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Angelo Gilardino

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  1. Falla non ha rilasciato dichiarazioni, e manifestando il suo modo di concepire la chitarra nell'"Homenaje" non ha intenzionalmente creato un contrasto con altri modi di concepire e di trattare lo strumento: ne ha semplicemente divinato e rivelato un lato sconosciuto, molto più profondo. Credo che l'apporto originale addotto dalla chitarra alla musica del Novecento sia quello inaugurato dall'"Homenaje": non per nulla, come Falla, anche Britten (Nocturnal) o Petrassi (Suoni notturni) si rifanno a questa concezione della chitarra (Petrassi lo fa esplicitamente, parlando del "mistero" del suono chitarristico). dralig rilevavo come il "sistema chitarra" non sia stato (è in parte ancora è così)in grado di interrogare altri compositori (citavo Ligeti o Stravinsky...lista troppo lunga anche per qualsiasi rivelazione, fosse anche importante come quella) Ligeti fu a suo tempo interpellato, prima da AG e anni dopo da Magnus Andersson (ex-allievo di AG) e declinò cortesemente. Così fecero altri famosi compositori. L'unico "grande" che, in linea di principio, di dichiarò disponibile, fu Dimitri Shostakovic, ma morì prima che il progetto prendesse forma. dralig dralig
  2. Falla non ha rilasciato dichiarazioni, e manifestando il suo modo di concepire la chitarra nell'"Homenaje" non ha intenzionalmente creato un contrasto con altri modi di concepire e di trattare lo strumento: ne ha semplicemente divinato e rivelato un lato sconosciuto, molto più profondo. Credo che l'apporto originale addotto dalla chitarra alla musica del Novecento sia quello inaugurato dall'"Homenaje": non per nulla, come Falla, anche Britten (Nocturnal) o Petrassi (Suoni notturni) si rifanno a questa concezione della chitarra (Petrassi lo fa esplicitamente, parlando del "mistero" del suono chitarristico). dralig
  3. E' vero, ma nel Novecento Falla indica, con il suono della chitarra, la notte senza paesaggio, il buio, il mistero (non svelabile), l'incognito, "l'eremitaggio del cosmo", e quella è l'anima della chitarra "tenebrista", che non ha simili né uguali - meno che mai nel pianoforte e nella sua musica. dralig credo che il compito di un interprete debba essere l'esplorazione incessante delle poetiche non una adesione incondizionata ad una dichiarazione poetica...la conseguenze di questa (oltre ad essere in parte già evidente) può avere conseguenze catastrofiche... Anche se non colgo il nesso tra il mio intervento e il commento che Lei aggiunge, devo dire che, su quello che Lei scrive, sono d'accordo. In nessun altro ambito strumentistico, come in quello della chitarra, la figura dell'esecutore è posta al centro del fenomeno musicale, al punto che le altre figure (il compositore che ha scritto un pezzo, il musicologo che l'ha recuperato e ne ha reso possibile l'esecuzione, etc.) vengono sminuite quando non rimosse. L'imperativo di esplorare il repertorio e le poetiche, e di mettere le proprie capacità al servizio dei medesimi, non è mai stato avvertito dai chitarristi, né in senso artistico né in senso etico. Assoggettano la musica alla loro verve manieristica, e ne fanno scempio. Abbastanza recentemente c'è stato un cambio di direzione e un approfondimento interpretativo da parte di alcuni chitarristi, ma è evidente che costoro giocano una partita assai difficili su una scena dove sono ancora i divi a campeggiare con i loro prodigi. Non è un caso che, tra pianisti, nessuno abbia mai sollevato questioni riguardo il fatto - che so - che Michelangeli non abbia mai eseguito i Concerti di Brahms o la Sonata in si minore di Liszt, mentre tra chitarristi, il fatto che Bream non abbia suonato Castelnuovo-Tedesco costituisce motivo di domande. dralig
