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Angelo Gilardino

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  1. Mi spieghi a cosa serve un incipit del genere ad un post? Modificalo per favore. Serve a lasciar trasparire - suo malgrado - l'intelligenza e la correttezza del suo autore. Perché esortarlo a modificare la sua parola? Lui è così, non può essere meglio di così: che appaia per quel che è. dralig
  2. Maestro gasgas, nell'esporre i miei pensieri e i miei concetti, sono libero - Suo malgrado - di servirmi degli argomenti che ritengo più validi e probanti: che cosa citare e che cosa lasciar perdere è scelta che spetta solo a me. Se Lei ha qualcosa da argomentare riguardo alla logica con la quale io ho fatto uso della mia esperienza di orchestratore, si serva delle partiture, e a quelle specificamente si riferisca: delle Sue esortazioni, francamente me ne infischio. Ciò detto, in che cosa consisterebbe, rispetto a quanto è già stato affermato nei messaggi precedenti, il Suo sostanziale apporto alla discussione? Alla miliardesima riaffermazione del "de gustibus"? dralig
  3. credo fermamente nel contrario di ciò che scrivi indipendentemente dalla questione "amplificazione" la chitarra "classica" è uno strumento che rifugge gli ampi spazi, le celebrazioni comunitarie, le grandi masse. Può sembrare paradossale (basterebbe conoscerne il repertorio) ma l'anima della chitarra classica è l'antitesi del comunitarismo dello starsystem rockettaro. Questa chitarra semmai dovrà riappropriarsi di spazi sempre più piccoli e intimi, riscoprire il gusto per la musica da camera, per una hausmusik in versione contemporanea dove l'amplificazione, se necessaria, sarà proporzionale al volume di suono prodotto. Penso che se c'è una cosa utile, ad esempio, che molti giovani potrebbero cominciare a fare senza stare a sentenziare improbabili perfomance alla Iron Maiden con 400.000 persone è cercare di organizzare dei piccoli concerti in casa propria. Molta scena "alternativa" anche nel rock (del post-rock) e della musica improvvisata ed elettroacustica lo sta già facendo, con dei bei risultati. Prendiamo esempio da questo indie "rock", casalingo e low-fi che, oltre ad essere fattibile a spese zero, pare avere un po' più la testa sulle spalle di certe improbabili pretese. Anche questa via - il Concierto de Aranjuez negli stadi - è già stata tentata, come Lei sa, ed è stato un insuccesso totale. Non è difficile capire perché. Se l'amplificazione si rende indispensabile perché diversamente la chitarra non si potrebbe sentire, delle due, l'una: o il luogo è acusticamente inadatto, o la musica è scritta male (ed è certamente, dal punto di vista dell'orchestrazione, il caso del concerto di Villa-Lobos). L'amplificazione serve per permettere al chitarrista di suonare in souplesse, fraseggiando con le nuances come se stesse suonando da solo in salotto. dralig
  4. Villa-Lobos scrisse il suo Concerto implicando che la chitarra dovesse essere amplificata. Da allora in poi - tolta l'opposizione di Segovia, che però nell'ultima parte della sua carriera rinunciò a suonare anche i suoi amati concerti di Castelnuovo-Tedesco, Ponce e Rodrigo - nessuno ha più avuto nulla da obiettare all'amplificazione della chitarra "classica". Non ricordo di aver ascoltato una sola volta uno dei miei concerti con orchestra senza amplificazione, per non parlare di Aranjuez o del Concerto di Villa-Lobos che, senza amplificazione, è praticamente inascoltabile. Credo che non occorra alcun adeguamento - i concertisti in carriera sono tutti provvisti di ottimi apparati. Li usano, ovviamente, quando sono necessari. dralig
