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In quel punto io utilizzo i,a per l'acciaccatura; p,m,p,m quartina; p,p bassi

 

Sai Angelo, riflettendo sulle diteggiature proposte da te e da Cristiano per l'esecuzione della quartina sono dell'idea che quella p-m-i-m dia più l'effetto dell'arpeggio mentre quella p-m-p-m sembra come se si suonassero due duine. Cosa ne pensi. Cordialmente, Nello.

 

Cristiano, tu cosa ne pensi?

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m-a acciaccatura; i,m,i,m quartina ; p-p bassi.


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In quel punto io utilizzo i,a per l'acciaccatura; p,m,p,m quartina; p,p bassi

 

Sai Angelo, riflettendo sulle diteggiature proposte da te e da Cristiano per l'esecuzione della quartina sono dell'idea che quella p-m-i-m dia più l'effetto dell'arpeggio mentre quella p-m-p-m sembra come se si suonassero due duine. Cosa ne pensi. Cordialmente, Nello.

 

Cristiano, tu cosa ne pensi?

 

Che sono dettagli.

Alla fine ciò che conta è come riesci a dar forma all'idea che ti sei fatto. Ecco, questa è una cosa difficile: avere le idee chiare su ciò che si intende ottenere.


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m-a acciaccatura; i,m,i,m quartina ; p-p bassi.

 

E' questa la diteggiatura che immaginavo componendo il brano. Evito tuttavia di scrivere diteggiature della mano destra perché - componendo a mente, senza strumento - identifico all'istante le note e le loro diteggiature di tastiera (mano sinistra), ma non sempre - anzi piuttosto di rado - quelle della mano destra (a meno che non siano ovvie). In altre parole, nel processo di "introiezione" (grazie dottor Freud) della chitarra - quello che ha reso superfluo l'uso dello strumento per comporre e per leggere le musiche altrui - ho dimenticato di "tirar dentro" la mano destra, e "vedo e sento" solo le note proiettate sulla tastiera. Le mie diteggiature non sono le migliori - almeno da quanto ho visto, ogni concertista le modifica abbondantemente - e servono soltanto a rendere esplicito il processo che ha condotto a immaginare le note e il loro suono in un determinato modo. In quasi tutti i casi, dunque, sono diteggiature "strutturali", che manifestano unitariamente note e "posizioni". Nel modificarle, gli interpreti dovrebbero sempre tener conto di questo valore strutturale, migliorandone le applicazioni, ma senza trasformare la struttura: ad esempio, io non uso mai le scale - che ritengo (chitarristicamente) brutte - e, nei rarissimi casi di passi per gradi congiunti, adopero sempre una diteggiatura a campanelas. Immagino che se ne possano inventare di migliori, ma sempre nel genere campanelas.

 

dralig


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m-a acciaccatura; i,m,i,m quartina ; p-p bassi.

 

E' questa la diteggiatura che immaginavo componendo il brano. Evito tuttavia di scrivere diteggiature della mano destra perché - componendo a mente, senza strumento - identifico all'istante le note e le loro diteggiature di tastiera (mano sinistra), ma non sempre - anzi piuttosto di rado - quelle della mano destra (a meno che non siano ovvie). In altre parole, nel processo di "introiezione" (grazie dottor Freud) della chitarra - quello che ha reso superfluo l'uso dello strumento per comporre e per leggere le musiche altrui - ho dimenticato di "tirar dentro" la mano destra, e "vedo e sento" solo le note proiettate sulla tastiera. Le mie diteggiature non sono le migliori - almeno da quanto ho visto, ogni concertista le modifica abbondantemente - e servono soltanto a rendere esplicito il processo che ha condotto a immaginare le note e il loro suono in un determinato modo. In quasi tutti i casi, dunque, sono diteggiature "strutturali", che manifestano unitariamente note e "posizioni". Nel modificarle, gli interpreti dovrebbero sempre tener conto di questo valore strutturale, migliorandone le applicazioni, ma senza trasformare la struttura: ad esempio, io non uso mai le scale - che ritengo (chitarristicamente) brutte - e, nei rarissimi casi di passi per gradi congiunti, adopero sempre una diteggiatura a campanelas. Immagino che se ne possano inventare di migliori, ma sempre nel genere campanelas.

 

dralig

 

Vorrei sottolineare queste parole di Angelo; è sacrosanto il diritto di adattare le diteggiature da parte di chi suona e soprattutto, da parte di chi scrive, di non intervenire se non in casi probanti con i suggerimanti per la mano destra. Nelle numerosissime opere didattiche stampate si vedono talvolta indicazioni di intere righe con scritto "i-m-i-m-i-m-i-m-"etc (!).

