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Piero Bonaguri

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  1. Concordo con tutte le osservazioni fatte dai colleghi. E' vero che nel programma ministeriale non è prescritto che il brano contemporaneo sia edito; ma, rispetto al rischio di fare una scelta che una commissione o un direttore possa giudicare inaccettabile (con la conseguenza di accettare l'eventuale annullamento dell'esame o, in alternativa, imbarcarsi in lunghe ed incerte battaglie legali per ottenerne il riconoscimento) ritengo più conveniente proporre qualcosa di edito e di livello adeguato.
  2. Sono stato assente dal forum per qualche giorno e constato che la discussione si è molto allargata. Intervengo per un paio di precisazioni su cose da me affermate in precedenza. Una di quelle che intendevo dire è che, terminato il compositore il suo lavoro, quello dell'interprete consiste nel far vivere il pezzo (Stravinski direbbe che il compito dell'interprete è il passaggio tra la musica in potenza e quella in atto). Per questo dicevo che le potenzialità contenute nel pezzo di musica (addirittura oltre le intenzioni o la consapevolezza totale di chi pure il pezzo l'ha scritto) emergono, o continuano ad emergere indefinitamente, quando questo, "in atto", viene suonato per qualcuno. In un rapporto aumenta non solo la coscienza di sé, ma anche di quello che si sta proponendo. A me non capita solo quando suono, ma anche quando insegno, e credo che questo sia forse l'aspetto più bello, del suonare come dell'insegnare, e che tantissimi insegnanti potrebbero testimoniare. Non è che prima uno non sappia cosa dire, ma nel comunicarla ad un altro la cosa si riscopre ogni volta di più, si illumina, si arricchisce di nuovi significati. Segovia diceva che la interpretazione è una "sintesi in continua espansione"; credo che questa espansione ad un certo punto sia favorita anche dalla comunicazione del pezzo, che introduce nuovi elementi. Per questo sono veramente curioso, prima di un concerto mio, di quello che verrà fuori, e diversi compositori che conosco mi hanno detto di avere scoperto aspetti nuovi del loro pezzo attraverso quello che succede quando lo sentono suonare. E' vero che si tratta di un processo di maturazione, e grandissimi interpreti hanno anche sofferto di paura da palcoscenico, pur continuando a lavorare, che si vedesse o meno (credo che anche Segovia ne abbia sofferto, oltre a Julian Bream). E' importante che questa cosa non blocchi, e la consapevolezza di cui sopra aiuta. Per quanto mi riguarda, so ad esempio che al termine di un concerto sono molto più sciolto che all'inizio - però bisogna pure iniziarlo, il concerto. E ho imparato come anche l'emozione e perfino i suoi riflessi fisici possono essere anch'essi incanalati ed usati. Posso provare ad usare bene l'inizio di un concerto (con i suoi riscontri psicofisici su di me che ormai conosco) come anche la seconda parte (nella quale in genere mi sento diversamente, più sciolto - e anche questo comporta possibilità e rischi) Quanto ai farmaci, ansiolitici, betabloccanti eccetera, io non li uso e non li consiglio. Non escludo che in qualche situazione estrema (un disagio psicologico o fisico dell'ultimo momento, ad esempio) sia meglio averli sottomano piuttosto che annullare l'impegno(un esame, per esempio) improvvisamente. Però sarebbe meglio che rimanessero confinati alle emergenze, e che sul resto dei problemi si lavorasse, continuando nel frattempo a suonare, come tanti fanno, affrontando quel problema come tanti altri con cui si deve convivere nella vita vera. Come diceva quel famoso allenatore di pallavolo, Velasco, l'alzata non si discute, si risolve! Lo dice qui, è molto istruttivo anche per noi!:
  3. Un farmaco credo di no. Una cosa che aiuta tantissimo me è suonare per amici, per gente che mi ascolta non "col fucile puntato" o con indifferenza o in maniera "tecnicistica," ma semplicemente desiderosa di ascoltare qualcosa di bello e coinvolta cordialmente con me che cerco di proporglielo. Questa esperienza per me è come un paradigma, un modello cioè, a cui cercare di rifarmi, per quello che dipende da me, anche quando suono in situazioni più "fredde", neutre o addirittura con qualche punta di ostilità. L'adolescenza, con i suoi lati belli e brutti, passa da sola quando è ora; importante è che nel passare non ci lasci poi cinici, disincantati, senza entusiasmo per le cose belle e grandi e solo "affaristi"; qualche amicizia vera può fare la differenza.
