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Angelo Gilardino

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  1. Grazie per la spiegazione. A commento della vicenda editoriale starebbe bene un aforismo (che però ora non ricordo con precisione) il cui senso è che a volte si ottiene di più chiedendo di meno Evidentemente l'editore americano ha capito la portata del lavoro. Complimenti ancora. Butterfly P.S.: Veramente l'Andalusia è un po' lontana dal mare...ma facevo riferimento a un'immagine simbolica (gasp). Non intendo dare lezioni di geografia a nessuno, ma ho l'impressione che Malaga sia messa più o meno come Genova. dralig
  2. Dappertutto dove un'articolazione di note a coppie la rende calzante - per esempio nel "Capriccio diabolico" di MCT le coppie di semicrome, oppure, con altra concordanza, le biscrome della variazione "Gently rocking" del "Nocturnal" di Britten, etc. etc dralig
  3. Certo, rinunci a ottenere uniformità di suono tra dita conformate così diversamente quali sono il pollice e l'indice. L'idea che tutte le dita debbano dare lo stesso suono è irreale, o meglio cartesiana, ma non ha riscontro nella pratica. Certo, la mente governa gli impulsi e può impartire alle dita ordini che, cartesianamente, non contemplano differenze di intensità o di modo d'attacco, ma resta il fatto che le leve che agiscono sulle corde sono strutturalmente e morfologicamente diverse: la mente non può annullare tali differenze. Conviene invece imparare a conoscere alla perfezione i suoni che ciascun dito ottiene dalle corde, e adoperarli consciamente a fini estetici. La diteggiatura contempla anche questo aspetto. Usando l'alternanza p-i si ottiene una successione di impronte paragonabili, come articolazioni, a quelle dell'arco in giù e dell'arco in su del violino, o del plettro del mandolino. E' un'articolazione utilissima a fini espressivi. L'uniformità, se la levi dalla testa. dralig
  4. Molto molto bella. Complimenti a tutti. Anche a me piace la copertina, è bella l'idea che la buca della chitarra sia la riva di un golfo aperto su un mare profondo, ma mi sembrava un po' limitativo notare la veste estetica della partitura. Comunque è scelta con gusto, mi chiedo anzi a chi spettano le scelte grafiche e chi è l'illustratore. Butterfly La copertina è stata creata da uno studio grafico di Milano che lavora per le edizioni Curci. Con le quali io non avevo mai collaborato prima (il 99% del mio lavoro è pubblicato dalle Edizioni Bèrben). Dopo avere preparato la trascrizione, l'anno scorso mi rivolsi necessariamente all'editore americano Edward B. Marks (proprietario dei diritti di Lecuona) per ottenere una licenza di pubblicazione della trascrizione con le Edizioni Bèrben. La risposta fu un secco no. Ma un mese dopo, arrivò un messaggio del loro capo che - complimentandosi per il lavoro - diceva che lo avrebbero pubblicato loro. E mi rimandarono alla loro consociata italiana, le Edizioni Curci, per la stipulazione del contratto e per l'edizione sorgente. Ecco fatto. Ora la trascrizione verrà pubblicata anche da Marks. dralig
  5. Si, ha ragione, non ci arrivo proprio. Però non si perda d'animo, qui ci troviamo in un forum con persone che hanno capito Kant e Heidegger, e quindi la Sua Parola non è spesa invano. dralig
  6. Non riesco ad entrare.. come e dove ci si iscrive? Devi creare un account a partire dal tuo lettore di news (Outlook Express? Oppure, se usi Mac, trovi dei newsreader gratuiti in Internet, ne devi scaricare e installare uno). Esattamente come ha fatto creando il tuo account per la posta elettronica, ma nelle news. Il tuo IP ti dà accesso a un server di news che devi indicare nel tuo account dralig
  7. Angelo, potresti darci anche il link direttamente al post del forum americano? Grazie. In quanto all'esecuzione, è sicuramente molto pulita, come dici tu, ma l'ho trovata un tantinello scolastica... E' una newsgroup, Francesco, s'intitola rec.music.classical.guitar, la puoi leggere con un lettore di news (outlook express va benissimo), dopo esserti iscritto. E' una newsgroup senza moderatori, quindi attenzione, è una giungla, piena di bestie feroci. dralig