  5. Non è vero. Intanto lo scopo delle discussioni serie non è quello d innervosire l'interlocutore (le discussioni di un forum culturale non hanno carattere personale), ma quello di mettere a fuoco gli argomenti e di entrare nel vivo dei temi, spesso riferendosi a dei dettagli. Da questo punto di vista - l'unico che possa interessare i lettori - il rispondere a un messaggio dividendolo in parti è assai utile, perché mette a confronto diretto un concetto, un pensiero, una notizia, con il contenuto della risposta che si vuol dare a quel particolare concetto, pensiero, dato, non ad altri, o tutto il messaggio: la comprensione e la valutazione del senso di un'argomentazione con quello di un'altra risulta così molto più facile e diretta, e se qualcuno si innervosisce, sono affari suoi, che non interessano i lettori: questo è un forum di discussione, non un centro per il benessere degli iscritti. Ovviamente, anche in questa pratica occorre correttezza: rispondendo a un messaggio è lecito dividerlo se, nel fare ciò, si mantiene a ciascuna sezione citata il proprio senso compiuto, evitando l'estrapolazione subdola; ma se il fondamento della discussione non è corretto e civile, a ben poco servirebbe la proibizione di sezionare i messaggi: i disonesti e i cretini sono tali ventiquattro ore al giorno - anche quando dormono - e non c'è regola che li possa mutare in persone per bene. dralig
  6. Caro Fabio, in campo chitarristico non esistono autorità (non mi avventuro oltre il confine, anche se al riguardo ho un'opinione precisa). Esistono competenze, conoscenze, ricerche svolte e in atto, e se coloro che certe competenze e conoscenze hanno acquisito, e certe ricerche svolgono, vengono indicati come "autorità", non è quasi mai, da parte dei chitarristi, con rispetto, ma con astio, con fastidio, con insofferenza, rivendicando bei tempi andati, quando chiunque poteva mettere in piedi una simulazione di competenza e atteggiarsi ad autorità senza che nessuno potesse contestargliene il diritto. La verità è che chiamiamo musicologi coloro che - tra i chitarristi - hanno avvertito il bisogno di avviare la ricerca storica, di impiantare una ricerca che porti al contatto con i testi musicali mondati da manomissioni (spesso dilettantistiche: si parlava, qui, della Sonata op. 15 di Giuliani, che circolò per decenni in un'edizione il cui curatore, musicalmente semianalfabeta, aveva tagliato una strofa intera nel Rondò finale, dimostrando la più totale ignoranza degli elementi di forma musicale: eppure, era considerato un'autorità), di istituire relazioni interpretative tra la musica per chitarra e quella scritta per gli altri strumenti: ma è da considerare musicologia, questa? E' di questo che si occupano i musicologi? A me non risulta che nelle università dove si studia musicologia si perda del tempo in fumisterie sull'utilità di recuperare i testi originali mettendo da parte le manipolazioni personali che di tali testi hanno fatto i maestri XYZ: ma vede anche Lei come, in un forum di chitarra, questa sia tuttora questione da discutere. Le pare che sia il caso di prenderci sul serio? Quindi, io direi, limitiamoci a sbarrare il passo alle palle sesquipedali, correggendo con dati di fatto almeno i tentativi di raccontare le favole con il sussiego dello storico. Di musicologia, in ambito chitarristico, ne abbiamo vista finora molto poca, e credo che si debba procedere con dosaggi prudenti: tra chitarristi, un analfabeta musicale che non sa il solfeggio può essere accolto come il Derrida della nuova era dell'interpretazione. dralig
