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Angelo Gilardino

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Tutti i contenuti di Angelo Gilardino

  1. Il titolo "Serenata", nell'accezione conferitagli dai compositori - e Tarrega era un compositore - non esclude che possa trattarsi di un brano popolareggiante a carattere sentimentale, ma implica molte altre possibilità, ad esempio che la Serenata fosse rivolta a un personaggio dell'aristocrazia per festeggiare il suo genetliaco, o addirittura a un gruppo di persone, in una circostanza da festeggiare in ore serali (l'etimo di serenata ha alla sua origine la parola "sera") o notturne. Nulla da eccepire riguardo l'uso della serenata per ingraziarsi una "bella", ma dubito che fosse quello lo scopo del "Capricho arabe": Tarrega, all'epoca in cui compose il brano, era accasato con Maria Josefa (la Marieta della Mazurka), e oltre a lei doveva tenere a bada la capricciosa (quella si) dona Concha: credo che due gli bastassero, e che non sentisse alcun bisogno di convocare altre presenze muliebri nella sua vita. dralig
  2. Si informi sull'esistenza del rubato, che non ha nulla che vedere con il suonare fuori tempo. dralig
  3. Non capisco cosa vuoi dire .... "alcuni punti di alterazione dalla figurazione" ? ? CS "Alterazione del ritmo della figurazione" è un modo di usare cinque parole dove, nel lessico musicale, ne basta una: rubato. dralig
  4. E perché no, scusi? Il titolo "capriccio" non si riferisce in alcun modo a una forma musicale, non esiste la forma-capriccio, o meglio il capriccio, in quanto tale, può assumere qualunque forma (basta guardare le migliaia di esempi nella letteratura di tutti gli strumenti). Capriccio definisce un carattere. Quanto a "Serenata", la definizione si riferisce a un genere di musica fatto a scopo di intrattenimento notturno di uno o più ascoltatori: le serenate spesso constano di più movimenti, dal lento al vivace, dal melanconico allo spensierato. Perchè mai in una Serenata non potrebbe trovar posto un Capriccio? Rispettandone il carattere capriccioso, posto che ce l'abbia. Nel caso del "Capricho arabe" di Francisco Tarrega, è chiaro l'intento del compositore di evocare nell'ambito ridotto della chitarra una linea melodica, cioè un canto che, allo stato originario, verrebbe affidato alla voce umana, con il sostegno di un semplice accompagnamento ritmico-armonico. Non mancano, com'è abituale nel pezzo di carattere, le parti libere, da eseguire fuori dalla scansione esatta del ritmo. Non occorre fare nulla di speciale, il carattere capricciosa della serenata è già insito nel pezzo, basta eseguirlo con un bel suono, rispettando le indicazioni dell'autore. Che cosa significa, "la dimensione della serenata"? Ci sono serenate di dimensione breve, qual è il "Capricho arabe", e serenate di dimensioni assai più lunghe - quella di Castelnuovo-Tedesco, per chitarra e orchestra, che ricorda le serenate settecentesche, è in cinque movimenti e dura mezz'ora. Che cosa doveva fare Saggese per rispettare "la dimensione della Serenata", oltre a suonarla come Tarrega l'ha scritta? Allungarla, accorciarla? dralig
  5. Immagino che roba. Del resto, capitò di impazzire su una fuga e poi di vedere che anche il docente vi si impantanava e, per venirne fuori, doveva alterare il soggetto...che aveva scritto lui... dralig
  6. Turina, musicista insigne, adoperò le legature di frase anche per "illustrare" la natura melodica del secondo tema, mentre le omise nell'area del primo tema per far comprendere la necessità di un fraseggio scandito e picchettante. Gli incisori tedeschi dell'epoca erano i migliori del mondo, e non avevano alcun problema: gli è che a loro non giunse mai il manoscritto che noi oggi conosciamo, ma una copia di pugno di Andrés Segovi, e fu da quella che venne tratta l'edizione. Già che ne siamo usciti, e per stare nel tema che hai proposto tu, ti racconto un aneddoto: nel 1956, si presentò al Conservatorio di Milano, allora retto dal grifagno Giorgio Federico Ghedini, un ragazzo di campagna, per sostenere in qualità di privatista l'esame di teoria e solfeggio. Era stato a ciò preparato da un vecchio docente, un novantenne che insegnava al paesello con il metodo antico, e ignorava i regolamenti degli esami in conservatorio. Quando il famoso prof. Micheli suonò le otto battute del dettato melodico tutte d'un fiato, riservandosi poi di ridettarle due per volta, il contadinello le scrisse all'istante, e poi si guardava attorno terrorizzato perché aveva scritto solo le altezze, ma non "tutto" il ritmo. Esterrefatto, Micheli richiamò l'attenzione dei colleghi (proff. Gentilucci e Cavanna) sul fatto insolito, e anche quelli ci rimasero. Ma il bello doveva ancora venire. Alla prova orale, i tre magi diedero al candidato il foglio del "solfeggio difficile in chiave di sol", e quello, senza perdere un istante e senza alcun riferimento (diapason, pianoforte) , glielo...cantò nel tono giusto, salti di settima, mordenti e gruppetti compresi, dralig
