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Angelo Gilardino

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Tutti i contenuti di Angelo Gilardino

  1. Ciao Marcello, bellissima parabola. Perché non scriverne anche un'altra, quella di una gallina che credeva - e voleva far credere a tutti - di essere un'aquila? Conoscerai senz'altro la storia della famosa danzatrice che, volendo regalare all'umanità un uomo dotato della di lei bellezza di un intelletto come quello di G.B. Shaw, scrisse al maestro proponendogli la combinazione. "Signora", le rispose il commediografo allarmato, "e se nascesse con la mia bellezza e il Suo intelletto?". dralig
  2. In qualunque epoca ogni artista si è espresso come meglio ha creduto, fatte salve le tristi eccezioni dei creatori che sono stati assoggettati a un regime politico con le relative imposizioni culturali - ad esempio, gli scrittori e i musicisti in Unione Sovietica nell'epoca di Stalin. Anche in situazioni di quasi-monopolio culturale, come quella dell'Italia del dopoguerra, dove la critica ufficiale si è conformata ai dogmi dell'estetica marxista in versione nostrana, nessuno ha impedito a compositori che consideravano l'espressione come finalità primaria dell'atto creativo di seguitare la loro via, e il bandirli dai festival di musica contemporanea è servito soltanto a creare, intorno alla medesima, la credenza di essere inascoltabile (lo ammette esplicitamente l'attuale direttore della sezione musica della Biennale di Venezia nell'intervita pubblicata nell'ultimo numero di "Suonare"). Non esiste, oggi, una tendenza artistica - non soltanto musicale - che possa accampare un diritto di rappresentanza del presente più forte di quello delle altre: chiunque componga, scriva, dipinga, faccia arte, per il solo fatto di essere vivo nell' hic et nunc è un interprete del presente. Con quale forza, con quale efficacia, con quale probabilità di andare oltre il presente, non lo sappiamo, ma sappiamo con certezza che la qualità delle opere e del fare artistico non è garantita dalla scelta di appartenere a questa o a quella tendenza, bensì dal talento individuale dei singoli artisti: non c'è niente di nuovo sotto il sole, salvo le forme imprevedibili del genio. dralig
  3. La carriera del concertista e quella del compositore sono diverse, caro Giorgio. Il compositore conscio del suo valore sa che quello che scrive è soggetto a un processo molto lento, che potrà condurre all'accettazione della sua opera nell'immediato (sia temporale che geografico) o proiettarla più in là, oltre i confini della sua stessa esistenza terrena : gioca quindi una partita artistico-professionale nella quale sa di dover impegnare, oltre al proprio talento, anche molta pazienza e la saggezza che gli permetterà di non abbattersi nei momenti in cui le circostanze sembreranno punitive. Alla fine, nei riguardi della sua opera, il tempo farà giustizia, sia innanzandola, se non è stata sufficientemente riconosciuta, che ridimensionandone il successo, se questo è stato conseguito sull'onda della moda o di qualche "effimero trambusto" (come malignava Guido Pannain nei riguardi dei successi giovanili di Castelnuovo-Tedesco). Diverso, ben diverso, è il caso del concertista. Il concertista incarna la sua opera, è la musica in carne e ossa, e non avrebbe senso, per lui, affidarsi a riconoscimenti a lunga scadenza, o addirittura postumi. Vediamo che, nonostante l'avvento della registrazione, la memoria dei grandi maestri - anche soltanto di mezzo secolo fa - tende a sbiadirsi: i pianisti dell'ultima generazione non hanno una cognizione forte, attiva e influente, dell'arte di Lipatti, di Gieseking, addirittura di Benedetti Michelangeli, i nuovi prodigi si succedono con rivelazioni continue e incalzanti, e a quarant'anni un pianista, se