  7. Caro Piero, ti sarai sicuramente domandato come mai i pianisti, i violinisti, i violoncellisti, che ebbero, nella generazione di Segovia, interpreti del calibro di Horowitz e Rubinsein, di Heiftez, di Casals, non crearono, intorno a quelle figure, l'immane mitologia sorta intorno alla figura di Segovia ad opera dei chitarristi. Storicamente, esteticamente, la figura di Segovia è perfettamente inserita nella storia dell'intepretazione musicale, in cui sfliano figure eminenti al pari della sua, senza che per questo si sia alzata una mitografia - inevitabilmente accompagnata da una mitomania denigratoria che, nel caso specifico di Segovia, ha raggiunto punte criminaloidi. Si dirà che ciò è dipeso in gran parte dal fatto che, mentre gli Heifetz e i Casals si aggiungevano a una tradizione già in atto nei rispettivi campi, Segovia l'ha fondata, ma sappiamo che tale affermazione - storicamente - è priva di fondamento, perché i grandi interpreti della chitarra sono esistiti prima di lui e contemporaneamente a lui, e tuttavia non hanno inciso in misura paragonabile alla sua. Prima di Casals, la Suites per violoncello di Bach erano ignorate o considerate degli esercizi noiosi. Il fatto che lui ne abbia rivelato al mondo l'immensa bellezza è stato riconosciuto, ma questo non ha trasformato Casals, agli occhi dei violoncellisti, in una icona ossessionante, da citare a ogni pie' sospinto, da prendere come riferimento, o addirittura come modello, per le proprie, quotidiane scelte di repertorio, di stile interpretativo, addirittura di definizione dei testi. Io non esito a individuare, in questo atteggiamento, una patologia culturale i cui fattori sono molteplici, ma riassumibili in una definizione generalizzata: la pochezza dei chitarristi. Pochezza intellettuale, culturale, artistica, musicale, caratteriale, etc. Segovia è stato un grande interprete, al cui seguito si è formata una enorme piaga manieristica, ora giustiziata dal mondo della musica e risospinta in quelli che il maestro chiamava "suburbi musicali". Basta leggere un qualunque forum di chitarra - non solo in italiano - per rendersi conto della realtà. Il guaio è che, in questa vigorosa spazzata che la vita musicale ha fatto del chitarrume, sono stati implicati anche chitarristi di valore, dotati di personalità autentica, i quali ora faticano enormemente a risalire la corrente avversa e ottengono riconoscimenti molto inferiori ai loro meriti. Lo studio che ho condotto in ambito segoviano mi ha portato a credere che Segovia fosse perfettamente conscio di tutto ciò, e che sapesse benissimo che ci sarebbe stato après lui, le déluge. Credo che sia giunto il tempo di scrivere un saggio sull'argomento: un saggio storico, si, ma anche estetico, con una serie di implicazioni su quello che potrà essere non "il futuro della chitarra" (locuzione ridicola), ma il futuro della cultura della quale la musica per chitarra è espressione peculiare. E' ora di decidersi... dralig
  8. Non ci fu una causa, Piero. Emilia Segovia informò l'editore che negava il suo consenso alla pubblicazione delle lettere. Il libro, però. era già in commercio, e anche se l'editore si conformò al veto dell'erede, evitando di ristampare il volume, la sua diffusione non si arrestò. Condivido la tua valutazione del contenuto delle lettere e del loro potere rivelatore. Oggi, disponiamo di documenti che ampliano molto - confermandone l'impronta - la conoscenza dell'artista e dell'uomo, della sua vita, delle sue molte tribolazioni e del fatto che la dedizione alla propria arte impone un prezzo terribile. Mi riferisco al libro di Alfredo Escande intitolato "Don Andrés y Paquita" e alla biografia appena edita di Alberto Lopez Poveda. Escande ha tratteggiato un ritratto molto forte, sia in senso artistico che personale, di Segovia, mettendo a fuoco il decennio trascorso a Montevideo (con un'ampia escursione nel periodo precedente e in quello successivo). Lopez Poveda propone un excursus cronologico completo, con il sostegno di una documentazione in gran parte inedita. Del libro di Escande, ho già scritto. Quello di Poveda, sta per arrivarmi, e ne scriverò appena lo avrò letto. Mi pare che siamo ormai in possesso di tutto quello che occorre per comprendere a fondo il fenomeno Segovia. Forse, alla fine, un saggio interpretativo sulla sua figura e sulla sua arte potrebbe completare il quadro. Vedremo... dralig
