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Angelo Gilardino

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Tutti i contenuti di Angelo Gilardino

  1. Non soltanto Le credo, ma mi auguro che il dissenso che la mia opera suscita presso i musicisti pronti ad accogliere le Sue esortazioni sia totale, franco, senza ripensamenti, imperituro. Mi imbarazzerebbe enormemente il loro consenso, e prego Iddio di aiutarmi nel mio fermo proposito di non meritare mai la loro approvazione: verrei sopraffatto dalla vergogna. dralig
  2. Capito, ragazzi? Se vi ostinerete nel rifiutare il cartello "date a Tárrega anche quello che non è suo", e similari, per voi niente editori, niente case discografiche, niente festival: probabilmente, morirete di fame. "Esponetevi" sostenendo che la "Canzonetta" di Mendelssohn è un Preludio di Tárrega, perché così appare nell'edizione Gangi-Carfagna, e innanzi a voi si schiuderanno le porte del successo. dralig
  3. Io mi sentirei - anche se non ho un progetto in tal senso - di scrivere un saggio sull'estetica segoviana per quanto si riferisce allo stile forgiato dal maestro nelle revisioni e nelle trascrizioni. Ho lavorato, nel confronto tra gli originali - sia quelli delle musiche scritte per lui da compositori non esperti nella tecnica della chitarra sia quelli delle musiche scritte per altri strumenti - e le sue elaborazioni, abbastanza da rendermi conto di quello che faceva - ed è constatazione facile - e del come e del perché lo faceva - e si tratta di una serie di constatazioni meno facili. Ad ogni modo,sono in grado di redigere un testo contenente una serie di osservazioni specifiche e dettagliate che, opportunamente osservate e studiate, possono condurre a una descrizione completa del modus operandi segoviano. In questo senso, posso anticipare un'osservazione: uno dei confronti più ricchi di rivelazioni è quello che si può svolgere esaminando le trascrizioni segoviane elaborate non sugli originali, ma sulle trascrizioni preesistenti. Ad esempio, Segovia trascrisse i pezzi di Albéniz adoperando, come testi-base, non gli originali per pianoforte, ma le trascrizioni di Tárrega, di Llobet e, nel caso della leggendaria "Asturias", di un allievo di Tárrega, Severino Garcia Fortea. Ebbene, gli interventi di Segovia su questi, che sono già testi chitarristici e non più pianistici, ci mostrano con chiarezza lampante "come e perché" egli forgiava certi passaggi in quel suo modo, quali erano le sue motivazioni e i suoi scopi, e la coerenza, davvero implacabile, con la quale li perseguiva. E' possibile, disponendo di questo tipo di conoscenza, "inventare" una trascrizione segoviana di un brano qual è la seconda delle Deux Arabesques di Debussy? E' un po' come domandarsi: il conoscere a fondo il contrappunto bachiano può abilitare a scrivere una Fuga degna del Kantor? Non credo che si possa rispondere in linea di principio. Si può provare. Non è detto che io non ci provi, e non è detto che, provandoci, non ci riesca...Si vedrà...Comunque, ci proverà anche Javier Ribas, che recentemente ha pubblicato audacissime trascrizioni di Albèniz. dralig
  4. Ciao Matanya, at the best of my knowledge, you are one of the most competent musicologists who devoted their searches to the guitar repertoire. Maybe that in your surfing of this forum you have missed a revelation -published yesterday - that will change the rules of musicology universally known and accepted so far. Thus, I take the freedom of leading you to this new Bible. In the thread devoted to Gianni Nuti's new Handbook of Guitar History, the discussion turned upon the fact that the Gangi-Carfagna edition of Tárrega's Complete Works included a good deal of pieces wrongly attributed to the Spanish guitarist-composer. It is a long list. Namely, Frédéric Zigante offered a short sample of these attributions: Gangi-Carfagna edition, published by Bèrben, includes in the book devoted to Tárrega's original Preludes the Trio of the "Canzonetta" by Mendelssohn, the theme of Sor's "Fantasia op. 7", a couple of passages from the Fugue BWV 1000 by Bach, etc. (really the list of the wrong attibutions included in the four volumes could be much longer, but mercifully Zigante restrained his list to these