  8. Non sia così restrittivo, e lasci ai suoi simili perlomeno la speranza. Un malato di depressione può - sia pure a prezzo di sforzi enormi - uscire di casa, essere investito da un'auto, accolto nel reparto traumatologico dell'ospedale con una prognosi di 90 giorni, e lì pervenire alla conoscenza della condizione del ricoverato, assommandola a quella, già esperita, del depresso (ingessato e appeso ai tiranti, non avrà modo di suicidarsi). Lascerei speranze anche maggiori al ricoverato in ospedale che, dovendo essere operato, ha ragionevole probabilità di essere spedito al creatore dall'anestesista, di contrarre un'infezione da degenza, di ritrovarsi al risveglio operato di ernia addominale invece che di appendicite, nonché quasi sicuramente derubato degli effetti personali (telefono cellulare, portafogli, fazzoletti di carta, etc) da lui incautamente depositati nell'armadietto accanto al suo letto. Una bella depressione è quindi alla sua portata, e con ciò lo stato della Duplice Conoscenza, che Lei sembra volergli precludere. Sia generoso e lungimirante, e accordi agli esemplari delle Sue tipologie cognitive anche ulteriori possibilità, per esempio quella - accessibile sia ai ricoverati che ai depressi - di abbandonarsi senza resistenze culturali alla condizione di telespettatore, di tifoso di una squadra di calcio, di alcoolista, di chitarrista... dralig
  9. Nel corso di una discussione in atto sul selvaggio forum americano RMCG, il chitarrista Stanley Yates ha gettato stamane il link a due files - autopiratandosi - per argomentare un suo concetto. Indipendentemente dalla discussione in atto - alla quale non prendo parte e alla quale dubito assai che chiunque voglia partecipare, tra gli iscritti di questo forum - riporto il link. Credo che sia temporaneo. Contiene la riproduzione in formato pdf di una delle composizioni di AG e, in formato mp3, una trasparente esecuzione della medesima da parte dello stesso Yates. Una lezione di pulizia. http://www.stanleyyates.com/winterzeit.html dralig [Mod Edit] I file sono disponbili anche da questi link: PDF: https://googledrive.com/host/0B5mkGxzWFAzneVhack9ycmJDVEE/winterzeit.pdf MP3:https://googledrive.com/host/0B5mkGxzWFAzneVhack9ycmJDVEE/winterzeit.mp3 [/Mod Edit]
  10. Jorge Gomez Crespo (Buenos Aires, 1900-1971è stato il maggior compositore-chitarrista argentino del secolo xx. Non fu un concertista puro, anche se suonava abbastanza spesso alla radio nazionale, ma uno strumentista che si serviva dello strumento per comporre. Non scrisse molti pezzi, né si avventurò al di fuori dell'orto chitarristico, ma la sua musica è bella. Brani ispirati al folclore argentino, però depurati e scritti con una tavolozza armonica tutt'altro che banale. Fu anche ottimo trascrittore di musica composta per pianoforte dai maggiori compositori argentini del Novecento storico: Julian Aguirre, Gilardo Gilardi, Carlos Lopez Buchardo e Alberto Williams. Si può dire che queste trascrizioni e la sua musica originale per chitarra formano un corpo unico e coerente. Fu uno dei pochissimi chitarristi-compositori che, viventi, godettero della stima di Andrés Segovia, che rese celebre nel mondo la "Nortena", uno dei sei movimenti di una suite intitolata "Serie Argentina" (Preludio, Vidala, Cantar, Estilo, Nortena, Pampeana). Non si guadagnò da vivere con la musica - come Benvenuto Terzi, era impiegato pubblico di rango. La sua musica è ancora in gran parte inedita. dralig
  11. La Sonata n. 4 (Italiana) di Guido Santorsola è stata incisa da Antonio Rugolo nel disco intitolato "Guitarreo/musiche rioplatensi" per l'etichetta Stradivarius, Guitar collection (direttore F. Zigante), vol. 9. Le note del fascicolo - scritte da AG - contengono informazioni di base, utili per incominciare a conoscere l'autore. dralig
  12. Ha fatto un ottimo lavoro, da solo e, nel concerto per due chitarre, insieme a Micheli. Meritavano un'orchestra migliore. dralig
