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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. la sonota di castelnuovo-tedesco è davvero un monumento, e credo che sia forse la piu difficle musicalmente, fatemi sapere se siete daccordo con me!!

     

    E'certamente uno dei capisaldi del repertorio della chitarra nella prima metà del Novecento, e in particolare nel quarto decennio. In quegli anni furono scritte altre Sonate di grande qualità, come la "Sonata para guitarra" di Antonio José, la "Sonata classica" di Alfred Uhl, la "Fantasia Sonata" di Joan Manen e la "Sonata" di Joaquin Turina. Una lettura attenta di questi pezzi, insieme al capolavoro di MCT, ci dà un'idea completa delle diverse concezioni che i compositori "neoclassici" avevano della forma-sonata.

     

    dralig

  2. ho ascoltato "Meridiana" di Angelo Gilardino (compositore che conosco di nome e di fama ma di cui non ho mai studiato nulla) e sono rimasto colpito dall'intelaiatura del pezzo.

     

    Domanda: mi riporta alla mente delle polifonie antiche di cui forse non conosco l'origine ma posso percepirne il fondo.

    Mi aiutate a capire meglio?

     

    La modalità è stata recuperata dai compositori del primo Novecento (non solo dai maestri francesi, ma anche dagli autori italiani della Generazione dell'Ottanta: Malipiero, Pizzetti, Respighi, Casella) sia come risorsa viva sia come mezzo per ricollegarsi a una tradizione remota e gloriosa: quella della polifonia, che risale molto indietro nel tempo, e fino al canto gregoriano. Anche oggi, comporre per chitarra adoperando un contrappunto forgiato sulle scale modali (e in certi casi, creando ibridazioni con la tonalità, oppure situazioni polimodali) è una grande risorsa a disposizione del compositore che scrive musica per chitarra. La chitarra è infatti "naturalmente" uno strumento incline alla modalità, e ne consente esplorazioni affascinanti. La musica modale e polimodale ha questo sapore insieme moderno ed arcaico.

     

     

    Altra domanda: la voce ostinata sulla prima corda è sempre da suonare allo stesso volume della voce che "si muove" sulle corde soprastanti?

     

     

    Non conviene, nel contrappunto, stabilire regole fisse. In linea di principio, le voci hanno uguale importanza - non c'è una melodia in primo piano e un accompagnamento sullo sfondo -, ma di volta in volta si può decidere di conferire un particolare rilievo a una voce rispetto alle altre, perché in determinato punto c'è un dettaglio da sottolineare, un profilo da valorizzare. Nel contrappunto, inoltre, il timbro può essere usato non più soltanto per ragioni coloristiche, ma anche per rendere più chiaro il tessuto delle voci, contrastando, ove possibile, i suoni di voci diverse quando si avvicinano nel registro e tendono, se suonati con lo stesso timbro, a confondersi.

     

    dralig

  3. Nelle discussioni che sono spuntate in questo 3d è emerso l'accenno ad una considerazione che da anni mi stuzzica la curiosità: perché tanti continuano, consapevolmente o meno, a far differenze di fatto tra "chitarristi" e "musicisti" (resto dei musicisti o altri musiisti, nelle migliori situazioni)?

     

    Il fenomeno si riscontra in campo chitarristico con particolare evidenza, ma non è certo limitato alla chitarra. La formazione degli strumentisti che si dedicano a uno strumento prevalentemente solistico qual è la chitarra ben di rado si estende al di là delle cognizioni del solfeggio e di una assai modesta conoscenza dell'armonia, e insiste invece sulla tecnica strumentale e sul lavoro manuale. Non era così ai tempi di Bach e ai tempi di Sor e di Giuliani. E' quindi abbastanza normale incontrare chitarristi che, provveduti di un adeguato bagaglio di tecnica meccanica, sono inetti in quelle fasi critiche della lettura del testo che vanno oltre la pura e semplice decifrazione delle note e degli altri simboli della notazione. Se ciò non è grave in un professore d'orchestra - che deve semplicemente tradurre in atto le indicazioni del direttore, e non è responsabile dell'interpretazione - in un chitarrista si rivela spesso come un limite, e gli errori (non quelli di lettura o di dita, ma quelli di fraseggio, di articolazione, di accentazione, etc.) purtroppo non sono infrequenti.