  4. Più che di una sovrapposizione di modo maggiore e modo minore omologo, si dovrebbe pensare a una situazione bi-modale (modo ionio-modo eolio a partire dalla stessa nota). Dico questo come parte direttamente interessata: ho fatto largo uso di questa area bi-modale nella mia Sonata n. 1 (1985), all'epoca in cui Bartok era il mio modello primario. ag
  5. E' vero, ma nel Novecento Falla indica, con il suono della chitarra, la notte senza paesaggio, il buio, il mistero (non svelabile), l'incognito, "l'eremitaggio del cosmo", e quella è l'anima della chitarra "tenebrista", che non ha simili né uguali - meno che mai nel pianoforte e nella sua musica. dralig
  6. Maesto scusi, sa dirmi in quale CD è contenuta la registrazione di Segovia del Gran Solo? Non sapevo che il chitarrista spagnolo l'avesse inciso, e mi incuriosisce non poco.. Segovia incise un LP dedicato a musiche di Sor e di Tarrega (una facciata ciascuno). In Italia, negli anni Cinquanta, fu pubblicato da Fonit Cetra. Il "Gran Solo" di Sor si chiamava, nel disco di Segovia, "Introduzione e Allegro". Io conservo ancora una copia di quel disco, non più utilizzabile perché le centinaia di ascolti lo hanno - come dire - fresato, Può trovare il riversamento in CD di quel disco nel cofanetto (contenente ben 5 CD) Deja Vu (Recording Arts), intitolato semplicemente "Andrés Segovia": il primo CD della serie contiene tutto il vecchio LP Fonit Cetra più alcuni brani di Moreno-Torroba. Non so quale testo avesse adoperato Segovia - probabilmente se l'era fabbricato lui prendendo da varie fonti - ma l'esecuzione era straordinaria. dralig
  7. ...e - ancora peggio - che i giudizi degli interpreti sul repertorio vengano assunti come sentenze della corte di cassazione. Bream non ha suonato Castelnuovo-Tedesco, Segovia non ha suonato Britten: e allora? dralig
  8. Grazie mille Maestro; è possibile procurasi questo testo in Italia? Un'altra richiesta: quali sono le incisioni del brano che vi sentireste di consigliare? Volevo inserire anche una breve discografia.. Non saprei se è possibile trovare il libro in Italia. Eventualmente, scrivimi al mio indirizzo privato e ti darò gli estremi per ordinarlo alla casa editrice in Spagna. Non conosco incisioni del Gran Solo degne di nota, artisticamente, dopo quella storica di Segovia. dralig
  9. L'edizione di Chiesa è basata sull'edizione Simrock, che arricchisce l'introduzione di alcuni ornamenti ma sopprime una parte importante nella sezione centrale. Preferisco l'edizione Meissonnier. E' più interessante dal punto di vista armonico e formale. dralig
  10. La migliore (cioè più ricca e approfondita) collezione di studi su Fernando Sor è questa: Luis Gasser, Estudios sobre Fernando Sor, Publicaciones del Instituto Complutense de Ciencias Musicales, Madrid 2003. Contiene saggi di diversi studiosi su tutti gli aspetti dell'opera di Sor, incluse le Sonate (e dunque il Gran Solo). Sommariamente, si può dire che si tratta di una composizione giovanile (poi riscritta con varianti altre due volte), nella quale l'autore manifesta gli influssi dello stile italiano, con il quale, durante gli anni barcellonesi, familiarizzava grazie alle rappresentazioni delle opere di Cimarosa, Sarti, Paisiello. Il suo stile prenderà successivamente strade diverse. E' stata avanzata - mi pare dal musicologo americano George Warren - l'ipotesi secondo cui il Gran Solo non sarebbe stato, originariamente, un pezzo per chitarra sola, bensì la parte di chitarra della perduta "Concertante" per violino, viola, violoncello e chitarra. Documentalmente priva di sostegno, l'ipotesi è tuttavia molto seducente considerando le peculiarità formali del Gran Solo. Alcuni anni fa, in una discussione su un forum americano di chitarra, Matanya Ophee mi sfidò (cavallerescamente) a corroborare la mia adesione alla tesi di Warren, riscrivendo il Gran Solo come quartetto per chitarra e archi. Se il lavoro gli fosse piaciuto, l'avrebbe pubblicato con la sua casa editrice. Lo ha pubblicato. dralig