examples). Mr Roberto Fabbri, an Italian guitarist, historian and scholar, has published yesterday a messages where he claims - literally cut and pasted from his message: "Se un autore come Tarrega si serviva di "citazioni" da pezzi di altri compositori per la stesura dei suoi pezzi, cui poi dava un titolo, in quel momento questi pezzi divenivano suoi a tutti gli effetti. L'eventuale plagio è quindi "colpa" (se così si vuole chiamarla) solamente del compositore, non attribuibile a coloro che poi negli anni hanno pubblicato i suoi lasciti. " Faithfully translated: "If an author such as Tárrega used from pieces of other composers for writing his own pieces, to which he subsequently gave a title, in that moment those pieces became his own in every respect [yes, in every respect, the translation is literal]. The possible plagiarism is thus a guilt (if one wants to call it so) only of the composer, and it cannot be attributed to those who in the following years have published his inheritage". So, the editors who missed to recognize, in the "Tárrega Preludes", the works of other composers, and re-published them as Tárrega's original music, are musicologically faultless, and no blame should be given to them: musicologists have no responsibility of discovering plagiarisms, and making themselves aware of the fact that a piece has been written by Sor and falsely attributed to Tárrega does not fall within their duties. If so, which is the task of musicologists has not yet been revealed, but perhaps it will be in one of the next instalments of Mr Fabbri new musicology foundation. I guess that - as the musicologist who returned to its true author, François de Fossa, one of "Tárrega's original pieces" - you might be illuminated by such a revelation. If you do not feel richer after such a gift, move to Italy. Ciao. ag
  5. Scusami, ho pensato che - data la tua giovane età - tu non conoscessi la storia delle attribuzioni tarreghiane. dralig
  6. Le segnalerò, Maestro Fabbri, i brani di Gilardino in cui compaiono temi di altri autori: -"Appaloosa": nell' ultimo movimento, "The riders in the sky", utilizza alcune battute tratte dal Preludio BWV 997 di Bach. -"Estrellas para Estarellas": nel terzo movimento -vado a memoria-, utilizza frammenti dalla Tarantella di Castelnuovo-Tedesco e da "Also Spracht Zarathustra" di Strauss. -Nelle "Variazioni sulla Follia", nell' ultima variazione utilizza il tema della Follia nella versione di Sor -quello dell' op. 15-. Ho escluso i temi della Fortuna di Dowland e un tema di Schumann che sono stati impiegati come elementi tematici di variazioni -rispettivamente, nelle "Variazioni sulla Fortuna" e nello studio 31 "Omaggio a Fernando Sor". Tutte queste citazioni sono segnate sulla partitura, e, specie nel primo e nel terzo brano dell' elenco, svolgono una funzione ben precisa, non dissimile da quella di "Come, heavy Sleep" del Nocturnal di Britten. No Vladimir, non si tratta della stessa cosa. Quelle di Tárrega non sono citazioni inserite nella sua musica. Sono brani interi, o sezioni di brani, di altri autori - la lista è lunga - che lui ha copiato di suo pugno e i cui manoscritti, trovati dopo la sua morte, sono stati pubblicati con il suo nome in luogo di quello dell'autore: sono risibili attribuzioni perpetrate da devoti e sprovveduti ammiratori del maestro, che ignoravano, della musica, qualunque cosa non avessero udito dalla mano di Tárrega. Non possiamo affermare che si trattasse di plagi deliberati, perché Tárrega non fece pubblicare questi pezzi, e di sicuro non pensava che altri l'avrebbe fatto attribuendogliene la paternità. Oggi, qualcuno sostiene che sono brani suoi a tutti gli effetti, e che i curatori delle edizioni moderne non hanno il dovere di mettere in chiaro chi ha effettivamente composto quei pezzi, capisci? Il Trio della Canzonetta di Mendelssohn, il tema delle Variazioni op. 7 di Sor, un paio di divertimenti dalla Fuga in La minore di Bach (mi fermo qui, l'elenco è molto lungo) - non brevi citazioni inserite in brani tarreghiani, ma pezzi interi pubblicati con il nome di Tárrega quale autore - sono opera sua, e non più di chi li ha scritti: questo lo afferma nell'anno 2009 a chiare lettere un musicista, musicologo, studioso, storico, e aggiunge a questa lapide il suo nome e cognome. Ti pare il caso di seguitare? dralig