    Ecco quindi strumentisti avvezzi a lavorare con direttori d'orchestra eccellenti e comunque istruiti al fraseggio dalla pratica abituale della musica d'insieme trovarsi spesso a disagio con chitarristi che si rivelano poco istruiti. Questa situazione, ancora in atto, è tuttavia in fase di netto miglioramento, e in alcuni casi è dato di constatare che certi chitarristi sono capaci di fraseggi ancora più eleganti e sottili di quelli di altri strumentisti. E' un problema residuale che ha cause storiche, culturali e didattiche, e la cui soluzione - già acquisita individualmente da un buon numero di chitarristi - si sta avvicinando anche per una buona media della categoria. E' chiaro che rimarranno sempre delle code scadenti, ma questo avviene anche in ogni altro strumento: ci sono pianisti, violinisti, cantanti, flautisti, etc. , che fraseggiano male, solo che, nel loro caso, viene emesso un giudizio individuale e non si attribuisce la colpa all'intera corporazione...

     

     

    Recentemente, in alcune lezioni/discussioni col M° Saggese, si è parlato dell'interpretazione di alcuni brani o passaggi di essi, e mi ha colpito molto la dualità di visione - a tratti controversa - nell'analizzare i brani dal punto di vista "chitarristico" e dal punto di vista "musicale"...

    Perché se io immagino un fraseggio (letto in partitura senza "preconcetti o filtri") eseguito da un clavicembalo o da un fagotto o un violoncello, allora lo posso pensare in un modo, mentre se lo penso come "brano per chitarra" allora alcune delle idee musicali ad esso associate devono venir meno?!?!?

     

    Certo che no: la grammatica e la sintassi del discorso musicale sono le stesse per tutti gli strumenti. Attenti però a due fattori reali. Il primo è l'area idiomatica della chitarra, che - come e più di ogni altro strumento - offre una serie di peculiarità di suono che si riflettono anche sul fraseggio (pensiamo solamente alle legature della mano sinistra e alle conseguenze che ne derivano nel profilo "oggettivo" della frase) con risultati particolari: questi idiomatismi non vanno sacrificati al mito di un'oggettività musicale assoluta, e se adoperati consapevolmente, con gusto e misura, possono insaporire il fraseggio con soluzioni preziose, senza deturparne la logica strettamente musicale. L'altro fattore si riferisce invece alla coerenza dei testi: non sempre il compositore (specialmente se non suona la chitarra) ha un controllo completo e realistico del suono, e può quindi allegare, a determinati passi, dinamiche, segni di espressione o di fraseggio del tutto impraticabili e, se ricercati a tutti i costi, controproducenti. Mentre si capisce la logica astrattamente musicale che induce un compositore a prescrivere un ff furioso là dove scrive una linea singola nel registro sovracuto, o a indicare una forcella di crescendo là dove scrive delle legature di portamento fattibili solo con la mano sinistra, bisognerà, all'atto dell'esecuzione reale, temperare il ff furioso in modo da renderlo compatibile con le sonorità reali di cui lo strumento dispone in quel registro, e rinunciare al crescendo in favore delle legature della mano sinistra, o viceversa. Sono solo due casi molto generici, ma indicativi di un tipo di problemi con i quali il chitarrista, pur capace e musicalmente preparato, può trovarsi di fronte a situazioni senza apparente via d'uscita e obbligato a divergere dalla lettera del testo a favore di un risultato esteticamente più soddisfacente.

     

    dralig

  4.  

    Non capisco inoltre il senso del farle asciugare al sole dato che si possono tranquillissimamente asciugare con un panno di stoffa.

     

    Dopo avere a lungo riflettuto, tendo ad ammettere che, nei giorni di pioggia e di nebbia, la Sua variante sia da preferire.

     

    Ah sull'ultimo periodo secondo la sua teoria nel caso più auspicabile uno dovrebbe attuare un'ossessiva pulizia delle corde ogni giorno per stare al passo della pulizia personale.Il problema è se adatta la pulizia personale a quella delle corde .Io mi preoccuperei un po' in tali casi ;)

     

    Per chi consideri la quotidiana pulizia delle corde un impegno ossessivo, la storia è prodiga di consolazioni. Alla corte di Versailles, il medico si vantava di essere riuscito a far prendere il bagno al Re Sole ben due volte nello stesso anno, i cortigiani non avevano la più pallida idea di che cosa fosse una doccia e coprivano tutto incipriandosi. Pare che sia stato un periodo d'oro per la chitarra, rappresentata a corte da Francesco Corbetta. Quindi, non si preoccupi, evitando l'ossessiva pulizia e le preoccupazioni connesse, ci si colloca nella tradizione della categoria.