  13. Infatti .. mi chiedo spesso se un Beethoven o un Bach si ponessero problemi di "funzioni parallele" o.. altre cose del genere quando la loro musica è cosi esplicita di "potenza espressiva e profondità"... nel leggere a volte alcune analisi mi viene, confesso, un senso di perplessità come quando qualcuno tenta di descrivere i voli empirici di un fantasma!! senza aver avuto il dono di..esserlo.. non so forse sono troppo "ingenuo" e idealista".. ma ho sempre pensato che nella musica ci sia già... tutto, nel bene e nel.. male.. basta solo.. cercarlo.. io cerco di "usare" la teoria "solo" per spiegarmi a posteriori ciò che provo nel "sentire" e leggere un brano di musica e non sempre, in effetti le terminologie tecniche possono venire in aiuto di ciò che cela il significato musicale... e penso onestamente che sia un.. bene.. marcello Si, certo, è utile e doveroso legare le formulazioni teoriche a un lessico preciso, ma farne una religione è cosa da conventicole. dralig
  14. Ad un primo sguardo che avevo già visto grazie alla segnalazione di Fabio Selvafiorita riguardo questo link, mi pare di capire che si torna "in ballo" sul problema delle terminologie armoniche delle varie teorie : funzionale, della teoria dei gradi fondamentali, basso numerato (reale) e altre.. adottate storicamente e che il problema in sintesi è l'adottare a volte in contesti storici una tipologia di analisi "scorretta" con le terminologie...mi spiego (se ho capito).. sarebbe più idoneo analizzare magari Bach con l'armonia funzionale essendo in contesto barocco e cosi di seguito... questo comporta diverse interpretazioni nei vari trattati in cui si "sente" dire magari che nel tale passo vi è una modulazione al tono x mentre magari è solo una tonicizzazione secondaria adottatat con le dominanti secondarie (schonberg, teoria dei gradi fondamentali)... penso si tratti di questo..ma approfondirò.. e sicuramente saremo presto illuminati... interessante comunque..è un problema che mi ha attanagliato per ben dieci anni questo delle teorie. armoniche... con cui "litigavo" con i miei professori di armonia.. perchè io leggevo di nascosto De la Motte/Schonberg/ Ratner (molto interessante) ma dovevo usare la teoria del basso numerato.. marcello Anche il lessico musicale cambia, ed è naturale che il significato dei termini non sia lo stesso di epoca in epoca e anche - nella stessa epoca - in lingue diverse. Anni fa, in una discussione promossa da Matanya Ophee, che metteva a confronto diverse revisioni di uno stesso pezzo di musica per chitarra dell'Ottocento, Stanley Yates (peraltro uno dei maggiori sostenitori della mia musica e uno dei miei migliori interpreti) mi rimproverò l'uso scorretto del termine "appoggiatura", da me adoperato per definire una nota estranea a un'armonia di tonica in battere, dichiarando che era solo un'ornamentazione superficiale senza dignità di appoggiatura (per essere tale, deve risultare da uno scostamento dell'intera armonia, tolto il basso, oppure del basso, rispetto alle altre parti). Che dire? Lui ragionava da americano e io da italiano. Ma l'armonia la sapevamo entrambi (almeno mi pare). Non credo che sia drammaticamente importante stabilire quando è proprio usare il termine modulazione e se per gli analisti europei sia corretto l'uso della locuzione "cambio armonico", presa direttamente dall'inglese, che io adopero spregiudicatamente, e se, quando non c'è modulazione con conferma cadenzale, parlare di modulazione transitoria sia davvero un'infrazione alle leggi di natura. Si tratta di varianti lessicali all'interno di diversi sistemi, non è il caso di appassionarcisi...L'importante, alla fine di un'analisi, è pervenire a conclusioni chiare, che permettano di fissare i cardini di un'interpretazione, influendo direttamente (e questo lo sottolineo) sulle decisioni riguardanti il fraseggio, le articolazioni, la dinamica, l'agogica, etc. Di strumenti analitici che, tramite la lettura del testo musicale, pervengono a conclusioni prive di influenza sull'interpretazione, l'esecutore può anche disinteressarsi. In generale, suggerisco di non studiare mai nella prospettiva di dover rispondere a domande di un esaminatore o di doversi allineare alle vedute di un trattatista: quello che importa, è portar fieno in cascina... dralig
