Vai al contenuto
Novità discografiche:

Angelo Gilardino

Membri
  • Numero contenuti

    2241
  • Iscritto

  • Ultima visita

  • Giorni Vinti

    37

Tutti i contenuti di Angelo Gilardino

  1. Diffida sempre delle iconografie che dipingono l'artista ispirato che riceve dall'alto l'ispirazione e che, come per magia (o, peggio!, per talento) riesce a darle forma senza fatica. Sono un mare di scemenze. Dietro la realizzazione di un lavoro definibile artistico c'è fatica, applicazione, studio e metodo. E qualche briciola di indefinibile abilità comunicativa. ..attenzione al pericolo che incombe anche nei migliori, siano essi compositori o interpreti: l'Accademismo! Saper manipolare magistralmente la materia musicale, con studio e rigore, da sola non basta! ...poi le strade, come giustamente dici, sono infinite! Saluti Piero Viti Il fatto è, caro Piero, che un compositore - come, credo, uno scrittore o un pittore - non sa se è ispirato o no, quando si mette al lavoro: tutto quello che può fare è lavorare, e se c'era, nell'opera, ispirazione o meno, lo si constata solo alla fine. Tra l'altro, la persona meno indicata a constatarlo è proprio l'autore. La relazione tra le mozioni iniziali e il risultato finale non è lineare: un compositore può sentirsi toccato da emozione autentica e forte, e poi smarrirsi per strada, nello scrivere; oppure, all'opposto, può decidersi a scrivere un pezzo solo perché gli è stato richiesto di farlo, e non perché è ispirato, e alla fine, magari, i lettori e i critici constateranno che l'opera è ispiratissima. Chi lo sa? La capacità di scrivere in modo corretto e decente è comunque indispensabile: il "Concierto para un fiesta" non è certo il "Concierto de Aranjuez", ma nessuno potrà accusare Rodrigo di aver scritto un pezzo indegno. Barber ha composto un Adagio per archi da brivido, e il colpo gli è riuscito una volta sola in tutta la vita, ma non c'è uno solo dei suoi lavori che non risulti altamente stimabile. Il guaio non è l'accademismo, il guaio è l'analfabetismo: il repertorio contemporaneo per chitarra ne è infestato in modo indecente. dralig
  2. I concerti di Arran e Johanson sono divertimenti scritti da chitarristi musicalmente preparati. Non mi pronuncio sul loro valore, ma per certo sono lavori scritti da musicisti seri, e non da dulcamara improvvisatisi compositori. Prodigo è un compositore non chitarrista, con un fortissimo bagaglio di armonia - la sua musica è comunque magistrale. Mi pare che la sua scrittura chitarristica ecceda in densità, ma lo strumentista che voglia eseguirla non troverà problemi insormontabili nel semplificare qualche passaggio. dralig
  3. Se adottiamo l'accezione al termine "tenebrismo" messa a punto da Alessio Olivieri nella sua tesi di laurea, con ciò intendiamo riferirci a un aspetto che si delinea nel secolo XX in particolare nella musica per chitarra (ma non solamente in essa). Olivieri non ha proposto un'estensione all'indietro del tenebrismo. Se l'avesse fatto, avrebbe probabilmente dovuto saltare a pie' pari tutto l'Ottocento e buona parte del Settecento, e risalire al barocco - forse ai clavicembalisti francesi. Io non ho svolto una ricerca al riguardo, non fa parte della mia attuale sfera di interesse. Escludo comunque che Johann Sebastian Bach possa essere considerato un autore tenebrista. La poetica del tenebrismo - intesa in senso lato, cioè non limitata all'ambito musicale - trova la sua origine nella poesia del mistico spagnolo, e dottore della Chiesa, San Juan de la Cruz, che nella sua "Noche oscura" descrive lo smarrimento dell'anima in cui si ritrovano coloro che, essendo usciti dal mondo per votarsi a Dio, non per ciò vengono subito investiti dalla Luce, e brancolano nel buio - privi sia delle gioie effimere che hanno lasciato alle loro spalle che della forza di una rivelazione che deve ancora spiegarsi ai loro occhi (e non è detto che lo faccia). Bach viveva invece nella pienezza di questa rivelazione, tutta la sua musica è un inno al Creatore che abitava in lui e del quale lui si sentiva strumento e messaggero. No, Bach è "luminista", non "tenebrista". Io non so se posso essere definito gotico o tenebrista. So come scrivere la musica che scrivo: sono un contrappuntista, e di rado - molto di rado, e solo per gioco - scrivo una melodia accompagnata. Adopero il contrappunto, le cui regole ho imparato da giovane, in modo molto diverso da come il maestro di composizione mi ha insegnato a fare, e ciò accade perché me ne servo non per scrivere degli esercizi, ma per creare musica mia: devo quindi forgiare uno stile con regole proprie, differenti da quelle scolastiche. Però, non potrei farlo se prima non avessi studiato il contrappunto accademico. Infatti, a prima vista vedo se una pagina di musica è stata scritta da un autore che sa scrivere o da un mezzano semianalfabeta che sa a malapena solo il solfeggio, e non m'impressiona per nulla il fatto che la sua musica sia famosa tra chitarristi: non uso le mot de Cambronne perché non sono accerchiato dall'armata britannica e perché del suo "successo" non m'importa un fico secco, ma il concetto è quello... Non c'è in musica indicazione di espressione che possa mettere chi non capisce in condizione di capire. Le indicazioni di espressione servono solo ad accelerare e a confermare il processo di comprensione di chi capirebbe comunque anche leggendo soltanto le note: è un ausilio, non può essere un faro. La maggioranza dei lettori non capisce niente, non sa chi era Ofelia, non ha mai letto "Amleto", non si domanda perché il titolo del brano è in francese e non ha la più pallida idea di chi fosse Arthur Rimbaud - se qualcuno lo sa, è per aver visto il film con il divo americano del "Titanic" nella parte del giovane poeta. Altro che tenebre! dralig
  4. Diciamo che io lo chiesi al compositore e lui lo scrisse e me lo dedicò. Lo scrisse per tutti quelli che l'avrebbero suonato. Sta ancora aspettando... dralig
  5. Le parti di chitarra di entrambi i concerti sono problematiche, ma per ragioni opposte. Absil ha scritto troppe note, Gervasio troppo poche - la chitarra è trattata prevalentemente come uno strumento ad arco, con molti passi monodici. E' più facile togliere che aggiungere... dralig
  6. La parte di chitarra, come l'ha scritta il compositore, presenta molti problemi di praticabilità, di suono e di compatibilità con i tempi richiesti dal carattere della musica. Il solista dovrà quindi modificarla. L'edizione riprodurrà il testo originale. dralig
  7. No, finora. Però bisognerebbe farlo. Per la registrazione, io ci sono... Qual è l'organico? E quando sarà pubblicato? EB Sarà pubblicato tra alcuni mesi. L'organico è ricco - te lo comunico a parte. La parte di chitarra- della quale verrà pubblicato il testo originale - deve essere riscritta di sana pianta. ag
  8. No, finora. Però bisognerebbe farlo. Il Concerto è in corso di ripubblicazione presso Bèrben. A suo tempo, fu pubblicata una riproduzione del manoscritto, con la partitura pressoché illeggibile. Recentemente, l'ho copiata con Sibelius, e sto ora cercando almeno un correttore di bozze aggiunto, disposto a confrontare l'impervio manoscritto con la mia versione e a segnalarmi gli errori. Un chitarrista belga si era offerto ma, ricevuto il pacco, si è dato alla macchia. Giorgio Signorile arde dal desiderio di suonare il concerto: che cosa c'è di più istruttivo - dico io - che correggere le bozze di stampa della partitura? dralig
  9. Ah si? Provvidenziale, sto giusto cercando un altro correttore disposto a passare qualche ora nel confronto tra il manoscritto e la prima bozza di stampa. Della partitura, s'intende (per ora). Arruolato? dralig Nel titolo di Absil, ci si trova sopra il paravento cinese, non sotto. Dettagli...
