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Butterfly

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  1. Dopo questa affermazione non posso fare altro che iniziare una drastica dieta! LM Io sono contraria alle diete. E poi non ho aggiunto che le comete a volte portano un po' sfiga Ora si potrebbero dire anche alcune cose "serie" su questo argomento (credo che per un musicista la forma fisica sia importante perchè lo vedo come un lavoro abbstanza faticoso), ma è così più divertente scherzare un po'... Butterfly Butterfly, sono rimasto colpito da questa sua contraddizione fulminea prima vuole le diete dopo non le vuole. Non è che tra un messaggio e l'altro c'è passato porta a porta ????? simpaticamente waller ) Ciao Waller, possiamo darci del tu? Non c'è contraddizione in quello che ho scritto. Il riferimento alle stelle comete era per rispondere alla battuta di Akaros sul cielo stellato, che compare, tra l'altro, in una serie di t-shirt di ultima generazione Se proprio vogliamo fare una parentesi seria: la nostra specie ha tante "forme" e la vita stessa nel tempo ci cambia almeno un po', oltre che a invecchiarci. Alcuni fattori che regolano il peso corporeo di un individuo sono determinati geneticamente, per questo può capitare che un neonato che alla nascita pesa 2,5 kg. diventi un gigante e un altro che ne pesa 4 resti normopeso o filiforme. Gli adipociti non aumentano di numero ma di volume per vari motivi che mi pare fuori sede elencare qua. Ma una delle cose positive del diventare adulti e maturi è che si impara a volersi bene per come si è e a pretendere di essere amati esattamente per lo stesso motivo. Osservare le persone partendo dall'aspetto fisico risponde anche a un meccanismo filogenetico legato alla selezione naturale, che in alcune civiltà si è evoluto fino ad attribuire alla forma fisica degli aspetti "morali" (vd. i modelli della pubblicità che identificano tutte le virtù con la bellezza e la prestanza fisica). Per questo nell'arte antica e ancora in certi dipinti di Renoir, per esempio, la bellezza femminile ha forme e canoni che oggi verrebbero additati ad esempi negativi per i rimedi anticellulite mentre per i maschietti essere meno di Ercole significava non trovare nemmeno un posticino d'angolo in un mosaico o in un affresco. Per tornare al tema di partenza: la parola "carisma" deriva dal greco "charizesthai" che significa "dono di origine divina", assumendo in ambito cristiano il senso di un atto di benevolenza da parte di Dio, che rende la persona portatrice di qualità straordinarie, in grado di influenzare la propria sorte e quella degli altri esseri umani. Il rapporto delle religioni con le figure carismatiche è, del resto, molto più antico: già nel mondo primitivo l'uomo si considerava dominato da forze e poteri per lui misteriosi e vedeva nei maghi e negli sciamani delle figure carismatiche. Eccetera eccetera Quale può essere il carisma di un musicista? Forse riuscire a comunicare e a entrare in sintonia con gli uditori. Fare in modo che alle persone passi la voglia di tossire e scartare caramelle e fare commenti sulla panza o meno dell'interprete. In quanto dono, difficilmente si acquista col tempo, ma forse non è nemmeno del tutto legato a una investitura divina. Forse anche una buona consapevolezza dei propri mezzi tecnici e espressivi, la profonda conoscenza di sè, un atteggiamento di apertura positiva verso l'esterno possono condurre un musicista a esercitare un "carisma" particolare su chi ascolta. Ma sicuramente c'è qualcosa di innato (un po' come il fascino) che si ha o non si ha. Più che all'immagine (la forma) direi che il carisma sia legato a una eccezionalità dell'anima (il contenuto). Butterfly
  2. Argomento interessante e non facile da disquisire, specie se più che la "compiutezza" tecnica di un artista si vuole indagare sulla "compiutezza" della sua arte, perchè non sempre i due momenti coincidono, perlomeno nelle arti figurative. Scrivo la parola tra virgolette perchè il concetto di arte è già di per sè difficile da definire (stabilendo per esempio dei tratti comuni e pertinenti tra le diverse arti) e altrettanto complicato è identificare il momento in cui si libera l'espressività più alta e illuminata di un artista: i processi mentali sono di per sè in continua evoluzione e sviluppo e non è sempre possibile seguirne linearmente il percorso, fino all'apice e l'eventuale decadimento. Inoltre si deve tenere conto che ciò che per noi può essere "compiuto", a volte non è tale per il suo artefice, che ricerca una sua ideale espressione che sovente, a chi guarda o ascolta, può restare del tutto sconosciuta e impossibile da comprendere. Così, se da un lato lo studio dal punto di vista storico permette di documentarsi sull'intera produzione di un artista, è molto affascinante indagare anche l'arte a sè contemporanea, i cui esponenti possono informarci direttamente sul loro stesso percorso creativo. La disciplina che forse si occupa più da vicino di questi aspetti è l'estetica, non a caso commista di filosofia, arte e scienza, nella sua ricerca del rapporto fra arte e verità. Butterfly