  7. Se si suona con le unghie, gli unici fattori a determinare la qualità del suono sono quelli specifici delle unghie. Agli effetti del suono, ciò che si fa con il polpastrello prima di attaccare la corda con l'unghia non conta assolutamente niente. Un'unghia lunga e un'unghia corta danno suoni diversi, ma questa diversità non è il alcun modo causata dal polpastrello, che ha solo funzioni tattili e di ammortizzazione della vibrazione precedente il contatto. Suonare senza unghie è partita persa. dralig
  8. Maestro Gilardino, ho avuto la fortuna di ascoltare il Capriccio Diabolico nella "versione reale" durante un concerto del festival di Lagonegro lo scorso 23 Agosto. I tagli fatti da Segovia erano più che una correzione di qualche nota... All'inizio parevano elementi poco importanti ma poi l'intera parte finale è stata completamente rivoltata. Lei come "riscopritore" di questo originale come valuta l'operato di Segovia e perchè ha tagliato tutta quella musica? Non si trattava di musichetta da balera... Era MCT! Grazie per il tempo che vorrà dedicare alla risposta. Mi scusi, ma anche prima della sforbiciata nel finale, le modifiche erano molto evidenti: passi interi di triadi ridotti a note singole, modelli ritmico-armonici spezzati, un intero pedale di tonica trasformato in un pedale di dominante (la sezione in note ribattute), non sono cose secondarie, forse a un primo ascolto non risultano evidenti, ma in seguito si. Io non emetto un giudizio sull'operato di Segovia. Non è mio compito, e sarei sleale se lo facessi: in fondo, è stato lui ad aprirmi la strada al ritrovamento e alla ripubblicazione di questi pezzi, mi conosceva abbastanza bene - anche se non ero uno dei suoi allievi o adepti - da sapere che, se avessi avuto accesso alla sua raccolta di manoscritti, li avrei pubblicati o ripubblicati tutti. Ed è quello che ho fatto. Io non lo devo giudicare, gli devo solo dire grazie. E con me tutti i chitarristi. dralig
  9. Cancellare tutti i numeri fuori e dentro i cerchietti e le lettere p, i, m e a dunque fotocopiare e iniziare a leggere. Un momento. Cancellare i numeri delle diteggiature interpretative, è cosa che una ristretta percentuale di esecutori - secondo una mia valutazione, da considerare ottimistica, un dieci per cento, non di più - ha motivo di fare, per la semplice ragione che delle diteggiature non ha più alcun bisogno. Il rimanente 90% dei chitarristi, senza diteggiatura (mi riferisco sempre alla diteggiatura interpretativa) verrebbe lasciato per strada e, verrebbe data la stura a una serie infernale di errori di fraseggio (quando non di lettura), alla quale conseguirebbe un pesante aggravio di lavoro per i docenti: inon occorre fantasia morbosa per immaginare quale inferno diventerebbe una raccolta didattica non diteggiata. Senza contare i casi - nient'affatto rari, temo - di errori che i "docenti" non sarebbero in grado di cogliere: errori che, in buona parte, possono essere scongiurati di una corretta diteggiatura stampata. Ci sono poi - non dimentichiamolo - le diteggiature strutturali, cioè quelle scritte dal compositore per specificare gli effetti di suono da lui escogitati: in mancanza di quelle, la musica non avrebbe quasi più senso, e sfido chiunque a sostenere che, senza le indicazioni delle corde scritte da HVL nel suo Studio n. 11, tutti i chitarristi sarebbero riusciti a capire che cosa diavolo intendeva il compositore: facciamo uno su dieci (il Natale si avvicina...) Io proporrei un piccolo test, dal quale risulterebbe in modo lampante se il chitarrista sia o non sia in grado di diteggiare un pezzo: gli si consegna il testo di una melodia - dico, una semplice melodia -, un'aria, gli si dà una bella penna, e mezz'ora per restituirci il foglio con le legature di frase, le articolazioni, le forcelle, i segni