  7. No, no! Non mi è sembrato che a pag .12 del volume dei preludi ci sia un pezzo in do maggiore presentato come Preludio n.11 di Tárrega e che invece io conosco come tema (seguito da variazioni) della Fantasia op.7 di Fernando Sor pubblicata da Pleyel a Parigi nel 1814. Era proprio lui... Secondo la nuova musicologia mercuriana, caro Frédéric, tutto ciò è irrilevante: si parte dall'assioma che quello che appare nell'edizione Gangi-Carfagna dell'opera di Tárrega è autentico. Se poi tu asserisci che il tema in questione è di Sor, sappi che l'edizione Pleyel del 1814 - e tutte le successive, apparse prima della folgorante intuizione dei curatori tarreghiani - non significano nulla, se non consegni al signor Mercurio una prova al Carbonio con un manoscritto di Sor contenente il tema in questione. Lo stesso per la Fuga di Bach, per la Canzonetta di Mendelssohn e per la non breve lista dei tarregamenti. Da qualche anno, il nostro collega Javier Suarez Pajares , docente di musicologia all'Università Complutense di Madrid, ha dimostrato che Tárrega si servì, nella "Gran Jota", non soltanto del lavoro di Julián Arcas, ma anche, nell'introduzione, di un bel numero di misure scippate pari pari a José Viñas, cioè rubate da una sua composizione pubblicata nel 1863, cioè scritta quando Tárrega aveva dieci anni. dralig Siamo alla fantascienza!!! Se un autore come Tarrega si serviva di "citazioni" da pezzi di altri compositori per la stesura dei suoi pezzi, cui poi dava un titolo, in quel momento questi pezzi divenivano suoi a tutti gli effetti. L'eventuale plagio è quindi "colpa" (se così si vuole chiamarla) solamente del compositore, non attribuibile a coloro che poi negli anni hanno pubblicato i suoi lasciti. Roberto Fabbri Quello che Lei ha scritto in questo messaggio è la più ampia, totale, irrimediabile confessione pubblica della Sua reale statura di studioso e di musicista: non aggiungo una sillaba, ha fatto tutto Lei. E' un esempio senza precedenti di suicidio culturale. Poiché come persona - Dio La conservi - Lei sopravvive, riceva le mie più sentite condoglianze. dralig
  8. No, no! Non mi è sembrato che a pag .12 del volume dei preludi ci sia un pezzo in do maggiore presentato come Preludio n.11 di Tárrega e che invece io conosco come tema (seguito da variazioni) della Fantasia op.7 di Fernando Sor pubblicata da Pleyel a Parigi nel 1814. Era proprio lui... Secondo la nuova musicologia mercuriana, caro Frédéric, tutto ciò è irrilevante: si parte dall'assioma che quello che appare nell'edizione Gangi-Carfagna dell'opera di Tárrega è autentico. Se poi tu asserisci che il tema in questione è di Sor, sappi che l'edizione Pleyel del 1814 - e tutte le successive, apparse prima della folgorante intuizione dei curatori tarreghiani - non significano nulla, se non consegni al signor Mercurio una prova al Carbonio con un manoscritto di Sor contenente il tema in questione. Lo stesso per la Fuga di Bach, per la Canzonetta di Mendelssohn e per la non breve lista dei tarregamenti. Da qualche anno, il nostro collega Javier Suarez Pajares , docente di musicologia all'Università Complutense di Madrid, ha dimostrato che Tárrega si servì, nella "Gran Jota", non soltanto del lavoro di Julián Arcas, ma anche, nell'introduzione, di un bel numero di misure scippate pari pari a José Viñas, cioè rubate da una sua composizione pubblicata nel 1863, cioè scritta quando Tárrega aveva dieci anni. Ebbene, tale argomentazione non vale: ci vuole il Carbonio, come per la Santa Sindone. Sono le nuove frontiere della musicologia. A proposito, come fai a provare che sei effettivamente Frédéric Zigante? Se il signor Mercurio te lo contesta, quali sono i documenti che puoi produrre, visto che, per lui, le pubblicazioni datate non sono sufficienti? dralig
