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Marcello Rivelli

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  1. Beh non è che Chopin per aver "solo" scritto per pianoforte sia stato un compositore di serie B no? Sor ha dato il meglio di se nella produzione degli studi, sono dei piccoli capolavori e anche la produzione di Coste, come ha detto il Magister è giustamente superiore negli studi, il fatot che siano "Piccole opere" non significa che non siano di valore..magari avessi scritto io "solo" gli studi di Debussy...? e non la sua produzione cameristica e sinfonica...(eheh mi accontento di poco..) con simpatia m
  2. Da studiare tutti assolutamente (i programmi sono una cosa, lo studio personale un'altra) è una delle poche opere didattiche che introducono allo stile romantico, come farne a meno e poi sono interessantissimi per l'aspetto armonico, le mie vittime (i miei allievi) ne sanno qualcosa, di solito li uso nel periodo medio, insieme agli studi di Regondi e Mertz. p.s. vorrei ribadire un particolare, sento sempre parlare chi studia la chitarra facendo riferimento ai brani contenuti nei tre esami principali del corso ordinario ma mi auguro che non si studino solo questi ma che si compia un programma per arrivare a questi, e gli Studi di Coste stanno benissimo nella fascia subito dopo il compimento inferiore, nei tre anni di preparazione per il compimento medio, il fatto che non siano inseriti nei programmi degli esami non vuol dire che non si possano o debbano studiare no? anche perchè ci perdiamo un'opera davvero interessante se solo vogliamo "guardare" al contenuto armonico..e alla sua scrittura che inizia a trasformarsi... notare quante sfumature cromatiche e modulazioni interessanti vi sono... in "gioventù" ho fatto gli scheletri armonici di questi studi a mò di bassi d'armonia per divertirmi a vedere i percorsi delle funzioni armoniche che iniziavano a trasformarsi rispetto ai classici di Giuliani, Sor, Aguado ecc.... da non perdere, assolutamente e per concludere aggiungerei tutti gli studi di Regondi anche... poi gli esami si fanno c'è sempre tempo prima si studia... con simpatia m
  3. La variazione estratta dall'opera di M.M.Ponce Variazioni e Fuga sulla Follia basata sulla tecnica del tremolo.. se proprio vuoi usare dei brani,(non essendo lunghissimo e ti permette di concentrarti sulla tecnica specifica.. altrimenti puoi "trasformare" anche dei normali studi come il n. 7 dell'opera 60 di Carcassi e realizzarlo tutto in tremolo, oppure sempre di Carcassi il n.2, realizzando l'arpeggio con il pollice e la prima voce con la diteggiatura del tremolo..forse, usando brani di una certa difficoltà come quelli che hai citato di Regondi e Tarrega, sommi le difficoltà della mano sinistra al problema specifico di questa tecnica che va si, anche allenata sui brani ma magari non prima di aver risolto "buona parte" se non quasi tutti i problemi..prima.. con simpatia m
  4. Prendo alla lettera il problema descritto. Si tratta di un problema da affrontare da due principali angolazioni. La prima è quella primaria della conoscenza dello strumento. Al di là della sua idiomaticità è opportuno prendere atto, al momento della scrittura, della sua grammatica espressiva. Evitare ostinati sul FA, I tasto 6a corda con melodie in 12a posizione, per fare un esempio estremo. Il lavoro del compositore per chitarra, insomma. La seconda è quella di un approccio musicale che si solleva dallo strumento; conoscete meglio di me i vantaggi tratti da una lettura musicale in senso lato e non chitarristica. Mi ritrovo spesso a suggerire una lettura della musica scritta osservando il segno, senza trasformarlo in suono. E' da questo approccio che moltissime idee interpretative nascono letteralmente dal nulla e durate, sovrapposizioni e in genere tutte le problematiche legate alla tenuta del suono sono risolte dalla mente che chiede un risultato. Infatti Cristiano è proprio il "gesto" che descrivi che per assurdo il chitarrista deve sviluppare da subito mentre il pianista spesso se lo pone per strada. Infatti io ho la tendenza a vedere la musica prima di prendere lo strumento, mi trovi perfettamente d'accordo, poi la sfida è di tramutare in gesti sonori ciò che spesso la notazione nasconde non potendo evidenziare totalmente il contenuto. m