dinamici e d'espressione, proprii. E poi vediamo: se il candidato ha individuato correttamente tutte le unità di frase, se ha scritto dove andavano scritti i segni di appoggiato, portato, tenuto, sforzato, staccato, etc., se ha disitribuito le dinamiche e i relativi movimenti in modo coerente, etc. etc., bene, allora gli faremo credito di saper diteggiare un pezzo per chitarra: la diteggiatura infatti è l'atto che conclude e realizza il progetto interpretativo, non quello da cui questo inizia. Se invece il candidato si sarà smarrito nel tentativo di comprendere una semplice melodia (e, vi ripeto, nove volte su dieci sarà così), ebbene, una buona diteggiatura non risolverà i suoi problemi, ma sicuramente limiterà i danni. dralig
  10. La "Sonata - Omaggio a Boccherini" non è stata modificata da Andrés Segovia con interventi strutturali, come nel caso del "Capriccio diabolico" e della "Tarantella", ma con una fitta serie di cambiamenti interni. In parte, è possibile ristabilire il dettato originale, senza problemi di eseguibilità; in altri casi, è invece necessario operare delle modifiche, ed essendo già note quelle operate da Segovia, ne verranno proposte delle altre, diverse. Il tutto, ovviamente, in presenza del facsimile del manoscritto autografo. dralig
  11. LM ha detto il vero: si tratta di una serie di brani scritti come musiche di scena, e questa è la ragione per la quale nessuno se n'è mai curato, a partire dall'autore, che non parlò mai di questo suo lavoro. La sua valorizzazione è quindi merito di Micheli. dralig
  12. Ti ho dato una risposta incompleta. Il mio lavoro di insegnante si è svolto in misura ridottissima nei confronti dei principianti e degli allievi dei primi corsi, e non dispongo, nel settore, di un'esperienza. Capisco però quello che intendi dire. Una concezione della mano destra qual è quella delineata negli esercizi di LB si assorbe meglio a livello fondativo che come integrazione della tecnica tradizionale. ...il che ci riporta alla mia definizione di "tecnica onnivora". In campo pianistico, è data per scontata, tra chitarristi no: Pollini esegue il "Clavicembalo ben temperato", Beethoven, Chopin, Berg e Boulez, e nessun pianista si sogna di contestare l'esistenza di una tecnica omnicomprensiva, né il fatto che, pur essendo diversa da quella dei clavicembalisti, dei pianisti romantici e di quelli d'inizio Novecento, possa servire egregiamente alla copertura di tutto il repertorio. Noi, no: siamo un caso speciale. L'operazione di LB può essere considerata fine a se stessa nel caso di un'osservazione superficiale (ne parlo perché si è verificata) della distanza che si crea tra i portati della tecnica da lui emancipata e le richieste del corrente repertorio - anche il più avanzato. Se si considera che le tecniche sono sempre (salvo che negli ultimissimi tempi) state originate all'interno dei repertori, forgiate su e motivate da quelli, si può capire il disorientamento del chitarrista medio che, in una recensione, ha osservato pudicamente: ma a che serve tutto ciò, visto che la musica non ce lo chiede? Domanda che adombra la scelta di rimanere al tiepido nel proprio nido aguatarresegoviano, e in quello sentirsi protetto dalle diavolerie contemporanee. E' per questo che io auspicavo la creazione di una serie di Studi da concerto, che dessero esito sul terreno musicale a una tecnica altrimenti esistente allo stato puro, anche se perfettamente collegabile al repertorio esistente. L'autore aveva anche dato una prima risposta, componendo il "Ricercare" pubblicato nell'antologia "Fortune", ma poi non ho dato seguito. Speriamo. Questo dei filologi, Lucio, è uno dei travestimenti macchiettistici più grotteschi e caricaturali della corte di miracoli chiamata chitarra. Ma quali filologi? Ci sono stati - tra chitarristi - alcuni ricercatori (rara avis), il più delle volte guardati con derisione dai chitarristi militanti, quelli che - in caso di discussione - "tirano fuori lo strumento" e suonano (come, è altro discorso). dralig
