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Angelo Gilardino

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  1. A fine mese, stipendio e riviste. E' una combinazione architettata tra il ministero delle finanze e quello delle poste, per tirar su il morale ai professori. dralig
  2. L'articolo in memoria di Mario Pabè, scritto ieri, verrà pubblicato dalla rivista musicale "Suonare" nel numero di aprile. dralig
  3. L'editore che affrontasse un'impresa del genere si muoverebbe di sicuro in una direzione: quella del tribunale, per depositarvi i libri contabili con l'istanza di fallimento. dralig per carità case editrici italiane,non fatelo. Stai tranquillo, non c'è pericolo. dralig
  4. Sono ora in grado di aggiungere notizie riguardanti la figura dello straordinario liutaio italiano Mario Pabè, al quale mi sono riferito in un mio precedente messaggio. Un paio d'anni fa, l'amico Luigi Biscaldi acquistò una chitarra di un liutaio a lui ignoto. Gli era stata offerta da un privato che si era rivolto a lui, nel conservatorio dove ha cattedra (Alessandria). Provai lo strumento, e ne fui molto colpito: la sua sonorità era piena, trasparente e ricca di colori e di nuances, sensibilissima alle varianti d'attacco. L'etichetta indicava che la chitarra era stata costruita nel 1965 da tale Mario Pabè di Turate (provincia di Como). La fattura era sobria e sapiente. Con tutta la mia devozione per i Gallinotti e i de Bonis - i grandi maestri della liuteria italiana del Novecento storico - dovetti ammettere che non avevo mai provato un loro strumento che potesse uguagliare quello che avevo appena collaudato. Non potei al momento proseguire la ricerca, ma in questo inizio d'anno ho deciso che volevo saperne di più. Una chitarra di quella categoria non poteva essere stata costruita da un giovane: era evidentemente il frutto di una lunga esperienza. Ma come poteva il nome di colui che tale sapere aveva accumulato risultare del tutto ignoto anche a chitarristi anziani come me e persino ad Antonio Barbieri - lucidissimo ultranovantenne, memoria storica del mondo chitarristico milanese e brianzolo - per non parlare di personaggi come Mario Dell'Ara, i liutai Gioachino Giussani (cresciuto all'ombra di Raspagni) e Lorenzo Frignani - tutti cadenti dalle nuvole al nome di Pabè? Mi è venuta in mente la sola ipotesi ragionevole: quest'uomo aveva costruito per decenni senza firmare, e la sola condizione in cui aveva potuto fare ciò era quella di dipendente di una fabbrica di chitarre. A Milano, nella prima metà del Novecento, la maggior casa musicale che aveva un laboratorio con dipendenti era quella di Antonio Monzino. L'ipotesi si è rivelata fondata. Ieri infatti ho potuto far visita alla figlia del liutaio. Mario Pabè nacque nel 1910 e morì nel 1969 (il giorno di Pasqua). Fece l'apprendistato in quel di Alessandria - la figlia non mi ha saputo dire con chi, ma mi sembra ovvio immaginare che sia andato a prendere lumi da Gallinotti. Poi, il lavoro da Monzino: chissà quante centinaia di chitarre avrà costruito Pabè in via Larga (ho avviato una ricerca presso la Fondazione Monzino per appurare qualcosa in più). Nel 1963, le sue condizioni di salute sono già compromesse: affetto da cardiopatia, viene collocato a riposo come invalido. A questo punto inizia la sua produzione in proprio, etichettata e firmata con il suo nome, nel laboratorio di Turate (Como). Lavorò solo cinque anni - per giunta non particolarmente fecondi, a causa della malattia. Non credo che la sua produzione sia andata oltre i trenta pezzi - forse meno: questo spiega la sua assenza dal panorama della liuteria italiana. Ieri ho avuto modo di esaminare l'unico strumento rimasto in possesso della figlia, che me lo ha ceduto. Essendo ora di mia proprietà, non è corretto che io mi sporga in elogi: dico soltanto che - se pur inattivo come chitarrista dal 1981 - una sommaria ripulitura e il cambio delle corde (datate 1965, come la chitarra) mi hanno dato una sensazione che avevo dimenticato - la stessa che provai quando Pietro Gallinotti mi consegnò nel 1968 la chitarra che aveva costruito per me. Ora dovrò affidare questo strumento alle cure di un liutaio colto, per effettuare alcuni piccoli restauri. Scriverò un articolo su "Suonare" per rendere omaggio alla figura di questo maestro della liuteria italiana. dralig
