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Piero Bonaguri

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  1. L'attenzione al controllo delle risonanze mi ha interessato molto da tempo. Personalmente sarei portato ad un approccio piuttosto rigoroso e meticoloso alla questione (e lo sanno i miei allievi, costretti da me ad un ascolto e controllo del suono al quale in genere non erano abituati). Certamente su uno strumento come la chitarra non si può pretendere di arrivare allo stesso controllo della risonanza che è dato dall'uso del pedale del pianoforte (a parte la questione giustamente sollevata del riverbero ambientale sul quale evidentemente l'esecutore non ha controllo, e che vale per tutti, anche per i pianisti). E certo parte del fascino dello strumento sta anche in un suo comportamento un po' "eretico" rispetto a certi canoni tradizionali. Già i liutisti e i chitarristi del barocco giocavano con questo che è un limite ma anche una risorsa (i raddoppi di ottava dati dalle incordature, le scale eseguite volutamente alternando corde diverse, gli strani "rivolti" degli accordi dovuti anch'essi all'assenza dei bassi che sarebbero stati "giusti" teoricamente). Perfino quegli strani accordi finali di do maggiore con il mi basso che usa talvolta Giuliani sono una concessione, calcolata, alle peculiarità sonore dello strumento per cui si "tollera" che per avere un maggior ripieno sonoro un accordo finale di un tempo di sonata sia un terza e sesta. Questa constatazione prima, e poi ricerca stupita delle risonanze "casuali" e impreviste anche dal compositore è stata la "ossessione" dell'ultimo Alirio Diaz, che raccontava di essersi accorto solo recentemente del mare di possibilità sonore che così si aprivano - ricordo qualche lezione recente a cui ho assistito sul Fandanguillo di Turina o sulla Frescobalda. Nel tempo ho anche notato che alcuni compositori con i quali ho lavorato hanno un approccio per così dire tollerante al problema. De resto, se un pittore ama lavorare gettando furiose spatolate di colore sulla tela evidentemente non si preoccupa al decimillimetro di dove va a finire ogni macchiolina di colore come farebbe un pittore iperrealista; ha priorità diverse. Anche alcuni compositori che peraltro lavorano in modo particolare e rigorosissimo anche sul contrappunto - e scrivono per chitarra praticamente come se la suonassero - hanno un atteggiamento su questo dovuto alle priorità che si danno, e che determinano una certa tolleranza su aspetti da loro reputati secondari. Un altro invece, alla sua prima esperienza compositiva per chitarra, mi chiedeva come indicare le durate dei suoni in partitura tenendo conto delle risonanze dovute alla tecnica esecutiva. Un altro ancora, all'opposto, ha immaginato la riverberazione ambientale già nell'atto compositivo e vuole che in genere tutto risuoni il più possibile proprio per mimare o immedesimarsi anche esecutivamente in questa ambientazione sonora, alla quale poi ovviamente si aggiunge l'ambiente vero e proprio. Qualche esempio sonoro delle problematiche cui ho accennato è reperibile nel mio MySpace dove ho recentemente inserito due pezzi di Paolo Ugoletti e due di Gilberto Cappelli http://www.myspace.com/pierobonaguri
  2. Il poco che so sull'argomento l'ho letto nella prefazione all'edizione stampata (Chanterelle 726)di Ron Purcell. Lì Purcell scrive chiaramente che fu lui a suggerire al compositore il cambio di tonalità ed alcuni piccoli cambiamenti riguardo la divisione delle parti tra le due chitarre e la distribuzione delle voci negli accordi. La prima versione è datata 18 ottobre 1967, la seconda 15 novembre dello stesso anno. Il pezzo venne pubblicato inizialmente nel numero 31 (maggio 1969) di "Guitar Review". Castelnuovo Tedesco, continua Purcell, dopo aver sentito eseguite entrambe le versioni accettò "readily" la seconda. Da questo si desume che la versione in sol è probabilmente eseguibile; non so se il manoscritto sia ancora reperibile; se il compositore preferiva la versione in la potrebbe anche averlo cestinato.