  3. Dopo questa affermazione non posso fare altro che iniziare una drastica dieta! LM Io sono contraria alle diete. E poi non ho aggiunto che le comete a volte portano un po' sfiga Ora si potrebbero dire anche alcune cose "serie" su questo argomento (credo che per un musicista la forma fisica sia importante perchè lo vedo come un lavoro abbstanza faticoso), ma è così più divertente scherzare un po'... Butterfly
  4. Non è proprio lo stesso processo, secondo me. Nelle arti figurative il segno ha in sè delle caratteristiche irriproducibili (in molti casi nemmeno dallo stesso artefice). Più semplicemente: se un musicista apprende e memorizza così bene un'opera da saperne interpretare tutte le sfumature, potrebbe riuscire a riscrivere esattamente la partitura, utilizzando nella giusta sequenza i segni "fissi" delle note, ma non potrebbe riprodurre il genio creativo dell'autore, nè interpretare quel brano in maniera perfettamente identica a un altro musicista. Allo stesso modo nessun pittore (né copista o falsario), saprebbe ricreare (nè a memoria nè a vista diretta) un capolavoro dell'arte che occhio esperto non si possa distinguere come diverso dall'originale. La "scrittura" di ogni arte ha la sua "sintassi", in cui il valore del segno cambia, perchè per sua natura composto da elementi semantici differenti. Più o meno, adesso mi viene un po' complicato spiegare meglio cosa volevo dire. Butterfly
  5. Più che altro, Akaros, gli uomini senza pancetta sono più rari delle stelle comete Ma in fondo, che importa? Qualcuno non ha scritto che, per non farla scivolare, "il grande Ghiglia appoggiava la chitarra alla pancia"? Butterfly
  6. E' molto interessante, un aspetto dell'apprendimento che mi sembra davvero importante e che spero di poter approfondire. A dire il vero, ma senza nessuna pretesa di farlo consapevolmente per un motivo particolare, mi è capitato molti anni fa di fare un tipo di esercizio "strano". Scrivevo a memoria i semplici brani che si studiavano a scuola per per avere tante copie dello spartito da distribuire ai compagni del coro. Non copiavo lo spartito originale, ma mettevo le note sul pentagramma (a volte anche un po' di fretta) per esempio cantando la melodia degli inni che preparavamo per le celebrazioni religiose o suonando sulla chitarra le diverse parti del nostro gruppetto di "suonatori". Questo "lavoro", tuttavia, a volte mi costava abbastanza fatica, tanto che a un certo punto mi seccai un po' di essere sempre quella che si dava da fare per tutto il gruppo Ora non credo che sarei più capace di farlo, però, se ho capito bene, sarebbe interessante fare qualche prova con qualche esercizio. Non so se c'entra qualcosa, ma mi sono ricordata che la mia professoressa di educazione musicale, alle medie, diceva che la musica prima di suonarla dovevamo imparare a "leggerla" perchè che nel suo linguaggio potevamo trovarci non solo tutti i segni "ortografici" della lingua parlata e scritta: virgole, punti e punti esclamativi ma anche i respiri e l'alternarsi dei sentimenti che racchiudeva. Se fossimo riusciti a vedere così uno spartito, avremmo avuto la chiave per capire "come" era la musica che conteneva, anche senza bisogno di suonarla. Penso sia in quel periodo che ho preso l'abitudine di ascoltare con più piacere un brano se ne ho anche lo spartito da guardare. E' proprio vero che tutte le "materie" che impariamo, diventano più appassionanti se chi le insegna sa trasmettere qualcosa che va oltre i programmi ministeriali. Scusate l'"amarcord" ma è anche per questi aspetti più "teorici" che non ho mai smesso di desiderare di studiare musica. Butterfly
  7. Più tardi scrivo delle altre cose, volevo solo segnalare che quando gli argomenti vengono divisi per creare nuovi topic, per un po' non riesco a capire dove sono finiti gli ultimi messaggi che avevo scritto. Non si potrebbe magari segnalarlo nel topic originario, quando si decide di creare un nuovo argomento? Grazie... Butterfly P.S.: probabilmente la "dieta-congresso" non funziona, forse se non ero digiuna il post lo trovavo subito...