    Oltre a immaginarci la delizia che la Musique du Roi, agli ordini di Jean-Baptiste Lully, regalava eseguendo "Le bourgeois gentilhomme" o "Alceste", non siamo lontani dall'immaginare anche quale altra delizia dovesse viaggiare nell'aere, insieme a quella destinata alle orecchie. E' evidente che le corde le cambiavano spesso, e che il loro olfatto era meno sofisticato del loro udito. Ma - lo concedo - erano immuni da ossessioni e preoccupazioni.

     

    dralig

  5. e come le si lava?

     

    Io uso alcool denaturato.

     

    "Ogni quanto cambia le corde?"

    "Tutte le volte che si spezzano."

     

     

    Non vorrei che questa discussione generasse un fraintendimento: non credo che Cristiano tenga la stessa muta per un anno, lavandola con l'alcool. Ogni quanto cambi muta, Cristiano?

     

    "Maestro, how often do you change your strings?"

    "Never, unless they break". (Andrés Segovia).

     

    dralig

  6. Ho visitato tempo fa il sito web di un chitarrista classico e ricordo che nella sua attività c'era la qualifica di "chitarrista del Teatro alla Scala di Milano".

    Mi perdonerà il diretto interessato, di cui mi sfugge il nome in questo momento ma al quale comunque non mi sembrerebbe carino rivolgere direttamente la domanda.

    Mi chiedevo quale è il ruolo di un chitarrista nell'organico orchestrale di un teatro e se con questa definizione si intende l'inserimento della chitarra classica nella formazione orchestrale o se ha un'accezione diversa.

     

     

     

    Butterfly

     

    Nelle orchestre sinfoniche e nelle orchestre dei teatri non esiste, in organico, il ruolo del chitarrista. Quando la partitura richiede la chitarra, si chiama un chitarrista a contratto, solo per la durata delle prove e del concerto (o della rappresentazione). Da parte del Teatro alla Scala, e di altri teatri sovvenzionati dallo stato e dagli enti locali, si procede correttamente, tramite selezione pubblica, a individuare un chitarrista che, all'occorrenza, può sbrigare una parte - non solo nelle opere di repertorio, quali "Il barbiere di Siviglia", ma anche nelle opere moderne e contemporanee: l'interessato deve saper leggere a prima vista e deve saper comprendere e attuare le indicazioni del direttore. Lo stesso avviene per il mandolino.

     

    dralig

  7. Ma bagnando i bassi rivestiti d'argento, non si ossidano? Insomma, alla fine devo sempre occuparmi del bucato, anche per suonare la chitarra.... :roll:

    Il fatto che, sempre i bassi, si deformino un poco in corrispondenza delle barrette, è indice di una pressione eccessiva quando si suona o capita a tutti?

     

     

     

    Butterfly

     

    Le corde non sono eterne, e ovviamente, in corrispondenza delle barrette, si logorano (i bassi). Questa è una delle principali ragioni della loro scadenza. Non occorre aggiungere altre, evitabili.

     

    dralig

  8. Il mio maestro invece di lavarle,le cambia di frequente.E anch'io faccio lo stesso.

    Mi sa tanto che dovrei imparare a lavarle,dopotutto risparmio anche tanti soldi ....

    Ricapitolando,facendo questa operazione del "lavaggio"alle corde,per quanto tempo possono durare ancora?

     

    La "scadenza" di una corda può presentarsi "oggettivamente": 1) la corda si spezza; 2) si lede all'altezza di una o più barrette; 3) diviene falsa nell'intonazione; 4) non dà più suoni sufficientemente lunghi e "timbrati" (cioè con amonici percettibili); oppure, la scadenza può essere decretata "soggettivamente" dall'esecutore, anche se la corda è integra, intonata e timbricamente utile (e qui ciascuno è sovrano nei proprii giudizi). Ho fatto notare come la scarsa pulizia di certi chitarristi contribuisca ad accelerare il deterioramento "oggettivo" delle corde. La sudorazione e il distacco dal dito di minuti frammenti di epidermide, uniti al pulviscolo, "imbavagliano" le corde - specialmente quelle fasciate - e le fanno sembrare scadute: il lavaggio le libera dai detriti lasciati dalle dita e in molti casi suonano ancora decentissimamente.