  5. esattamente mhh...non sarei così sicuro...spesso, anche nella musica classica, la notazione è precisa. ma forse non ho capito questo punto. Mi riferisco al semplice fatto che per un pianista una croma è una croma da sempre, poi quando utilizzerà il pedale di risonanza ovviamente..mentre per un chitarrista già dall'inizio, se pensiamo alla scrittura delle opere di Carulli, Paganini, ancor di più, i effetti la notazione non rispetta la vera durata dei suoni e d'altra parte non suoniamo come è scritto graficamente ma spesso (gli allievi) inconsciamente...indirizzati dagli insegnanti appunto a tenere determinate posizioni... m
  6. Fabio, da quel che mi risulta il problema è sempre stato l'opposto ovvero, far si che i valori delle note più lunghe vengano rispettati. 'Alzare le dita' come dici tu dalla tastiera della chitarra è molto più facile che lasciarle premute. Ho perso qualche pezzo per strada? Forse Fabio intende la coscienza dell'articolazione, nel fare l'esempio dei pianisti. E' vero d'altra parte che spesso i chitarristi come dice Cristiano tendono agli inizi a a suonare a stento le durate reali, ma poi passano anche a suonare facendo sovrapporre molti suoni per via delle posizioni della sinistra, questo purtroppo succede per via della notazione chitarristica che a differenza di quella pianistica, ad esempio in un arpeggio con basso albertino il pianista articola sollevando le dita (salvo l'inserimento del pedale di risonanza) mentre un chitarrista mantiene la posizione anche se, può operare con la chiarezza del tocco, la nitidezza dell'attacco. E' un problema squisitamente grafico della notazione che in effetti nella chitarra non viene rispettata precisamente. m
  7. come già detto è difficile da sostenere una linea di principio. Probabilmente la prima cosa da fare sarebbe vedere, intuire l'intenzionalità compositiva a seconda del tipo di scrittura adottata. Cioè, è evidente, che per me come compositore, se so che esiste per lo strumento questa questione, se la percepisco come controllabile e se una cosa la scrivo, è perchè desidero che così venga eseguita. Per guidare l'interprete adotto per la chitarra dei principi base, intercambiabili a secondo dei casi: 1 la notazione esplicita della polifonia (con l'adozione della quale è facile che si incasinino presto le cose, ma sicuramente, su doppio pentagramma, è la migliore soluzione) = l'interprete suona semplicemente ciò che è scritto, come è scritto (il che non vincola affatto le possibilità interpretative) 2 l.v. lascia vibrare = l'interprete gestisca a suo piacimento le risonanze 3 . il punto tipico dello staccato = indica il suono da smorzare anche in contesto di l.v. Spesso a quanto sopra si aggiunge il vincolo della diteggiatura, spesso, anzi sempre esplicita nella mia musica. Per quello che riguarda il lato "psichico", che chiamerei percettivo, tieni conto che l'orecchio è uno strumento finissimo, molto più dell'occhio, sensibilissimo alle più minute variazioni microarticolatorie, quindi percepisce, in condizioni ottimali (riverberazioni eccessive non sono accettabili in nessuna sala da concerto a meno da non essere esplicitamente richieste), tutto. Il secondo punto lascia molteplici possibilità e sono d'accordo sull'utilizzo dei due pentagrammi per la chitarra, al di là di tutto la visione grafica la ritengo fondamentale e spesso credo che venga sacrificata un certo tipo di scrittura al riguardo, specialmente nel contrappunto-armonico, quando non sono realmente sempre presenti le linee contrappuntistiche. Un'altra cosa mi sembra interessante Fabio, quando si suonano anche due linee si ha già un bel da fare con le relative risultanti che ne derivano in armonici vari e già qui la "scelta" di cosa lasciare e o pulire è un vero lavoro che del resto, oltre a essere uno degli aspetti affascinanti della chitarra, richiede appunto una sensibilità che onestamente mi sembra secondaria spesso negli interpreti (non tutti ovviamente) ma preoccupati più di altri aspetti...mentre ritengo che questo mondo apparentemente sotterraneo sia proprio una delle magie della scrittura della chitarra e da li anche la sua difficoltà. con simpatia m