  4. C'è un aspetto che mi sembra giusto rimarcare. Suonare in pubblico fa fare un passo avanti alla interpretazione ed alla stessa comprensione del pezzo da parte di chi suona (a me succede sempre), nel senso che la comunicazione tra interprete e pubblico svela aspetti del pezzo che prima rimanevano latenti, come allo stato potenziale (oltre ad evidenziare, proprio per questo motivo, anche possibili lacune dello studio come ad esempio certe scelte di diteggiatura. Questo è evidentissimo per me quando paragono le opere diteggiate a tavolino a quelle pubblicate dopo il rodaggio di esecuzioni di un grande interprete). Da questo punto di vista mi sembra che il vero problema non sia l'uso o meno di un farmaco (io non li uso, ma in condizioni particolari psicofisiche una eccezione non mi scandalizzerebbe) quanto il percepire la esecuzione pubblica per quello che è, una risorsa anche per chi suona (in questo senso non la vedo come una lotta, con se stessi e tantomeno con il pubblico, anche se ci fosse in esso qualche "malintenzionato" - ogni tanto capita). Si può benissimo decidere di fare a meno di questa risorsa, specie se si suona solo per diletto, ma occorre essere consapevoli che si perde qualcosa di bello. Faccio fare ai miei allievi in conservatorio una esercitazione di classe al mese proprio per questo motivo. Nessuno è costretto a suonare e se il pezzo non è pronto sono io il primo a dire all'allievo di aspettare, ma l'idea è che suonando per qualcuno (non in lotta o contro qualcuno) si fa una esperienza artistica finalmente compiuta. Aiutare l'allievo a percepire il suonare in pubblico così lo ritengo parte del mio compito di insegnante.
  5. Ma usa lo sgabello per mungere o per studiare? Scherzi a parte: in concerto quando posso avere lo sgabello da pianoforte lo uso volentieri. Per studiare a casa non lo uso - ma certo deve andare bene anche lì...mentre ho trovato utile contro il mal di schiena qualche seggiola girevole da ufficio. Ne ho provate diverse trovandone una che per me andava benissimo...all'Ikea! Era tra l'altro una delle meno care, si chiama Stefano (la sedia!), o qualcosa del genere. Con quella, il Gitano e un po' di stretching fronteggio abbastanza bene i dolorini vari da studio.
  6. Sì, a te la palla, augurandoti di avere la fortuna che ho avuto io, di incontrare cioè qualche maestro vero; se dovessimo ciascuno ripartire da zero non ci sarebbe mai una civiltà e una cultura, invece ci sono e qualcosa di questo arriva a noi. Al buon gusto, per esempio, occorre essere educati, uno non nasce già "imparato"; anche se nessun maestro può sostituirsi, come diceva Segovia, al fuoco sacro che o c'è nell'allievo o non c'è. Un maestro vero è al servizio di questo, anche correggendo con durezza se serve, ma per "salvare" questo fuoco sacro.Se c'è non si ha paura di imparare da chi può insegnare, perchè lo si riconosce veramente autorevole. Quando a Ginevra Segovia ci salutò alla fine del corso, dopo che la sua statura artistica e umana era diventata così evidente, ci disse: "Ho notato che alcune delle cose che vi ho detto non viu convincevano, ma non abbiate paura, quando sarete più vecchi capirete