.Talvolta è utile consigliare nelle prime battute: "cominciate m-i--m-i oppure i-a-i-a e non i-m-i-m! " Alla fine, però, si tratta di personalizzazioni ovviamente non sempre universali.

E' verissimo che bisogna prima "pensare" ciò che si scrive (è poi possibile controllarlo sullo strumento) e quindi, dopo, 'diteggiare' (a mente o con la chitarra in mano, se si sente il bisogno di un ulteriore controllo). Personalmente, sono poi un sostenitore del "dito guida", anche se in opere moderne esso riveste minore importanza. Le "campanelas", infine, danno veramente un buon risultato strumentale e consiglierei ai giovani di scriverle accompagnate da un legato, quasi ad indicare un effetto "pedale di pianoforte".

Questo lo dico perché sia chi compone che chi suona molto spesso trascura le indicazioni sopra e sotto il rigo.

 

A questo punto, mi chiedo: perché affrontare un repertorio da virtuosi se ancora si è così poco sicuri al punto di non saper decidere autonomanente quale dito della mano destra usare?

 

Nei lavori didattici, sia personali che fatti assieme a Mario Gangi, spesso è stato apposto uno "zero" vicino al MI basso (e magari anche una p); questo appare sicuramente pleonastico (se non ridicolo, essendo la scelta obbligata ) a chi non tiene conto dell'impatto visivo che facilita la lettura, che dovrebbe sempre avvenire dal basso verso l'alto.

 

Di altre mille cose si potrebbe dire, ma credo proprio che non sia il caso. Salvando in ogni caso gli stili, lasciamo comunque un pochino di libertà a chi scrive (che cerchi di farsi capire) e a chi suona (che cerchi di capire).


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Le "campanelas", infine, danno veramente un buon risultato strumentale e consiglierei ai giovani di scriverle accompagnate da un legato, quasi ad indicare un effetto "pedale di pianoforte".

Questo lo dico perché sia chi compone che chi suona molto spesso trascura le indicazioni sopra e sotto il rigo.

 

 

C'è un problema a monte.

Scrivere musica per chitarra su un pentagramma, o almeno certa musica, è assurdo.

Bisognerebbe utilizzare il doppio, come usa per il pianoforte, perchè spesso, in una scrittura a tre voci diventa arduo sistemare note e pause in maniera chiara, e se a questo aggiungiamo i numerini delle dita e quelli delle corde, le posizioni e i segni dinamici, ci si ritrova a dover gestire in spazi angusti una quantità di simboli al cui confronto i gironi danteschi paiono deserti. In compenso gli spartiti per chitarra sono privi di legature di frase.

 

A parer mio la diteggiatura non dovrebbe essere scritta, ci si potrebbe limitare ad indicare le corde e la posizione in certi passaggi, specialmente se si fa uso di campanelas, dove la scrittura prevede una scelta strumentale univoca da parte del compositore. Viceversa, dover indicare 1 2 3 4 lungo tutta l'opera mi sembra un'operazione che l'interprete dovrebbe essere in grado, senza fatica, di risolvere in piena autonomia.

 

L'idea del legato che suggerisci è musicalmente interessante, ti sei chiesto quali dubbi solleverebbe nella mente dell'esecutore medio?


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C'è un problema a monte.

Scrivere musica per chitarra su un pentagramma, o almeno certa musica, è assurdo.

Bisognerebbe utilizzare il doppio, come usa per il pianoforte, perchè spesso, in una scrittura a tre voci diventa arduo sistemare note e pause in maniera chiara, e se a questo aggiungiamo i numerini delle dita e quelli delle corde, le posizioni e i segni dinamici, ci si ritrova a dover gestire in spazi angusti una quantità di simboli al cui confronto i gironi danteschi paiono deserti. In compenso gli spartiti per chitarra sono privi di legature di frase.

 

 

Questione vecchissima e mai risolta. Ci provò Fernando Sor, con una risentita prefazione alla prima edizione della sua Fantasia op. 7, ben scritta su un'accollatura a due pentagrammi - salvo doverla ristampare poco tempo dopo aver buttato nella spazzatura le copie invendute della sua dotta, prima realizzazione.

 

Da allora in poi, si scrive su un'accollatura a due righi (entrambi in chiave di Sol con trasposizione delle note reali all'ottava superiore) quello che ragionevolmente non si può scrivere su un solo rigo. E' un ripiego, ma il tentativo di scrivere "organicamente" è fallito, punto e basta.

 

 

A parer mio la diteggiatura non dovrebbe essere scritta, ci si potrebbe limitare ad indicare le corde e la posizione in certi passaggi, specialmente se si fa uso di campanelas, dove la scrittura prevede una scelta strumentale univoca da parte del compositore. Viceversa, dover indicare 1 2 3 4 lungo tutta l'opera mi sembra un'operazione che l'interprete dovrebbe essere in grado, senza fatica, di risolvere in piena autonomia.