  5. L'editore che affrontasse un'impresa del genere si muoverebbe di sicuro in una direzione: quella del tribunale, per depositarvi i libri contabili con l'istanza di fallimento. dralig
  6. In che cosa consiste l' "utilità" della tua segnalazione? A indurre i tuoi colleghi a ritirarsi da commissioni insediate per sessioni d'esame "forse" illegali - ma approvate dalla dirigenza che della legalità è custode - o a partecipare alle medesime - per non contrariare il dirigente subdolo, il direttore ossequioso al dirigente - ma con la riserva mentale che si stanno rendendo complici di un illecito? Tu che cosa farai? E perché? dralig
  7. Non ho mai voluto interferire negli studi di composizione dei pochissimi miei allievi ed ex-allievi di chitarra che hanno deciso di trasformare la loro condizione di decifratori di simboli musicali in quella di lettori capaci di capire che cosa c'è al di là dei simboli (a ciò infatti servono gli studi di composizione, indispensabili anche per chi non abbia alcuna intenzione di diventare compositore: forse chi studia lettere lo fa per diventare scrittore?), ma visto che hai preso la tua decisione, ti dirò di essere certo che sia quella giusta. Gli studi di composizione dei conservatori italiani sono essenzialmente studi da pianisti mancati: la proporzione di impegno data dai programmi al pianoforte (lettura della partitura) è abnorme e ridicola, e tale da recare un serio danno a chi non abbia velleità pianistiche. La mia personale esperienza mi ha indotto a constatare che - se avessi voluto insistere negli studi di composizione secondo la via maestra tracciata dai programmi del conservatorio, e se non fossi invece riuscito individuare, negli studi di composizione (condotti privatamente con Giuseppe Rosetta, insigne organista ed ottimo compositore), quello che realmente era essenziale, tralasciando il superfluo, oggi non esisterebbe nemmeno uno dei miei pezzi per e con chitarra: non solo mi sarei perso in migliaia di ore di stupidi esercizi di pianoforte, ma avrei anche esaurito la mia spinta a comporre, inaridendomi in pratiche del tutto separate dall'esperienza compositiva. Quindi, ragazzi, fintanto che i corsi di composizione in conservatorio saranno quel che sono, statene alla larga, oppure frequentateli criticamente, se avete la fortuna di imbattervi in docenti di composizione (giovani) a loro volta consapevoli del rischio di far perdere del tempo ai loro allievi, e capaci di distinguere il vero dal fasullo. dralig
  8. L'ultimo anno per i privatisti. L'ultimo dei Mohicani. L'ultima notte a Warlock. Si sostengono esami e ci si laurea anche nelle università private: ora si tratta di vedere chi sarà il primo politico italiano a far creare un conservatorio privato - cioè un diplomificio per privatisti rifiutati dal conservatorio. Che, istituzione di "alta cultura" (definizione ridicola e di per sé squalificante), sopravviverà solo se avrà alunni della scuola media inferiore e superiore. Era tutto chiarissimo fin dalla prima bozza della "riforma". Intanto,incominciamo ad ascoltare gli archi formati nel conservatorio riformato: da far accapponare la pelle... dralig