    Da giovane, per risparmiare, usavo smontare le corde prima che scadessero, le lavavo accuratamente in acqua tiepida e sapone da bucato, le facevo asciugare al sole e le rimontavo. Duravano il doppio o il triplo di quanto duravano a miei colleghi. Da notare che la pulizia delle corde e la pulizia personale vanno spesso di pari passo, ma questo è argomento OT.

     

    dralig

  9. Ho dato uno sguardo ai dettagli dei dischi registrati da porqueddu e sono rimasto basito.. mi aspettavo l'uso di corde speciali e rarissime invece..... semplici augustine! Ma allora tutte queste seghe mentali con i tipi di corde? non pensavo proprio che un suono del genere si potesse ottenere con le augustine!

    sconforto :cry:

     

    domanda?

    ma sono l'unico che ancora non ha trovato una muta di corde adatta??

     

    ...o forse il tipo di sapone per lavarle, invece di buttarle via. I chitarristi sciupano fortune gettando nella spazzatura corde che potrebbero tranquillamente essere ancora usate a lungo, se solo i virtuosi le lavassero (e lavassero più spesso le loro mani iperabili).

     

    dralig

  10.  

    uff..ultimamente vivo di jetlag indipendentemente dai viaggi spaziali...

    togliere quel sol sarebbe un po come togliere i baffi dalla gioconda di Duchamp :lol:

     

    Brillante. Non vorrei prendere posizione tra analisti e storicisti ma, avendo letto buona parte della bibliografia villalobiana, e avendo imparato a "conoscere il tipo", ritengo molto verosimile la possibilità che, ove si fosse sbagliato a scrivere un basso, sarebbe stato, in seguito, capacissimo di affermare che l'aveva scritto volutamente così.

     

    dralig

    • Like 1
  11.  

    Il canto melismatico dell'indio - che storicamente non ha alcuna ragione per essere contento del suo stato - si risolve (con il sol nel basso) in una vera e propria agnizione. "Ma quale lamento", ci rivela l'abitante della selva, felicemente scampato agli anaconda e ai cacciatori bianchi, "era tutta una manfrina, in realtà sto benissimo e quello che m'illumina è il sole dell'avvenire".

     

    dralig

     

    Certo Angelo, in quest'ottica hai perfettamente ragione.

     

    Mi domandavo, ma la versione di Fredéric che tu sappia si riferisce al manoscritto originale di Villa-Lobos?

     

    Non è ancora pubblicata, ma sono sicuro che consisterà nel risultato di un confronto tra tutte le fonti disponibili (quelle degne di credito e di attenzione, ovviamente), a partire da quelle autografe.

     

    dralig

  12. per l'analisi, al di la dell'ironico, rimango piuttosto convinto di quanto sopra...per questioni storiche non credo che la stessa metodologia/interpretazione analitica possa essere applicata alla musica di Tarrega...:

     

    Con qualche piccolo aggiustamento della sveglia, io credo che Lei sia pronto per il "mio" Tarrega. Veda i casi della vita: chi s'indignerebbe di fronte alla prospettiva di farsi analizzare come persona, non vede l'ora di essere analizzato come autore.

     

    altra cosa la trasposizione dell'accompagnamento(atto ri-compositivo)...quello si che avrebbe la sua rilevanza struttoralonirica-motostatica...

    :mrgreen:

     

    Bisognerà aggiornare prontamente la santa gerarchia delle virtù che adornano il mondo della chitarra (e di altri strumenti): dopo i genitori dei ragazzi prodigio, le fidanzate dei chitarristi, le loro mogli-agenti, le vestali e i sacerdoti dei maestri-dei, le vedove dei compositori - categorie la cui perniciosità rifulge abbagliante - adesso abbiamo anche gli elaboratori strutturalonicomotostatici della musica di Tarrega: mi sembra ormai chiaro, faremo grandi cose.

     

    dralig

  13.  

     

     

    Caspita Angelo, sembra un vero pareggio. E, per me, anche dal punto di vista musicale.

     

    Il canto melismatico dell'indio - che storicamente non ha alcuna ragione per essere contento del suo stato - si risolve (con il sol nel basso) in una vera e propria agnizione. "Ma quale lamento", ci rivela l'abitante della selva, felicemente scampato agli anaconda e ai cacciatori bianchi, "era tutta una manfrina, in realtà sto benissimo e quello che m'illumina è il sole dell'avvenire".