 

L'idea del legato che suggerisci è musicalmente interessante, ti sei chiesto quali dubbi solleverebbe nella mente dell'esecutore medio?

 

Esistono due tipi di diteggiatura: quella strutturale e quella di aiuto alla decifrazione. Quella strutturale non si può omettere - la sua assenza darebbe luogo a una serie interminabile di equivoci e di discussioni. Quella di aiuto alla decifrazione è utile nei metodi e nei brani destinati agli allievi dei primi anni. Nei pezzi destinati a esecutori capaci, non solo è superflua, ma dà fastidio, perché, in un reticolato altamente probabilistico come è quello della chitarra, ogni esecutore ama cercare le proprie, personali diteggiature.

 

Ciò nonostante, nell'ambito della medesima collezione di musiche per chitarra sola (Bèrben-Gilardino) le pochissime composizioni pubblicate senza diteggiatura registrano vendite pari a non più del dieci per cento rispetto alle composizioni diteggiate.

 

Conclusioni: le diteggiature servono ai chitarristi per poterle sostituire con le proprie, facendo sapere - ieri solo nelle aule dei conservatori, oggi anche nei gruppi di discussione - quanto le proprie siano migliori. Eccezione: per alcuni "segoviani", le diteggiature di Segovia sono sempre geniali e insostituibili, anche quando, dall'ascolto dei dischi del maestro, risulta evidente che il primo a non adoperarle era lui.

 

dralig


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A questo punto, mi chiedo: perché affrontare un repertorio da virtuosi se ancora si è così poco sicuri al punto di non saper decidere autonomanente quale dito della mano destra usare?

 

Credo che questa domanda, dopo aver ricevuto la meritata ovazione, richieda anche una risposta, e dubito che la risposta possa allontanarsi molto dalla dilagante superficialità che trasuda, ad esempio, dalla maggior parte dei dischi in commercio.

Qui, però, si pone un dilemma successivo... che poi è lo stesso, ma visto da un altro punto di vista: dove - inteso come in chi e in che cosa - individuare la responsabilità di questo approccio "poco scavato"?

Ospite Bernardo Gui
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Da allora in poi, si scrive su un'accollatura a due righi (entrambi in chiave di Sol con trasposizione delle note reali all'ottava superiore) quello che ragionevolmente non si può scrivere su un solo rigo.

 

Con risultati stupefacenti. Mi è capitato in questo periodo di leggere e studiare un pezzo molto intricato ma totalmente privo di diteggiatura e scritto su due pentagrammi in chiave di violino: una goduria.

 

in un reticolato altamente probabilistico come è quello della chitarra

 

Domanda che mi frulla in testa da un po', e che giro a chi forse mi può dare una risposta (ma forse l'argomento meriterebbe un thread a sé): nella chitarra il "reticolato" di possibilità di diteggiatura è superiore rispetto agli altri strumenti? Ed è possibile collegare anche (ripeto: anche) a questo una maggiore difficoltà dei chitarristi nel leggere a prima vista?


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Domanda che mi frulla in testa da un po', e che giro a chi forse mi può dare una risposta (ma forse l'argomento meriterebbe un thread a sé): nella chitarra il "reticolato" di possibilità di diteggiatura è superiore rispetto agli altri strumenti? Ed è possibile collegare anche (ripeto: anche) a questo una maggiore difficoltà dei chitarristi nel leggere a prima vista?

 

Sulla tastiera di un pianoforte, un DO al terzo spazio può essere suonato solo su quel tasto, può cambiare il dito con cui lo si suona. Sulla tastiera della chitarra, il DO sul terzo spazio può essere suonato sulla seconda, terza, quarta e quinta corda (tralasciamo il fatto che per i due strumenti si tratti di due DO di altezze differenti causa la trasposizone operata nel pentagramma chitarristico).

 

Sotto questo aspetto la chitarra è lo strumento polifonico più intricato che esista, da cui la celeberrima sentenza di Berlioz, secondo il quale per scrivere per chitarra bisogna saperla suonare. Certo, si trattava di scrivere secondo le regole dell'armonia classica allora, la sentenza è stata poi magistralmente smentita nel '900 da compositori che non hanno mai imbracciato una chitarra.

 

Ma, forse, sulla chitarra l'armonia esiste anche in funzione delle scelte strumentali che il compositore opera, un DO suonato su corde differenti determina la possibilità o l'impossibilità di armonie differenti. Ovviamente è un discorso che riguarda anche il senso che la stessa nota produce, timbricamente, su corde differenti, non è una questione di banale comodità.

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