  15. Bisogna considerare la forma variazione specificamente usata da ogni singolo autore in ogni singolo pezzo. Se la variazione consiste soltanto in una ornamentazione per diminuzione o per altre modeste varianti, e lascia comunque percepire chiaramente gli stessi profili motivici del tema, allora (di regola) si suona con lo stesso tempo del tema, proprio per far percepire che il compositore non intende spostare il fuoco dell'ascolto dai profili motivici: la regolarità del tempo diventa un ancoraggio e una guida nella percezione della forma della variazione, che opera sulla superficie e non sulla sostanza. Questo caso è abbastanza comune in molti cicli di variazioni per chitarra nel secolo XIX, dove per variazione s'intende semplicemente fioritura o complicazione ornamentale delle superfici. Se la variazione consiste invece - fermo restando il percorso armonico del tema - in una sostituzione dei motivi tematici con nuovi motivi inventati dall'autore, allora è ben difficile che lo stesso stacco di tempo possa risultare giusto: cambiando i motivi, cambia il carattere, e ogni variazione tende a diventare un pezzo in sé (anche se ovviamente permangono le relazioni di affinità e di contrasto con ciò che precede e con ciò che segue). Sor, in questo senso, è un compositore delicato, perché le sue ornamentazioni del tema hanno sostanza motivica, cioè fiorisce e trasforma al tempo stesso... E' quindi necessario riflettere attentamente sulla forma e sul carattere di ogni singola variazione. Suggerisco comunque un artificio secondo me efficace. Se si eseguono variazioni ornamentali senza variante motivica e di carattere, è bene attaccarle insieme, come se fossero un pezzo solo. Si stacca con una lunga pausa quando arriva una variazione diversa, per esempio in Giuliani la variazione di rottura, con il passaggio al modo minore se il tema è maggiore e viceversa, e con l'aggiunta di una coda che dà alla variazione ornamentale l'ampiezza e la dignità di una variazione figurata e ampliata. Esempio, le famose variazioni op. 107 su tema di Haendel, si dovrebbero suonare così: tema e cinque variazioni per diminuzione graduata (anche se con sostituzioni motiviche) senza interruzione e allo stesso tempo, come un pezzo solo, poi una bella pausa, la variazione con coda in modo minore a un tempo più lento, e poi, dopo una bella corona sull'ultimo accordo minore, l'entrata del finale con tempo accelerato, anche rispetto al tema. La coda a rotta di collo (chi più ne ha...). Nelle famose variazioni op. 9 di Sor, solo la prima variazione, che è un mero ornamento del tema, allo stesso tempo, tutte le altre con tempo proprio e separate da brevi pause. Le variazioni op. 45 di Giuliani sono formalmente insidiose, e richiedono un interprete molto fine: infatti, che cosa fa, il bastardo? Parte da un tema polifonico e variazione per variazione lo corrompe fino a trascinarlo (nella variazione in modo maggiore) in area melodico-armonica. quindi per forza lavora di motivo e di carattere. Il tema e la prima variazione sono una cosa sola (ma attenti al profilo melodico della variazione, il chitarrume non si accorge dell'insidia e la suona senza saperlo in 6/8, salvo poi non riuscire a rientrare nella metrica principale nelle ultime battute), poi ogni variazione va per conto proprio, ma non per contrasti, per leggeri spostamenti. E' una composizione musicalmente difficile, sotto la sua parvenza sempliciotta e disadorna. Finisce però in modo indecente. dralig
  16. Mi associo. Scriverò in altra sede di questo eccellente lavoro dei due chitarristi di Varese, che hanno reso un grande servizio alla musica di Giuliani, prima con l'incisione dei concerti e ora dei brani per due chitarre. Summa cum laude.