  8. Vorrei chiedere gentilmente al M.° Gilardino cosa intende per apprendimento "astratto, senza strumento". E' un metodo di studio opportuno anche per chi inizia a studiare? Colgo inoltre lo spunto per chiedervi se avete letto il libro di Renate Kloppel, "Il training mentale del musicista" che descrive alcune tecniche di studio della partitura (non per chitarra) attraverso la prefigurazione mentale dei movimenti delle dita necessari per la sua esecuzione e interpretazione (gli esercizi prendono in esame infatti anche il fraseggio, la dinamica, insomma tutti gli elementi di un brano musicale anche di ampio respiro e lunga durata). L'applicazione di queste tecniche, secondo l'autrice, è valida anche per i direttori di orchestra. Vorrei sapere se fra i chitarristi di questo forum, qualcuno utilizza tecniche analoghe per lo studio e/o la preparazione di un concerto. Scusate la fretta, sono sempre a quel congresso. Stare sul forum invece che a pranzo potrebbe essere un nuovo tipo di dieta. Se funziona, la brevetto Butterfly P.S.: per Waller: avevo capito il senso ma mi eri sembrato un poco categorico nella durata dei secondi, scusami. .
  9. La maggioranza, hai detto bene. Ecco, se proprio volessi avanzare delle pretese verso un artista gli chiederei di fare del suo meglio per non suonare per "la maggioranza". Non credo che ce ne sarebbe bisogno, tuttavia. Gli artisti non sono già di per se stessi, "per la maggioranza". Butterfly
  10. Certo che deve restare un gran divertimento, sapendo che chi si ha davanti la pensa così. Che si debba saper proseguire in modo che un eventuale errore non incida o interrompa l'insieme, posso capirlo, ma questa propensione all'ascolto col fucile puntato sull'interprete un po'meno. Butterfly Ho conosciuto e ascoltato in carne ed ossa tutti i grandi chitarristi attivi nella seconda metà del Novecento e posso assicurare che nessuno è, o era, infallibile. Nessun ascoltatore che sia mosso da un interesse musicale appunterà mai la sua attenzione sul piccolo errore che accade inevitabilmente, anche nell'esecuzione del virtuoso più capace di controllo. Questa constatazione non deve indurre nella tentazione di apprezzare l'errore in quanto tale - perché, denunciando la fallibilità umana, esso avvicinerebbe l'esecutore all'ascoltatore: questo non è vero, l'errore, grande o piccolo, dà sempre fastidio a chi lo commette e a chi lo percepisce. La neurologia ci spiega peraltro come sia umanamente impossibile mantenere al massimo livello la concentrazione su una serie complessa di comandi per più di alcuni minuti, anche da parte del cervello più pronto ed efficiente. Poiché un recital dura un'ora o più, il livello della concentrazione dell'esecutore sarà quindi soggetto a un certo numero di cadute, ed è in quelle fasi che l'errore accade. Come tale, viene tollerato, e non influisce sull'apprezzamento dell'esecuzione, che si accetta o si rifiuta in relazione - per fortuna - ad altri contenuti. C'è errore ed errore: il piccolo incidente si tollera. L'errore causato invece da problemi tecnici di fondo o da una assimilazione imperfetta della musica da parte dell'interprete, quello no, non è scusabile: chi lo commette non dovrebbe avere l'impudenza di presentarsi in pubblico. dralig La Sua disamina è certamente condivisibile, perchè più chiara e circostanziata. L'intervento di Waller mi ha ricordato (ma è solo la mia impressione) quell'atteggiamento a volte un po' ansiogeno da parte di diversi tipi di pubblico nell'attendersi quasi inevitabilmente l'errore di un esecutore. Che sia auspicabile che non si verifichino errori durante un concerto (supponiamo) posso anche capirlo, ma che si misuri a millesimi di secondi la capacità di un interprete di riprendersi, mi ha fatto un po' paura. A volte capita di sbagliare anche a chi è "preparato e padrone dello strumento", perchè pur essendoci tanto di matematico nell'arte, non c'è altrattanto di matematico negli esseri umani. Che poi si differenzi l'errore causato da lacune tecniche dal caso fortuito è più che