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Angelo Gilardino

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  1. Fabio, Lei sa che non sono tenero nei confronti delle ignoranze degli interpreti di musica classica, a cominciare dalle mie, ma mi sembra che, nel sottolineare le differenze tra ciò che i musicisti pop, rock, etc, sanno a proposito di elettroacustica e quello che ne sanno i musicisti classici, Lei dimentichi un fatto: senza tali nozioni, lo strumentario dei rockettari sarebbe muto, mentre i musicisti classici potrebbero tranquillamente continuare a suonare come hanno sempre fatto. Io non credo che un chitarrista classico possa migliorare il suo suono con delle nozioni riguardanti la registrazione: gli serviranno per registrare, si, specie se si registra da solo, e gli farà comunque bene imparare qualcosa che non sa - in questo senso, magari anche studiare un po' meglio la propria lingua non gli farebbe male - ma, agli effetti della sua tavolozza sonora, proprio non vedo che cosa possa imparare dalla sua eventuale capacità di manovrare microfoni e apparati di registrazione. Sarò lieto, naturalmente, di modificare le mie convinzioni di fronte ad argomenti che ignoro. dralig
  2. Ma chi è questo signore che scrivendo in un piccolo forum pubblico si erige a sommo sacerdote pontificando su chi a cognizione di causa per parlare e chi no? Ma che siamo in classe con il maestrino nervosetto? Ha ragione Tortora: ma come si permette? Si educhi piuttosto allo stare in un consorzio civile e abbia più rispetto nello scrivere e nel rispondere perchè la vera ignoranza la stà dimostrando lei con i suoi modi cafoni e insolenti! PS E il moderatore che fà lo struzzetto??? Che bassezza di conversazioni In un consorzio civile, la prima regola da seguire nelle discussioni è quella di riferirsi, nel concordare o nel dissentire, alle posizioni assunte da altri limitandosi alle idee e agli argomenti e lasciando accuratamente da parte ogni apprezzamento rivolto alle persone in quanto tali. Nei miei interventi, mi riferisco a ciò che è stato scritto, ai contenuti dei messaggi, al loro senso (posto che ne abbiano uno), e affronto gli argomenti, non le persone. Lei invece, senza dare la minima prova di aver compreso un solo concetto nella discussione, e senza riferirsi minimamente alle argomentazioni in campo, domanda "chi è questo signore?": come se, per intervenire, fosse necessario essere qualcuno - e naturalmente questo stato in essere lo riconoscerebbe e lo giudicherebbe Lei, concedendolo o negandolo senza argomenti (e meno male che parla di sommi sacerdoti). Che cosa si aspetta, signor membro del consorzio civile? Che io Le risponda nel Suo stile? Quando parlo e scrivo in un forum, discutendo su un tema ben definito con un interlocutore, gli domando quali sono le sue conoscenze e le sue argomentazioni, non gli domando chi è: e la differenza tra le due domande è precisamente quella che denota, da parte di chi domanda, l'appartenenza, o meno, a un consorzio civile: spesso, domandando si afferma e, per quanto La riguarda, Lei lo ha fatto molto chiaramente, non solo per il Suo uso dell'italiano. dralig
  3. Ma chi è questo signore che scrivendo in un piccolo forum pubblico si erige a sommo sacerdote pontificando su chi a cognizione di causa per parlare e chi no? Ma che siamo in classe con il maestrino nervosetto? Ha ragione Tortora: ma come si permette? Si educhi piuttosto allo stare in un consorzio civile e abbia più rispetto nello scrivere e nel rispondere perchè la vera ignoranza la stà dimostrando lei con i suoi modi cafoni e insolenti! PS E il moderatore che fà lo struzzetto??? Che bassezza di conversazioni Chi "a" cognizione di causa e chi non ce l' "a", è evidente dalla qualità dei messaggi: la "vera ignoranza" la "stà" dimostrando con la sua ortografia, ma magari lo "fà" apposta; o, forse, questa non è ignoranza, è un altro genere di sapere. dralig
  4. Come mi permetto? A meno che Lei non abbia un manifesto personale anche nell'uso del vocabolario della lingua italiana, ecco come mi permetto, citando esattamente le Sue parole: "A questo punto voglio, anzi resto ignorante ascoltando semplicemente - da ignorante - un brano che mi commuove. Giorgio Tortora" Resti pure commosso nella Sua ignoranza, ma non pretenda di interferire nel dialogo tra coloro che, sforzandosi di lottare contro la loro ignoranza, cercano di comprendere, di studiare, di imparare e - se possono - di insegnare. dralig