     

    dralig

  14. Come dice giustamente il M° Gilardino, chi sceglie di suonare il sol nell'ultimo accordo del preludio ha dalla sua la parte scritta, probabilmente anche la fonte originale (ma qui bisognerebbe domandare al grande Fredèric) con il risultato finale di una resa sospesa e ambigua che lascia stupiti. Optando per la soluzione del mi nel basso si chiude in modo più logico e chiaro il percorso armonico del preludio.

     

    In ogni caso l'accordo finale ha un senso di soluzione conclusiva tra diversi momenti del preludio e una risposta finale sospesa propone una mancanza di soluzione, l'idea di un risveglio finale in un altro ambiente sonoro ed espressivo dopo un sogno inquieto e visionario, mentre il mi nel basso si inserisce in modo più omogeneo, ma forse più scontato, nel discorso dell'intero preludio.

     

    Ciao Giulio, le ricognizioni effettuate da Frédèric sulle fonti manoscritte vicine a Villa-Lobos confermano il sol nel basso, ma un manoscritto (non autografo, di alta copisteria) regalato da HVL ad Alberto Valdes-Blain, chitarrista di New York, e da questi passato a Mark Delpriora (allora suo allievo, ora docente alla Manhattan School of Music) contiene invece l'accordo come lo vedo io, con il mi nel basso.

     

    dralig

  15. Luigi mi trovi d'accordo (in tutti i sensi)...:lol:

    nonostante sia un brano chiaro dal punto di vista armonico, ci sono episodi che letti nella loro complessità lasciano sottointendere una sostanziale "ambiguità" funzionale (quell'ambiguità tipicamente impressionista, quindi dedotta da materiali semplici)...non solo secondo me il sol finale è corretto, ma, in una ipotetica trascrizione orchestrale, se ipotizzassi un pedale, sicuramente sarebbe sul sol...il preludio avanza (ondeggia) grazie ad un remotissimo espediente ritmico (croma puntata sedicesimo, primo motore immobile della danza) su cui riporrei la massima attenzione...tolto l'episodio centrale del preludio, rapsodico, in questo ipotetico movimento (inizio e fine del preludio)l'alternanza tra schegge discendenti e rintocchi di accordi è connessa appunto da quanto sopra...in particolare esattamente a metà tra le prime dieci battute (alla quinta, alla fine della quinta) il sol è terza di fondamentale omessa mi su cui costruire una quintiade (monta le terze per credere e omettendo quindi fondamet. sottintesa e la settima re)....insomma...lungi ancora dal considerarlo bitonale (ci vorrebbe una analaisi più approfondita) a me pare in questo preludio, funzionalmente, Villa Lobos abbia caricato la terza di mi, di tutta la sua potenza non in quanto terza della tonalità ma in quanto tonica della relativa maggiore (da cui l'ambiguità e la meraviglia non solo dell'ultimo accordo, ma di tutta la sospensione e leggerezza di queso meraviglioso preludio)

    ora non ricordo...ma forse l'ho sognato...saranno stati i broccoletti o predator vs.alien...mah..in ogni caso torno a letto

    :shock:

     

    Non pensi nemmeno per un istante che mi sia sfuggita la portanza di questo atto fondativo della nuova analisi musicale struttoralonirica-motostatica. Anzi, Le confido che sto per proporre una mia lettura di Recuerdos de la Alhambra con la melodia immutata e l'accompagnamento trasportato di mezzo tono (non importa in quale direzione). Si prepari, mi aspetto un appoggio relativo maggiore.

     

    dralig

  16. Luigi mi trovi d'accordo (in tutti i sensi)...:lol:

    nonostante sia un brano chiaro dal punto di vista armonico, ci sono episodi che letti nella loro complessità lasciano sottointendere una sostanziale "ambiguità" funzionale (quell'ambiguità tipicamente impressionista, quindi dedotta da materiali semplici)...non solo secondo me il sol finale è corretto, ma, in una ipotetica trascrizione orchestrale, se ipotizzassi un pedale, sicuramente sarebbe sul sol...il preludio avanza (ondeggia) grazie ad un remotissimo espediente ritmico (croma puntata sedicesimo, primo motore immobile della danza) su cui riporrei la massima attenzione...tolto l'episodio centrale del preludio, rapsodico, in questo ipotetico movimento (inizio e fine del preludio)l'alternanza tra schegge discendenti e rintocchi di accordi è connessa appunto da quanto sopra...in particolare esattamente a metà tra le prime dieci battute (alla quinta, alla fine della quinta) il sol è terza di fondamentale omessa mi su cui costruire una quintiade (monta le terze per credere e omettendo quindi fondamet. sottintesa e la settima re)....insomma...lungi ancora dal considerarlo bitonale (ci vorrebbe una analaisi più approfondita) a me pare in questo preludio, funzionalmente, Villa Lobos abbia caricato la terza di mi, di tutta la sua potenza non in quanto terza della tonalità ma in quanto tonica della relativa maggiore (da cui l'ambiguità e la meraviglia non solo dell'ultimo accordo, ma di tutta la sospensione e leggerezza di queso meraviglioso preludio)

