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Nuovi CD di musica del XX e del XXI secolo

tecnica, velocità e rilassatezza...


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Alla faccia dei pagliacci da palcoscenico.

Grazie M° GIlardino per questi insegnamenti.

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Ospite Caterpillar

Che ho detto?

Che significa "Evidentemente non sono stato abbastanza bravo"?

 

Chiedi a Gilardino.

Ti saprà spiegare.

 

Se si nota che un esecutore è bravo, vuol dire che non lo è abbastanza. La perfezione della tecnica consiste nel farla sparire dentro il risultato musicale: si riceve la musica e basta. La tecnica è affare di chi suona, non di chi ascolta.

 

Quando guarda un bel paesaggio da una finestra ampia e luminosa, che cosa pensa? Alla finestra? Che è brava?

 

dralig

 

rispetto quello che dice Maestro Gilardino ma senza finestra non può vedere il paesaggio..........

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E' un effetto delle sue opere o si sceglie lei gli allievi? :lol:

 

Da ragazzo facevo il voltapagine in alcune società di concerti, per tirar su qualche liretta e talvolta qualche invito a cena da parte dei pianisti che servivo. Così, li ascoltavo mentre provavano e ho imparato. Sa, girare le pagine ai pianisti che accompagnavano Rostropovich o Milstein non era, per un chitarrista adolescente, un piccolo privilegio. Bisognava approfittarne. Ne ho approfittato.

 

dralig

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Che ho detto?

Che significa "Evidentemente non sono stato abbastanza bravo"?

 

Chiedi a Gilardino.

Ti saprà spiegare.

 

Se si nota che un esecutore è bravo, vuol dire che non lo è abbastanza. La perfezione della tecnica consiste nel farla sparire dentro il risultato musicale: si riceve la musica e basta. La tecnica è affare di chi suona, non di chi ascolta.

 

Quando guarda un bel paesaggio da una finestra ampia e luminosa, che cosa pensa? Alla finestra? Che è brava?

 

dralig

 

rispetto quello che dice Maestro Gilardino ma senza finestra non può vedere il paesaggio..........

 

Ho detto dalla finestra, non senza finestra.

 

dralig

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Se si nota che un esecutore è bravo, vuol dire che non lo è abbastanza. La perfezione della tecnica consiste nel farla sparire dentro il risultato musicale: si riceve la musica e basta. La tecnica è affare di chi suona, non di chi ascolta.

 

Quando guarda un bel paesaggio da una finestra ampia e luminosa, che cosa pensa? Alla finestra? Che è brava?

 

dralig

 

Ragazzi ma non avete letto il 'Nuovo trattato di tecnica chitarristica' del Maestro Gilardino?Questo è l'ultimo concetto(non per importanza!!) espresso nel trattato..

Non per fare pubblicità ma penso che sia un trattato che debba essere letto..

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Se si nota che un esecutore è bravo, vuol dire che non lo è abbastanza. La perfezione della tecnica consiste nel farla sparire dentro il risultato musicale: si riceve la musica e basta. La tecnica è affare di chi suona, non di chi ascolta.

 

Quando guarda un bel paesaggio da una finestra ampia e luminosa, che cosa pensa? Alla finestra? Che è brava?

 

dralig

 

Ragazzi ma non avete letto il 'Nuovo trattato di tecnica chitarristica' del Maestro Gilardino?Questo è l'ultimo concetto(non per importanza!!) espresso nel trattato..

Non per fare pubblicità ma penso che sia un trattato che debba essere letto..

 

Già, una tecnica - e uno strumento - esistono in funzione di un fine, di un risultato. Carulli e Aguado, per fare esempi illustri nella tradizione didattica, stabiliscono questa relazione tra la tecnica che insegnano e il risultato musicale a cui essa è preposta e finalizzata legando le nozioni che impartiscono agli esempi musicali che seguono - a volte studi e pezzi anche molto belli. Sor inaugura il genere del trattato, cioè una speculazione sulla tecnica con pochissimi esempi musicali, ma rimanda spesso, nella trattazione, alla sua musica. In altre parole, chi scrive un libro di tecnica dovrebbe impegnarsi a farne sfociare le conclusioni sul terreno della musica.

 

Quei metodi e quel trattato nascevano da - e all'interno di - una pratica musicale, erano cioè gli strumenti giusti per eseguire quella musica nel modo in cui essa era stata concepita e sperimentata. E' giusto che fosse così: la chitarra allora andava costituendo il suo repertorio primario, un modo di suonarla corrispondeva a un modo di pensare la musica per chitarra e di comporla.

 

La differenza, all'epoca in cui io ho scritto quel trattato, è che il repertorio c'era eccome, ed era stratificato su diverse epoche, in generi disparati. L'intuizione - se di questo si può parlare - è stata proprio quella di partire da un presupposto diverso da quello dei grandi maestri del passato (incluso Pujol, che ragionava in termini tarreghiani e anche un po' aguadiani): non serviva più, anzi sarebbe stata d'ostacolo, una tecnica concepita all'interno di un particolare repertorio, di un genere di musica, di un sound, ma una tecnica onnivora, capace di rendersi veicolo per un'esecuzione prefetta di tutto il repertorio, non di una parte di esso. L'ultimo grande esempio di tecnica settoriale era stato quello di Segovia. Insieme ai suoi splendori, incarnati nelle esecuzioni del maestro, aveva prolungato l'equivoco del giudizio del repertorio emesso in base alle proprie disponibilità tecniche, non in base a una lettura attenta delle musiche e a una percezione sensibile dei loro diversi valori: questo lo posso fare, allora è buono, quello non lo posso fare, ma non dichiaro la mia impotenza, lo squalifico dicendo che non è buono (l'Ottocento italiano, ad esempio).