  13. Ciao Angelo. Hai detto bene. Non vorrei però che queste tue parole (lo so che non è nelle tue intenzioni, ma vorrei cogliere l'occasione per ribadirlo), facessero pensare agli "Esercizi" di Luigi come una sorta di montagna da "scalare" quando già si è in uno stadio più che avanzato di studi. Già anni orsono ti palesai il mio stupore nel constatare che impiegando questi esercizi nei primissimi anni e parallelamente alla tecnica di base sul modello ottocentesco, ho ottenuto risultati migliori che non posticipandoli ad anni successivi. Sembra infatti che lo "stampo" crato dalla tecnica dei vari Sor, Giuliani etc, sia più difficile da scardinare in seguito, specialmente se ci riferiamo al non-uso o uso approssimativo dell'anulare, con tutte le implicazioni relative all'assetto della destra. Ho trovato invece che praticare questi esercizi già dai primi anni (a maggior ragione da somministrare con attenzione!) contribuisce molto, anche mentalmente, ad una visione completamente diversa dell'uso delle dita della destra, a prescindere la loro finalizzazione nell'impiego delle scale a tre dita (cito naturalmente l'esito più banale). E devo dire di non essere tanto d'accordo con te quando paventi una possibile "operazione fine a se stessa". Anche se Luigi non ha voluto ancora "materializzare in una serie di studi" gli esiti di questi suoi lavori, cosa che tutti auspichiamo si concretizzi al più presto, credo che le applicazioni dei concetti che essi sottintendono abbiano dato una luce nuova alla interpretazione della tecnica chitarristica anche se applicata al repertorio oramai storicizzato, e mi spingerei a dire persino per quello ottocentesco. Non devo certo ricordarti le brillantissime esecuzioni di Luigi dei Capricci di Legnani, che magari facevano storcere il naso ai soliti filologi dell'ultima ora, ma che emanavano una energia straripante e dalle quali io stesso ho tratto notevole spunto per le mie (che non a caso, come sai, hanno anch'esse fatto storcere il naso etc, etc... non vale la pena parlarne...). Insomma... detto in soldoni a mio parere gli "Esercizi" di Biscaldi andrebbero studiati da subito! LM D'accordissimo. dralig
  14. Come tutti i farmaci molto potenti, dev'essere somministrato e assunto con grande attenzione. dralig
  15. Sorvolando sugli effetti secondari del caldo a carico di una sfortunata specie di volatili (speriamo che ai piccioni e alle poiane tocchi una sorte meno ingrata), Le dirò che vedo una netta differenza tra gli studi di Bogdnovic e quelli di Biscaldi. Bogdanovic pone alla base dei suoi studi una nuova concezione del ritmo, quindi svolge un'operazione fondamentalmente musicale: le composizioni, più che ergersi come costruzioni autonome, si formano "raccogliendo" una serie di conseguenze delle fasi ritmiche indipendenti che sono state determinate con un criterio matematico-musicale. La chitarra ne diventa il recipiente e il controllore. Biscaldi si inoltra, nei tre volumi dei suoi esercizi speciali, in una sorta di mistica della tecnica, ossia nella definizione del possibile - o di ciò che sta nella zona di confine tra il possibile e l'impossibile - e nella sua notazione. Si potrebbe dire operazione fine a se stessa, se non se ne intravvedessero poi i possibili esiti musicali, che l'autore avrebbe potuto - e potrebbe, se davvero volesse - materializzare anche in una serie di studi da concerto. Ma questa fase non è realizzata, è potenziale. Sono invece svelati e operanti i portati puramente strumentistici dell'operazione, e i relativi pericoli... dralig
  16. I soliti due editors della serie "The Andrés Segovia Archive", Gilardino e Biscaldi, più un terzo editor, convocato per l'occasione. dralig
  17. Grazie M°. Le sembrerà strano ma non mi era venuto in mente di usare il barré, che è più ovvio certamente. Non ho eccessivi problemi con lo stesso, specie nelle prime posizioni. Se usa la versione di Segovia, sul primo tempo della battuta 30, nella voce interna, c'è un si bemolle. Lo tolga, non l'ha scritto Sor. dralig
  18. La diteggiatura più sbrigativa è senz'altro quella con il barré sul terzo tasto (27) e sul secondo tasto (29). Esso copre le note in seconda e quarta corda, il basso in sesta è coperto dal dito 2, la terza corda dal dito 3. La Sua diteggiatura non è sbagliata, ma è più macchinosa, si direbbe fatta apposta per evitare il barré. Povero barré, è così buono, e nessuno lo ama. dralig