  5. Si, vorrei che quando si discute su un argomento si parlasse con cognizione di causa. Una cognizione che Lei non ha. Pur non sapendo che cosa dire, ha voluto dire qualcosa, che è insensato: cioè, che non bisogna cercare relazioni tra l'opera di un autore e quelle degli antecedenti ai quali egli si è manifestamente riferito. Messo di fronte all'insensatezza del Suo "punto di vista", Lei ha pubblicato un manifesto che non ha nulla che vedere con il tema in discussione: la relazione tra Rodrigo e Falla. Relazione che, ripeto, Lei ignora. dralig
  6. Non credo che il Tempo si prenderà il disturbo di rispondere a domande siffatte e, se non vuole incassare bordate, faccia una cosa molto semplice: eviti di chiamarmi in causa con affermazioni insensate. Può benissimo professare le Sue idee senza dover riferirsi alle mie: Le assicuro che non abbiamo nulla da dirci. dralig
  7. L'affermazione che un autore ha attinto a piene mani da un altro, o da altri, può essere letta come un'accusa solo da chi non conosce la storia dell'arte, e gli innumerevoli esempi in cui tale "attingere" è stato espressione di intelligenza, di acume intuitivo, di deliberata volontà di riferirsi all'opera altrui a fini propriamente creativi. Chi abbia un minimo di conoscenza dello stile di Falla (fino al 1923) e del casticismo di Rodrigo, sa benissimo qual è la distanza che separa le concezioni fondamentali dei due autori, e può quindi cogliere facilmente, proprio in "Invocacion y Danza", il proposito di Rodrigo, di adoperare stilemi e morfemi compositivi tipici dello stile di Falla, e non suoi: per cui, l'affermare che Rodrigo ha attinto a piene mani da Falla, significa riconoscere che ha fatto quello che deliberatamente voleva fare, e il primo a essere compiaciuto di quest'affermazione sarebbe proprio Rodrigo - che di Falla era un ardente e devoto ammiratore. Il fatto che Lei trovi da eccepire qualcosa sul mio stile mi dà sollievo: l'idea che il mio stile - nel senso più lato del termine - possa anche da lontano assomigliare a quello che Lei esibisce nei Suoi messaggi mi fa rabbrividire. dralig
  8. Se non lo è, non si manifesti come tale. Quando scrive: "Ma che senso ha iniziare una nuova discussione segnalando nuove cifre, magari altri significati o inediti parallelismi nei confronti di una opera che rappresenta uno dei momenti più alti della letteratura chitarristica" Lei non solo manifesta la Sua ignoranza - cioè il fatto che ignora, letteralmente, che Rodrigo ha fatto uso di due elementi tratti da opere di Falla e che ha parafrasato un frammento di un brano di Albéniz - ma nega che il parlarne, da parte di chi invece queste cose le sa, abbia un senso: non solo Lei è un ignorante, ma vuole anche dissuadere chi non sa dal sapere, e chi sa dal trasmetterlo a chi non sa. A me non importa chi è Lei, che cosa fa e quanti seguaci e ammiratori ha nel mondo. Mi corre soltanto l'obbligo di risponderLe per quello che Lei scrive qui, riguardo a un mio messaggio: non mi occupo della Sua persona, mi occupo delle Sue affermazioni riguardo a quello che ho scritto io. Impari a distinguere il contrasto delle idee dall'attacco alle persone: anche questo è un segno di ignoranza. Grave. dralig
  9. Se Le interessa approfondire l'argomento con serietà, e studiare a fondo le radici culturali, oltre che specificamente musicali, dell'arte di Joaquín Rodrigo, Le consiglio la lettura del volume: "Joaquín Rodrigo y la música española de los años cuarenta", una raccolta di saggi coordinata da Javier Suárez-Pajares e pubblicata da Universidad de Valladolid, 2005. Vi troverà non soltanto le coordinate essenziali per comprendere la personalità di Rodrigo, ma anche la sua corrispondenza con Federico Mompou e altri musicisti spagnoli suoi contemporanei, e non pochi riferimenti al suo atteggiamento nei confronti di Manuel de Falla. Rodrigo, era anche critico musicale, e proprio riguardo a Falla dettò alcune considerazioni che rivelano quale fosse il suo pensiero riguardo al maggior musicista spagnolo del Novecento. dralig