  9. Caro Maestro Fabbri, celebro la Sua sopravvenienza nel territorio dei ragionamenti. Non solo io non dico che Tárrega non usasse queste citazioni per sé stesso e per i suoi allievi, ma lo affermo categoricamente: lo faceva di regola e d'abitudine. Esistono numerosi manoscritti tarreghiani - che ho esaminato personalmente presso il loro legittimo possessore, il maestro Melchor Rodriguez, titolare delle Ediciones Soneto di Madrid, che ha pubblicato l'opera integrale di Tárrega - contenenti musiche che il maestro ricopiava. Gli piaceva riscrivere di suo pugno tutto quello che suonava. Inoltre, come prova una sua lettera scritta all'allievo Daniel Fortea, in periodi di ristrettezze economiche, usava vendere i suoi manoscritti - anche di opere altrui - ai proprii allievi e seguaci, per campare: una dimostrazione della povertà davvero francescana nella quale visse. Se Le interessa, potrà trovare maggiori ragguagli su questo aspetto della "scrittura" musicale tarreghiana nel saggio che ho scritto per il centenario, di imminente pubblicazione nella rivista "Guitart". E' quindi non da ipotizzare, ma da asserire con certezza, che molta musica manoscritta da Tárrega non è stata da lui composta, ma solo ricopiata. Contro il rischio che questi manoscritti venissero stampati postumi dai suoi allievi, ammoniva severamente Domingo Prat, nella voce "Tárrega" del suo "Diccionario" del 1934: non fu ascoltatp, ma, ad esempio, lui aveva già avvertito che il "Tango" - armonicamente di una povertà indegna di Tárrega - era opera di Carlos Garcia Tolsa, come tale pubblicata (Habanera "Enriqueta") ben prima che apparisse, postumo, come originale di Tárrega. Orbene, ristampare acriticamente tutta questa paccottiglia attribuita a Tárrega non è stata un'operazione musicologicamente sensata, nemmano quarant'anni fa. E' stato un infortunio. Ogni autore e ogni studioso ha, nella sua storia, degli errori. Come Le ho detto dianzi, io so per certo il contrario, e non per averlo sognato ma, più modestamente, per averlo appreso leggendo le lettere di Tárrega. Non parlo mai a vanvera e, anche se sono lungi dall'essere perfetto e infallibile, sono ostinatamente onesto. Lo domandi all'editore, avrà per certo una risposta. Io ho solo fatto osservare che Tárrega non è un autore del Novecento, anche se, per nove anni, ha trascinato la sua povera e tribolata esistenza nel secolo ventesimo. dralig
  10. Tutto il mondo chitarristico le suona come Tarrega ergo??? Nemmeno per idea. Nessun chitarrista al mondo è stato così gonzo da eseguire o registrare un frammento della Fuga in La minore di Bach come Preludio di Tárrega. dralig
  11. Hai ragione Piero, il piccolo mondo della chitarra è pieno di comportamenti miserabili. La categoria dei chitarristi è piccola, ininfluente, emarginata. Avrebbe tutto da guadagnare nel compattarsi intorno a pochi punti essenziali, dei quali potrebbe farsi forte, ma invece si spacca in una serie assurda di lotte interne: i capponi di Renzo Tramaglino... dralig
  12. L'assenza di Tárrega in un libro di storia della chitarra dedicato al Novecento (come il suo titolo esplicitamente recita) può costituire una mancanza solo agli occhi di quegli storici che non conoscono le date di nascita e di morte degli autori di cui si occupano: per sua fortuna, Nuti non appartiene a questa eletta categoria. Il Trio della Canzonetta di Mendelssohn e la Fuga in La Minore di Bach, e le relative trascrizioni di Tárrega, nonché la Fantasia op. 7 di Sor, quarant'anni fa erano brani noti a chiunque avesse un minimo di conoscenza del repertorio: presentarli come Preludi originali di Tárrega è stato un infortunio che io mi sarei guardato bene dal ricordare oggi (non ho la vocazione a fare il Maramaldo), se qualcuno non avesse sinistramente sollevato il sospetto che tale edizione "musicologica" fosse stata messa volutamente in ombra da qualche complotto: e dopo le precisazioni di Zigante ho proposto di chiudere il capitolo della sfortunatamente indifendibile edizione. In fatto di completezza, ha ragione, la suddetta edizione non lascia proprio a desiderare. E' decisamente abbondante. dralig