non ha conquistato la fama, può considerarsi, come concertista, fallito, anche se ovviamente può essere una persona di grande valore in altri campi (insegnamento, etc.). Mentre per il compositore conseguire la fama nel presente è augurabile ma non indispensabile, per il concertista è tassativo, pressante, altrimenti la sua arte rischia di disperdersi nel nulla, nonostante il fatto che egli ne possa lasciare tracce anche forti nella registrazione. Sono sicuro che mi comprendi: mentre la partitura scritta rappresenta efficacemente il compositore, è il suo normale viatico nel tempo, la registrazione non è l'ideale realizzazione dell'arte del concertista, che si manifesta essenzialmente nel contatto vivo con il suo pubblico. E se questo pubblico non riesce a raggiungerlo, la carriera ne patisce, può anche svuotarsi. La Maria Yudina non era meno grande di Sviatoslav Richter, ma fu imbavagliata da Stalin: non possiamo dire che qualche CD della grande pianista russa, ora circolante, le renda giustizia. Non è così. Non ho scritto per smentire le tue affermazioni, ma per aggiungere delle specificazioni che mi sembrano importanti. dralig
  4. Non tutte le indicazioni di espressione sono da intendere come "istruzioni". In molti casi lo sono, in altri casi servono invece a rendere manifesto - almeno nelle intenzioni dell'autore - il carattere di un brano o di una parte di tale brano. Se trovi scritto, "chiaro" o "scuro", essendo chitarrista, sai che cosa fare: è un'indicazione che ha valore timbrico, e tu sai come realizzarla, suonando al ponticello oppure alla buca, e adoperando la diteggiatura della mano sinistra più adatta a creare suoni più o meno ricchi di armonici. Se trovi scritto "falsamente sentimentale", non puoi ricavarne un'istruzione su che cosa fare: l'indicazione in tal caso serve a renderti consapevole del carattere del brano, ma non ti dice come fare a renderlo nel suono, lo lascia a te. Ha un valore didascalico, indiretto. Fa capire la musica a te che la suoni, e ti raccomanda - implicitamente - di farlo capire agli altri. Eccoti alcune delle indicazioni di Satie: "Molto bianco", "Piuttosto azzurro", "Come un usignolo con il mal di denti", "Fisicamente smunto", "Su del velluto ingiallito", "ancora più barboso", "Optando coraggiosamente per la via più facile e compiacendosi della propria solitudine", "Raso terra", "Con una salutare superiorità"... Tutto chiaro, no? ag
  5. Conosco la costituzione a memoria da quando avevo otto anni, e non ho mai commesso in vita mia un singolo illecito. L'idea di una "querela preventiva" l'ha vaneggiata il Suo collaboratore, cercando - con tratto assai goffo - di attribuirmela, mentre chiunque abbia letto il mio messaggio - o abbia voglia di rileggerlo - può constatare che io mi riferivo in modo chiaro e inequivocabile alla recensione della compianta collaboratrice di "Chitarre", 20 anni fa: ogni riferimento al presente e al futuro è frutto della malizia capziosa del Suo collaboratore, e La prego di non associarsi a lui nell'attribuirmi intenzioni stupide. Nulla da obiettare: la Sua conversione dalla strenua difesa della "maggior obiettività" del Suo trattato al diritto di critica soggettiva è repentina quanto esemplare. Il diritto di critica è vincolato alla verità nel senso che non può affermare il falso dimostrabile come tale - per esempio, nel mio diritto di critica io non posso accusarLa di aver scritto un libro di cui Lei non è l'autore, altrimenti Lei mi può chiamare in giudizio e io debbo risarcirLa - e alla "continenza formale" nel senso che io posso criticare la Sua arte di interprete, ma non posso ingiuriarLa sul piano personale, altrimenti Lei mi manda in galera (e, se ciò io avessi fatto, meriterei di andarci). La costituzione garantisce i diritti fondamentali della persona ma non concede