  9. Il tuo intuito ha funzionato bene - uno dei tre numeri telefonici corrispondeva in effetti a parenti del bravissimo liutaio, e ho già potuto radunare qualche utilissima informazione di base. Se mi sarà possibile ampliare la ricerca e individuare qualche altro suo strumento, in modo da potermi rendere conto della tenuta qualitativa della sua opera, di sicuro scriverò qualcosa su di lui: da quello che ho constatato nel collaudo dello strumento giuntomi - che non è di mia proprietà - ritengo che il suo nome vada collocato accanto a quello dei Gallinotti e dei de Bonis. dralig Mario Pabè nacque il 14 aprile 1910 e morì prematuramente di infarto nel 1969. La sua scomparsa precoce, accaduta proprio mentre in Italia si stava avviando lo sviluppo degli studi di chitarra nei conservatori e nelle scuole musicali, gli impedì di far conoscere e apprezzare il suo lavoro come - a giudicare dallo strumento che io ho collaudata recentemente - avrebbe meritato. Non ho al momento ulteriori informazioni, ma esorto chiunque legga questo messaggio a diffondere il mio appello: vorrei che i possessori di una chitarra Pabè mi comunicassero i dati del cartiglio e - se possibile - una fotografia del loro strumento. Preciso che il mio interesse è unicamente quello dello studioso e dello storico e che non intendo occuparmi in alcun modo di compravendite di chitarre. dralig
  10. Il tuo intuito ha funzionato bene - uno dei tre numeri telefonici corrispondeva in effetti a parenti del bravissimo liutaio, e ho già potuto radunare qualche utilissima informazione di base. Se mi sarà possibile ampliare la ricerca e individuare qualche altro suo strumento, in modo da potermi rendere conto della tenuta qualitativa della sua opera, di sicuro scriverò qualcosa su di lui: da quello che ho constatato nel collaudo dello strumento giuntomi - che non è di mia proprietà - ritengo che il suo nome vada collocato accanto a quello dei Gallinotti e dei de Bonis. dralig
  11. Recentemente, ho avuto modo di collaudare una chitarra il cui cartiglio recita: "Mario Pabè/Liutaio/Turate (Como) via Magenta, 17/1-8-1965". Si tratta di uno strumento costruito con grande sobrietà e competenza da quello che era - a giudicare dall'unico strumento suo che io abbia mai avuto tra le mani - un distintissimo esponente della scuola italiana: per intenderci, la linea Mozzani-Gallinotti. La sonorità della chitarra è tuttavia di qualità nettamente superiore a quella delle migliori chitarre italiane dell'epoca - e anche del primo Novecento - che ho avuto modo di provare: una chitarra davvero speciale. Il mio interesse per questo artefice è rimasto finora senza riscontri: tutte le pubblicazioni consultate lo ignorano, e anche il maggior collezionista italiano, interpellato, ha risposto di non saperne nulla. Un suo omonimo - non so se anche suo parente - iscritto a FB non ha finora risposto a un messaggio di richiesta di informazioni. Qualcuno tra i membri di questo forum ne ha mai sentito dire, o ne sa qualcosa? dralig
  12. Questo è argomento per un saggio di una cinquantina di pagine con molti esempi musicali. Davvero non saprei come trattarlo seriamente in un messaggio destinato ai lettori di un forum- dralig
  13. Non chiedo di meglio che evitare di interloquire con Lei, purtroppo, se Lei inserisce in una discussione avviata dal sottoscritto uno dei Suoi commenti, non posso fare a meno di rispondere, perché sono una persona civile. No, non comprendo che cosa c'entri l'elaborazione del brano di Sor con la discussione in atto sulla Fantasia-Sonata di Manén. Credo che questa comprensione sia di natura iniziatica, e che Lei ne sia il solo depositario. dralig