che avevo ragione. Comunque è quando non dico niente che bisognerebbe preoccuparsi, perchè è segno che non c'è niente da fare...". E Ghiglia, che ci diceva che quando suoniamo è la nostra festa, diceva anche che l'insegnamento non è un banco dei pegni dove si contratta, occorre che ci sia il maestro ma anche che ci sia l'allievo, se no l'insegnamento non avviene. Certo, può capitare un conservatorio dove ci si debba difendere contro la poca voglia, il non aver nulla da dire, il dispotismo di qualche docente;ma per farlo veramente in modo efficace occorre avere un punto d'appoggio, qualcuno riconosciuto veramente autorevole a cui guardare. Senza questo difficile andare oltre il velleitarismo sterile, in musica come in tutte le cose. Auguri, PB
  7. Certo, ma un conto è quando un pezzo non si trova in nessun modo, un altro è quando si sa che c'è (e forse anche dove) ma è diventato impossibile acquistarlo. Certamente il pezzo di Margola in questione è stato reperibile fino a non molto tempo fa (potrebbe essere, ad esempio, alla biblioteca del conservatorio di Rovigo, piena di musiche della Zanibon forse inviate in omaggio dall'editore - e se è nella biblioteca di Rovigo, magari è ancora più facilmente in quella di Padova). In questi casi il problema non è tanto l'accesso alla partitura, ma il permesso di fotocopiarla e di eseguirla da fotocopia, cosa che sarebbe illegale - ma a spese di autore ed editore, i quali ottengono i diritti sull'esecuzione se l'esecuzione avviene, e non li ottengono se l'esecuzione non avviene. "Cui prodest" questa rigidità nell'impedire l'uso di fotocopie se il pezzo in questione non si può più acquistare?
  8. Ora io mi chiedo: va bene che fotocopiare è illegale, ma se la musica non si trova seguendo le vie canoniche (perché è esaurita, in ristampa, l'editore è fallito, eccetera...), non è meglio suonarla da fotocopia piuttosto che non suonarla? (Ovviamente dichiarando nel modulo SIAE autore ed editore). Qualcuno ha le competenze legali per rispondere? Nel caso io consiglierei di chiedere alla SIAE, o, meglio ancora, agli eredi di Margola; se loro dessero l'ok (non capisco perché non dovrebbero darlo) io non avrei nessun problema a rendere disponibile la mia copia (ammesso che la trovi). Mi permetto di scriverlo qui perché, al di là del caso particolare, si tratta di un problema che può capitare a chiunque svolga una attività professionale. A me capitò con Villa - Lobos e con Rodrigo: per scrupolo chiesi al Museu Villa -Lobos l'autorizzazione ad eseguire un pezzo cameristico inedito di Villa - Lobos, e loro stessi mi inviarono il file per posta elettronica. Mentre un pezzo di Rodrigo che avevo trovato in una biblioteca a New York, inedito, non fu possibile averlo in fotocopia...
  9. Era proprio lo stadio, quello che si chiama Helvia Recina. La capienza delle gradinate è "piccola", forse intorno ai 5/6000 posti a sedere, ma se si riempie anche "dentro" ci sta un sacco di gente. In quella occasione non ricordo che tipo di service del suono operasse, ma in altre occasioni, ad esempio nella fiera di Rimini, il service riminese "AlterEcho" ha fatto un ottimo lavoro, molto professionale.