  8. già..suonare un brano in Mi minore e..avere il fantasma del sol diesis che aleggia nell'aria... mr
  9. Si Fabio, ma quello che più mi piace/spiace che molti si lasciano "prendere" dalla apparente scrittura regolare, quasi "classica", nel senso delle figurazioni, magari confrontandola con scritture più aleatorie e complesse senza invece penetrare il complesso mondo che contengono le sonorità implicite in questa scrittura, appunto forgiata cosi profondamente nel tessuto chitarristico. Un esempio su tutti, se hai presente lo studio n.43_Regenstimmung, la difficoltà maggiore di questo studio sono le infinite risonanze che mettono in moto ognuna delle note nell'atto di suonarle e il decidere appunto quali tenere e quali smorzare (staccato, per tornare in topic) sono una delle difficoltà maggiori al di là delle posizioni in se, (mi piacerebbe sentire il pensiero di Cristiano al riguardo che immagino sono stati pensieri o tormenti quotidiani per lui per realizzare le sue idee) perchè il fare ciò comporta disegnare continuamene nuove geometrie sonore nel pur apparente quadro di successioni di semicrome, ecco è questo che voglio dire, qualcuno ha osato pensare fosse simile a uno studio di Carcassi...!?! solo soffermandosi alle strutture ritmiche... certo A.G. ha dato una bella lezione alla scrittura per chitarra poi ovviamente ci sono altri esempi..ma mi chiedo spesso quanti abbiano davvero compreso..questo processo e appunto non si soffermino al solo fatto esteriore...innovazione non è solo scrivere complessità matematetiche..penso che al riguardo Henze..ad esempio abbia dato un'altra grandissima lezione sul "suono" della chitarra nella RWM non trovi? e alla fien con apparenti mezzi semplici... con simpatia m
  10. La durata dei suoni per un chitarrista è una vera "arte".. anche in una semplice..scala. Mentre per un pianista l'utilizzo del pedale di risonanza avviene in uno stadio avanzato e con una cosciente utilizzazione nel contesto delle musiche in cui applicarlo per un chitarrista sembrerebbe doveroso avere una sviluppata conoscenza dell'armonia e delle risonanze armoniche e altro già dai primissimi mesi di studio, data la natura dello strumento stesso. Da qui anche la difficoltà e "l'arte" di saper diteggiare un qualsiasi brano nel contesto in cui và calato, per ri-creare quel suono che l'interprete ha individuato... una sola linea melodica anche su una semplice corda può avere (come sapete) tantissime possibilità di risonanze se paragonate ad esempio all'esecuzione di uno strumento monodico come un flauto o un clarinetto..quindi alla fine la scrittura chitarristica credo che sia la vera fonte e difficoltà principale e al tempo stesso una risorsa incredibile che ha dentro di se svariate possibilità, oserei dire maggiori degli altri strumenti. La stessa scrittura di opere come quelle di Carulli, Paganini che se da un lato per chiarezza omettevano la polifonia-armonica implicita e che tocca a noi metter in rilievo con le giuste durate dei suoni dall'altro lato nell'apparente semplice linea melodica dell'enunciazione del Nocturnal di Britten diventa più difficile "non far suonare" tutto ciò che rischia di entrare in vibrazione che non suonare "solo" le note scritte.... non è questo che rende affascinante la scrittura per chitarra? e..un ultima cosa...cosa sono gli studi di virtuosità e trascendenza di A.G. se non un "saggio" delle molteplici possibilità della scrittura per chitarra? oserei dire in molti casi..mancata ad altri compositori..che forse si sono "soffermati" sull'apparente figurazione senza penetrare cosa nascondono quei gioielli al loro interno, una musica che una volta messa in