  14. Il video di Illarionov, che esegue un'elaborazione di un brano di Sor, non ha nulla che vedere con l'argomento di cui qui si discuteva, cioè la Fantasia-Sonata di Manén. Ad ogni modo, il chitarrista in questione, che indubbiamente merita tutto il plauso, ha attivamente partecipato alla nuova edizione della "Sonata - Omaggio a Boccherini" di Castelnuovo-Tedesco, segno che il suo modo di sentire - che riceve tanto encomio - non gli impedisce di ragionare, di studiare e di conoscere: come tutte e persone intelligenti, ha capito che il sapere non ostacola in nessun modo il sentire. La gara tra "chi sente di più" l'ha lanciata Lei, e sembra già aver concluso di esserne il vincitore: comoda, la trovata: chi non sa "sente", e "sente" più sensibilmente di chi sa. Deve aver preso i lettori di questo forum per dei grulli. Del "sentire" altrui, Lei non sa proprio niente, e finora, qui, Lei ha manifestato solo di non sapere. dralig
  15. La curiosità può essere uno degli stimoli, ma quello di ricercare i testi e di confrontare tutte le fonti disponibili è un preciso e imprescindibile dovere di etica professionale, e non esito a definire dilettantesco l'approccio di quegli esecutori che, avendo a disposizione diverse fonti, si ritengono esentati dal dovere di studiarle tutte e di compararle: ciò dev'essere fatto oggettivamente, cioè a prescindere da quelle che saranno le proprie, individuali scelte interpretative. Nel "Thème variè et Finale" Segovia non ha modificato quasi nulla delle note, ha semplicemente espunto tre variazioni, disponendo le rimanenti in un ordine diverso da quelle dettato da Ponce. Dal punto di vista compositivo, non c'è alcun motivo per fare questo: la successione delle variazioni ordinata da Ponce segue un preciso schema formale, e cambiarlo significa modificare l'architettura della composizione. Segovia l'ha indebolita, addossando al tema una variazione metamorfica propria di una fase ben più inoltrata della composizione, cioè disposta dall'autore nel punto dove ha una funzione formale - e anche "drammatica" - molto importante. Come compositore, Ponce si sarà sentito imbarazzato da tale modifica, perché la forma di una serie di variazioni non è tale soltanto in seguito all'accumulo di ciascuna delle frazioni che la costituiscono, ma anche - e non di meno - nella successione delle medesime. Restaurare l'ordine dettato da Ponce non è una questione di gusto personale, ma di conoscenza delle forme musicali e i rispetto della dottrina che, nell'adoperarle, Ponce - allievo di insigni compositori europei - dimostra. Non c'è scelta di gusto che abiliti chi vuole arredare una casa a smantellarne i muri portanti. Esiste una meravigliosa serie di modelli della forma variazione, dalle Goldberg e dalla Passacaglia e Fuga in do minore al Nocturnal di Britten. Ponce vi si inserì degnamente, non c'è gusto personale che ci autorizzi a fargli fare la figura del parente povero o del somarello. dralig
  16. Io sono pronto a discutere con chiunque lo possa fare il tema delle revisioni di Segovia: ne ho studiato per decenni tutti gli aspetti, so esattamente che cosa faceva e come lo faceva, e lo so al punto che oggi sono in grado, in una sua revisione, di separare gli strati - quello originale e quello sovrapposto da lui - dove ha aggiunto e di individuare i vuoti lasciati dalle sue semplificazioni, anche senza poter consultare l'originale. Segovia non lavorava all'insegna dell'umore della giornata: aveva un criterio preciso, che attuava con coerenza, e io sono in grado di descriverne tutte le caratteristiche. Inoltre, ho studiato a fondo anche il profilo storico della sua evoluzione di interprete, e ho capito come e perché si danno differenze notevoli tra quello che pubblicava e quello che suonava nei concerti e registrava nei dischi: conosco la strada che ha seguito, i suoi ripensamenti, le sue idiosincrasie. Per questo oggi ripubblico le musiche scritte per lui - e già pubblicate con la sua revisione: perché la sua personalità di interprete - già appartenente alla storia della musica - risalti nell'evidenza incontrovertibile dei documenti, delle carte scritte, e smetta di correre sull'onda risibile degli aneddoti e delle fanfaluche. Veniamo alla Fantasia-Sonata di Joan Manén (compositore che non ebbe che fare personalmente soltanto con Segovia ma anche, molto prima, con Tarrega). Manén scrisse il suo capolavoro nel 1929. Il luogo in cui Segovia mise a punto la sua interpretazione della "Fantasia-Sonata" fu...mobile. La imparò infatti nei 17 giorni di viaggio compiuto in treno nella linea Transiberiana, da Vladivostok a Mosca, nella seconda metà del mese di novembre del 1929 (giunse nella capitale sovietica ai primi di dicembre). Non sono in grado di precisare - al momento - quante furono le esecuzioni pubbliche date da Segovia, ma è certo che egli si curò del pezzo: lo fece pubblicare presso Schott nel 1930 e dovette coltivarlo a lungo, prima di convincersi a registrarlo in disco - cosa che fece soltanto nel mese di dicembre del 1956: ci pensò, dunque, per ben 27 anni. Segovia lavorò assiduamente e - direi - con una certa sofferenza alla "Fantasia-Sonata": il manoscritto di Manén, come si vedrà nell'edizione che ne offrirà il facsimile, è crivellato di segni, e il compositore dovette scrivere una lunga serie di rattoppi per rispondere alle richieste di modifiche che gli provenivano dall'amico chitarrista. Segovia, però, non tenne in gran conto nemmeno le controproposte di Manén: infatti, il testo pubblicato da Schott diverge in molti punti sia dal primo originale che dalle modifiche offerte dal compositore messo sotto pressione. Alla fine, Segovia diede a Schott un manoscritto suo, elaborato indipendentemente dall'autore. E non aveva ancora risolto tutti i suoi dubbi - per esempio la sezione con l'effetto del tremolo (orchestrale, non chitarristico) appare nell'edizione segoviana in forma indefinita - non si può capire bene che cosa esattamente significhi. Che cosa pensava Manén di quest'edizione? Sappiamo che i due maestri si stimavano ed erano amici. Fu proprio Manén, nel 1933 a Barcelona, a condurre a casa Madriguera il suo amico chitarrista, dove ebbe luogo l'incontro decisivo tra quest'ultimo e colei che sarebbe diventata la sua seconda moglie, la pianista Paquita Madriguera vedova Puig. L'amicizia e la stima non significavano però che Manén fosse convinto di tutto ciò che Segovia aveva fatto nella "Fantasia-Sonata". La prova di quello che Manén aveva in mente si manifesta in modo inequivocabile nel 1937 (data non ancora appurata con certezza, può darsi che sia stato il 1936). Il compositore scrive un "Divertimiento" per orchestra al quale assegna il numero d'opera A-32 (la Fantasia-Sonata ha il numero A-22): non è altro che l'orchestrazione del pezzo per chitarra - un'orchestrazione splendida. Qui Manèn non ha bisogno di consulenza: scrive quello che vuole, come vuole. Ebbene, qual è il testo chitarristico sul quae basa la sua orchestrazione? Il primo, quello che aveva scritto nel 1929, prima che Segovia intervenisse. Manén non tiene conto nemmeno delle sue stesse modifiche - quelle apportate su richiesta di Segovia. Segno che le considerava un ripiego e che, per lui, la Fantasia-Sonata era come l'aveva scritta di prima intenzione. Tutto il resto è Segovia. Ora, perché mai sulla terra le decine di migliaia di chitarristi potenzialmente interessati allo studio di questa composizione - unica, dal punto di vista formale, nella sua epoca - dovrebbero essere private della possibilità di leggere quello che Manén aveva scritto prima che Segovia adattasse il testo al suo modo di suonare? Sono dei cretini interdetti, incapaci di leggere la musica, di formarsi un'opinione, di decidere che cosa fare per sé e da sé? E - posto che alla fine decidano di attenersi al testo segoviano (cosa ammissibilissima) - la nuova edizione non sarà servita per motivare e rinforzare la loro scelta? Dovevano scegliere prima di leggere e prima di capire? Solo in un caso: che non sappiano leggere e che non possano capire. Ma allora nessun testo servirà a scioglierli dalla catena dell'ottusità. dralig