  17. Li trasformi in tanghi, con dovizioso spiegamento del ritmo emiolico. Ne verranno fuori i tangos poeticos, una meraviglia, proprio quello che ci vuole per i festival di chitarra del pianeta. dralig
  18. Non è da escludere che, preso l'anno scorso dalla febbre compositiva per la chitarra eptacorde russa, io ne veda tracce dappertutto, e che dunque l'abbia infilata, per un abbaglio, anche in "Guerra e pace". Ma ho ancora fiducia nella stanca memoria. Verificherò. dralig
  19. Guerra e pace, e più in generale la letteratura russa. Ricordo ad esempio qualche accenno in Zio Vania di Cechov, se non erro. Bravissimo. In "Guerra e pace", se ben ricordo, c'è addirittura una menzione dei due tipi di chitarre, quella esacorde e quella eptacorde russa. Mi ero ripromesso di rintracciarla, ma non l'ho ancora fatto. dralig
  20. Semmai, bisognerebbe aggiungere dei bassi che la chitarra non ha, altro che impiccare la tessitura in alto! dralig
  21. Questo è il modo giusto per fare della critica seria. La grande scrittrice americana Flannery O'Connor, rispondendo a un editore che aveva sollevato obiezioni sul suo primo romanzo, risponde infuriata: "I suoi commenti mi sembrano indirizzati a una ragazzina leggermente idiota. Io sono disposta ad accettare critiche soltanto nell'ambito di quello che sto cercando di fare". Che cosa vuol dire? Semplice: per fare della critica seria e utile, occorre per prima cosa comprendere l'artista, rendersi pienamente conto del suo modo di essere e della sua visione del mondo, di ciò che gli è proprio e peculiare: solo partendo da lì sarà possibile adoperare - con un diritto culturale e con qualche efficacia - lo strumento critico. Criticare, come aveva fatto l'editore, a partire da una posizione di incomprensione, di estraneità, di pregiudizio, è solo prova di pretenziosa ottusità, di pigrizia mentale, di stolto autoritarismo culturale: e giustamente, la scrittrice, per nulla intimorita dal fatto di star parlando al suo futuro editore, rifiuta con sdegno e irritazione la critica fasulla, e la rispedisce al mittente. A che cosa serve criticare un'esecuzione di un brano di musica? E a chi? Il chitarrista ignoto che da Calcutta manda un messaggio a un forum di colleghi dicendo che le esecuzioni del chitarrista di Aberdeen non gli piacciono fa della critica? A chi giova il suo "non mi piace"? Adduce qualcosa alla conoscenza dell'autore e della musica? Influisce in qualche modo su un qualsiasi processo culturale? Fa anche soltanto della pura e semplice - ma perlomeno utile - informazione? In quale modo, per quale strada? Quando si leggono le pagine dettate dai critici che sanno fare il loro mestiere, per prima cosa si trovano sempre le premesse che costituiscono i fondamenti della critica. Ci si occupa di un interprete? Bene, la prima cosa da fare è inquadrare il repertorio che suona, lo stato di questo repertorio nella storia già scritta delle esecuzioni esistenti (una cosa è incidere per l'ennesima volta il "Concierto de Aranjuez", altra è il registrare per la prima volta brani appena editi), e subito dopo è necessario dar prova di aver colto qual è, alla base, l'approccio dell'interprete a tale repertorio: si pone come una lettura innovativa o segue le orme già tracciate dagli interpreti precedenti? Se è un'interpretazione innovativa, in che cosa consiste l'innovazione, quali ne sono gli aspetti evidenti e reconditi, quale il potere di rivelazione nei