  10. Non avendo letto accuratamente i messaggi precedenti, non mi ero reso conto della tua età, e credevo di dialogare con un collega, se non con un mio coetaneo (cioè un vecchio). Anche se la sostanza dei concetti non muta, il fatto che tu partecipi alla discussione con le tue osservazioni è di per sé rilevante e meritevole. Avrei dovuto rispondere con gli stessi argomenti, ma in un'altra forma. Chiedo scusa. dralig
  11. Nessuno - ch'io sappia - è stato così fatuo da presentare il tenebrismo come una vittoria. Semplicemente, si è fatto osservare come, con l'"Homenaje", Falla abbia introdotto nel linguaggio della chitarra qualcosa che, prima di lui, non c'era e che, nel Novecento, si è manifestato specificamente in forma di musica per chitarra - grazie ai compositori che hanno seguitato la linea tracciata dal maestro andaluso. Lei ritiene che questo fenomeno sia "normale"; altri invece l'hanno considerato rilevante e degno di attenzione e di studio al punto da dedicargli tesi di laurea. Io, di ciò che reputo ordinario e non meritevole d'attenzione, mi disinteresso totalmente, non ne parlo e non ne scrivo - meno che mai lo farei se ciò mi costasse, per giunta, fatica. Perché "deve adeguarsi"? C'è qualcuno o qualcosa che La obbliga a faticare per cose che non Le sembrano degne di nota? dralig
  12. di tenebrismo se ne è discusso qui: http://www.cristianoporqueddu.it/forumchitarraclassica/viewtopic.php?t=3692 buona lettura. ps, melancolia, non malinconia. la malinconia è una truffa emotiva della borghesia, categoria sociale alla quale, oggi più che mai, l'arte è prona. Classi sociali? Oggi c'è solo la massa, caro Alfredo, e sopravvivono, esauste, nicchie di resistenza. "Ma è tardi, sempre più tardi..." dralig
  13. Come se "ciò che c'è scritto" - una simbologia - diventasse suono per effetto di magia. E no, non è così. Prima di diventare suono, quei simboli passano attraverso un processo di decodificazione che ha luogo nella mente di chi suona. Il lavoro di chi suona incomincia da un leggio fisico, sì; ma prima di diventare suono il leggio fisico, afono, si converte in un leggio mentale, pre-sonoro: è lì, caro amico, che si gioca la partita. Chi suona non attinge ai simboli se non in una prima fase, e i suoni, prima di produrli fisicamente, li modella nella sua mente. Che non è uguale a quella del compositore. Quindi l'esortazione "suona quel che c'è scritto" è una metafora semplificatoria. Ma perché scrivo questo, dal momento che Lei lo sa benissimo? Dai, non faccia il furbo. dralig
  14. Occorrerà cambiar mestiere, Roberto. Che dici? La visione di John Cage è profondamente - e mirabilmente - influenzata dalla filosofia zen. Ricordo la frase con la quale il compositore americano esordì nella sua prima lezione ai Ferienkurse di Darmstadt, dove vigeva il dogma strutturalista (immaginiamo la reazione dei chierichetti stockhauseniani): "La musica è una successione di suoni e di silenzi, ad esempio il fruscio del vento tra le foglie degli alberi". In altre parole, un'esortazione a diventare attenti e sensibili alla bellezza del mondo, abbandonando le smanie di dominio e di imposizione dell'intelletto umano. La sua opera riflette fedelmente questo recupero dell'innocenza di fronte allo spettacolo del mondo. Tradotto in termini didattici: la musica esiste comunque, che voi siate capaci di riconoscerla in ciò che vi circonda o che siate sordi; se componete, se suonate, non crediate di inventare nulla, state semplicemente captando la sovrana e misteriosa bellezza dell'esistente, e quelli che ne date sono solo dei riflessi: è sciocco e meschino impiantare su questa realtà la pretesa dell'io; se ascoltate, cercate di mettere da parte le vostre aspettative e le vostre esigenze, siate acuti, perspicui, liberi, aperti, e valorizzate tutto ciò che il suono porta con sé, inclusa la profonda tensione del silenzio. Di sicuro, chi perviene a tale conoscenza non sa che cosa sia il panico, l'ansia, le smanie da palcoscenico. La sua lezione è altissima, e io mi inchino dinanzi a tanta maestria. Come diceva Krishnamurti, non serve a nulla eccellere in qualcosa e comportarsi da stupidi in ogni altro campo: occorre essere sapienti in tutta la sfera dell'esistenza. dralig dralig