a chiunque di fare qualunque cosa. La costituzione è un quadro all'interno del quale vigono i codici, quello penale e quello civile, e per incappare nei rigori dell'uno e dell'altro non occorre infrangere la carta costituzionale. Io non ho minimamente questionato le Sue scelte di Tizio e di Caio quali autori delle recensioni delle quali Lei è responsabile: sono fatti Suoi, e non mi riguardano. Ho fatto osservare - ed è tutt'altra cosa: Lei forse non la comprende, ma molti lettori di questo forum si - il modo con il quale Lei conferisce tali incarichi, con decreto e investitura pubblici, con esibizione (sempre pubblica) del fatto che il recensore verrà retribuito e non senza l'omissione del fatto che, mentre consacra il recensore, si trova in aeroporto, pronto a intraprendere una tournée nelle impervie zone dell'Italia del Sud. Senza commenti. Non erano necessari. Non ho nulla de osservare, al riguardo. Come Lei, che è attivo nel mondo della musica in veste professionale, ben sa, un autore deve solo preoccuparsi di scrivere le Sue opere e, se può, di pubblicarle. Il resto, lo fanno gli altri: l'autore, dopo aver pubblicato le sue opere, e per il fatto stesso di averle pubblicate, deve accettare pacificamente anche il fatto che la sua opera debba e possa essere oggetto di attenzioni da parte di tutti: interpreti, ascoltatori, critici, operatori musicali, etc., e ciò indipendentemente dal fatto che tali attenzioni possano risultargli, sul piano personale, gradite o no. Personalmente, rispetto qualunque giudizio o opinione venga espresso sulla mia opera, positivo e negativo che sia: fa parte del gioco, e ci sono avvezzo da una vita. L'unica cosa che esigo - e sulla quale non transigo - è che non si dica, a mio riguardo, il falso oggettivo e che, nel criticare il mio lavoro, non si faccia mai ricorso all'ingiuria personale. Detto questo, sfido chiunque a citare un solo episodio nel quale io abbia reagito a una critica al mio lavoro. Se ho preso la penna in difesa di qualcuno o di qualcosa, ebbene il qualcuno non ero io e il qualcosa non era il mio lavoro. La discussione di questo thread non fa eccezione. Per concludere, maestro Fabbri, aspetto sempre - e con me aspettano i lettori - che Lei porti fatti a sostegno della Sua affermazione, secondo la quale io"come al solito" uso "due pesi e due misure". Siccome non si tratta di un'affermazione lieve, l'ho invitata ad asseverarla con degli esempi probanti: li aspetto - a evitare che si delinei, in me e nei lettori, il pensiero che sparare accuse e poi sottrarsi alla richiesta di provarle sia un esempio del criterio con il quale Lei intende esercitare il diritto di critica tutelato dalla Costituzione. AG
  6. Rabbrividiamo.Brrrrrr. Un episodio ante litteram di X files! Non occorre scomodare la metapsichica. L'incontro con i cretini è del tutto normale e, purtroppo, quotidiano. dralig
  7. No, purtroppo non lo ha fatto, ma con la sua estetica musicale ha creato le condizioni anche per la rinascita della chitarra. Il libro di Nuti spiega efficacemente l'importanza dell'influsso di Debussy nella musica per chitarra del Novecento. dralig
  8. Ciao Piero, metti il dito in una delle mie piaghe di ricercatore. La Deuxième Arabesque fu certamente trascritta da Segovia - e non si trattò di un adattamento di trascrizioni altrui, perché egli la eseguì per (ma sarebbe più proprio dire: contro) gli allievi di Tárrega nell'esibizione privata che diede per loro a Valencia, intorno al 1915: è da escludere che, a quell'epoca, qualche altro chitarrista avesse già trascritto il pezzo debussiano per chitarra. Il fatto è che, di quella trascrizione, non è rimasta la benché minima traccia. Che il giovane Segovia potesse essere entrato in possesso dell'edizione, è del tutto plausibile: Durand pubblicò il lavoro nel 1891, e negli anni madrileni precedenti la trasferta a Valencia e a Barcelona, Segovia sicuramente ebbe occasione di ascoltare pianisti (Alfred Cortot, per esempio) che suonavano Debussy. Resta il mistero della sparizione di quel lavoro dal suo repertorio. Forse, lo aveva legato alla brutta esperienza dell'incontro con i tarreghiani, e lo volle rimuovere dalla sua memoria. Era molto sensibile e suscettibile, e quelli dovevano essere proprio dei solenni imbecilli... dralig