  17. Caro Ermanno, solo un imbecille malintenzionato potrebbe supporre che scopo del mio lavoro nella collezione "The Andrés Segovia Archive" sia quello di screditare quello che ha svolto, a suo tempo, Andrés Segovia. E' appena il caso di ricordare che io lavoro per designazione dello stesso maestro Segovia su materiali da lui destinati alla Fondazione che porta il suo nome, ai quali non avrei potuto avere accesso, nè, tanto meno, facoltà di operare, se lui stesso non ne avesse impartito disposizione in tal senso, e se i suoi eredi non avessero dato puntuale esecuzione della sua volontà. "Nuovi punti di vista"? Un momento. Ti pare "nuovo", rispetto alla "Fantasia-Sonata" di Manén, il "punto di vista" di Manén? Io sto solo dissotterrando quello che lui ha scritto nel 1929, e lo sto mettendo in piena luce: con ciò, la revisione di Segovia potrà essere valorizzata nei suoi dettagli, non resa oggetto di devozione canina a prescindere dalla conoscenza di che cosa effettivamente abbia fatto e in che cosa sia consistito il suo intervento sul testo. La storia dell'interpretazione della musica per chitarra non può - è ovvio - fare a meno della conoscenza dei testi: ma chi potrà responsabilmente apprezzare quello che Segovia ha fatto sui testi delle musiche scritte per lui, se non avrà avuto la possibilità di effettuare una comparazione testuale tra gli originali e le sue revisioni? Kirkpatrick ha rinunciato a ripubblicare le Sonate di Scarlatti perché alla maggioranza dei pianisti stupidi di 60 anni fa andava bene la versione di Longo? E l'edizione di Kirkpatrick ha segnato le colonne di Ercole dell'esegesi scarlattiana? Non sono forse in atto altre pubblicazioni delle Sonate? Io, poi, non ho nemmeno una maggioranza di chitarristi avversi alla ripubblicazione del repertorio segoviano, contro i quali combattere: anzi, le nuove edizioni - nonostante il taglieggiamento della pirateria e delle fotocopie - sono ricercate da migliaia di esecutori e di studiosi: dunque, io lavoro per una committenza che vuole e si aspetta da me esattamente quello che sto facendo. E i primi nomi di questa committenza sono quelli della moglie e del figlio di Segovia. A un reduce dell'armata Brancaleone del chitarrume parasegoviano che agitava l'edizione Schott-Segovia della Sonata di Castelnuovo-Tedesco proclamando che quella era la "vera" versione dell'opera, ho domandato: "Si? E allora come mai il primo a non usarla è stato Andrés Segovia che, nella sua registrazione del brano ha fatto tutt'altro che quello che ha pubblicato?". Lo stesso vale per la Fantasia-Sonata di Manén. Segovia era un uomo di genio, meritava seguaci meno stupidi. dralig
  18. No, ma può essere un'esigenza per chi è in grado di distinguere, nel repertorio, la tela dalla seta. dralig
  19. Uno dei capolavori del repertorio per chitarra della prima metà del Novecento è la "Fantasia-Sonata" scritta nel 1929 per Andrés Segovia dal compositore catalano Joan Manén. Finora, questo lavoro è stata disponibile soltanto nella revisione dello stesso Segovia, pubblicata dalle edizione Schott nel 1930. Sono lieto di annunciare che molto presto sarà disponibile una nuova edizione. Si aggiungerà al catalogo - già ricco di 31 volumi - della collana "The Andrés Segovia Archive" pubblicata dalle edizioni Bèrben. La nuova edizione offrirà la riproduzione in facsimile del manoscritto originale, un testo musicale pronto per la lettura e un'introduzione storica. La nuova versione farà luce su molti dubbi tuttora nutriti da quegli interpreti che hanno scavato a fondo il testo della composizione, soprattutto coloro che hanno confrontato la versione segoviana con la realizzazione che, della sua opera per chitarra, Joan Manén fece nel 1937, trascrivendola per orchestra con il titolo "Divertimiento". Restituire il testo chitarristico alla sua forma primaria non è stato precisamente un "divertimiento", ma era un mio dovere etico-artistico, e mi sento sollevato nel poterne finalmente annunciare il compimento. dralig