vibrazione..svelano mondi incredibili che l'unico difetto che hanno forse...la loro apparente "visione" regolare trae in inganno a chi non sa andare oltre... credo che Cristiano sappia bene a cosa mi riferisco se ha affrontato questa opera titanica...e penso anche che ogni chitarrista se davvero vuole conoscere le possibilità del nostro strumento debba "perderci" molto tempo su questi "studi" ad li là di cosa vorrà farne nella sua vita artistica..ma credo che dopo Villa-Lobos e Dodgson...gli studi di A.G. siano l'unica strada per andare oltre.... (libero pensiero ma...fatemi cambiare idea) con simpatia m
  11. Tra le due possibilità che hai individuato, personalmente preferisco utilizzare maggiormente la mano destra, salvo casi particolari in cui la sinistra può tornare utile come ad esempio un dito in falso barrè per smorzare eventuali risonanze. Sollevare le dita della sinistra si rischia comunque di "sporcare" e o mettere vibrazioni in atto, ad esempio la risonanza della corda a vuoto che seppur minima finisce per "sporcare" o creare armonici indotti... La mano destra ti permette una maggiore articolazione e controllo della durata dei suoni, come sai lo staccato presenta una serie di variabili che vanno applicate nei vari contesti musicali. con simpatia m
  12. perchè trattano la "melodia-polifonia" come un'armonia verticale..e quindi ne perdono il "controllo"..in situazioni "melodiche" sovrapposte.... mr
  13. Ve ne sono diversi, in verità..vi è un ottimo testo di Gyorgy Sandor (pianista) edito dalla Bur-manuali Come si suona il pianoforte, in cui vi sono dei capitoli molto interessanti ed uno di questi, esattamente il quindicesimo è dedicato alle varie tipologie che riguardano la memoria acustica, visiva, cinetica, intellettuale.. ..anche se è dedicato al pianoforte, ti assicuro che è molto interessante (anche il resto dei capitoli che possono essere tranquillamente traslati al nostro strumento..) oppure se hai pazienza di cercare dovrebbero esserci ancora in giro degli articoli di AG sul Fronimo delle prime annate, se ricordo bene...ma dovrei fare un attimino una ricerca...e sarò più preciso... comunque io ho tutti i numeri ed eventualmente posso cercare... mr
  14. di sicuro l'attenzione, e non solo lei...era di tutt'altro tipo, oserei dire anche la concentrazione e il non correre intorno a mille cose che alla fine fanno solo perdere tempo... beh..basterebbe iniziare con lo spegnere la televisione..ma c'è chi assurge al ruolo di "velina" il nostro strumento..credendo di portarla all'attenzione del grande pubblico, cosi è convinto che esso amerà di più la chitarra (ma senza conoscere il repertorio che è ciò che la rende "chitarra") e il circolo vizioso ..ricomincia... forse le botteghe artigianali "leonardiane" non erano cosi sbagliate..ma certo, mi si dirà, i tempi sono cambiati...ma io l'emozione di sentire una chitarra a due cm che suona, rispetto ad un video di you tube..dove la poesia del suono della chitarra..è illusorio...non la cambierei ...mai.... mr p.s. perchè dimentichiamo la "natura"..delle cose? la chitarra non è quello strumento che gareggia con il "silenzio"...? forse lo "stadio" non è il luogo più adatto...ad essa...(ma ai botteghini caso mai).. non si possono fare 10 concerti per 150/200 persone replicandoli nella stessa città ad esempio? piuttosto che uno per 2000 persone ?...forse le regole del marketing non sono sempre "perfette"..o sbaglio?... scusate..le mie elucubrazioni, non c'era lo zucchero nel..caffè..e io odio il caffè amaro anche se i puristi dicono che bisogna prenderlo..senza... m
  15. perchè "prima" la musica si...leggeva, soprattutto, caro Giorgio, oggi prima di suonare un pezzo si cerca il...cd..gli amatori la musica la praticavano..oggi...usano le cuffiette...ed ecco risolto il problema dell'educazione...? basta "solo" ascoltare?..se fosse vero ascolto probabilmente..si ma... mr