  3. Se è per il triennio, per stare sul sicuro se possibile io porterei qualcosa di diverso da Barrios. Per dare un' idea della situazione che potrebbe crearsi, ricordo che qualche tempo fa ad un convegno un collega presentò una antologia da lui curata di brani di autori contemporanei; bene, esordì dicendo "e pensare che ancora oggi quando in conservatorio chiedono un pezzo contemporaneo qualcuno porta Barrios". Ripeto,siamo nel campo dell'opinabile, ma certamente se qualcuno porta un pezzo di Petrassi come prova del '900 sono sicurissimo che nessuno può aver nulla da eccepire sulla scelta; su Barrios non sarei così sicuro, come l'esempio citato dimostra.
  4. Se si tratta dell'ammissione al corso tradizionale non vedo nessun problema; il programma dovrebbe essere libero e sta al candidato dimostrare cosa sa fare o anche solo le sue potenzialità (di per sé l'esame di ammissione al corso tradizionale potrebbe essere anche solo un test attitudinale, nel caso di un candidato che ancora non abbia iniziato gli studi di strumento). Se invece si tratta di ammissione al triennio o al biennio allora bisogna vedere cosa ogni singolo conservatorio chiede. Se è richiesto un pezzo del '900 la scelta di Barrios è legittima - anche se a mio parere non ottimale, per ragioni legate al linguaggio musicale del compositore. Credo che Malipiero, Petrassi, Krenek, Togni, Britten, Martin, Henze (ad esempio) sarebbero più pertinenti Quanto all'800, Francisco Tàrrega nasce nel 1852 e muore nel 1909 quindi direi che come date ci siamo: anche in questo caso, è probabile che quando in un programma si scrive "brano dell'800" si faccia riferimento più al periodo d'oro di Paganini, Sor, Giuliani eccetera; però sono cose abbastanza opinabili. In bocca al lupo!
  5. Non esattamente dedicatario; nella edizione Chester del 1926, contenente la diteggiatura ed alcune differenze rispetto a quella pubblicata nella "Revue Musicale" c'è scritto "Nouvelle Edition revue et doigtèe par Miguel Llobet". Ricordo anch'io di aver visto una intervista nella quale Segovia dichiarava anche che il compositore aveva approvato alcune modifiche da lui suggerite. Certamente De Falla e Segovia si frequentarono in diverse occasioni, e fecero anche insieme un lungo viaggio in auto fino in Italia. Non ho documenti che provino incontrovertibilmente l'apporto di Segovia alla genesi del pezzo, ma mi pare decisamente improbabile che Segovia abbia inventato una sua collaborazione con il compositore, collaborazione che certo credo non possa riferirsi che all'Homenaje. Forse Angelo Gilardino ha già scritto su questo argomento, ma credo che se gli va potrebbe ridire le conclusioni alle quali è giunto.
  6. Il programma dell'VIII indicato in quel sito mi sembra vada bene, ma c'è un errore relativo al programma del compimento inferiore: mancano i Preludi di Villa-Lobos nella prova 4a. E' un errore che ho visto anche altrove: evidentemente copiano da una fonte sbagliata...
  7. Sicuramente del primo sì, mi pare da Curci. Però credo che non ci siano i pezzetti musicali allegati alla edizione originale. Ho sentito una conferenza in cui si raccontava che Beethoven accettò un allievo di pianoforte (Czerny?) solo a patto che questi si procurasse il volume di C. Ph. E. Bach. Il titolo dell'edizione italiana è "Saggio di metodo per la tastiera" . Il Quantz dovrebbe essere stato pubblicato in italiano da Rugginenti.
  8. Preciso che l'editore del Leimer-Gieseking è Giuliana di Trieste. Ho visto la ristampa presso Ut Orpheus di Bologna (che tra l'altro vende anche online).
  9. sito web della schott? Oppure GSP di San Francisco.