  15. Se ci si pone nel fenomeno musicale come partecipante - compositore, interprete, ascoltatore: non fa differenza - non sorgono disturbi del comportamento come il panico (tremito, sudorazione, tachicardia, scariche adrenaliniche, etc.). Il disturbo sorge quando, rispetto al fenomeno musicale, ci si pone come entità separata, come ego, alla ricerca di esiti non intrinseci all'evento musicale (affermazione personale, ricerca dell'applauso, approvazione e cooptazione da parte di autorità come tali riconosciute dal soggetto, per esempio nel caso di esami e concorsi). La musica è un fenomeno complesso, che richiede la compresenza e la compartecipazione di soggetti privi di motivazioni costituite nell'ego. Infatti, i disturbi colgono assai poco i musicisti che alla compartecipazione sono chiamati istituzionalmente (gli orchestrali e i coristi) e molto di più i musicisti che annettono alla performance solistica significati che appartengono alla sfera dell'affermazione di sé stessi e alla remunerazione privilegiata (in tutti i sensi). E' chiaro che, a tale sindrome, dà luogo la concezione "americana" del successo, con annesse mitologie (essere il number one, e scemenze del genere). I guasti che ne derivano sono inevitabilmente pesanti, a volte distruttivi. La filosofia, in senso lato, può essere molto utile nel riportare i musicisti a una percezione non distorta della realtà. Il superamento del disagio non avviene in tempi lenti: se si comprende l'origine della propria sofferenza, la liberazione è istantanea, se non la si comprende si continua a patire, e si chiama miglioramento ciò che in realtà è l'abitudine a star male. dralig dralig
  16. Non facciamo confusione, per piacere. Se accettassimo queste conclusioni, arriveremmo alla sentenza secondo la quale chi non suona mai in pubblico non può capire un brano di musica nella sua essenza e in tutti i suoi dettagli, il che ovviamente non è vero. Un conto è capire, un altro conto è trasmettere ad altri la propria comprensione. Per fare ciò, bisogna imparare un'arte, che è quella della comunicazione, e questa si impara stando in pubblico, certo: si impara a comunicare agli altri ciò che si è compreso ed elaborato in precedenza nella propria mente. Che questo possa funzionare anche a rovescio, non è da escludere a priori, ma è chiaro come il sole che, se si sa leggere la musica al di là della decifrazione, quel che c'è da capire può essere capito senza necessariamente doverlo suonare in pubblico: vogliamo per caso sostenere che un Celibidache non avrebbe potuto capire a fondo un Preludio di Villa-Lobos? E' peraltro verissimo ed evidente il fatto che molti esecutori credono di comunicare al loro pubblico l'essenza di composizioni delle quali non hanno capito niente: la comunicazione funziona, ma il messaggio è fasullo. dralig
  17. Mi pare che l'umanità stia lottando disperatamente per preservare la giovinezza, non per scrollarsela di dosso. Il grande obiettivo di un artista è riuscire a mantenere la propria immaginazione e la propria freschezza - doni tipici dell'infanzia - mentre l'intelletto cresce e mentre il corpo invecchia. Ci riescono in pochi, perché pochi sono abbastanza intelligenti da capire che la cosa più stolta è voler diventare qualcosa o qualcuno. dralig