  9. Non esiste una traduzione italiana, ma il volume pubblicato da Editions Orphée contiene sia il testo originale delle lettere, in spagnolo, sia una traduzione inglese che io trovo eccellente. Non mi sembra quindi inaccessibile: un chitarrista non può non conoscere almeno una delle due lingue... dralig
  10. Non l'ho capito questo messaggio. Forse mi sono perso qualcosa? Visto che il forum viene letto da tutti, perchè non ci degna di essere un po più chiaro? Alessio Molti anni fa, caro Alessio, Matanya Ophee ritrovò una pubblicazione di Sei Preludi di Antoine de L'Hoyer successivamente attribuiti, in un'edizione viennese, a Mauro Giuliani (op. 83). Matanya ritenne allora che si trattasse di un plagio, ne incolpò Giuliani e, di questa sua valutazione, fece il punto di partenza per questionare l'autenticità dell'intera opera del maestro pugliese. Nel contestare questo suo diritto musicologico sulle pagine de Il Fronimo, io - tradito da un'emozione negativa che mi fece perdere l'equilibrio - rivolsi a Matanya accuse di dilettantismo. Si badi bene, io non affermai mai che quelle opere non fossero di L'Hoyer. Intendevo invece difendere Giuliani da un sospetto molto pesante. Lo feci in modo veemente, lasciandomi prendere la mano. Matanya rispose per le rime, e io ribattei. Per quanto dura, la polemica si svolse però unicamente sulla questione metodologica: nessuno dei due addebitò all'altro di aver raccontato fanfaluche. Qualche tempo dopo, scrissi a Matanya offrendogli le mie scuse per i toni che avevo adoperato. Le accettò di buon grado. Per quanto riguarda il nocciolo della questione, ciascuno rimase sulle sue posizioni. Questo non impedì a lui di dare alle stampe l'edizione del più importante lavoro musicologico scritto su Mauro Giuliani (quello di Thomas Heck), né impedì, tra di noi, il sorgere di una stima reciproca, suggellata dalle collaborazioni professionali e anche da una cordiale amicizia. Ciao. ag
  11. Le mie scuse a Matanya Ophee per le espressioni adoperate nei riguardi del suo metodo di lavoro furono presentate all'interessato a suo tempo e nei modi dovuti: poiché so di non essere infallibile - e non me ne vergogno - correggo i miei errori non appena ne prendo conoscenza, senza mettere tempo in mezzo, e senza cercare di nascondermi. Comunque, in quella discussione si parlava, riguardo a Giuliani e a L'Hoyer - che non hanno nulla che vedere con una discussione sui Preludi di Villa-Lobos- di errori metodologici, non di balle, e per quanto accesi fossero i toni, i contendenti si rinfacciarono lacune musicologiche, non fanfaluche: chi oggi racconta balle non ha alcun modo di salvare la faccia evocando le polemiche altrui, svoltesi sul metodo, non sulla credibilità. Lascio a Mr Ophee di rievocare l'episodio, se lo ritiene opportuno. Di certo, non mancherà di spiegare come mai, dopo lo scontro polemico, egli ritenne di affidarmi compiti quali la ricostruzione del concerto per chitarra e orchestra di Boris Asafev, la ri-composizione per chitarra e trio d'archi del Gran Solo di Sor, nonché di pubblicare una delle mie composizioni: "Ikonostas": tutti lavori patrocinati dalla sua casa editrice. dralig