    ora non ricordo...ma forse l'ho sognato...saranno stati i broccoletti o predator vs.alien...mah..in ogni caso torno a letto

    :shock:

     

    Forse non si mai è alzato. Il "motore immobile" è manifestazione di sonno profondo. HVL al chitarrista brasiliano Rabello, che lo interpellava sulla versione segoviana dell'episodio con i trilli dello Studio n. 7: "Si può fare in arpeggi, come Segovia, va bene; oppure come è scritto, va bene; oppure in un altro modo, va bene lo stesso".

     

    dralig

  17. carissimo maestro, vorrei porre una questione di non poco conto

     

    non credo affatto sia un errore ma credo che villa-lobos che tutti

    sappiamo essere un compositore finissimo e che per giunta

    sapeva suonare molto bene lo strumento non avrebbe mai scritto

    un finale come proposto da Lei, se lo avesse fatto avremmo dovuto

    avere una indicazione di piano e non di forte in quanto suonare

    l'accordo così come modificato forte è orrendo (provare per credere)

    le edizioni avrebbero non solo sbagliato l'accordo ma anche le

    le indicazioni di espressioni, mi sembre una coincidenza abbastanza

    paradossale. credo che la tesi usata da Lei per arrivare a tale

    conclusione sia una tesi del tutta compositiva (giusta nel suo complesso)

    ma non corretta nella questione, credo che l'accordo finale sia

    scritto da villa-lobos con los copo di dare al preludio un senso di

    sospensione finale.

     

    La mia non vuole essere una critica o altro, ma un rilievo del tutto

    personale.

     

    Luigi Morante

     

    Dalla Sua, Lei ha per prima cosa la lettera del testo, e poi il fatto che ci ha speso una riflessione seria: quindi, Lei non ha il minimo motivo per effettuare la correzione che io suggerisco. Suoni pure l'accordo com'è scritto, nessuno potrà affermare che Lei sbaglia. Io, quell'accordo lo trovo insopportabile, e - dopo averci riflettuto - lo cambio. Non ci sono ragioni e torti. Ci sono scelte. Se le scelte sono la conseguenza di una riflessione argomentata, sono giuste, anche se differenti.

     

    dralig

  18. Grazie, mi riprometto di procurarmi qualche altra partitura, dovrei riuscire a vedere proprio quella del concerto di Giuliani citato.

    Magari corro troppo, ma sono sempre curiosa di capire. Penso che urga da parte mia un po' di studio teorico aggiuntivo, sebbene confidi che al momento giusto anche queste conoscenze faranno parte del programma di studio che mi onoro di svolgere appunto col M.° Biscaldi.

     

     

     

    Butterfly

     

    Con lo studio teorico non si corre mai troppo: fin dove un concetto risulta assimilabile, non c'è la minima ragione per rimandarne l'assimilazione. L'evenienza che le proprie conoscenze teoriche possano sopravvanzare di gran lunga la propria capacità manuale con uno strumento non è da paventare, ed è certo che la solidità della preparazione teorico-musicale rende più facile e più spedito anche il processo di assimilazione della tecnica. Io farei studiare composizione ai bambini di prima media o delle elementari, proprio nello stesso momento in cui iniziano lo studio di uno strumento.

     

    dralig

  19. Grazie. A dire il vero ho poche partiture di concerti (più per orchestra e pianoforte che per orchestra e chitarra) e lo spartito su cui cercavo di capire la "cadenza" era il Suo Concerto d'Estate per chitarra e quartetto di chitarre. Se non ho capito male, la cadenza inizia dove c'è l'indicazione "solo", dopo la parte introduttiva.

     

    Il "Concerto d'estate" non è scritto nella forma tradizionale del concerto per solista e orchestra, è una cosa diversa. C'è un'alternanza tra il solista e il quartetto, con ben pochi punti di sovrapposizione, e i soli non si possono definire cadenze, sono parti strutturali.