  11. Motivazioni politiche autentiche no, non ce n'erano, perché Segovia non era, prima della guerra civile, politicamente schierato. Le squadracce barcellonesi, in quanto tali, non erano né anarchiche né comuniste, erano dei criminali che coprivano le loro scorrerie con motivazioni politiche fasulle, e con quelle giustificavano vendette personali. dralig
  12. Alcuni autori lo fecero, ma ciò nonostante rispettarono il silenzio di Segovia e non pubblicarono i loro brani per chitarra nella loro forma originale, ma in versione pianistica (Donostia, Martelli, Fornerod e altri). dralig
  13. Non seppe nulla al momento, ma a suo tempo fu informato di quello che era successo. E ne prese buona nota. dralig
  14. Prendo spunto da questa affermazione di Alfredo per chiedervi, a titolo di curiosità, se effettivamente c'è stato un momento in cui questa collaborazione (i cui frutti non potevano essere migliori) è cessata..Segovia -anche se lo reputo molto improbabile- non mostrò ad un certo punto più interesse per la musica del compositore fiorentino? O - come se non mi sbaglio fu per i Caprichos de Goya del '61- non aveva modo, tempo per rinnovare il suo repertorio? Ci furono soltanto due momenti di tensione. Nel 1959, Segovia scrisse a MCT una lettera in cui gli comunicava che non avrebbe più suonato la sua musica perché gli erano giunte voci del malcontento del compositore riguardo le sue esecuzioni. Lungi dall'intimidirsi, MCT rispose a Segovia che si trattava di frottole, mentre frottole non erano, ma verità, le promesse mancate dello stesso Segovia riguardo l'esecuzione e la pubblicazione di brani che aveva richiesto e poi lasciato da parte, dopo averli commentati favorevolmente. Segovia la prese bene, ammettendo (del resto, non poteva non farlo) le sue manchevolezze e giustificandole con i suoi impegni (che erano infatti oberanti). Un secondo momento di tensione si ebbe nel 1967, quando MCT annnciò a Segovia che avrebbe affidato ad AG (allora 25enne) la revisione e la diteggiatura dei "24 Caprichos de Goya" in vista della loro pubblicazione (che il compositore non era disposto a rimandare ulteriormente). Segovia la prese abbastanza male, poi si calmò. MCT fece un po' di diplomazia e suggerì ad AG di andare, l'anno seguente (1968) ai corsi di Segovia di Santiago de Compostela: sapeva benissimo che AG era "troppo indipendente" per andar d'accordo con Segovia, ma il gesto di andarlo a ossequiare a Santiago sarebbe stato comunque saggio e opportuno. Informato, Segovia ne fu contento e fece assegnare ad AG (che allora era povero in canna) una borsa di studio degli organizzatore di Santiago. Poi, purtroppo MCT in marzo morì improvvisamente. Gli organizzatori di Santiago incominciarono subito a fare questioni per la borsa già concessa, e AG ne approfittò per mandarli a quel paese, rinunciando - con vero sollievo - ai corsi di Santiago. Segovia non ne seppe nulla: tutta la manovra si era svolta a sua insaputa. Vista però l'edizione dei "Caprichos" nel 1971, ne prese buona nota, e questo (insieme ad altre cose) spiega come mai, nel 2001, ad occuparsi della musica inedita e sconosciuta dell'archivio Segovia fu chiamato AG, il "dissidente". dralig