  12. A mio avviso, la questione è rilevante per la presente discussione, perché si tratta con lo stesso problema di prendere opinioni personali, come fatti storici. Tutto ciò che Escande era riuscita a dimostrare, è che il 10 dicembre 1943, Carlevaro eseguito Preludes 3 e 4, in presenza del compositore. Non dimostra, senza ombra di dubbio, che questa era una prima esecuzione. Anche Escande stesso ammette che si tratta di un presupposto che è valido, fino a prova contraria.* De un punto di vista strettamente musicologico, tutte le informazioni su questo presunto prestazioni prima proviene da Carlevaro se stesso, non fanno Villa-Lobos, o da qualsiasi altra prova che è indipendente dal ricorrente medesimo. Il semplice fatto dell'esistenza di stampa di queste due preludi per due anni, fa decadere immediatamente la pretesa Carlevaro, a meno che non si può fornire una prova di un fatto negativo. Io non sono disposto a sospendere le semplici regole di prova richiesti in indagini storiche, solo perché un discepolo fedele del soggetto, sento l'obbligo emotiva per gonfiare i dati a disposizione per fare affermazioni insopportabile. Un discepolo dedicato è l'ultima persona che può scrivere una biografia attendibile del suo maestro. Per questa ragione, farò in modo di ottenere la Poveda biografia di Segovia, per vedere se aveva il giusto atteggiamento verso l'affermazione di Segovia, che il primo concerto del 20° secolo è stato scritto per lui da MCT. Come ho già dimostrato, questa era una bugia, e Segovia sapeva che era una bugia. Carlevaro, a quanto pare, era uno studente molto bene del suo maestro. *Podemos perfectamente asumir entonces, hasta que no se demuestre fehacientemente lo contrario, que el referido concierto en el Teatro Municipal de Rio de Janeiro march el estreno por parte de Abel Carlevaro de los "Preludios" 3 y 4 de Villa- Lobos, en presencia del propio compositor. [Possiamo anche prendere tempo, fino a quando al contrario è chiaramente stabilito che la suddetta concerto al Teatro Municipal di Rio de Janeiro prima marcia di Abel Carlevaro dei "Preludi" 3 e 4 di Villa-Lobos, in presenza di proprio compositore]. Hai ragione Matanya - non avevo colto la sottigliezza del tuo assunto. Io intendevo solo dire che Segovia, con l'origine e l'edizione dei Préludes non c'entrava niente - e questo è fuori discussione - e citavo le esecuzioni di Carlevaro come prova del fatto che HVL non aveva legato quei suoi lavori a Segovia. Poi, è vero quello che tu sostieni: quella che fa delle esecuzioni di Carlevaro una prima è solo un'ipotesi e non una prova. La cosa più sciocca che ho fatto in vita mia è stata quella di intavolare una disputa con te, molti anni fa, senza accorgermi che stavamo dalla stessa parte. Come sai, posso sbagliare, ma non ripeto mai lo stesso errore. Ciao. ag
  13. Sono completamente d'accordo con il sentimento espresso nell'ultima frase. Per questo motivo, è importante notare che le informazioni contenute sulla frase precedente, non si basa su prove documentali, ma sulla propaganda espressa dai discepoli di Carlevaro. Preludes 3 e 4 sono state pubblicate in Brasile sulla rivista musicale Musica Viva nel 1940. Quando HVL incontrato Segovia nel 1941, ha sicuramente dato a lui le copie delle edizioni a stampa brasiliana, e non dei manoscritti. L'affermazione che Carlevaro anteprima questi Preludi nel 1943, quasi 3 anni dopo la loro prima pubblicazione, ignora la possibilità che i chitarristi brasiliani possono essere eseguite in pubblico non appena sono disponibili. Naturalmente, non abbiamo alcuna informazione per dimostrare che hanno fatto, e per dimostrare che essi non, equivarrebbe a provare un fatto negativo. Per quanto riguarda la metodologia utilizzata da Alfredo Escando per presentare la "prova" di una prima esecuzione di Carlevaro, avrei altro da dire su questo argomento, se vi è interesse. Ciao Matanya, come tu sai, Escande ha pubblicato la riproduzione del programma del concerto nel quale Abel Carlevaro eseguì i due Preludi a Rio de Janeiro alla presenza del compositore. Io credo che questa sia una prova sufficiente, anche perché collocata in un contesto di relazioni personali che intercorsero tra l'allora giovane chitarrista montevideano, alunno (per davvero) di Segovia, e il compositore. Conosco