  10. Quando ho tempo preferisco imparare leggendo più volte; ad un certo punto mi accorgo che ho assimilato, almeno in gran parte. Quando ho poco tempo uso una tecnica derivata da quella esposta nel vecchio ma sempre utile libretto di Leimer-Gieseking (è stato recentemente ristampato in italiano da un piccolo editore di Trieste - Claudiana forse - e dalla Schott in tedesco): è un libro dedicato fondamentalmente ai pianisti, ma contiene indicazioni sulla memoria e sul controllo del suono utilissime anche a noi. Rispetto alla tastiera del pianoforte quella della chitarra ha ulteriori complicazioni, per cui l'approccio "analitico" alla memoria suggerito da Laimer va, credo, integrato con l'ausilio della memoria visiva relativa allo strumento (io almeno faccio così). la memorizzazione è veloce, ma anche meno duratura, ho trovato. Esistono poi molti tipi di memoria, e probabilmente anche in questo ciascuno deve un po' trovare la sua strada. Auguri.
  11. c'è qualche punto in particolare che risulta problematico?
  12. Mi congratulo, ma temo che una rondine non faccia primavera: in Italia questo riconoscimento non è scontato (anzi, non c'è proprio) ed il titolo è ancora sperimentale. Forse il suo caso potrebbe costituire un utile precedente cui far riferimento per i ricorsi in atto da noi.
  13. A proposito di Scarlatti e chitarra, segnalo la "traduzione", come la chiama lui, che Maurizio Pisati ha fatto di una sonata di Scarlatti. Nel video, segnalatomi dal compositore e parte di un film su Scarlatti, si può vedere e sentire anche il clavicembalista Ruggero Laganà:
  14. dire "è così che funzionano" da' l'idea della raccomandazione come meccanismo stabile; è un' idea offensiva che rifiuto. Come dappertutto, possono esserci scorrettezze più o meno numerose; ma gettare fango su tutto il settore indiscriminatamente è ingiusto. Comunque, se il candidato chitarrista non è pronto, è inutile che si presenti nel conservatorio dove lavoro, con o senza raccomandazione.
  15. Mi scuso per rispondere alle domande di Cristiano Porqueddu solo ora, ero fuori e straimpegnato. Ho ricontrollato il programma e adesso ho visto chiaramente indicato il nome di Giuliani come autore degli studi Op. 50, 51 e 139 (primo anno). Invece continuo a non vedere indicato (II anno) l'autore del 24 preludi. Per quanto riguarda la parte culturale di approfondimento sugli autori, il mio pensiero è quello di accompagnare il programma monografico con una parte generale sulla storia della chitarra, per non fare come quegli esami universitari (es. letteratura italiana) nei quali la trattazione generale viene sostituita dall'affronto di un singolo autore. Lo spunto iniziale però può anche essere il fatto approfondire un autore che interessa particolarmente. Riguardo alla difficoltà, certamente il problema più delicato è all'inizio, dove c'è anche da tenere presente il rischio di farsi male fisicamente o di forzare troppo le mani - può succedere che quando uno si accorge di avere esagerato è ormai troppo tardi; mentre poi, più avanti, dipende anche dalle capacità dell'allievo.