  10. Ho soltanto raccomandato al lettore del forum - giustamente ammirato dalla qualità del brano di Rodrigo - di risalire alle fonti alle quali il compositore ha attinto per alimentare la sua opera con chiari ed inequivocabili riferimenti alla cultura alla quale consapevolmente appartiene. Far notare a un ascoltatore che Rodrigo adopera un motivo di Falla (tratto da "El amor brujo") e che fa una parafrasi de "El Polo" di Albéniz, non implica alcun biasimo nei confronti dell'autore di "Invocacion y Danza". Come tutti i mezzi di cui un compositore si serve, anche le citazioni e le parafrasi possono essere adoperati con maestria e con sincerità - come ha fatto Rodrigo - o con maldestra improntitudine. Il riconoscere il legame tra due maestri legati da chiarissime affinità - quali Falla e Rodrigo - è un atto di devozione culturale, specialmente da parte di chi - come il sottoscritto - da uno dei due (Rodrigo) è stato onorato con la dedica di una delle sue più importanti composizioni per chitarra: solo una lettura perversa da parte un ignorante malintenzionato può vedere, nell'esortazione da me rivolta al lettore, quello che non c'è. E lo lascio solo: nella sua ignoranza e nella sua cattiveria. dralig
  11. Per coloro che fossero interessati ad approfondire la conoscenza del brano, copio e incollo il testo della prefazione pubblicata insieme alla musica (spero che l'inglese non sia di ostacolo): A note from the composer The story of this piece goes back to 1970. Entrusted by Edizioni Musicali Bèrben with the leadership of the collection of 20th century guitar music which would become famous in the following decades, I invited composers from many countries to write new guitar works for the series. Among them, I asked the British composer Richard Arnell – the author of Six Pieces for Guitar which I liked - to compose another piece. He agreed, announcing that he would write a set of variations upon the popular British ballad, Barbara Allen. He also gave me an opus number for this forthcoming composition. Unfortunately, such a project did not reach a conclusion, I cannot now recall the reason why. In the meantime, I consulted the source of the song he had indicated to me and – in spite of my small affection for popular music – I appreciated the nice melody. Barbara Allen was then buried in my memory under 33 years of silence, but in 2004, in the course of a Usenet discussion about guitar music, I recalled the song, and – now being a full time composer on my own – I decided that I would return to the old, unfulfilled project and that I would write a solo guitar piece based upon that melody. I also received a lot of useful information about the many variants of the song. Again, I had to leave this project aside for some months, due to more urgent pressures. At the end of 2004, a fellow musician and an Internet correspondent – whom I have yet to meet in person -, David Norton from Salt Lake City, asked me to write a piece in memory of a common friend, the esteemed British composer John W. Duarte, who passed away on December 23, 2004. I immediately agreed with David’s request – it would be nice to devote to our mutual friend’s memory a new piece of music – and I was thinking about how to build it up, when David suggested that I consider Duarte’s affection for popular music, and his frequent use of songs and dances, which he elaborated in many of his works. Just a short step divided my acceptance of David’s suggestion and my waiting project of completing Barbara Allen. I took such a step with no hesitation and I wrote this piece with the purpose of recalling a distinguished musician, a fine person, his culture and background, and our good friendship. Of course, I would never attempt to imitate John Duarte’s style – I never considered taking such an unhealthy approach, but I thought instead, as is usual in the many homages I have composed, of a world in which the recalled artist was a symbol. It is a duty and a pleasure to recall here, thankfully, those who have encouraged my project: David Norton, David Kilpatrick, William David Jennings and all those who sent me the various versions of Barbara Allen. A special thanks also to Richard Yates. Angelo Gilardino Vercelli, Italy, January 2005.