  16. I quaderni di Abel Carlevaro sono degli ottimi testi per lo sviluppo della "tecnica" e sicuramente tra i migliori, ma alla base di questi esercizi, vi sono dei principi, cosa ancor più importante, della sua scuola di pensiero, esplicata nel trattato. Più che ritenere un unico testo sufficiente per lo sviluppo di determinate tecniche, ritengo sia importante avere chiari i principi fondamentali, solo allora gli esercizi saranno produttivi, guidati da obiettivi tecnico-musicali e, sicuramente la conoscenza e l'utilizzo di più testi e di più visioni (quando sono relamente tali e frutto di ricerca) non può che far del bene alla definizione "finale" dei propri esercizi costruiti su se stessi, una volta conosciuti i propri limiti e guidati sapientemente. mr
  17. è "solo"...il minimo che si merita, un posto adatto alla qualità della musica... per l'interprete il solo fatto di eseguirla è già un premio, e poi esserne dedicatario, penso che un musicista non possa desiderare di più ..no? fa sempre piacere vedere che il "tempo" alla fine è l'unico vero "giudice"... auguri per questo evento e per i prossimi... m
  18. "Allora io vidi i colori del mondo" (Joao Guimaraes Rosa, "Grande Sertao"). Citato in epigrafe allo Studio n. 40. dralig una delle cose che piu mi continuano a stupire dopo anni di frequentazioni artistiche è di quanti ciechi esistano nel mondo musicale Si Fabio..la cosa più "divertente" è che quando pensi di aver avuto la visione interpretativa su qualcosa che stai studiando..alla fine ti accorgi semplicemente..che..era...lì, appunto dentro le "note"..bastava solo vederla...(e puoi ritenerti decisamente fortunato di aver avuto questa possibilità)... ma questo succede solo con la "vera" musica...e con i "veri" interpreti... p.s. si lo studio n.40...mi ha tormentato per anni per la sua "luce"magica...mi è servito molto per il secondo tempo della sonata n.2... m
  19. Infatti, stai suonando la musica di un determinato compositore, ed è giusto che a quella tu pensi, mentre suoni. Ma suonare, cioè eseguire fisicamente, è l'atto conclusivo di una ricerca interpretativa, e il sapere che "Paesaggio lombardo" è una meditazione, non sulle vedute del lago di Garda, ma sulla pittura di Ennio Morlotti, può risultare molto utile ai fini di indirizzare la tua interpretazione prima di suonare il brano. Morlotti dipinse con materica, informale libertà, pur senza abbandonare il riferimento alla realtà, che nei suoi dipinti è riconoscibile. Nello studio in questione, il paesaggio musicale è rappresentato dall'allure di canzone popolare: non è una citazione riconducibile a motivi esistenti nella tradizione, è invece un "modo di cantare". E informale, come vagante nell'etere, è l'episodio accordale che rievoca i suoni delle campane. Se capisci queste cose, se, prima di suonare il brano e, al fine di impararlo, vai a guardare dipinti come "Sera a Imbersago", e metti in moto il pensiero, ti ritroverai sicuramente con molte idee riguardo al "come" suonare il pezzo. Capito? Gli "Studi" sono per chitarra, il che non vuol dire che siano per tutti i chitarristi. Solo per alcuni. dralig In pratica..solo per quelli che riescono a "vedere" le..note ... mr
  20. Carissimo Magister, a parte il lavoro di Castelnuovo Tedesco, gli appunti, ahimè non completati nell'idea del progetto iniziale, io credo che uno dei problemi che ci affliggono (a noi insegnanti) e "usare" la musica in campo didattico..(e non le le "scuse" musicali camuffate da valori didattici), ora sai meglio di me che le opere didattiche del primo ottocento e oltre traboccano di ottimi studi ma il punto rimane, che ogni volta che si cerca di avvicinare i "giovani" musici al linguaggio musicale più moderno senza essere costretti a utilizzare brani "già" di repertorio con le varie conseguenze che essi comportano di non ancora maturità sia tecnica che musicale..che si prende? ecco io uso appunto Castelnuvo Tedesco e Smith Brindle ma ahimè tranne il primo quaderno degli intervalli (di MCT) che è già "avanzato" per la maggior parte degli allievi del periodo inferiore non ci sono cosi tante opere di valore musicale e didattico cosa che invece, appunto nel secolo precedente abbiamo l'imbarazzo della scelta... si, io onestamente penso che sarebbe decisamente una bellissima cosa avere degli "studi minori" (si fa per dire..tali) perchè non è certo necessariamente più facile scrivere in questo modo ...giusto? in effetti il progetto di castelnuovo era simpatico nella sua globalità... magari una cosa cosi..no? mettici il tuo linguaggio e.... una micro-serie di studi di "virtuosità" musicale m