  16. Raccolgo anch'io l'invito a fare osservazioni sul programma di Nuoro, premettendo che sono stato contento di leggerlo ed è sempre interessante vedere che un collega si "gioca" in scelte personali. Una osservazione preliminare è che probabilmente il percorso settennale di preparazione a biennio e triennio diventa così più impegnativo, strumentalmente, della maggior parte se non della totalità degli stessi bienni e trienni. In generale io sarei per un percorso meno impegnativo e più graduale all’inizio – ma se i risultati dimostrassero il contrario sarei lieto di ricredermi - ma che permetta piuttosto a chi finisce gli studi di affacciarsi sul mercato del lavoro un po’ più attrezzato professionalmente, almeno per iniziare a muoversi. In questo senso la differenza tra un diplomato in conservatorio ed un laureato nelle tradizionali discipline universitarie è notevolissima. Un laureato col massimo dei voti, o anche meno, in fisica o ingegneria, è abbastanza pronto almeno ad iniziare a lavorare, e di fatto capita che lo faccia. Un diplomato, anche con lode, in conservatorio, no, a meno che non abbia fatto nel frattempo molto più di quel che gli è chiesto dal conservatorio per diplomarsi anche benissimo (50 minuti di musica imparati in due anni…). Ci sono molte cose che mi piacciono nel programma di Nuoro, come ad esempio gli approfondimenti di singoli autori, che io però accompagnerei anche alla trattazione generale (manualistica), specie in un corso che parte dalla base. Passo però subito ad alcune delle cose che io farei diversamente, scusandomi se nella fretta ho letto o capito male io. - Manca, probabilmente per un refuso tipografico, qualche indicazione di autore: studi Op. 50, 24 Preludios, ecc. - Mi pare più logico fissare un programma di esame di passaggio da un corso all’altro piuttosto che un programma di studio univoco. Comunque, nell’ottica del “programma di studio” (e non d’esame) mi pare che in genere il numero di studi classici affrontati sia molto ridotto, e che in alcune scelte “obbligatorie” siano a volte più da percorso sperimentale (assolutamente lecito, per carità) che ordinario. Se si deve “obbligare” io obbligherei a conoscere Paganini più che Legnani, ad esempio, o non metterei sullo stesso piano De Falla, Berkeley e Bogdanovich. E l’Archivio Segovia della Schott va conosciuto almeno quanto quello – beninteso, grazie che è venuto alla luce! - della Bérben. - Non capisco perché far precedere l’apprendimento degli Studi di Villa- Lobos (addirittura al terzo anno) rispetto a quello dei Preludi. Magari farei invece in modo che arrivati al settimo anno se ne conoscesse (degli Studi) almeno la metà. - Amplierei la possibilità di studiare brani trascritti. Mi pare molto più formativo studiare una bella trascrizione di un grande autore che un pezzo originale di valore minore. - Da sempre amo molto Barrios; lo trovo tanto geniale e ispirato quanto, però, limitato nel senso della formazione compositiva generale. E’ importantissimo conoscerlo, ma non ne farei un pilastro del repertorio, non lo sarebbe se avesse scritto per violino o pianoforte invece che per chitarra. E’ uno di quegli autori per i quali l’inquadramento storico e stilistico è di fondamentale importanza, per evitare sia di misconoscerne il valore, sia di enfatizzarlo eccessivamente. - Suite intera di Bach: spesso qui la trascrizione obbliga a stravolgimenti notevoli dell’originale. Quella delle suites “ per liuto” è una pia illusione messa nei programmi ministeriali per farci assomigliare agli altri strumenti: sarebbe bello avere quattro suites di Bach che si potessero suonare sulla chitarra rispettandone il testo, ma la storia è andata diversamente; sarei più per proporre quei singoli brani che funzionano senza mutliazioni eccessive.
  17. L'impegno contrappuntistico c'è, come praticamente in tutta la musica di un certo livello di difficoltà dell'epoca; anche se la Fantasia X non è certo un pezzo in stile imitativo il contrappunto, e anche impegnativo, c'è (in particolare nell'ultima sezione bimodale). Una scelta sicuramente incontestabile potrebbe essere quella di una Fantasia di Narvàez, specie di quelle un po' più impegnative (non sono numerate in ordine di difficoltà, anzi le ultime sono più facili). Su Dowland sarei cauto in quanto il programma ministeriale parla specificamente di liuto rinascimentale a sei cori. Un commissario pignolo potrebbe eccepire,e a ragione, su un pezzo scritto per liuto ad otto cori.
  18. Una delle variazioni di Sor contenute nella Fantasia Op. 16 è per sola mano sinistra. Auguri di pronta guarigione!
  19. Considerazioni lecite, ovviamente, ma che non entrano nel merito dei fatti denunciati: E' vero o no che i direttori starebbero prestandosi alla vanificazione della legge 508 e alla secondarizzazione dei conservatori e del titolo che essi permettono di conseguire? In cambio di cosa?Che si è ritardato l'applicazione della 508 per arrivare al suo smantellamento? Che si son fatte rientrare dalla finestra le famigerate e condannate in tribunale declaratorie? Che gli studenti che pagano 1500 euro l'anno per frequentare i bienni "sperimentali"saranno beffati? Ho citato l'unico documento, che io conosca, che parla di queste cose; sarei molto lieto di poterne citare altri, anche di posizioni avverse, che però entrino nel merito dei fatti denunciati.