  12. Inizio Mod Edit Questo thread è nato dalla discussione su una interpretazione di "Invocación y danza" di Joaquín Rodrigo Thread originale: http://www.cristianoporqueddu.it/forumchitarraclassica/viewtopic.php?t=6613 Fine Mod Edit Benissimo appassionarsi alla musica di Rodrigo, ma non senza coltivare a fondo quella dei maestri dai quali Rodrigo pescò a piene mani - nel caso di questo brano, Albéniz ("El polo", dalla suite "Iberia") e Falla ("El amor brujo"). dralig
  13. Ch'io sappia, oggi, una mezza dozzina di persone, le quali però devono necessariamente spendersi, non dico nel più remunerativo, ma nel meno autolesionistico dei modi. E questo è il punto. La musica didattica non produce diritti d'autore: viene eseguita nelle aule, e alla fine delle lezioni non si compilano programmi siae (o affini): anche se il compositore non ha programmato di scrivere per far soldi, o per raggiungere "il successo", deve pur campare, e scrivendo musiche didattiche la sua unica fonte di introito restano le copie vendute dall'editore. Considera: 1) l'ottusità di molti docenti, che preferiscono musiche cretine ai brani di valore; 2) il taglieggiamento micidiale causato dalle fotocopie (ormai siamo nell'ordine di uno a cento); 3) la lentezza del processo di diffusione, anche là dove il terreno non è proibitivo. Alla fine, chi sa comporre ha sempre una certa committenza o comunque prospettive realistiche di vedere eseguiti i brani che scrive motu proprio e, quindi, sa di poter far affidamento su qualcosa di altamente probabile e soddisfacente: perché mai dovrebbe dirottarsi in un'impresa così poco promettente. Io posso scrivere musica per principianti, ma a spese dell'altra musica - quella libera - che compongo (non si può fare tutto): gli editori mi hanno chiesto di farlo, ma non mi hanno dato delle buone ragioni. E Leo Brouwer, raccontandomi la storia dei suoi Estudios sencillos, mi ha fatto passare la voglia. dralig
  14. quel direttore probabilmente conosce solo la Media del suo paese....ormai le spese di stampa sono basse rispetto ad un tempo, con sessanta-settanta copie (forse anche meno) il lavoro è pagato. Non saranno migliaia di copie ma un centinaio di copie non è un grosso problema venderle se poi il lavoro come giustamente dici merita. C'è grosso bisogno di lavori ben fatti e utili musicalmente nella nostra didattica. Ciao Giorgio, quel direttore è uno dei massimi esperti di marketing dell'editoria musicale italiana. Quando dice: pagare le spese di stampa, si riferisce al lancio di un volume che la sua casa editrice non produrrebbe mai nell'ordine delle centinaia di copie e, nei suoi progetti, considera la tenuta e la resa di una produzione nell'arco della decina d'anni al minimo, valutando anche gli altri oneri connessi all'investimento, che vanno ben al di là delle spese tipografiche. Che ci sia un "grosso bisogno di lavori ben fatti" nel settore, tu lo dici e io ti credo: però gli editori non valutano il bisogno, valutano la consapevolezza che ne hanno i bisognosi: e di questa consapevolezza, leggendo i tuoi messaggi e quelli di altri tuoi colleghi (Rivelli, etc.) è lecito dubitare. Assai. L'umanità ha un grosso bisogno di charitas Christi, ma si comporta come Sodoma e Gomorra. dralig
  15. Riccardo Muti su "La Repubblica" di stamane: L'ITALIA ha abbandonato la musica al suo destino, come se fosse un fenomeno obsoleto, mentre nel resto del mondo, compresi i Paesi emergenti a cominciare dalla Cina, c'è rispetto e interesse per la cultura occidentale. La denuncia viene dal maestro Riccardo Muti. "L'Italia ha abdicato alla sua storia culturale e musicale in particolare, a causa di una concezione generale della cultura che non riguarda solo i politici di oggi, ma è una storia lunga nel tempo", dice il grande direttore d'orchestra italiano in un'intervista all'agenzia Adnkronos. "Noi italiani -aggiunge- abbiamo dimenticato che la musica non è solo intrattenimento, ma è una necessità dello spirito. Questo è grave perchè significa spezzare delle radici importanti della nostra storia". Muti punta il dito contro alcune "trasmissioni televisive dove la musica e soprattutto l'opera