  15. Sulla conclusione - che è quel che importa - siamo d'accordo: bisogna andare oltre. E io ci sono da una quarantina d'anni, oltre. Non intendo, ovviamente, incoraggiare estremismi adolescenziali - peraltro facilmente comprensibili: è tipico dell'età - se non per cogliere, in essi, quel fervore che in seguito, maturando senno e senso critico, può diventare energia positiva: quindi, evito - di massima e con qualche eccezione - di censurare le sparate ideologiche. Anche perché è evidente, in esse, la traccia della predicazione che, nelle classi di composizione dei conservatori, si seguita a fare, talvolta a scapito dell'insegnamento della materia principale. Ritengo tuttavia giusto (e, nel caso di un anziano, doveroso) riferire puntualmente e rigorosamente i fatti, in modo che nulla di ciò che è stato rimanga celato. E ovviamente riferisco i fatti di cui sono stato testimone diretto e talvolta, ahime, protagonista. Penso che la testimonianza sia un dovere civile, prima che di merito specificamente artistico. Ho piena contezza delle ingiurie che si sono levate contro i protagonisti della nuova musica da parte di esponenti del regime, dissolto politicamente ma ancora radicato nelle frange sottoculturali della neonata repubblica. Il fatto è che, al riguardo, non ho nulla da addurre a ciò che si sa da tempo. Una sola nota discorde: i versi di Montale - rivolti a Pier Paolo Pasolini - non sono interpretabili con un salto di sponda: sono quel che sono, si riferiscono a un preciso momento storico-culturale e a situazioni che non erano, e non sono, velate. Se così non fosse, non li avrei citati: le citazioni si fano a proposito, e non per barare. dralig
  16. Degenerati no, ma dogmatici si. La formula gramsciana è ben nota: se non la si pensa come loro, non si finisce in un gulag, ma si viene emarginati culturalmente (Montale: "...e su tutti gli altri, derisione e silenzio"), non si partecipa alle manifestazioni (Festival di Venezia e affini), a Radio Tre si passa per un minuto ogni tre anni, se va bene, non si viene menzionati nei libri di storia della musica, etc. etc. Sa, mi ha fatto una certa impressione leggere, in un Suo recente messaggio, "Nono fu vittima". Ove occorressero informazioni al riguardo, rivolgersi ad Hans Werner Henze. dralig
  17. Quel che si sa di lui oggi - salvo le ricerche che si possono condurre nella sua città natale, dove risiedette e operò - è scritto nel Dizionario dei chitarristi e liutai italiani del 1937. Per gli standard di allora, la sua tecnica era considerata "sicura e completa", ed è rilevante il fatto che si mosse di Catania per prendere lezioni dai due massimi chitarristi italiani del tempo: Luigi Mozzani e Benvenuto Terzi. Io non so come suonasse. Ho letto due o tre pezzi suoi, e mi sono reso conto che aveva talento, e che cercava di tirarsi fuori dalla provincia: tentativo probabilmente frustrato dalle circostanze avverse. Una ricerca su di lui e sulla sua musica potrebbe essere l'argomento di una tesi di laurea: tocca ai figli della Sicilia. dralig
  18. Per quel che può importare (il senso della tua argomentazione non cambia), i baffi a Monna Lisa li aggiunse Marcel Duchamp. dralig
  19. Ho letto alcuni suoi brani per chitarra sola. Considerando la situazione in cui visse, fece miracoli. Aveva talento autentico, ma non potè svilupparlo. Si diceva del potere impedente delle circostanze, ieri... dralig