  20. Nel frattempo ho trovato sul sito UNAMS (non sono iscritto, ma lo cito perché è l'unica notizia che ho trovato) un cenno al famoso accordo di Lisbona (chi me ne aveva parlato prima aveva parlato di Lubiana, ma non ne era certo). Il cenno è contenuto nella recentissima lettera aperta della Liguori. Il link: http://www.unams.it/Istituti_alta_cultura/default_i.htm A quanto pare - ma rimando ad una lettura del documento per i dettagli - si starebbe proprio andando verso una secondarizzazione dei conservatori tacitamente appoggiata dagli attuali direttori - non si capisce bene perché - per lasciare all'università l'onore di conferire lauree in musica. Non ho elementi per confermare o smentire, rimando ad una lettura della lettera e sarei interessato a conoscere altri pareri. Se la cosa va in porto credo che i privatisti potranno continuare a dare esami e conseguire il titolo in conservatorio, titolo che sarà però una specie di "maturità";per il titolo finale o laurea bisognerebbe iscriversi all'università.
  21. Lungi da me l’intenzione di nuocere alla memoria di Segovia, ma non posso cambiare il mio ricordo; se non sono creduto mi dispiace molto. Come già detto - e non tornerò più sopra l’argomento per non tediare – mi pare che la dichiarazione di Segovia del 1953 di non aver voluto modificare le diteggiature degli studi non sia, di per sé, contraria a quanto poi Segovia disse al corso di Ginevra, e cioè che egli avrebbe preferito modificare alcune cose in quei brani, ma, di fronte alla contrarietà del compositore, optò diversamente e non fece neanche la diteggiatura. Nella prefazione del ’53 Segovia rese omaggio onestamente alla grande conoscenza della chitarra che certo Villa-Lobos aveva, e non disse - non era certo quello il luogo per farlo - che lui avrebbe preferito fare alcune cose in altro modo. Un gesto da gentiluomo a mio parere, non certo una menzogna. Però i cambiamenti li fece, almeno negli Studi 1, 7 ed 8 e nel Preludio 1. Ho avuto il piacere (forse sono stato l’unico chitarrista ad averlo, ma di questo non sono sicuro) di studiare tutti i dodici studi di Villa – Lobos con Segovia a Ginevra nel 1982, ed ho molti dettagliati ricordi di quello che lui mi disse su alcuni di essi; alcune cose le appuntai subito sullo spartito che conservo gelosamente. Credo che storia si possa fare anche con le testimonianze: liberissimi tutti di accettarle o meno.
  22. Forse mi sono spiegato male: intendevo lo studio 8 di Villa-Lobos, a proposito del quale riportavo di avere ascoltato da Alirio Diaz dei suggerimenti di modifiche apportate da Segovia e sulle quali Villa-lobos sarebbe stato d'accordo (si tratta sostanzialmente di modifiche ritmiche). Riportavo questa testimonianza come tale (successe ad Alessandria nei primi anni '70, ma lo ricordo come se fosse ieri). E' vero che il discorso su Villa-Lobos si è infilato nel thread su Aguado, era già successo quando sono intervenuto io. Così, non posso che confermare di aver sentito Segovia dire a Ginevra quello che gli ho sentito dire, e cioè che avrebbe desiderato fare cambiamenti agli Etudes, ma il compositore era contrario. Questo fatto - il desiderio di fare cambiamenti - è del resto confermato dai cambiamenti che Segovia in pratica effettuò nelle sue esecuzioni. Se Villa-Lobos ha chiesto semplicemente una diteggiatura a Segovia e non una revisione, i conti tornano e Segovia ha scritto nella sua prefazione che non aveva voluto fare la diteggiatura dato che il compositore conosceva "perfettamente la chitarra"; ma credo che ascoltando quello che Segovia fece quando suonò gli Etudes di Villa-lobos sia evidente che egli sottopose anche quelli al filtro della sua revisione strumentale. Circa trent'anni dopo l'edizione del 1953 - nel 1982- a Ginevra Segovia disse che avrebbe desiderato fare cambiamenti - in vista evidentemente della edizione. Non potendolo fare, rinunciò anche a pubblicare una diteggiatura.