lirica, vengono presentate come cose obsolete. Così si respingono i giovani invece di interessarli". Al contrario, racconta, "in Cina, dove sono appena stato per dirigere l'orchestra di Shanghai, stanno puntando molto sulla musica occidentale, preparando i giovani musicisti i quali studiano nei conservatori occidentali e poi tornano in Cina per suonare nelle loro orchestre. I cinesi costruiscono nuove sale da concerto e scommettono culturalmente su quello che noi italiani invece stiamo esaurendo. In Italia abbiamo perso la capacità di sentire il 'bello', quel 'bello' che per secoli abbiamo dato al mondo e che adesso non sentiamo più". dralig
  16. Voglio sperare, allora, che quello che è avvenuto quest'anno agli esami di ammissione nel Conservatorio dove insegno sia destinato a finire. Su 47 aspiranti iscritti, ben 10 presentavano in programma proprio brani presi da questi metodini "canzonettari", cosa mai successa finora. Inutile dire che erano anche quelli (coincidenza non casuale, visto che avevano insegnanti diversi) privi dei più elementari e basilari rudimenti di impostazione, per non parlare della totale assenza di alcunché di pertinenza musicale, anche solo banalmente inteso. A corollario di tutto questo erano immancabilmente forniti dei loro metodi in ..... fotocopia (anche questo mai accaduto), il che la dice lunga sulle tanto spesso sbandierate ...mila copie vendute. Caro Lucio, tu ben sai quanto io sia propenso ad accogliere le richieste degli editori e quanto mi sforzi di corrispondere alle loro aspettative. Ebbene, l'unica loro pressione alla quale non mi sento di dar risposta è quella di scrivere musica per principianti di chitarra. Quando sono stato invitato a farlo, mi sono procurato i vari testi adottati nelle scuole di base, li ho letti, e mi sono cascate le braccia: se questa è la musica adoperata dai docenti per l'insegnamento, offrire loro musica degna di questo nome è causa persa in partenza. Mesi fa, un giovane compositore che conosco e che stimo, ha scritto una serie di canoni a tre voci per strumenti melodici destinati agli alunni della scuola media musicale e mi ha chiesto di presentarli a un noto editore. L'ho fatto. Il direttore mi ha risposto che la musica è di alta qualità, e per questo motivo, nella scuola media attuale, non troverebbe accoglienza sufficiente per ripagare l'editore delle spese di stampa. dralig
  17. Caro Giorgio, non ci sono "piani alti", né colleghi che li occupano. La musica e l'arte tutta sono espressioni della persona e della sua condizione, e non c'è conoscenza che, al pari di quella artistica, aiuti a comprendere la realtà, quella che il grande poeta argentino J. L. Borges racchiude nei suoi versi folgoranti: "Parlano di umanità. La mia umanità consiste nel vedere Che siamo tutti figli della stessa miseria. Parlano di patria. La mia patria E' un palpito di chitarra, Alcuni ritratti e una vecchia spada". Siamo tutti nella stessa barca. dralig
  18. Agli effetti del futuro della musica - chitarra inclusa, ovviamente - il lavoro che stanno svolgendo gli insegnanti di strumento nelle scuole medie a indirizzo musicale è più importante delle stagioni sinfoniche e liriche. Se, fra trent'anni, i cittadini sapranno che Mozart era un compositore e non un centrocampista, lo decidono adesso i maestri di musica che insegnano ai ragazzi a suonare uno strumento: non lo decidono Muti o Abbado, lo decide Lei, insieme a Suoi colleghi. Siatene consci. dralig
  19. Ricordiamolo com'era: " o dignitosa coscienza e netta, come t'è picciol fallo amaro morso! " (Purgatorio, III) dralig
  20. Quel che mi importa, nel mio lavoro di studioso, è aderire senza cedimenti a regole professionali e deontologiche e, più in generale, a norme di civiltà e di correttezza culturale. Non ho problemi ad ammettere un errore, se mi accade di commetterlo, e a porvi rimedio. Non tollero gli ignoranti, i pasticcioni, i bugiardi e i fingitori. Se questo mi fa apparire acido, pazienza: lo scopo del mio lavoro di studioso è quello di contribuire all'accertamento della verità, non quello di risultare simpatico. dralig