 

Scritto questo trattato, che è "nuovo" proprio nella misura in cui non si asservisce a un tipo di musica (la mia, ad esempio, all'epoca in cui scrissi la prima versione del trattato era di là da venire), occoreva però precisare a quale risultato esso mirava, al di là della sua pretesa di rendersi padrone di ogni repertorio. Una tecnica, anche se "neutra", implica sempre una qualche visione estetica. Ed ecco allora quella conclusione. La tecnica è perfetta se è capace di rendere la musica in modo perfetto, dunque senza farsi notare come tecnica. Se rimane sul lavoro una traccia del gesto che l'ha creato, il lavoro è imperfetto. Nei quadri dei grandi maestri vedo il colore, non le pennellate, e tanto meno le setole dei pennelli.

 

Dio che noia, il virtuoso che, su un podio, si agita, si contorce, sbuffa, rumoreggia, suda, rantola, per tirar fuori un passaggio magari sfuocato e manchevole.

 

A ogni modo, non mi interessa più la tecnica strumentale, non me ne occupo più. Alla mia età, faccio solo musica, e solo con chi la può fare e vuole imparare a farla nel modo più pulito.

 

dralig

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Dio che noia, il virtuoso che, su un podio, si agita, si contorce, sbuffa, rumoreggia, suda, rantola, per tirar fuori un passaggio magari sfuocato e manchevole.

dralig

 

Quant'e' vero!

Tra l'altro, quando e' veramente eccessivo sono infastidito perche' queste pantomime distraggono dall'ascolto, allora sono costretto a chiudere gli occhi o guardare da un'altra parte.

Viceversa vedere suonare Benedetti-Michelangeli, Gelber o Heifetz e' un piacere per le orecchie ma anche per gli occhi.

Una volta lessi una recensione riguardo un concerto di chitarrista in cui si scrisse "Per la sua gestualita' sul palco XXX sembra faccia l'amore con il suo strumento". Non ricordo chi era XXX (non ero al concerto) ma ricordo che rabbrividi'.

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Fabio ha scritto:

Ragazzi ma non avete letto il 'Nuovo trattato di tecnica chitarristica' del Maestro Gilardino?

 

...purtroppo no... :oops: ma rimedio subito!!

 

:lol:

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La tecnica è perfetta se è capace di rendere la musica in modo perfetto, dunque senza farsi notare come tecnica. Se rimane sul lavoro una traccia del gesto che l'ha creato, il lavoro è imperfetto. Nei quadri dei grandi maestri vedo il colore, non le pennellate, e tanto meno le setole dei pennelli.

 

 

trascendenza?

 

Per l'esattezza, "virtuosità e trascendenza". Nel senso che la trascendenza è il fine della virtuosità, il suo unico vero approdo artistico. Altrimenti è vanitas: la virtuosità che non si annulla nella trascendenza lascia intravvedere non il corpo del virtuoso, ma il suo scheletro, non il suo capo, ma il suo teschio. Poche cose sanno di morte come un virtuoso che si agita su una pedana. Al cui bordo c'è il nulla.

 

dralig

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Una tecnica onnivora, capace di rendersi veicolo per un'esecuzione perfetta di tutto il repertorio, non di una parte di esso.

 

 

Per non essere frainteso come in passato faccio una premessa:

Non sto contestando nessuno e non mi sto riferendo a nessuno in particolare!

A me questa idea di 'tecnica onnivora' non convince moltissimo per due motivi:

 

1-Mi da tanto l'idea di una panacea per tutti i mali,il che è francamente impossibile,mi sembra un'utopia..

 

2-Ognuno è portato per un certo tipo di repertorio,ha una certa indole,di questo ce ne rendiamo conto da soli ma ce lo fa notare anche il fatto che molti grandi hanno voluto suonare tutto ed è andata a finire che sono stati ricordati come grandi esecutori solo di un certo tipo di repertorio..

 

Quello che mi chiedo è questo,non varrebbe la pena trovare una tecnica adeguata a quello che ci piace suonare e che ci permetta di suonarlo al meglio piuttosto che cercarne una che ci permetta di 'suonare tutto'(dubito dell'esistenza di questa tecnica..)ma con il rischio di non distinguersi mai in nessun 'campo'?

Ribadisco il fatto che queste sono mie considerazioni e che sarei contentissimo se qualcuno mi inducesse,con motivazioni,a cambiare la mia opinione.

Non penso di essere ipocrita,infatti come dice la frase allegata ad ogni mio messaggio,il mezzo per non cambiare è non pensare,quindi al momento giusto e con le valide motivazioni sono prontissimo a cambiare le mie opinioni.

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