  19. Il punto, in questa sezione dello studio, non è la rapidità (animé vuol dire con anima, non con precipitazione), ma il portamento tra triadi. Mentre fare un portamento udibile ed espressivo tra due note singole è facilissimo, "portare" tra triadi è difficile. Intanto, nessuna concitazione. E' una nenia melanconica, anzi triste, e la variazione ornamentale dell'arpeggio che ne accompagna la seconda esposizione deve essere dolce, non concitata. Poiché le prime tre note dell'ornamento sono su corde diverse, l'impronta che si dà inevitabilmente è quella di un arpeggio: ed è una bella impronta. Come realizzare le note restanti sulla prima corda? E' semplice: tra le varie soluzioni che ogni esecutore ha a disposizione, scelga quella che meglio si allega all'arpeggio, come una continuazione omogenea, ed eviti quelle che invece introducono un altro suono. dralig
  20. Confermato, è fa bequadro, e non c'è nessun bisogno di scombinare la posizione, che rimane fissa (2-3-1 sulle corde 4-3-2). Semplicemente, sull'ultima triade si aggiunge il dito 4 per il fa naturale, e poi lo si toglie subito. Che c'è di strano, Andrea? Anzi, non solo c'è il fa, ma bisogna pure risaltarlo. Quindi, mentre tutte le triadi precedente le suoni con la diteggiatura della m.d i-m-a, quell'ultima triade la suonerai con la diteggiatura p-i-m, dando rilievo alla quarta corda. Così, ritornando subito dopo sulla quinta corda a vuoto, il pollice darà luogo a un'enfasi ritmico-armonica resa opportuna (anche se non richiesta esplicitamente) dalla malefica inserzione del fa naturale. dralig
  21. Le case editrici interessate hanno stabilito l'accordo che permetterà la ri-pubblicazione di due composizioni per chitarra di Mario Castelnuovo-Tedesco: "Variazioni attraverso i secoli" (1932) e "Sonata-Omaggio a Boccherini" (1934). In particolare, le Edizioni Bèrben pubblicheranno, in due volumi separati, le due composizioni, nella collezione "The Andrés Segovia Archive", con il consueto stile editoriale: introduzione, testo musicale a stampa pronto per l'esecuzione, facsimile del manoscritto. La preparazione della nuova edizione è stata affidata a un team di tre persone, che collaboreranno in modo da ottenere, se non l'edizione perfetta (utopia), qualcosa che molto le assomigli. dralig
  22. Noi esecutori?!? Maestro, si include tra gli esecutori? E' un lapsus o va a finire che, niente niente, la troveremo presto a calcare le scene?... Touché. Ha ragione. Quanto a una mia rentrée, non tema: ho innato il senso del ridicolo. dralig Anche quello dell'umorismo. Comunque, scherzi a parte, non sa quanto farebbe piacere a me e, sono sicuro, anche agli altri membri del forum, poter ascoltare le registrazioni di quando era in attività. Sarà possibile, prima o poi? Le ho nascoste sotto il letto. E siccome, con la mia crescita non soltanto culturale, c'è modo che il letto ceda e, rovinando disastrosamente sul pavimento, distrugga le masserizie sottostanti, nutro ferma fiducia sul futuro del mio buon nome. dralig
  23. Il punto non è stabilire più o meno improbabili relazioni tra le parti del discorso grammaticale e gli elementi del discorso musicale. La similitudine che io ho adoperato ha - più semplicemente e sensatamente - un altro scopo. quello di rilevare che, mentre negli altri campi della creazione artistica lo scambio di idee si sviluppa su alcuni assiomi (si dà per scontato che ciascuno disponga di una preparazione di base, ad esempio in campo letterario un perfetto dominio della lingua), tra chitarristi questo assioma non esiste, e continua ad affiorare, nei loro discorsi, la tecnica strumentale (che dovrebbe essere risolta dai tempi del primo apprendistato), sia come ossessione di fondo che come mezzo di distinzione. Tutto ciò è, dal punto di vista culturale, anomalo e, se posso dirlo, un po' ridicolo. Sottolineando questa anomalia, io non ho affatto postulato che il discorso in atto debba interrompersi (non ho il mandato, né l'animus, del censore) e tanto meno ho negato l'importanza del dibattito su aspetti formativi o evolutivi della tecnica: a questo riguardo, spero, mi si farà credito di non essermi speso soltanto in quattro chiacchiere su un forum. Quindi, non si scambi, per favore, una mia osservazione di carattere culturale - la tendenza dei chitarristi a feticizzare la tecnica e a farsene, da una parte una coda di paglia e dall'altra un trofeo da neo-ricchi - con una mia esortazione a smetterla di parlare di tecnica: forse, di parlarne in un certo modo, questo si. dralig
  24. Noi esecutori?!? Maestro, si include tra gli esecutori? E' un lapsus o va a finire che, niente niente, la troveremo presto a calcare le scene?... Touché. Ha ragione. Quanto a una mia rentrée, non tema: ho innato il senso del ridicolo. dralig
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