  13. Caro Piero, credo che la prospettiva storica sia profondamente mutata - dai tempi delle polemiche segoviane nei riguardi degli allievi di Tárrega. Come tu sai, Segovia era un uomo molto intelligente - a parte la sua genialità musicale - e capace di distinguere, anche se urtato nella sua suscettibilità - che era molto acuta - il caposcuola dai suoi stolidi seguaci: fu così che, tracciando netto il solco che lo separava da quei poveri di spirito, e dichiarando apertamente che si sentiva orgoglioso di non essere stato allievo di Tárrega (cioè, simile a loro), non si fece influenzare dalla loro ostilità, e seppe andare dritto alla musica di Tárrega: storicamente, il più potente alfiere dei pezzi di Tárrega fu infatti Segovia, non uno dei devoti del maestro valenciano. Segovia incise, in epoche diverse della sua carriera, ben undici composizioni tarreghiane e, di fronte al valore artistico di quelle registrazioni, e al contributo che esse hanno dato alla fama di Tárrega, quel che possono dire i superstiti del culto tarreghiano oggi - posto che ce ne siano - è del tutto irrilevante. Il riconoscimento di Segovia da parte dei tarreghiani di oggi assomiglierebbe a quello dei discendenti di Benedetto Croce alla memoria di Marcel Proust: nessuno saprebbe che cosa farsene. dralig
  14. Dovrete perdonarmi per questo intervento, ma non condivido l'emozione. Quello che abbiamo qui è un annuncio giornale di un concerto che si svolgerà nel futuro prossimo, esta noche. Che non è una prova sufficiente che un tale concerto in realtà ha avuto luogo. Il treno avrebbe potuto deragliare dai ribelli marxisti marocchini, l'artista avrebbe potuto ammalato la sera prima, o più probabilmente, innamorato di una giovane donna a Barcellona, troppo lontano per fare il collegamento con la ferrovia, e di altri incidenti. Se non abbiamo informazioni che il concerto ha effettivamente succedere, e che l'artista ha effettivamente eseguire il programma annunciato, e non cambiare all'ultimo minuto, come i chitarristi, avendo preso loro idea da Segovia spesso, l'esistenza di questa trascrizione Debussy e / o il pezzo originale di Segovia stesso non sono altro che speculazioni divertente. Questo è il principio stesso, o se si vuole, le regole delle prove, che dobbiamo sempre prendere in considerazione nella ricerca storica. Il recente dibattito sulla presunta concerto Legnani-Paganini, per esempio. Hai ragione Matanya, non è una prova, ma prova sicuramente un fatto: che Segovia, nel 1913, aveva in mente il pezzo di Debussy. Aveva l'idea. Questo è certo. Qui si pensava, da parte di alcuni chitarristi: l'idea di Segovia, di trascrivere per chitarra la Deuxième Arabesque di Debussy potrebbe essere ripresa oggi, e realizzata come omaggio a Segovia (ricorre quest'anno il centesimo anniversario del suo esordio concertistico che, secondo i suoi biografi, ebbe luogo a Granada nel 1909)? Probabilmente, qualcuno l'ha già trascritta (Julio Gimeno segnala la trascrizione di un concertista svedese per chitarra a dieci corde), ma ecco che, nello stesso giorno, è venuta in mente a due chitarristi - che non si sono parlati tra di loro e che forse nemmeno si conoscono - la stessa domanda. In quanto a prove, io sono molto peggio di san Tommaso, il didimo. Però, se mi viene un'idea...Come tu ben sai, in questo mondo le idee stanno alla base di tutte le realizzazioni... dralig
  15. Nuova luce? Guardi che è tutto chiarissimo. Preludio n. 11: è il tema della Fantasia op.7 di Sor. Preludio n.17: è la sezione centrale della Canzonetta di Mendelssohn, Quartetto op 12 n.1, peraltro presente nel Vol. IV (trascrizioni) per intero. Preludio n. 14: sono due frammentini della fuga BWV 1001 di Bach. E ho citato solo tre casi più eclatanti… Fermiamoci qui... dralig
  16. Ci dev'essere un complotto: me l'ha proposto stamattina anche Javier Riba, docente al conservatorio di Córdoba. Non c'è due senza tre: se stanotte mi appare in sogno il maestro Segovia e mi dice di procedere, domattina mi alzo e mi metto al lavoro. dralig
  17. E perché dovrebbe prendersela? Sarà anzi contento del fatto che le sue ricerche vengono apprezzate. Leggendo il programma, è inevitabile domandarsi che cosa mai fosse questa "Sevilla" di Segovia. Io penso, di Albéniz. Nel 1913 non era musica contemporanea, ma quasi... dralig
  18. Caro Piero, l'amico e collega sevillano Julio Gimeno, grande scandagliatore di emeroteche spagnole, ci viene in aiuto riguardo alla trascrizione segoviana della "Deuxième Arabesque" per pianoforte di Debussy. Ootrai constatare - come ho fatto io - che il giovane Segovia si fece forte del pezzo debussiano, e della sua trascrizione del medesimo, non soltanto dinanzi agli ottusi allievi di Tárrega. Siamo nel 1913!