    Anche nei concerti con orchestra io uso poco le cadenze, che sono comunque brevissime, e solo nel secondo tempo del recente "Concerto di Novgorod" ho scritto una vera e propria cadenza, e l'ho fatto su precisa richiesta di uno dei consiglieri che mi hanno assistito nella composizione (Matanya Ophee), originariamente non l'avevo scritta - ne diffidavo, invece è venuta bene.

     

    Ma cosa significa esattamente che la cadenza può essere scritta dal virtuoso e quanto ampi sono i limiti delle elaborazioni attuate dall'inteprete se sono previste anche cadenze non scritte? Come si mantiene la memoria storica di questi virtuosismi?

     

    I limiti sono quelli dettati dall'intelligenza e dal buon gusto dell'interprete.

    La memoria viene serbata se l'autore delle cadenze, oltre che eseguirle nei suoi concerti, le scrive.

     

    Ho anche la registrazione in vhs di Guitart del Concerto in La maggiore per chitarra e orchestra n. 30 di Mauro Giuliani, dove L. Brouwer dirige l'orchestra di Torino e il M.° Biscaldi.

    Adesso ho capito meglio quel che ho visto e ascoltato. Un musicista straordinario che è anche uno straordinario insegnante.

     

    Certo. Beati i suoi allievi.

     

    dralig

  20.  

    Grazie M°. Avevo letto qualche notizia in Rete su questo compositore, notizie però che non riguardavano i suoi rapporti con la chitarra, i pezzi scritti composti per questo stumento; era invece sottolineata la sua attività come compositore di musiche da film: http://pl.wikipedia.org/wiki/Albert_Harris , http://movies2.nytimes.com/gst/movies/filmography.html?p_id=30585 .

     

    Gli è che, con i diritti d'autore derivanti dalle esecuzioni e dalle incisioni della propria musica "vera", un compositore "serio" - di quelli reputati "arrivati" - può comperare la frutta e la verdura (sempre che si astenga dalle primizie), se tutto va bene.

     

    Ecco allora la necessità di procurarsi altri introiti. Escluso il banditismo, la politica e il circo equestre, non rimangono molte scelte: l'insegnamento, il lavoro nell'editoria musicale (o una mescolanza tra le dua attività, come nel mio caso), la musica commerciale e da film (se si danno le circostanze favorevoli), oppure un altro lavoro tout court: il giornalista, l'assicuratore (come Ives), il mercante d'arte (Ohana), il bidello (è noto il caso di un famoso concorso di composizione il cui vincitore, aperte le buste, risultò essere un inserviente del locale conservatorio, che non era riuscito a farsi assumere come docente).

     

    dralig

  21. Nel suo CD "Guitar Recital" (Classical Options), Segovia interpreta "Variazioni e fuga su un tema di Handel" di Albert Harris....chi era costui? E' stato -questo lavoro- scritto espressamente per Segovia? Ultima cosa: sapete se qualche editore ne pubblica lo spartito?

    Grazie.

     

    Chi era Albert Harris. Un musicista, nato a Londra nel 1918, emigrato vent'anni dopo negli USA, dapprima a New York poi a Los Angeles (cioè Hollywood), come Castelnuovo-Tedesco impegnato a guadagnarsi da vivere con la musica da film e a comporre "sul serio" nel tempo libero.

    Autore di pregevoli pezzi per chitarra, quali le "Variations and Fugue on a Theme of Haendel" (suonate e incise da Segovia, pubblicate da Schott), la pregevole "Sonatina" - scritta, credo, per un altro "badilante" di Hollywood: Laurindo Almeida e pubblicata da Columbia Music -, la Suite in 7 movimenti e l'Homage to Unamuno (pubblicati anch'essi da Columbia).

    Celebre la battuta di Segovia in occasione della prima esecuzione delle Variazioni. Colto poco dopo l'inizio del brano da uno di quei vuoti di memoria chimici, che cancellano (momentaneamente, per fortuna) anche la nozione del proprio nome e cognome, il maestro si rivolse serenamente al pubblico: "Signore e signori, fino a qualche minuto fa questo pezzo era conosciuto da Dio e da me. Adesso, lo sa soltanto Lui".

     

    dralig

  22. Che Sor abbia speso il suo tempo di formazione in un monastero lo si potrebbe anche intuire dall'uso delle pause nella sua musica per chitarra.