comprensibile e umano. The show must go one, si dice. Qualunque artista professionista sa che nessun accadimento deve interferire con la conclusione della sua performance. Certi errori, anche valutabili non determinanti (faccio riferimento a una piccola stecca o a una corda scontrata per caso) provocano generalmente in chi ascolta una sofferenza quasi fisica, perchè viene interrotto un fluire che la mente in qualche modo "anticipa" aspettandosi la sequenza corretta delle note. Scusate scrivo in fretta e un po' sconclusionatamente, ma sono nella pausa di un congresso e invece di ingoiare un tramezzino di corsa, ho preferito dare un'occhiata al forum. Sono o no da "premio fedeltà"? Butterfly
  11. Certo che deve restare un gran divertimento, sapendo che chi si ha davanti la pensa così. Che si debba saper proseguire in modo che un eventuale errore non incida o interrompa l'insieme, posso capirlo, ma questa propensione all'ascolto col fucile puntato sull'interprete un po'meno. Butterfly
  12. Bè Maghisi il concetto di diritto allo studio si scontra a volte con le oggettive esigenze di frequenza di un corso. Nelle facoltà scientifiche, per esempio, le ore di laboratorio o, nel caso di medicina, di corsia, sono parte integrante del percorso formativo. Non tutto si può studiare a casa. Purtroppo poi i corsi per studenti lavoratori sono sempre meno, per problemi di finanziamenti (una volta esistevano i corsi, serali pensa tu) e così il diritto allo studio diventa un "sogno" di studio... Butterfly
  13. Nella storia dell'arte, lo studio dei c.d. "pentimenti" non è cosa nuova e ha anche la funzione di ricostruire il percorso creativo di un'opera dal punto di vista scientifico. Non so se nella storia della musica esiste qualcosa di simile, ma qualunque "segno" parla del suo autore e si presta ad una lettura semiotica della sua opera. In qualche modo una correzione, un ripensamento è come un conto che non torna e che si vuole far quadrare; l'impeto del pensiero gettato sulla carta è altrettanto veloce di quella serpentina di inchiostro che vuole nascondere l'idea scartata. Nel farlo sembra esserci qualcosa del carattere e dell'animo del musicista. Ma accade anche negli scritti a carattere letterario: l'idea prende la forma della scrittura ma il piu' delle volte è più veloce della mano che la scrive (penso ai manoscritti di certe composizioni di Leopardi o di Montale, che ho avuto occasione di vedere) e allora ecco lettere guizzanti, paragrafi che sembrano piegarsi in avanti, e poi meticolose note a margine, tratteggi accurati per celare qualche parola, segni di aggiunta sopra le righe. Il tutto si lega anche alla storia della calligrafia, perchè il modo di scrivere e il modo di cancellare rispecchiano anche una concezione estetica che è propria dell'epoca, oltre che della personalità dell'autore. Ma non so davvero se queste riflessioni hanno senso anche per la musica. Butterfly
  14. Scusate, modifico perchè non avevo letto che era già stato identificato in Chopin. Non avrei mai riconosciuto le note, ma è riconoscibile lo stile delle cancellature. E poi l'età era quella. Ecco una cosa interessante a cui spesso non si fa caso: non a quello che si scrive (o disegna e dipinge) o a come lo si fa, ma a quello che si cancella e al modo di correggere. Anche questo dice tanto di un Autore (non solo di musica). Butterfly
  15. Da te proprio non me l'aspettavo!!!!! La prima che mi viene in mente è "A mi madre" di Barrios. Ciao Grazie Cla! L'ispirazione per questa cosa mi è venuta proprio ascoltando quel brano di Barrios. Per Alfredo: grazie, però limiterei l'interesse alla musica per chitarra. Non credo, comunque, che si debba necessariamente avere una "venerazione morbosa" per la propria madre per dedicarle qualcosa....direi che potrebbe bastare un semplice e "normale" amore filiale. O anche questo è un "culto per pagani"? "Piu' piu'"...vabbè ogni tanto qualche cedimento cerebro-intellettuale...nessuno è perfetto! Butterfly P.S.: Per i temi "amorosi" ribusso intorno al 14 Febbraio, ok?