  19. sì sì bellissimo ma le fonti?? le prove?? su che ci basiamo su intuizioni da dimostrare su illazioni personali o su una ponderata ricerca in grado di dimostrare co un "falso" acune composizioni attribuite a Tarrega anche da M. Gange e C. Carfagna??? Perchè se sono dei falsi sarebbe bello dimostrarlo e portare nuova luce tra noi chitarristi con stima Damiano Mercuri La parola "falso" l'ha usata e la usa Lei, non io. Io ho letto a suo tempo l'edizione Gangi-Carfagna delle opere di Tárrega, e vi ho riconosciuto di primo acchito numerose attribuzioni errate di pezzi che sono stati invece scritti da altri autori. Se proprio vuole, a giorni ne scriverò un elenco e lo pubblicherò in un thread a parte: lo avrà voluto Lei. dralig
  20. Ripeto che non si tratta di trascrizioni. Nell'edizione curata da Mario Gangi e da Carlo Carfagna per le edizioni Bèrben compaiono come opere originali di Tárrega (non trascrizioni!) composizioni che invece sono di altri autori. Nell'errore di accettare queste attribuzioni fasulle sono caduti non soltanto i due studiosi che hanno curato l'edizione Bèrben delle opere di Tárrega, ma anche altri, e non meno vistosamente. Ovviamente, tutti gli studiosi possono commettere degli errori - chi è senza peccato scagli la prima pietra - e non c'è in questo nulla di scandaloso. Ho fatto osservare tutto ciò soltanto perché era stata insinuato da qualcuno, in questa discussione, il sospetto che l'edizione Gangi-Carfagna dell'opera di Tárrega fosse stata volutamente messa in ombra per occultarne i valori. Per constatare quanto sopra, non c'è che da consultare l'edizione in oggetto: le attribuzioni errate sono palesi ed evidenti agli occhi di chiunque disponga di una conoscenza del repertorio. dralig
  21. Mi sto leggendo approfonditamente il libro....Sono arrivato a Joan Manen, se vi interessa.... .....ritornando brevemente all'oggetto del contendere..... Caro M° Zigante, non mi pare buona cosa giustificarsi usando il paravento della positività o della negatività di un giudizio su Tizio e/o Caio....piuttosto bisognerebbe domandarsi il perchè di certe scelte proprio in un Manuale di Storia (in questo caso della Chitarra), che dovrebbe offrire un panorama, una summa e non uno spaccato su un determinato argomento....tutto qui.... Non vi disturbo ulteriormente e proseguo la mia lettura..... gg P.S. Definizione tratta dal Dizionario Garzanti della Lingua Italiana: Manuale, s.m. libro contenente le nozioni fondamentali di un'arte o di una disciplina, organizzate in modo da permettere una rapida consultazione, un - di diritto, di fotografia. Definizione alla quale il Manuale in questione perfettamente corrisponde, elencando in forma di dizionario centinaia di nomi di autori e di titoli di opere, e permettendone una "rapida consultazione". Vorrei sapere quale altro libro di storia della chitarra del Novecento offre altrettanti nomi, altrettanti titoli e altrettanti ragguagli di soglia: rimango in attesa dell'elenco. Alla definizione di "manuale", non reca alcun disturbo il fatto che, nella prima parte, il libro offra una visione della storia della musica per chitarra del Novecento organizzata secondo criteri estetici chiaramente esplicitati dall'autore nella parte introduttiva. dralig
  22. Guardi che non ha capito: io non mi sono riferito alle trascrizioni - delle quali non sono mai stato un nemico - ma al fatto che gli studiosi da Lei sostenuti hanno pubblicato come composizioni originali di Tárrega - non come trascrizioni - brani - e non pochi - scritti da altri autori: si tratta, se permette, di qualcosa di ben diverso, e le trascrizioni non c'entrano proprio nulla. dralig