  18. Esistono - basta consultare il catalogo Pocci disponibile online - alcune decine di migliaia di pezzi per chitarra composti nel Novecento, in gran parte pubblicati. Orientarsi in un repertorio tanto vasto richiede diversi tipi di impegno: i il desiderio di leggere musica, la volontà e i mezzi per procurarsi i testi, il tempo e le capacità per leggerli e per comprenderli e, nel caso di chi dà concerti, quella particolare determinazione che abilita a comunicare agli ascoltatori i valori musicali. Rispetto a tanta dovizia, il numero di chitarristi capaci di operare autonomamente è molto limitato. Credo di essere ottimista dicendo che cinque chitarristi su cento, collocato un pezzo sconosciuto sul leggio, sono capaci di giungerne a capo, almeno per quanto riguarda le fasi della comprensione del testo - e questo non conduce necessariamente all'esecuzione pubblica. Quindi, i compositori hanno poco da sapersi vendere. Tutto quello che possono fare è scrivere la loro musica e - se possono - pubblicarla e non seppellirla nei cassetti. Da lì in poi, possono anche prendere iniziative "di vendita", ma gli acquirenti sono pochi e mal equipaggiati e - non a caso - chi scrive musica di valore è poco incline a rincorrere clienti. Lo fanno solo i venditori di robetta o di robaccia. dralig
  19. Chitarrista-compositore britannico, nato nel 1934. Fu uno dei pochi chitarristi che - oltre agli studi strumentistici - acquisirono anche una preparazione seria come compositori (studiò con Lennox Berkeley). Io conosco solo tre pezzi suoi per chitarra: "The Barber od Baghdad", "Leviathan" e "Garuda". Sono scritti bene, ma non mi è mai capitato di ascoltarli in una registrazione o in un concerto. Non hanno nulla da invidiare a pezzi per chitarra divenuti famosi. dralig
  20. "Aranci in fiore" non fu dedicato a Segovia, ma ad Aldo Bruzzichelli, allora titolare di un caffé di Firenze dove MCT usava dissetarsi durante le prove del "Savonarola". I due strinsero amicizia, e quando Lorenzo - il figio del compositore - si ammalò, il medico consigliò di fargli mangiare arance. Non era però la stagione, e a Firenze non se ne trovavano. Bruzzichelli se ne fece inviare una cesta da suoi amici sicialiani e la regalò al compositore che, per gratitudine, scrisse "Aranci in fiore" e lo dedicò al suo amico - al quale avrebbe poi dedicato "Platero y yo". Segovia ha registrato circa il 70% del suo repertorio, e questo comprendeva non più del 30% della music scritta per lui. dralig
  21. La questione, mi sembra, non è ignorando il passato, ma reinventarlo. Abbiamo così il paradigma di un passato imprevedibile. La visione del passato dipende in larga misura dalla avidità di coloro che pretendono di essere autorità sulla storia. Non esistono autorità, amico mio, nel campo della storia della chitarra. Esistono solo persone che studiano e ricercano e persone che scelgono deliberatamente di non sapere niente, e magari se ne gloriano. dralig
  22. Mi perdoni questo intervento: non sono interessati al futuro della chitarra classica. Come una nozione astratta, il suo futuro è, nella migliore delle ipotesi, effimera. Sono appassionatamente interessato al futuro di chitarristi classici, i compositori, i suonatori, i produttori di strumenti. Persone reali con reali problemi quotidiani. Non è un'astrazione effimera. Ciao Matanya, ti sorprenderesti nel venire a sapere che intorno al futuro della chitarra sono affacendate persone che ne ignorano il passato? A me sembra che, invece di occuparsi profeticamente di ciò che è estremamente incerto - per la semplice ragione che non è ancora accaduto - sarebbe molto più intelligente e utile studiare accuratamente ciò che è già chiaramente scritto nel libro della storia. Prova a chiedere a uno di questi vati o pitonesse di scriverti a memoria su una lavagna i temi delle Sonate di Sor, e vedrai prove di chiaroveggenza che ti lasceranno sbalordito! dralig