riguardi della musica eseguita? Se invece l'interprete seguita un sentiero sul quale ci sono già delle orme, perché lo fa, con quale scopo, in che cosa, pur collocandosi nella scia de deja entendu l'esecutore di rende utile? Fatto questo, si può motivatamente esaminare la coerenza e la pienezza della realizzazione che l'interprete dà al suo progetto, e in questa fase si possono rilevare le eventuali debolezze, sempre facendo riferimento all'opera eseguita - della quale (è ovvio!) il critico dev'essere conoscitore profondo, altrimenti come può valutare servizi e disservizi resi dall'interprete alla musica? Questo è critica. Il resto è pettegolezzo da ballatoio, chiacchiera, esibito per il puro piacere di mettere in mostra il proprio parere, per attribuirsi l'esercizio di una capacità di giudizio smentita in dal modo stesso con cui si parla e si scrive, per annettersi una ridicola imitazione dell'autorevolezza. Certo, le carte costituzionali riconoscono ai cittadini il diritto di esprimere la loro opinione. Ma invocare siffatto diritto a proposito dell'esercizio della critica d'arte è intrinsecamente stupido: quando il privato cittadino va ad acquistare un CD in un negozio, esercita il diritto di opinione, compra ciò che gli piace (fosse anche un CD del più scalcagnato dei cantautori) e non gli passa per la testa di comperare ciò che non gli piace (fosse anche Mozart), poi incontra sul pianerottolo di casa un vicino al quale rivela con soddisfazione di essere un ammiratore del genio che ha inciso il CD: nessuno può aver nulla da ridire. Il signor Rossi del suo denaro fa quello che vuole ed esercita il suo diritto di opinione in campo musicale con le sue scelte sacrosante: l'indomani, però, non leggiamo i suoi giudizi sul "Corriere della Sera" o sul "Giornale della Musica", e il fatto che i suoi giudizi non vengano presi in considerazione dalla stampa specializzata non gli sembra lesivo del suo diritto di opinione e di espressione - già esercitato all'atto dell'acquisto del CD e sul pianerottolo di casa. Il chitarrista di San Martino di Castrozza che si avventa in un forum contro il CD di un collega di St. Louis non sta facendo della critica: è solo un signor Rossi che, credendosi un critico, suppone di poter dare alle sue opinioni da signor Rossi una risonanza più ampia di quella del cortile del condominio dove abita. Nella migliore delle ipotesi, si rende ridicolo. In ipotesi meno indulgenti, invece, è solo un invidiosetto che cerca di sminuire il lavoro altrui, avvantaggiandosi (apparentemente) del fatto che chi suona, incide, compone, scrive, è esposto, mentre lui - il critico - non lo è, perché - oltre a proteggersi con un nom de plume - non fa assolutamente nulla, al di là di qualche stento esamino in qualche conservatorio (e magari con risultati non precisamente brillanti). La critica non c'entra niente. E' solo flatus vocis. dralig
  22. In Cimarosa, non c'è il minimo dubbio: gli abbellimenti si eseguono "in battere", ossia togliendo valore alla nota reale successiva. In Giuliani, è convenzione invalsa - e suffragata da quanto si legge nelle opere didattiche - eseguire gli abbellimenti ancora in battere, anche se, per esempio, nella coeva letteratura pianistica (Beethoven) è abbastanza normale ascoltare abbellimenti eseguiti "in levare". Diciamo che si potrebbe, in certi casi, quando l'abbellimento non è la classica appoggiatura (che va comunque eseguita in battere) ma per