la discussione sviluppatasi tra te ed Escande sull'argomento e, in questo caso, credo che lui abbia ragione, anche se questo non significa, ai miei occhi, che tu abbia torto: significa solo che io credo nei dati che lui ha riportato, e non me ne occorrono altri. Agli effetti della discussione qui in atto, comunque, questo tema è irrilevante: qui qualcuno ha detto cose indiscutibilmente false, e di fanfaluche nel mondo della chitarra, come tu ben sai, ne corrono troppe. Un conto è interpretare diversamente un documento - come fate tu ed Escande - un altro conto è inventarsi fatti che nessun documento contiene. Ciao. ag
  14. Darò ragguagli appena ne giungerò a mia volta in possesso. Quello che so, per il momento, è che la biografia è stata pubblicata e presentata ufficialmente - ero invitato all'evento, ma non ho potuto partecipare - e che una copia della medesima è en route verso la mia cassetta della posta. dralig Da un dépliant che mi è giunto insieme all'invito, e che in precedenza non avevo letto, apprendo che l'acquisto si può effettuare presso Entre libros calle Viriato, 8 Linares tel. 955 695 353 fax 953 600 803 libreria@entre-libros.com Attenti, è una bella botta. 90 euro (iva inclusa) più, immagino, la spedizione. dralig
  15. Non lo so, a lume di buon senso mi sembra improbabile che una casa editrice commerciale italiana si sobbarchi l'onere di far tradurre e di pubblicare una biografia di 1300 pagine, ed esorto quindi coloro che sono interessati all'argomento a imparare il castigliano: sicuramente, il tempo che occorrerà loro per apprendere la lingua sarà più breve di quello che trascorrerà in attesa di un'edizione italiana. dralig
  16. Darò ragguagli appena ne giungerò a mia volta in possesso. Quello che so, per il momento, è che la biografia è stata pubblicata e presentata ufficialmente - ero invitato all'evento, ma non ho potuto partecipare - e che una copia della medesima è en route verso la mia cassetta della posta. dralig
  17. E' stata presentata ufficialmente, in una cerimonia svoltasi mercoledi 24 marzo 2010 presso la Fondazione Andrés Segovia di Linares, la biografia del grande chitarrista, scritta da Alberto Lopez Poveda. E' questa sicuramente la biografia più ricca, documentata e attendibile finora data alle stampe su Segovia. Consta di due volumi, uno dei 864 pagine e un altro di 408. pubblicati a cura dell'Università di Jaén e del Municipio di Linares, e s'intitola: "Andrés Segovia/Vida y obra". E' scritto in castigliano. Alberto Lopez Poveda, amico intimo di Segovia, ha dedicato 40 anni alla raccolta e allo studio dei documenti riguardanti la vita di Segovia, in ciò incoraggiato dallo stesso maestro, che gli diede e gli fece dare da altre persone una quantità enorme di materiale. Egli ha ordinato e catalogato tutte queste fonti, e su di esse ha costruito la sua biografia, oggi finalmente disponibile. Egli è stato il fautore della nascita della Fondazione che a Linares è stata creata in memoria di Segovia, e ne è tuttora - nonostante la sua avanzata età, 94 anni - il reggitore e l'anima. Mi riservo di scrivere in sede giornalistica un articolo su questa pubblicazione, che rappresenta un fortissimo contributo alla storia della chitarra. AG
  18. Non occorre essere perfetti per opporsi alla diffusione di fanfaluche: basta essere intolleranti nei confronti di coloro che le inventano e cercano di propagarle: in questo forum, non funziona. dralig
  19. Nella nuova edizione dei "Cinq Préludes" pubblicata nel 2007 da Max Eschig a cura di Frédéric Zigante non esiste alcun Preludio oltre a quelli già noti. La notizia del recupero del (fantomatico) sesto Preludio nell'edizione in oggetto è palesemente falsa. Nella gestazione e nell'edizione dei "Cinq Préludes", Andrés Segovia non ebbe parte alcuna. Anzi, Segovia fu preceduto, nella prima esecuzione di due dei cinque Preludi, dall'allora suo discepolo Abel Carlevaro, che ricevette i manoscritti direttamente da Villa-Lobos, con il quale aveva avuto contatti indipendentemente da Segovia. Per il futuro della chitarra, sarebbe intanto utile non intorbidare il presente propagando falsità. dralig