  23. Tra la fine del Settecento e nel primo Ottocento il concerto per chitarra e orchestra fu una rarità: Vidal, Doisy, Carulli, Molino, Giuliani...poca roba, si arriva si e no alla decina di lavori. Prevaleva la forma antifonale, che limita al minimo le sovrapposizioni tra solista e orchestra. Non si nota, nelle partiture, alcuna specificità. Il problema è stato affrontato nella sua complessità solo dai compositori del Novecento. dralig
  24. Affermare che la chitarra, in certi contesti, può giovarsi dell'amplificazione, non implica in alcun modo un giudizio di "inferiorità". La chitarra è uno strumento con le sue prerogative, che sono assai speciali e delicate e, nell'essere accostata ad altri strumenti, chiede all'orchestratore riguardi altrettanto speciali. E' un questione di tecnica orchestrale, superiorità o inferiorità non c'entrano. Sarebbe come dire che l'arpa è uno strumento inferiore perché non può fare una scala cromatica di semicrome veloci. Lo studio delle partiture dei più importanti concerti del Novecento ci svela le diverse soluzioni escogitate dai compositori per rispettare la chitarra. Grosso modo, si tratta di soluzioni quantitative e di soluzioni timbriche. Castelnuovo-Tedesco ha escogitato non soltanto un assottigliamento dell'organico, ma una disposizione scenica degli archi diversa da quella ordinaria. Non viene mai rispettata perché importa un maggior lavoro a carico del direttore - ma se lo fosse, il risultato sarebbe migliore di quello (peraltro ottimo anche senza amplificazione) che normalmente si ascolta. Dodgson ha puntato sull'eliminazione di certe ricette armoniche le quali, secondo lui, indipendentemente dal "volume", nuocciono alla chitarra: ecco dunque il suo primo Concerto senza oboe e senza corno inglese, e con tre clarinetti. Ancora più radicale, in questo senso, è la soluzione trovata da Ernesto Halffter - grande allievo di quel sommo orchestratore che fu Manuel de Falla. Nel Concerto di Halffter non ci sono oboi né fagotti, ma sei flauti e clarinetti, e la chitarra non dialoga mai con gli archi pieni, bensì con un concertino di quattro strumenti, disposto fuori dalla sezione, e tace quando entra il ripieno delle corde. Tutto ciò suona benissimo senza amplificazione in una sala di modeste dimensioni, ma in un auditorium, mentre il suono degli strumenti d'orchestra giunge a destinazione, quello della chitarra, se non si perde, si affievolisce molto, e in tal caso l'amplificazione è provvidenziale. Nei miei Concerti, ho escogitato soluzioni diverse da quelle dei Maestri sopra menzionati, che ho studiato con grande devozione e con estremo profitto. Non spetta a me descriverle - certo non qui - e comunque, al di là delle schermaglie inutili, le partiture, pubblicate, sono a disposizione di chi voglia e sappia leggerle. dralig
  25. Non necessariamente. Ricordo bene un tale concerto. Era nella Boston Symphony sala (3000 posti) Seiji Ozawa direzione d'orchestra. Un concerto per chitarra e orchestra di Takemitsu (Hai dimenticato il titolo). Il solista è stato Manuel Barrueco. Per eseguire senza amplificazione, misero la solista su una piattaforma elevata, ben al di sopra dell'orchestra. Il "balance" con l'orchestra era perfetto. Il principio fisico in questione è troppo complicato per me spiegare, ma mi sembra che se la sorgente fisica del suono è su un'altura diversi, c'è molto meno smorzamento della chitarra da strumenti che sono nel medesimo registro, come il violoncello e il fagotto. Chitarristi che hanno scelto di suonare in piedi, può ottenere lo stesso effetto. Matanya, l'orchestrazione di Takemitsu è ben altra cosa da quella di Villa-Lobos. Ti ricordo che quest'ultimo scrisse che aveva strumentato il suo concerto partendo dal presupposto che la chitarra fosse amplificata. D'accordissimo con te sul maggior rilievo che la chitarra assume con la disposizione scenica che tu indichi, ma nel caso del concerto di HVL non basta. dralig
×
×
  • Aggiungi...

Informazioni importanti

Usando il Forum dichiari di essere d'accordo con i nostri Terms of Use.