  23. Tàrrega, piaccia o non piaccia, è stato il primo autore chitarrista che ha avuto negli anni settanta una riedizione moderna in quattro volumi (Bèrben - Gangi/Carfagna) e quest'anno ricorre il suo centocinquantenario. Buon motivo per ignorarlo. Tárrega è un autore che potrebbe entrare in un libro di storia della musica per chitarra del Novecento solo grazie ai criteri adottati da quei musicologi che, nelle loro edizioni, gli hanno attribuito una lunga serie di pezzi che non ha mai composto: questi studiosi, che hanno pubblicato con il nome di Tárrega brani - o frammenti di brani - di Bach, Sor, Mendelssohn, Schumann, Arcas, Viñas, Garcia Tolsa, etc., forse non troveranno niente di strano nel fatto che Lei - loro sostenitore - scopra che quest'anno ricorre il centocinquantenario di un autore nato nel 1852 e morto nel 1909: ignorarli sarebbe stato caritatevole, a ricordare il loro rigorosissimo lavoro ci ha pensato Lei, signor correttore di accenti sbagliati, che scrive Tàrrega invece di Tárrega. dralig
  24. La frase "La bellezza salverà il mondo" è attribuita al principe Miskyn, protagonista de "L'idiota", dai suoi interlocutori: ossia, non è mai riferita come sua in un discorso diretto ma, parlando con lui, qualcuno gli dice: "Voi principe avete detto che la ballezza salverà il mondo". Come molti assunti dostoevsijani, anche questo rimbalza nelle opere del grande scrittore russo con insistenza. Il fatto che Papa Ratzinger si richiami a Dostoevskij nel suo discorso agli artisti è di per sé significativo: il pontefice ha perfettamente compreso la potenza dell'intuizione dostoevskijana, non solo riguardo alla funzione salvifica della bellezza, ma anche per quanto si riferisce alla sua tremenda e ingannevole ambiguità, cioè all'esistenza di una bellezza che conduce al nulla. Chi volesse approfondire, può incominciare da uno scritto di Andrea Oppo, per fortuna riportato on line: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_1/20.htm nel quale sono riportati i passi dostoevskijani "sensibili" al tema. La lettura renderà chiaro anche il pensiero di Papa Ratzinger, i cui scritti e i cui discorsi sono sempre molto più complessi di quanto la loro discorsività piana e scorrevole possa far pensare. dralig
  25. Il compito dell'artista è quello di creare la sua opera (in questo senso, l'interprete di musica è un creatore a pieno titolo) nel modo più accurato e corrispondente alle sue esigenze e alle sue ispirazioni: non vedo come sia possibile che in tali esigenze e in tali ispirazioni possa smarrirsi quella che tu chiami "la funzione del proprio operare in termini di un bene per tutti". Questo potrebbe verificarsi solo se l'artista perdesse la sua dimensione umana e quindi la sua naturale aspirazione a comunicare. L'idea di una bellezza che non viva in funzione della salvezza dell'essere umano, ma della sua perdizione, è essenzialmente diabolica: se mi permetti una parentesi letteraria, mi richiamo al dialogo tra il demonio e il compositore Adrian Leverkuhn, narrato da Thomas Mann in "Doctor Faustus". Tra gli argomenti usati dal tentatore per guadagnare a sé il geniale musicista e farne una sua preda, c'è proprio l' idea di un'arte posta fuori dalle contigenze della storia e della sfera dell'umano, una sorta di opera assoluta immune da tutti i legami con il tempo. E' a quella che Adrian finisce per sacrificare la sua vita, accettando il patto che lo porterà a comporre le sue opere diaboliche. Ebbene, il colloquio tra "il visitatore" e Leverkuhn (a Palestrina) non è altro che la riscrittura - letterariamente molto amplificata, ma sostanzialmente identica - del colloquio tra "il visitatore" stesso, in altre vesti, e Ivan Karamazov, raccontato da Dostoevskij ne "I fratelli Karamazov": lo scopo del demonio è sempre lo stesso, distogliere i poteri del genio da obiettivi umani, volgerli verso la negazione nichilista. Papa Ratzinger, fine teologo, sa perfettamente tutto ciò, ed è per questo che ha ricordato Dostoevskij, il quale disse, per l'esattezza: la bellezza salverà il mondo. Lo dice la massima autorità religiosa, ma l'hanno detto, prima di lui, Dostoevskij e altri scrittori e pensatori. dralig
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