  10. Non so se e quanto c'entra col futuro della chitarra, ma visto che si parlava della possibilità di amplificare la chitarra, ed anche del fatto di poter suonare la chitarra classica davanti a gruppi molto numerosi ed in luoghi non consacrati, normalmente, all'ascolto della musica classica... Qualche piccolo fatto che va nel senso di quanto auspicato da Lulù a me in effetti è capitato e ogni tanto ricapita, per cui vorrei qui testimoniarlo. Nel senso che mi è capitato alcune volte di suonare, in contesti particolari, di fronte a parecchie migliaia di persone, pezzi appartenenti al repertorio "classico" (qualcosa di solistico di Villa - Lobos e qualche accompagnamento: canti francesi medievali e qualche canto popolare venezuelano con le raffinatissime armonizzazioni di Vicente Emilio Sojo trascritte per chitarra da Alirio Diaz). Perfino in uno stadio, quello di Macerata, davanti a 40.000 persone, in un clima di ascolto. Quando poi l'ho raccontato ad Alirio Diaz, il suo commento è stato che mai la musica di Sojo aveva avuto un pubblico così vasto... Un piccolo fatto può sembrare nulla di fronte ad una grande idea, ma non era Bulgakov a dire che "un fatto è la cosa più ostinata del mondo"? Ciao, PB
  11. Mi pare che tutto il catalogo Zanibon (che ha certo chiuso i battenti) sia stata acquistato anni fa da Ricordi, a sua volta parte del gruppo BMG. Invece il magazzino potrebbe essere stato ereditato da Armelin, a cui ci si potrebbe utilmente rivolgere per una ricerca: info@armelin.it Un buon negozio per ricerche musicali e vendite per corrispondenza di edizioni varie è quello della Ut Orpheus di Bologna: info@libreriamusicale.com
  12. Ad aumentare l'informazione, o la confusione, comunico alcuni fatti appresi oggi in conservatorio: 1) In mancanza di informazioni da parte del Ministero anche a Bologna verranno accettate le iscrizioni al corso ordinamentale per il prossimo anno. 2) C'è un contenzioso in atto sulla interpretazione della riforma (legge 508): qualcuno ritiene che l'andare a regime del triennio implichi automanticamente la soppressione del vecchio ordinamento; ma qualcun altro ritiene che occorra una legge apposita che abroghi il vecchio ordinamento. 3) C'è un progetto per una legge che lasci la possibilità a chi ha conseguito il compimento inferiore (e non è iscritto in conservatorio al momento della soppressione del vecchio ordinamento) di sostenere come privatista gli esami che gli mancano. 4) La conferenza dei direttori di conservatorio ha recentemente deciso di non stipulare convenzioni con i Licei (convenzioni che per legge i licei musicali debbono avere con i conservatori per potersi attivare, mentre i conservatori non sono obbligati a stipularla) in attesa che venga affermato il diritto dei conservatori ad avviare i corsi di base pre-afam. 5) I direttori sollecitano inoltre dal Ministero un chiarimento (in senso affermativo) circa la possibilità per gli iscritti al triennio di potere contemporaneamente freequentare l'università. Spero di avere presto ulteriori informazioni; a quanto pare siamo ancora abbastanza in alto mare.
  13. La Sonatina (molto bella in effetti, una delle cose migliori di Margola per quel che conosco) era pubblicata da Zanibon, il cui catalogo fu acquisito, credo, da Ricordi. Con questi indizi un buon negozio di musica dovrebbe riuscire a rintraciarla se ne esistono ancora copie. Si potrebbe anche provare allo Spanish guitar Centre di Nottingham, al GSP di S. Francisco..quegli store di chitarra che vendono per corrispondenza. Io l'ho suonata tempo fa, ma credo di non averene ora un originale. Auguri!
  14. Sono lieto di annunciare che un'opera cameristica con chitarra del compositore italiano Marco Reghezza ha recentissimamente vinto il prestigioso concorso di composizione di Weimar. Sul sito del CIDIM si possono reperire ulteriori notizie: http://www.cidim.it/cidim/content/314694?id=345176 Forse è il più importante concorso di composizione vinto da un'opera cameristica con chitarra. Sono particolarmente lieto che il vincitore sia un compositore italiano, e per di più - mi sia consentito - un autore con il quale ho iniziato una collaborazione, eseguendo in prima assoluta a Bergamo lo scorso 27 marzo il suo pezzo per chitarra sola "Roundance", di prossima pubblicazione nella collana che curo per Ut Orpheus.