  16. Vorrei chiedere una cosa che magari potrà sembrare un po' strana visto l'avvicinarsi del periodo natalizio, ma mi piacerebbe fare un regalo un po' speciale a mia mamma, registrandole qualche brano tra quelli per chitarra dedicati dai compositori alle loro madri, nelle diverse epoche. Allora, come informazione per me vorrei sapere se sapete indicarmi qualche brano semplice semplice Magari vi farà un po' sorridere come idea, ma sto cercando di farmi "perdonare" le ripetizioni infinite di scale ed esercizi tra le pareti domestiche e così preparando questo piccolo e semplice dono, ho pensato che piu' sa....piu' piu Al limite può essere interessante come semplice informazione di repertorio. Grazie! Butterfly
  17. Per un attimo ho pensato che il bidone fosse un messaggio ecologista (per le briciole della torta) Butterfly
  18. In effetti anche fra velisti, tra Veneziani e Mestrini non corre sempre buon sangue. Però non ricordavo che il Lido e Piazzale Roma fossero considerati off limits. Peggio dei genovesi. Passato il il quartiere della Foce si è già "foresti". Butterfly P.S.: Questa osservazione è invece off topic scusate...
  19. Sono in completo accordo con te. Ci sono persone che muoiono dalla voglia di primeggiare. Come galli nel pollaio. Non credo comunque che sia il caso di Kikkina. Butterfly
  20. Certo che no. E' evidente agli occhi di chiunque che appurare se nel 1973 Venezia fosse servita dai taxi è necessità vitale per la propria cultura. Si tratta di una chitarrista, mica di una cavallerizza. dralig Non capisco perchè Professorina si sia espressa con quella parole, spero che sia lei stessa spiegarlo.... Butterfly
  21. Il sospetto che a Venezia circolassero anche le automobili - e addirittura i taxi - ha preso piede da qualche tempo in seguito a indiscrezioni che stanno raggiungendo persino i forum di chitarristi. Si mormora inoltre qualcosa circa l'esistenza di una parte di Venezia in terraferma, chiamata Mestre, dove pare che già nel remoto 1973 si siano dati convegno dei musicisti in un albergo. Pare che uno di loro fosse addirittura un umano. Gli altri, stavano studiando per diventarlo. dralig Mah...io credo che semplicemente non a tutti sia ben conosciuta la struttura urbanistica di Venezia e non ritengo ci fosse malizia nella domanda di Professorina... Io per esempio, avevo immaginato che l'episodio fosse accaduto proprio a Venezia città. Penso che nessuno si permetterebbe insinuazioni di alcun genere. Magari fosse andata così anche a me, investita da un'auto che per evitare una bicicletta ha sterzato all'improvviso, entrando in zona pedonale, a Lucca, investendo invece...me E' una fortuna poter raccontare a distanza di tempo questi episodi con un pochino di sorriso sulle labbra. Butterfly P.S.: l'incidente è stato comprensivo di furto del portafogli e dei documenti all'interno dell'Ospedale In-civile di Lucca, del quale conservo un ricordo veramente delizioso
  22. Sembrerebbe strano, eppure anche a Venezia esiste il traffico automobilistico, anzi proprio a causa degli spazi terrestri ridotti è abbastanza caotico. Piazzale Roma (poco dietro la stazione ferroviaria di S. Lucia), la grande isola del Lido e il Lido del Cavallino non sono stati risparmiati dalla presenza di macchine e taxi (nelle due isole ci sono anche gli autobus). Non è detto però che la quiete delle malinconiche calli sia sempre preferibile: ricordo con angoscia un convegno al quale venni inviata, giovanissima e inesperta relatrice, a San Sebastian (sede della Facoltà di Lettere). Le grida concitate di alcuni gondolieri che, proprio sotto le finestre aperte dell'aula magna, "ipotizzavano" a gran voce, l'uno per l'altro, una ben poco onorevole professione materna, inframmezzarono il mio discorso con effetti al limite del tragicomico... Scusate l'off topic e se ho risposto a una domanda non rivolta a me. Butterfly