     

    L'assenza del suono è una delle caratteristiche più interessanti e peculiari della sua scrittura, che anche in questo caso non ha riscontri con quella degli altri chitarristi-compositori.

     

    Mi sembra però che gli interpreti facciano una certa fatica a coglierla..i silenzi vengono spesso soffocati da accordi che estendono ben oltre l'indicazione del compositore la loro durata...non so, magari qualcuno ci potrebbe fare una bella masterclass...

     

    L'articolazione delle parti, specialmente il basso (suono-pausa), è una delle risorse funzionali dell'armonia: le durate inerziali, non controllate, non solo possono guastare l'armonia, ma anche impoverire il fraseggio. Ciò premesso, dobbiamo considerare che le chitarre adoperate da Sor erano molto meno generose nella tenuta dei suoni, e che era sicuramente più facile controllare la pulizia armonica con gli strumenti di allora che con quelli di oggi.

     

    dralig

  23. ....

    Cadenze libere (non scritte) sono invece quelle collocabili nei concerti di Giuliani - "scandalosa" quella dell'esecuzione dal vivo registrata in video (Guitart) da Biscaldi (diretto da Brouwer), che nel concerto di un tardo settecentista qual era Giuliani introduce il tapping.

     

     

    dralig

    Angelo, scusa ma non capisco, parli di Luigi Biscaldi? il tuo allievo e collega?

     

    Certo. Ex-allievo, collaboratore per le edizioni della collana "The Andrés Segovia Archive", e amico fraterno. Suonava nel concerto di Giuliani una cadenza di sua invenzione, molto spregiudicata.

  24. Volevo chiedere che cosa si intende per "cadenza" in un concerto per chitarra.

    Grazie...

     

     

     

    Butterfly

     

    La cadenza in un concerto per strumento (chitarra o qualunque altro strumento a cui venga affidata la parte solistica) è un momento, una parte nella forma del brano, in cui il solista non dialoga con l'orchestra, ma si effonde in un monologo (l'orchestra si ritira e tace, il direttore declina la bacchetta e osserva). In tale monologo, vengono rielaborati alcuni elementi tematici del pezzo, allo scopo di permettere al solista di esibire la propria bravura e allo strumento di risplendere al massimo delle proprie risorse. Questa finalità accessoria e ornamentale della cadenza può tuttavia elevarsi molto, fino a diventare essa stessa un aspetto importante dell'elaborazione formale del concerto. Alcuni concerti hanno la cadenza libera, cioè uno spazio ad libitum a disposizione del solista, che può improvvisare o eseguire una propria cadenza; altri concerti hanno invece la cadenza scritta dal compositore medesimo (ed è il caso di cadenza che assumono una dignità formale e una funzione elaborativa, oltre che ornamentale). Ci sono anche delle cadenze scritte da virtuosi, che poi sono diventate tradizionali: ad esempio, quella di Kreisler nel concerto per violino di Beethoven.

     

    Cadenze esemplificative nel repertorio per chitarra: quella del secondo tempo del "Concierto de Aranjuez" di Rodrigo (originale dell'autore), quella del primo tempo del "Concierto del Sur" di Ponce, scritta da Ponce e ampiamente elaborata da Segovia. Cadenze libere (non scritte) sono invece quelle collocabili nei concerti di Giuliani - "scandalosa" quella dell'esecuzione dal vivo registrata in video (Guitart) da Biscaldi (diretto da Brouwer), che nel concerto di un tardo settecentista qual era Giuliani introduce il tapping.

     

    dralig

  25. Lessi non ricordo dove che questa cadenza fu fatta aggiungere in un secondo momento da Villa Lobos sotto richiesta di Segovia stesso. Conferma M°?

     

    Si, lesse giusto. HVL compose dapprima una Fantasia Concertante, e Segovia lamentò il fatto che fosse priva di cadenza. Sulle prime, HVL rimase sulle sue, ma poi, forse blandito da Arminda - che faceva diplomazia tra il marito e gli interpreti -, si persuase e saldò il secondo movimento al terzo con la splendida cadenza che conosciamo. Segovia non poté più lamentarsi, e diede la prima (e ultima, per lui) esecuzione del pezzo nel Texas. Dirigeva HVL. Sapendo che Segovia rifiutava l'amplificazione, e conoscendo la partitura, possiamo bene immaginare che la cadenza fu tutto quello che gli ascoltatori udirono. E' prassi comunque, da parte dei direttori d'orchestra più accorti, usare le forbici, quando devono dirigere il concerto.

     

    dralig

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