  21. Thomas Mann - versando nell'estetica il problema che Dostoevskij aveva posto in termini etici - pensò di tagliar corto, e fabbricò il suo compositore astorico - non ignaro della tradizione e della storia, ma toccato dalla tentazione faustiana di elevarsi al disopra di esse. Infatti, nella prima argomentazione, colui che lo visita a Palestrina lo mette nell'angolo domandandogli se per caso lui, Adrian, il genio consapevole della sua genialità, voglia assomigliare a...( e lì la sfilza degli "ismi" che il compositore non può tollerare). Il fatto è che, per spiccare il volo, gli è di troppo il peso della sua umanità, che è invece storica: e allora, ecco la scorciatoia, l'abbrivio. Singolare, no?, l'offerta dell'eterno piazzista: "Noi vendiamo tempo", dice ad Adrian il visitatore, offrendo al genio un pezzo di quella "temporalità" dalla quale lui sta cercando follemente di scappare. dralig
  22. Per molti queste sono questioni morte e sepolte. E' con queste affermazioni che si ricostruiscono continuamente muri che la "new musicology" (non quella all'amatriciana) ha abbattuto da anni. E' necessario andare oltre questa passione italiota per la guerra civile. Un celebre musicologo scrisse: "Il discorso sulla sociologia critica dell'arte (e il vizio di dare del "fascista" a chiunque si azzardi ad esprimere giudizi di valore e su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ndr) deriva dalla convinzione, diffusasi attorno al Sessantotto, secondo la quale ogni affermazione in merito alla superiorità di una pratica artistica o culturale rispetto a un'altra non è che il contrappunto estetico di un'accettazione reazionaria della gerarchia sociale". Esistono esperienze musicali che sono più profonde rispetto ad altre ma non sono disposto a farne questione di genere e/o di contrapposizione musica popolare/colta. C'è di mezzo l'esperienza di vita dei singoli e non può questa diventare lo specchietto per le allodole di semplicistiche contrapposizioni politiche e presunte gerarchie sociali. Oggi non ha più senso istituire o difendere categorie musicali (o artistiche), e tali distinzioni permangono soprattutto nella catalogazione della "merce" musicale da parte dei venditori (con ottime ragioni organizzative). Penso che non abbia più validità applicativa la dicotomia bello-brutto. Mantiene invece senso la distinzione tra autentico e fasullo, ove per autentico si intenda il frutto dell'invenzione, della ricerca, dell'apporto dell'ingegno creativo e della capacità di elaborare forme con padronanza del discorso musicale; e per fasullo ciò che è invece il frutto inutile della ripetizione e della sciacquatura di cose dette prima e assai meglio da altri, della convenzione banale, privo del benché minimo sprazzo di invenzione e di originalità e magari, per soprammercato, "assemblato" nell'evidente incapacità di costruire una forma. In questo senso, nel repertorio della chitarra "classica", l'autentico e il fasullo sono rappresentati con un'evidenza superiore a quella riscontrabile, per esempio, nel repertorio del pianoforte, dove il fasullo contemporaneo esiste, ma perlomeno in una confezione merceologicamente accurata: nella musica per chitarra no, il fasullo è genuino, biologico, il faudrait le dire, à la Cambronne. dralig
  23. L'insegnamento valido non privilegia un tipo di attacco rispetto a un altro: spiega tutti gli attacchi possibili e le relative conseguenze nel risultato sonoro, ne insegna le procedure tecnico-meccaniche e istruisce sul modo di esercitare il controllo sui risultati. Non esiste un "tocco" che sia, in sé stesso, migliore di altri: dipende dal risultato musicale che si vuole ottenere. Bisogna imparare ad attaccare le corde con e senza preparazione, a lasciarle vibrare e a chiuderne le vibrazioni esattamente come e quando si vuole. Il tocco preparato in uno studio di arpeggi che ha come presupposto estetico la mescolanza delle vibrazioni delle corde e le conseguenti combinazioni armoniche (per esempio lo Studio n. 1 di Villa-Lobos) è accuratamente da evitare, anzi bisogna puntare esattamente al contrario, cioè toccare le corde il meno possibile. dralig
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