  20. Hai ragione, Vladimir, niente capolavori. Il capolavoro, poi, viene sempre sciupato dalle circostanze: vedi il fagiano alla Mitridate di Fritz Brenner... dralig Aaaaaaaaaaaaaaahhhh noooooooooooooo! Ancora sto fagiano alla Mitridate, Maestro???????????????? magic guitar Si discorreva di capolavori, ed essendo il mio interlocutore nientemeno che Vladimir, quindicenne notoriamente straordinario nel dominare sia la chitarra che la forchetta, mi è sembrato naturale evocare il capolavoro di Fritz Brenner. Quanto a Lei, deploro che, riferendosi all'opera insigne - sebbene sfortunata - ricetta del maestro svizzero, non trovi espressione più devota che quella di "sto fagiano": Vladimir sarà d'accordo con me nel depennarLa senza remissione dall'elenco degli invitati alla cena in cui un cuoco di nostra fiducia tenterà di replicare il prodigio di Brenner. Così impara. dralig
  21. Hai ragione, Vladimir, niente capolavori. Il capolavoro, poi, viene sempre sciupato dalle circostanze: vedi il fagiano alla Mitridate di Fritz Brenner... dralig
  22. Si vede che era cuneese. Alla lunga, castagne, brus, bagna cauda e cuneesi danno alla testa. P.S. Dica a Biscaldi che quello che annusò da Manzo era brus, un misto di formaggi lasciati marcire (letteralmente) in una specie di anfora con del liquore. Per chi non è abituato, può essere fonte di disturbi mentali. Per chi lo apprezza, è una goduria. Ancorché non cuneese, e nonostante sia passato per il patibolo del "brus", il maestro Biscaldi gode di ottima salute mentale (e anche fisica, visti gli allenamenti da maratonera e le sedute in palestra alle quali regolarmente si sottopone). Ghedini - allora direttore del conservatorio di Milano - lo vidi una volta sola in vita mia, il giorno del mio esame di teoria e solfeggio (51 anni fa, in settembre). Avendomi trovato la mattina presto nel chiostro del conservatorio mentre ripassavo il setticlavio, volle sapere da dove venivo. Glielo dissi e mi diede del mangiarane. Credeva che sarei stato zitto o avrei detto: sissignore. Invece, sii sentì rispondere che, per mangiare le rane, bisogna prima saperle acchiappare, mentre, per mangiare le castagne, basta raccoglierle. Per fortuna, non era in commissione. dralig dralig
  23. Hai ragione, gli accenti giusti nel "Polo" sono quelli dell'edizione Romero. Per ogni semifrase di quattro misure, l'accentazione è distribuita così: misura 1 - tempo 1 misura 2 - tempo 2 misura 3 - tempo 3 misura 4 - tempo 1 Per la verità, Rodrigo indica il "marcato" solo sulle misure 1-2-4, e nella misura 3 crea l'accento spingendo la parte d'accompagnamento nell'ottava acuta - il che si percepisce comunque come accento, anche se non si marca la nota superiore. Non credo che Diaz abbia soppresso o redistribuito l'accentazione, è probabile che abbia lavorato su un originale meno preciso. dralig
  24. L'elemento magico è connaturato alla musica di Falla fino al 1920, cioè fino a quando si ispirò al cante jondo. Poi, si rivolse alla tradizione castigliana, e il suo stile cambiò completamente (ascoltare il concerto per clavicembalo). Nella musica di Rodrigo non c'è l'elemento magico - se non di riflesso, quando appunto cita Falla. Rodrigo è un compositore legato alla tradizione castigliana, sia quella popolare che quella cortese, e il suo stile è fondato principalmente su tre elementi: quello araldico, quello melanconico-evocativo e quello ironico. Il tutto condito dalla sua cultura musicale parigina: avendo studiato per anni con Paul Dukas, sapeva come maneggiare forma e orchestrazione in modo elegante. Scrisse "Invocacion y Danza" per partecipare al concorso di composizione chitarristica di Radio France, ben sapendo che lo avrebbe vinto. dralig
  25. L'edizione curata da Diaz è anteriore a quella curata da Romero, che è postuma e, in certi punti, semplificata. dralig
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