  20. Questo è un forum di chitarra, e ben di rado - quasi mai - ho proposto argomenti che non riguardassero la musica. Tuttavia, come musicisti, facciamo parte di un tessuto sociale, ci viviamo, e il tentare di rendersi conto della propria situazione è importante per gli artisti non meno che per qualunque altra categoria di cittadini e di lavoratori. Al di fuori di ogni orientamento politico, la lettura dell'articolo di Ernesto Galli della Loggia, pubblicato dal Corriere della Sera di stamane, può risultare molto utile, perché l'autore è capace di guardare con chiarezza e con capacità di sintesi la realtà dell'Italia di oggi. http://www.corriere.it/editoriali/10_dicembre_30/un-disperato-qualunquismo-ernesto-galli-della-loggia-editoriale_2120c614-13e4-11e0-96ea-00144f02aabc.shtml dralig
  21. Caro Piero, in quale stato di questo mondo e in quale ordine di scuola si è mai visto traghettare una categoria di alcune migliaia di docenti dall'istruzione secondaria all'istruzione universitaria senza una verifica, un esame, un qualsiasi vaglio dell'effettiva idoneità degli insegnanti? Eppure, questa era la pretesa della categoria, in qualche modo accolta nella riforma. Riforma convertita in una beffa in sede di applicazione, cioè mantenendo i ruoli e le retribuzioni dei docenti del conservatorio al livello precedente. Mascagni era un tipico esponente della sinistra che voleva fare del'istruzione musicale un feudo del potere già esercitato nei teatri e nelle istituzioni concertistiche. I sindacati dei docenti sventarono questa manovra e inventarono la riforma grazie alla quale oggi insegnanti di strumento appena capaci di leggere e scrivere diventano relatori di tesi di laurea: una vera buffonata. Questa situazione sfocerà inevitabilmente verso la nascita di scuole private di altissima qualità - modello Juilliard, Curtis, Manhattan - dove andranno a studiare coloro che vogliono fare sul serio. Sulla qualità delle orchestre che usciranno dai conservatori riformati, ci sentiremo tra alcuni anni: anzi, sentiremo i loro archi - intonazione e suono. dralig
  22. Mi scuso d'aver caricato il file di'iimagine a rovescio. La pagina è tratta dal volume "Non è il paradiso" di Antonella Cilento, Sironi Editore, 2003. L'esimia scrittrice napoletana aveva citato il documento ad altro proposito, ma io trovo che esso descriva molto bene quello che è accaduto - e sta accadendo - con la riforma dei conservatori. Analogamente, Shakespeare intitolò una sua opera teatrale: "Much ado about nothing". dralig
  23. Ecco una appropriata e profetica descrizione della riforma dei conservatori.
  24. Quello, cioè, che fanno i chitarristi "elettrici" da diversi decenni? Non ho dimestichezza con i "chitarristi elettrici", ma se hanno imparato a schematizzare mentalmente la struttura delle scale diatoniche e ad applicarla alla tastiera della chitarra per moduli, il loro IQ dev'essere molto più alto di quello dei chitarristi classici che imparano le scale una alla volta, separatamente, avvalendosi delle diteggiature di un illuminato. Se, dopo un anno di studi teorici e di osservazione dell'accordatura e della tastiera della chitarra, uno studente non è arrivato da sé a capire i moduli delle scale, è certo che non farà nulla di notevole, né con la chitarra né in altri campi. Il precetto che impone agli esaminandi di dar prova di saper suonare le scale dopo la bellezza di cinque anni di studio e l'aggiunta della precisazione "nelle tonalità più agevoli" sono una ennesima dimostrazione del fatto che non sono tanto gli altri a ridere di qualcuno, se prima questo qualcuno non si rende ridicolo da sé. dralig
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