  23. Il volume con l'edizione critica degli Etudes deve ancora uscire, come è noto; per quello che so di questo lavoro, grazie alle informazioni cortesemente fornitemi in anteprima dallo stesso Zigante, si tratta di una edizione realizzata mettendo a confronto almeno sei diverse fonti, le cui discrepanze sono minutamente analizzate nelle note che seguono il testo musicale. Negli Studi che suonò ( ad esempio nel n.8 ), Segovia introdusse qualche modifica; quanto di questo fosse concordato con l'autore (come raccontava Diaz citando Segovia) è difficile dimostrare oggi. A livello di aneddoti, ricordo che al corso di Ginevra Segovia disse che in realtà lui avrebbe voluto fare molti cambiamenti, ma siccome Villa-lobos non voleva allora scrisse nella prefazione che bisognava lasciare tutto come scritto dal compositore. Alla fine del lavoro di confronto rimane sempre un margine di rischio nelle scelte interpretative - tra le discrepanze che cita Zigante ce n'è una curiosa: una nota che compare in alcune versioni e non in altre, e che è dovuta forse alla errata interpretazione da parte di un copista di una macchia d'inchiostro caduta sul pentagramma... io stesso mi sono permesso di segnalare a Zigante alcuni dettagli di cui terrà conto se crede. Non dico altro per non togliere la sorpresa a chi leggerà il volume quando uscirà.
  24. I testi - di chitarra - che elenca sono tutti validi a mio giudizio (l'indicazione vol.1 di Giuliani immagino faccia riferimento ad una edizione particolare, comunque l'Op. 1 è il Metodo, che contiene anche i 120 arpeggi). Però se sta proprio iniziando occorre partire da un testo che prepari ad affrontare poi le opere che ha citato, che non possono essere usate come primi testi didattici. Con tutti i limiti che ha, ad esempio, ritengo che un libro come le Prime lezioni di Sagreras possa essere ancora un buon punto di inizio. Onestamente credo però che l'apporto di un insegnante sia insostituibile, anche per evitare di metterci molto più tempo ad accorgersi degli errori ed a trovare il percorso migliore. Anche la scelta dei pezzi da affiancare alle opere didattiche è meglio farla con qualcuno che sappia commisurarli al livello tecnico raggiunto, chiedendo sempre - e questo può essere opportuno ricordarlo anche all'insegnante - la musica di più alto livello artistico possibile, perché il gusto si educa anche così. Un testo di storia della chitarra abbastanza consigliato in conservatorio è quello di Giuseppe Radole (Suvini Zerboni). Auguri.
  25. Forse il motivo del ritardo nella applicazione della 508 è anche un altro. Ho sentito parlare recentemente di un accordo di Lubiana che diventerebbe operativo nel 2009 o 2010 in tutta Europa, accordo secondo il quale tutta l'istruzione scolastica europea verrebbe ripartita in tre fasce: elementare, medio e superiore. Pare che ci sia un sostanziale consenso degli attuali direttori di conservatorio sul fatto di ancorare gli attuali conservatori al livello medio - in barba alla 508 che però, non essendo finora stata applicata, si potrebbe così abrogare molto più facilmente. Non so quanto ci sia di vero in queste voci, e sarei grato se qualcuno più informato dicesse la sua; se la cosa fosse vera, una spiegazione degli incredibili ritardi nell'applicare la 508 sarebbe ovvia: temporeggiare in attesa della applicazione dell'accordo di Lubiana. Si arriverebbe così, allora, alla lungamente perseguita - da alcuni, è un progetto vecchio di decenni - secondarizzazione dei conservatori, che la 508 sembrava almeno avere scongiurato - è forse l'unico pregio di una brutta legge.
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