  15. La laurea non ha peso nelle graduatorie, che sono graduatorie di idoneità. Potrebbe invece servire (non come quantificazione di punti, ma come elemento che aiuta la commissione a valutare la preparazione del candidato ed il suo futuro percorso di studi) avere già un titolo di studio relativo al corso in cui si vuole entrare (come teoria e solfeggio, ancora meglio il V anno di chitarra). Come è stato giustamente osservato, a parte la regola (in realtà aggirabile) che fissa in 15 anni l'età massima per l'ammissione al primo corso, spesso le possibilità di entrare in conservatorio dipendono dal rapporto tra i candidati e d i posti disponibil. Quest'anno poi probabilmente cambia tutto, se si parla prevalentemente di iscrizioni ai trienni e bienni ed ai nuovi cosiddetti Corsi di Base, e non più al corso ordinamentale per il quale valevano le regole sui limiti d'età. Forse occorrerebbe, se possibile, orientarsi sui conservatori del Veneto, regione in cui c'è grande densità di conservatori e di cattedre (sono 4 solo ad Adria).
  16. Da quel che ho potuto vedere mi sembra che siano state rispettate le voci. Nella versione solistica ci sono dei punti in cui non si può proprio tenere sempre tutto, ma questo succede anche con la musica per liuto.In ogni caso è interessante provarci...il volume è presentato anche come ausilio alla lettura a prima vista. Per ogni corale è riportato, in inglese, il titolo. Una curiosità: il volume è curato da Bill Pursey, che non proviene dalla chitarra classica (all'interno del volume c'è una sua foto in cui imbraccia una chitarra elettrica!), ma la prefazione al volume è del noto didatta Aaron Shearer, suo collega alla Duquesne University. Un bell'esempio di collaborazione!
  17. Per quanto riguarda i Corali di Bach mi permetto di segnalare un volume forse poco noto della Mel Bay, (MB95050): "Bach Chorales for guitar", contenente 34 corali di Bach, di ciascuno dei quali vengono fornite ben sei versioni chitarristiche: chitarra sola, quartetto di chitarre, trio di chitarre, duo di chitarre, duo formato da parte melodica ed accompagnamento a tre voci, duo formato dal basso (una voce) e l'altra parte formata dalle tre voci superiori.
  18. E' vero; dall'ultimo messaggio di Famà non capivo se è già "dentro" o fuori, mentre dal primo si capisce bene che è già dentro il conservatorio. Il bando di Reggio esprime la incertezza in cui operiamo; proprio qualche girono fa un allievo (esterno) di livello di corso medio mi chiedeva come può fare a continuare il suo percorso di studi se saranno bloccate le iscrizioni al corso tradizionale e se come esterno non potrà più sostenere glie sami. A Reggio Emilia accettano con riserva le iscrizioni al vecchio corso; probabilmente poi le dirotteranno sui corsi di base (o, nel caso, sui trienni) in caso fosse impossibile accoglierle.
  19. Ho trovato il bando per gli esami di ammissione dell'Istituto pareggiato di Reggio Emilia che pare riassumere il punto attuale della situazione: http://www.istitutoperi.com/
  20. Capisco il problema, anche se la mia situazione è differente in quanto, insegnando in conservatorio, partecipo prevalentemente agli esami di ammissione a chitarra. In questo caso, come si sa, si crea una discriminazione tra allievi idonei e non idonei, e si fa una classifica degli idonei che vengono ammessi in prova (per il "vecchio" corso) in base al numero dei posti disponibili. Vista la delicatezza della questione noi cerchiamo da un lato di qualificare un aspirante come "non idoneo" solo quando la prova è talmente negativa da non fare ragionevolmente percepire una idoneità allo studio della musica in conservatorio - e naturalmente della chitarra in caso di handicap fisico pregiudiziale, nel qual caso possiamo invitarlo a considerare uno strumento alternativo, se le doti musicali ci sono. D'altra parte, specie nello stilare la graduatoria degli idonei, cerchiamo di far notare ai candidati che un allievo idoneo, ma non ammesso quell'anno, non deve vedere la mancata ammissione come un giudizio inappellabile sulle