  23. Credo che purtroppo molte persone non arrivino a capirlo a nessuna età. Competono in tutto, anche per il posto in fila al supermercato. Non hanno una reale necessità di arrivare primi ma posare la lattuga sul tapis roulant della cassa prima di un altro, procura loro una immensa e misteriosa soddisfazione In questo caso si tratta di una forma mentale, molto spesso legata all'ansia (la competizione ha avuto, nella filogenesi della specie umana, anche uno scopo di sopravvivenza). Esiste però anche uno spirito di competizione positivo, non rivolto verso gli altri ma verso se stessi: migliorare, inseguire un sogno, assecondare il proprio estro anche quando il risultato è incerto. In questo senso è stato scritto che "l'arte supera se stessa". Credo che ciò possa verificarsi anche in maniera inaspettata, pur essendo il lavoro a monte costante e impegnativo. Questa specie di rivelazione è forse la fonte piu' profonda dell'ispirazione creativa, che solo ai veri artisti appare naturale conseguenza del loro pensiero, mentre gli altri (direbbe Montale) "restano a terra". Riprodurre la tecnica di Monet è abbastanza facile per chi abbia studi artistici di medio livello: piu' difficile per molti pseudo-pittori è capire che la "Impression. Soleil levant" da lui immortalata nel 1872 non tornerà mai piu', e che occorre invece saper scorgere la propria personalissima alba. A 15 anni la vita è ancora tutta in salita e forse l'unica strada sembra passare inevitabilmente per la competizione. Del resto tutti ci insegnano a vincere (a cominciare dalla scuola), mentre è solo con le proprie risorse che si impara a non uscire troppo bruciacchiati dalle esperienze negative. Per questo ritengo auspicabile, anche per i ragazzi molto dotati in una qualche forma di espressione artistica, coltivare una vita piena di altri interessi e relazioni umane, accettare i propri limiti, saper trovare alternative soddisfacenti, tenere viva la fantasia ed essere sempre curiosi. Non dimentichiamo che tutte le nostre prerogative (bellezza, gioventù, intelligenza, talento ecc.) ci vengono concesse dal destino solo in prestito. Butterfly
  24. Forse Kikkina voleva dire che utilizza un "rinforzo positivo" per annullare l'ansia dell'esibizione in pubblico. E' un innocente espediente che a volte viene consigliato anche agli studenti che devono sostenere un esame, o a chi deve affrontare un colloquio di lavoro. Piu' che una reale consapevolezza è un augurio che si fa a sè stessi, per vincere il timore che non sia così. Kikkina ha "soltanto" 15 anni; scoprirà da sola nel prosieguo della sua vita e della sua carriera cosa è meglio "dirsi" nei momenti in cui occorre e/o si desidera dare il meglio di sé. Prima e dopo. A volte è piu' importante quello che ci si dice dopo che i riflettori si sono spenti e la gente è andata via...no? Forse piu' che essere i "migliori" (di chi, appunto?) è utile poter dire a se stessi di aver fatto "veramente del proprio meglio". Auguri Kikkina, non farti mai portare via il sorriso Butterfly P.S.: Spesso può essere faticoso ricordare a se stessi di dover sempre essere i migliori. Ricorda che il pubblico sta a bocca aperta anche quando...sbadiglia
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