. Gli ho domandato su quali basi si fondasse il suo giudizio, e ha risposto - davanti a una dozzina di presenti - che non gli piaceva. Mi è stato facile far osservare che tra il repertorio della chitarra e il menù del ristorante c'è qualche differenza. Lui non ha capito, ma gli altri si. dralig
×
×
  • Aggiungi...

Informazioni importanti

Usando il Forum dichiari di essere d'accordo con i nostri Terms of Use.