sua capacità ed invitiamo, quando ne abbiamo l'occasione, gli allievi idonei ma non ammessi a non desistere dallo studio e magari a riprovare l'anno successivo. A volte qualcuno non ammesso un anno e poi ammesso l'anno dopo o ripescato in extremis si è poi rivelato bravissimo- e viceversa qualche allievo che pareva avere grandi potenzialità ha poi rivelato gravi limiti nel tempo: non a caso nel vecchio corso ordinamentale si entra, ma "in prova". Ed anche le commissioni non sono certo infallibili...spesso poi la cosa si gioca su frammenti di punti, con candidati di età, scuole, tempi di studio alle spalle diversissimi. Mi sembra che, tentando di rispondere alla domanda specifica, nel caso della chitarra una mano molto piccola, "legata" e con poca estensione, con una forte disparità di lunghezza delle dita, con articolazioni molto deboli sia destinata a fare molta più fatica, forse troppa... Quanto poi di tutto questo si possa capire con certezza in un esame di ammissione è altro problema. Le unghie, ad esempio, possono essere deboli per tanti motivi, specie nella età della pubertà, e poi irrobustirsi; e l'ottimo didatta Roberto Masala a Sassari fa iniziare il primo anno senza l'uso delle unghie, per cui a maggior ragione in una scuola media non bisognerebbe essere troppo rigidi su questo elemento. Ma soprattutto io esorterei a non "prendere in giro" nessuno. Se ci sono necessità di organico nella scuola media, mi sembra leale dirlo e far capire che questo comporta il fatto che non tutti, in quella scuola, possono scegliere lo stesso strumento, invece di motivare l'esclusione di un candidato od il suo dirottamento ad altro strumento con ragioni artificiose o irreali. Una forte vocazione ad uno strumento potrebbe venire, così, ingiustamente mortificata ingenerando nel ragazzo e nelal famiglia la erronea convinzione di "non essere adatto" a quello strumento. Se il problema è un altro occorre essere chiari e dirlo, per rispetto alle persone che si hanno davanti.
  21. A questo indirizzo si possono trovare ulteriori informazioni sul volume, edito dalla Università di Jaen: http://www3.ujaen.es/servpub/b_datos/unlibro.asp?ISBN1=978-84-8439-484-6&pagina=porautor.asp?&paginaabsoluta=36
  22. Ho letto e riletto alcuni dei post di Tortora ospitati in questo thread. Non sono sicuro di avere ben capito tutto quello che dice, ma mi sembra che voglia esprimere - se non fraintendo troppo il suo pensiero - il disagio che prova per il contrasto tra una certa immagine di chitarra su cui si è formato (le versioni di Segovia dei pezzi di Villa - Lobos, per esempio) e quello che sta accadendo alla chitarra ultimamente, compresi nuovi modi di suonare e comporre - fatti in cui si trova anche coinvolto personalmente (la "nouvelle vague" di alcune sue composizioni che cita, ad esempio) oltre che come osservatore (concorso di Gorizia), ma che non riconosce in continuità con la tradizione, con quella che lui chiama la "fotografia" della "sua" chitarra. Di qui la domanda sulla "fine " della chitarra. A me pare, se questo è il problema, che ci sia una alternativa tra una tradizione intesa come "fotografia" che fissa e si arrocca su di un passato ormai finito ed il rincorrere un "nuovo" che rispetto a quel passato si pone solo come frattura. L'alternativa, in cui io personalmente mi riconosco, è cogliere e portare avanti il valore che una certa tradizione, anche chitarristica, mi ha portato, vivendolo dentro la sensibilità di oggi ed utilizzando gli strumenti di oggi. Ad esempio, sono convinto che quello che Segovia diceva della interpretazione (una "sintesi in continua espansione", una "esplosione di libertà"...) contenga un valore perenne, sempre da riscoprire e su cui sintonizzarsi, al di là ed oltre quelle che sono state, ad esempio, le sue competenze filologiche o, diciamolo pure, la sua fatica nel cogliere anche il positivo delle trasformazioni della musica del Novecento. In questa "sintesi in espansione", che Segovia ha richiamato ed anche testimoniato, si possono benissimo inglobare le nuove acquisizioni