esempio un gruppetto, collocarlo con bella resa estetica in levare. A questo proposito, si possono classificare gli abbellimenti classici (Giuliani e gli italiani, Sor e Aguado, i viennesi) in due categorie: quelli ornamentali (e stanno bene in battere) e quelli melodici, che per il loro profilo si inseriscono nel ductus melodico, e questi stanno meglio eseguiti in levare. Ovviamente, si anticipa, rispetto al "battere", solo l'ornamentazione, e non anche il basso coincidente, che - non abbellito - resta in battere. Nei romantici, anche se la convenzione chitarristica seguita a far eseguire gli abbellimenti in battere, credo che non ci debbano essere dubbi: in levare. Se vuole, può leggere nel manuale intitolato "La chitarra" (EDT Torino) la trattazione svolta sull'argomento specifico nel capitolo intitolato "La notazione", dove troverà sia la realizzazione scritta degli abbellimenti tarreghiani che la descrizione della tecnica per eseguirli. dralig
  23. Anche a me non piace propio. Non che non sia brava per carità,pero' mi sembra tutto fatto con le mani e non con l'intelletto. Il pezzo a mio umile avviso è orribile. Nella stesura di siffatte sentenze, la maschera dell'aggettivo "umile" non sta sul volto del giudice nemmeno in questi giorni di Carnevale. Di fronte a ciò che non piace, l'umile si domanda se sia egli in grado di giudicare e, in forza dell'umiltà, pur dissentendo, tace. Niente contro i lupi, "per carità", ma travestiti da agnelli e da fratini di san Francesco proprio non sono credibili. dralig Pensi cio' che vuole. Ho il permesso di fare questo? Davvero, l'umiltà è capace di prodigi. Espletare significa portare a termine, compiere, completare. Impari il significato delle parole, prima di adoperarle, altrimenti la Sua umiltà risulta ancora meno credibile di quando se ne dà credito diretto. Non occorre che lo manifesti: chi si lascia andare a giudizi come i Suoi nei confronti di una collega implica sempre e comunque un'ammissione di inferiorità. Che adesso è pubblica. Né io Gliel'ho chiesto. Infatti - ove leggesse le affermazioni alle quali risponde - si accorgerebbe che nessuno Le ha contestato il diritto di dire quello che pensa e forse capirebbe che, dal momento che lo dice in pubblico, Lei non può sottrarsi alle considerazioni che altri può esprimere su quello che dice Lei: che cos'è questo, un forum, oppure un tribunale di cui Lei è il giudice idi appello, quello che ha l'ultima parola? Se Lei giudica le esecuzioni della Vale, io giudico i Suoi giudizi. E la rimando ai lettori, che sono centinaia: che cosa crede, che pendano dalle Sue labbra? O che diano alle parole lo stesso significato che dà Lei, che "espleta" le Sue sensazioni? Travestito e riconosciuto. E la storiella dell'umiltà, la racconti altrove: qui, non Le crede proprio nessuno. dralig
  24. Anche a me non piace propio. Non che non sia brava per carità,pero' mi sembra tutto fatto con le mani e non con l'intelletto. Il pezzo a mio umile avviso è orribile. Nella stesura di siffatte sentenze, la maschera dell'aggettivo "umile" non sta sul volto del giudice nemmeno in questi giorni di Carnevale. Di fronte a ciò che non piace, l'umile si domanda se sia egli in grado di giudicare e, in forza dell'umiltà, pur dissentendo, tace. Niente contro i lupi, "per carità", ma travestiti da agnelli e da fratini di san Francesco proprio non sono credibili. dralig
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