  20. ...essendone stato il primo esecutore, ben conosco "La Serra". Ti interesserà sapere - se già non ne sei al corrente - che nella tua regione tale Girolamo Barbieri, organista, fu in pieno Ottocento uno dei pochissimi autori che si azzardarono a comporre per chitarra. Ho invano tentato di richiamare l'attenzione dei cultori del "nostro strumento" sull'esistenza di tali dignitosissimi brani. dralig
  21. Idea commendevole, se tale committenza esistesse. Non ci sono più le corti e i conventi, che ordinavano dipinti e che mantenevano musici per i loro diletti. Il borghese uscito dalla Rivoluzione francese è diventato un consumatore che, in qualità di committente, tutto quel che sa fare è accendere la televisione. Gli corriamo dietro offrendogli musica confezionata per le sue flosce meningi? Lo ingiuriamo - come ha fatto la cultura marxiana per decenni - cercando di renderlo responsabile e quindi in grado di comprendere la poesia, la musica, la pittura, il cinema, e di farne strumenti di riforma della sua vita senza senso? dralig
  22. Si..forse hai ragione Giorgio... ma una volta esisteva la Musica Classica, la Leggera, il Rock il Pop..ecc..e di conseguenza Bream non era Joe Pass, Pollini non era Renato Carosone..(non sto facendo graduatorie di merito, sia chiaro)...ma semplicemente...sono cose diverse..o almeno ho creduto per anni che lo fossero! ..ecco..penso mi sono perso qualcosa.. sono diventato vecchio...è evidente... io ho "imparato" ad ascoltare la musica con il tempo, non era facile sentire un quartetto di Beethoven ma pian piano si è rivelato questo splendido mondo ed è stato un crescendo di sensazioni..fino alle cose più complesse..la chitarra mi ha "portato" dai semplici studi di Carulli fino alle elucubrazioni di un Von Einem e..oltre...ma davvero faccio fatica a ..sentire alcune cose..ma temo sia un problema mio... perdonatemi..mi adatterò... peccato che è tardi per ..cambiare..strumento marcello Perché cambiare strumento, se con la chitarra ti trovi bene? Intanto, smettila di chiamarla "il nostro strumento" (metafora freudiana) e di pensare alle sue sorti (più o meno magnifiche e progressive, di questi tempi), e pensa invece soltanto a quello che fai tu con il tuo (non nostro) strumento: ti accorgerai che non esiste - né potrebbe - una comunità affratellata da un ideale - o, se vogliamo, da un progetto - ma una quantità di persone, ciascuna delle quali ha un proprio intelletto, una propria cultura, una propria formazione, un proprio gusto, stile di vita, concetto del far musica, obiettivo, etc., e ti ritroverai in quella beata solitudine che è essenziale alla ricerca artistica. Da lì in poi, ne darai fuori i frutti attraverso i tuoi concerti, le tue registrazioni e il tuo insegnamento, senza preoccuparti minimamente di ciò che fanno gli altri, perché avrai realizzato come il fatto che suonino il tuo stesso strumento non li accomuni a te più del fatto che tutti parliate l'italiano, lingua nella quale si possono scrivere poesie e romanzi o recitare il telegiornale, spettegolare e dire banalità e sozzure - non solo da parte dell'empio popolo, ma anche da parte di governanti e parlamentari. Ci si ritrova, è vero, in un forum, o in situazioni reali e non virtuali, come i festival di chitarra (che, tra l'altro, possono essere benissimo evitati) , ma per scambiare informazioni o per fornire prestazioni professionali, non per condividere ideali, passioni, progetti, sentimenti: il tom tom non è la carta costituzionale di