della musicologia o dei nuovi linguaggi compositivi...se non si potesse fare ciò non ci sarebbe la "continua espansione", si rimarrebbe ancorati ad un passato fermo, appunto "fotografato" nella sua immobilità. E lo stesso Segovia non faceva così. Ma, d'altra parte, se si tratta di fare una sintesi, allora occorre continuare ad esercitare un giudizio, e di tutti gli elementi, anche nuovi, prendere ed usare quello che, secondo tale giudizio, vale. Altrimenti si rincorre solo quello che è di moda, acriticamente. Questo Segovia non l'avrebbe mai fatto, e continuare ad esercitare un giudizio critico in fondo è quindi un modo di continuare una tradizione. "El sueno della razòn produce monstruos", oggi come ai tempi di Goya. Per non cadere nel sonno della ragione anche oggi io mi chiedo, nell'operare scelte artistiche, che "ragioni" ci sono, se - ad esempio - un pezzo nuovo mi dà ragioni sufficienti per impararlo, mi trasmette un valore che ritengo importante per me e per gli altri. Ho sempre rispettato (un po' da lontano, confesso) il pezzo per chitarra di Ghedini; lo leggo da quarant'anni... ma fino a pochi mesi fa non mi era scattata la molla per impararlo e suonarlo in pubblico;ad un certo punto si è accesa la lampadina del valore del pezzo per me, fino alla necessità, per me, di suonarlo...mi ricordo una vecchia intervista di Segovia, dove , a proposito di quella Antologia della Ricordi in cui è contenuto il pezzo di Ghedini, disse più o meno: "leggerò il volume e se qualche pezzo non mi piacerà non lo suonerò, gli altri sì"...ad un certo punto, dopo la lampadina di Malipiero, Poulenc, Petrassi, Auric, Rodrigo (contenuti in quel volume), che avevo già studiato e suonato in pubblico, mi si è accesa anche la lampadina di Ghedini...meglio tardi che mai. Adesso però credo di poter dire qualcosa di personale suonando quel pezzo, di poterne offrire la mia sintesi...in continua espansione, man mano che ci capisco qualcosa di più... Questi sono i miei "two cents" che butto nella discussione.
  23. Per l'ordinazione del volume non saprei: avevo capito, parlando qualche mese fa con Emilia Segovia, che gli eredi del Maestro avevano vinto una causa per impedire la diffusione del libro in quanto conterrebbe materiale che loro ritenevano non andasse reso di dominio pubblico senza il loro consenso. Io acquistai il volume qualche anno fa ad Alessandria, presso lo stand de La Stanza della Musica, se non ricordo male. Al di là di qualche comprensibile questione di riservatezza, forse però ormai superata dopo tanti anni, il libro da' una immagine meravigliosa della grande umanità di Segovia, oltre che informazioni utilissime per ricostruire lo svolgimento della sua vita artistica e del suo modo di lavorare. Sempre Emilia Segovia mi ha detto che il Segovia uomo era quattro volte più grande del (già immenso, dico io) artista. Io credo che le due "grandezze" siano connesse tra loro.
  24. Segovia a Ginevra ci diceva: "Prima che incominciate a suonare, vorrei dirvi: Più Lento!". Penso che c'entrasse con un'altra sua raccomandazione "Intervenire sul pezzo, senza fermarlo". Spesso, per l'esperienza che ho, l'allievo fa resistenza a suonare lentamente perché, non essendo abituato a pensare a quello che fa e a come farlo, è più facile andare in automatico, e rallentare il pezzo toglie anche quella soddisfazione. Se invece si comincia ad osservare ogni suono e cercare di dargli il giusto senso all'interno del pezzo, avere il tempo di pensare a questo mntre si suona è fondamentale. Suonare lento ma pensare in fretta, si potrebbe dire un po' paradossalmente. Certamente questo c'entra anche con la tensione:quello che crea problemi come quello sopra descritto è proprio il continuo accumulo di tensione che "non si ha il tempo" di controllare e di volta in volta eliminare, suonando velocemente ed in automatico. la fatica in questo caso è un indizio che il nostro corpo ci manda per costringerci a ragionare, casomai avessimo pensato che si poteva farne a meno.
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