  21. vuoi dire che sono l'unico che lo usa per i suoni allievi? A proposito, complimenti Marcello per l'interpretazione dello Studio da Concerto di Ghedini, ho ascoltato quel cd... MR spero proprio di..no ma non se ne sente parlare spesso, non trovi? .. grazie per i complimenti..si, amo molto quel brano di Ghedini..mi fa piacere che ti sia piaciuto.. m
  22. e io aggiungerei la registrazione dei "tre volumetti" del Guitarcosmos di R. Smith Brindle che darebbe luce e valore ad un testo cosi spesso dimenticato dai chitarristi e che Lucio con la sua "tecnica-musicale" darebbe piena giustizia a questi piccoli-grandi pezzi, non sempre conosciuti... ma che meritano tutta l'attenzione di chi non si "ferma" alle apparenze... aspettiamo?.. m
  23. Non vi è una sola verità, ma intanto "scopri" i punti di respiro musicale, noterai che cantando una frase farai delle cose che probabilmente non semre corrisponderanno a ciò che fai con lo strumento per colpa delle sue "difficoltà".. la diteggiatura deve cercare di avvicinarsi il più possibile all'idea musicale che tu hai in mente. Ad esempio guarda "El testament d'Amelia" di M. Llobet, come diteggia la melodia..potrebbe ottenere più facilmente le posizioni sulla chitarra ma perderebbero molto in qualità espressiva, timbrica e.... m
  24. Non voleva assolutamente essere ironica la mia risposta a "liolanda" ma come sempre leggendo tra le righe, quando lei afferma che ha difficoltà a risolvere alcune situazioni non posso fare a meno di pensare che queste siano indissolubilmente legate alla musica e quindi, il problema sia squisitamente musicale e non "tecnico" per capirci.. non è "facile" diteggiare un brano se non si ha un'idea di cosa si vuole ottenere e, questo è implicito nella scrittura, nella poetica dell'autore. Quindi caro Gaetano e liolanda non è solo una questione di timbro ma di vera e propria "orchestrazione", fraseggio, articolazione e nel fare i conti con gli ostacoli che la chitarra frappone tra il pensiero musicale e la sua difficoltà strutturale.. (far cantare una frase come un violino..) sulla chitarra e qui entra in gioco la Diteggiatura del compositore cioè come ha scritto per...chitarra... è tutto scritto "nella" musica ..bisogna imparare a "guardarla"..e il resto viene da se... pensate ad un direttore d'orchestra alle prese con una partitura orchestrale, dove studia le articolazioni, le arcate degli archi, i fraseggi, le timbriche, la dinamica..ecco quella è la diteggiatura....non è una piccola orchestra la..chitarra? con simpatia m
  25. Ma sicuramente esiste un modo "didattico" in cui ci si muove e sappiamo perchè poi, del resto se pensiamo alla "gestione" della Nona Sinfonia di Beethoven durata per oltre 18 anni..beh altro che fulmine metaforico ! alla Hindemith, qui siamo in presenza di un cataclisma...! è indubbio però che, (per questo mi incuriosiva quella lettura), esiste un processo profondo in ogni compositore che fa muovere le sue idee...io mi sono sempre chiesto ..quando riuscivo (o riesco) a fare qualcosa di decente se non sia frutto di una assimilazione della mia "memoria" e io non ne sia del tutto cosciente... un pò come nelle migliori interpretazioni, si assumono, assorbono dei buoni gesti...musicali..che ne dite? ho detto una assurdità? penso sempre all'utilità del buon "copiato" di una volta in cui si assorbivano le "buone" maniere... ovvio poi la "battaglia" di svincolarsi e lottare con la propria arte..(se esiste)..sia scrivendo che suonando..vedasi le "brutte copie"... mi sa che devo andare in vacanza...troppi libri in questo periodo.. con simpatia m
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