una repubblica, è solo una guida toponomastica, il forum chitarristico non è il luogo della concordia tra esponenti di una guilda gloriosa, ma un pub simile alla stazione di Guerre Stellari, dove puoi incontrare il Pilota e il suo buon secondo Dewbecca, ma anche loschi e abietti provocatori con i quali puoi avere in comune, appunto, il pub, ma non le ragioni che ti hanno spinto a entrarci. A me ripugna l'idea che la chitarra che io coltivo abbia qualcosa in comune con quella coltivata da altri, e mi dà fastidio che qualcuno di loro, parlando con me, dica "il nostro strumento": se il mio strumento fosse come il loro, oggi stesso cambierei mestiere. Giorgio si interroga sulla comunicazione. Fa bene. Vorrei però domandargli in quale modo, diretto e concreto, il proposito umanissimo di comunicare influenzi il suo modo di scrivere musica. Il pensiero musicale e le forme che ne derivano sono la manifestazione di un processo che si sviluppa nella mente del compositore a partire dalla sua realtà esistenziale, che è collocata nel mondo, che nel mondo vive e che con il mondo interagisce e comunica per la maggior parte delle 24 ore di cui è fatta una giornata. Persino dormendo, popoliamo i nostri sogni con gli altri, abbiamo che fare con loro. Come si potrebbe, nell'atto di scrivere musica, escludere la radice del nostro essere, che ci spinge continuamente a comunicarci agli altri? Nemmeno nel periodo della più algida ricerca strutturalistica degli anni Cinquanta e Sessanta, quando si affermava di voler negare alla crassa e supina borghesia consumatrice il piacere di un ascolto gastronomico, di fatto si rinunciava alla comunicazione, perché nello scrivere musica che negava ogni appiglio cognito all'audizione di coloro che nel frattempo stavano diventando i fans di Nilla Pizzi, si comunicava qualcosa: un concetto, una volontà, una tendenza. E allora sarà bene dire le cose come stanno: ciascuno, nel far musica, manifesta quello che è, intus et in cute, in sè stesso e nel mondo. Se scrivo delle banalità o delle scemenze musicali, non posso giustificarmi proclamando che sto cercando una comunicazione vasta: sto comunicando con chi intende solo banalità e scemenze. E' proibito? No, basta accendere la televisione per esserne sommerso, da mattina a sera, in campo musicale e in tutti gli altri campi, ma mi incombe il dovere di riconoscere che, se scrivo musica banale, io stesso sono banale: nessuno mi ucciderà per questo, anzi, probabilmente salirò nella sacra graduatoria delle SSS (soldi, successo, sesso), ma sia ben chiaro che sono quel che faccio, che non ho un aldilà nel quale potrei manifestarmi se il mondo fosse diverso e migliore: sono io, con la mia musica "di comunicazione", che lo rendo com'è. Se si crea qualcosa che non coincide con le aspettative della massa, ci si isola, si fa nicchia? Pazienza. Pur di non ritrovarmi appiccicato qualche cialtrone che mi aggredisce o mi abbraccia (fa lo stesso) nella convinzione demenziale che "il nostro strumento" ci renda simili, o peggio uguali, sono dispostissimo a star da solo per il resto dei miei giorni: e questo non significa che non comunico, significa che non ho niente da dire alle genti del grande fratello, dei talk show e delle classifiche discografiche, e che quello che ho da dire non passa né attraverso i loro orecchi e le loro menti. Con il loro voto, si formano i governi che abbiamo, non quelli dei quali avremmo bisogno. dralig
  23. Io ho trasferito tutto il contenuto di Outlook -compreso un archivio messaggi con migliaia di files - al corrispondente software di Mac, chiamato Entourage (fa parte del pacchetto Office per Mac) - con un piccolo software americano, che costa dieci dollari. Ha fatto tutto benissimo, con qualche attenzione nell'uso dralig
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