  9. Non lo so. Una cosa è certa: se la parte di chitarra verrà registrata da un chitarrista "vero", questi dovrà essere molto bravo, perché il lavoro da fare è più complesso di quanto potrebbe sembrare gettando uno sguardo sulle pagine della partitura. dralig
  10. Nel 1954, Alexandre Tansman scrisse il suo secondo concerto per chitarra e orchestra, dopo il "Concertino" del 1945. Lo concepì come un omaggio a Manuel de Falla, e non adoperò la classica forma del concerto solistico con orchestra, ma quella di una suite in cinque movimenti. Lo inviò a Segovia, che in quel periodo si trovava in Spagna (mentre risiedeva stabilmente a New York). Il pacco contenente la musica andò smarrito: in una lettera al compositore, Segovia si domanda sgomento che fine abbia fatto la spedizione. Da una lettera successiva del chitarrista, apprendiamo che Tansman aveva intrapreso un lavoro di ricostruzione del concerto - del quale evidentemente, nell'inviare il manoscritto a Segovia, non aveva tenuto una copia di sicurezza. L'archivio Segovia di Linares conserva tre manoscritti della composizione, nessuno dei quali risulta completo: Tansman riscrisse il Concerto ma non lo orchestrò. Il massimo di cui disponiamo è una minuta contenente la parte di chitarra e la partitura compressa su rigo pianistico. Accogliendo la richiesta della figlia del compositore, M.me Marianne Tansman, ho ricostruito il lavoro e ho realizzato l'orchestrazione. "Hommage à Manuel de Falla pour Guitare et Orchestre de Chambre" verrà pubblicato prossimamente dalle Edizioni Bèrben con un CD allegato, contenente sia la versione piena che quella "minus" - cioè senza chitarra, realizzate al computer da Ermanno Brignolo. dralig
  11. Maestro... Lei è una delle grandi figure chitarristiche del secolo... non risponda a simili provocazioni! No. Io devo rispondere. E Le spiego perché. Allora: uno studioso scrive un libro di storia della chitarra in cui dedica interi capitoli all'opera di alcuni autori e non si occupa invece dell'opera di altri musicisti, o se ne occupa con le voci del dizionarietto collocato in appendice. Si può essere d'accordo o meno sul criterio scelto da chi ha scritto il libro, e ciò è del tutto normale: lo si può criticare, gli si può contestare la sua impostazione metodologica, si può dissentire da ogni singola pagina del libro. L'autore, nella sua introduzione, ha manifestato chiaramente i criteri del suo lavoro e ha reso nota la sua disponibilità a prendere in considerazione suggerimenti atti a integrare la sua trattazione per le future edizioni del libro. Interviene Luigi. Quali sono le sue premesse? Attenzione, questo è il punto: lo spazio dedicato al mio lavoro è eccessivo e tale scelta non è frutto del criterio estetico dell'autore, ma del proposito di "tirare acqua al proprio mulino". In altri termini, Nuti - docente universitario - non può aver incluso nel suo libro un corposo capitolo dedicato all'opera del sottoscritto perché ritiene che ciò sia giusto: non gli viene riconosciuta nemmeno in linea di principio l'onestà intellettuale che guida uno studioso nei propri orientamenti e nelle proprie scelte, e si erge a regola, a principio (per l'appunto) che tali orientamenti e tali scelte siano solo il frutto della propria dipendenza, della propria condizione di "accolito" rispetto all'autore trattato. L'idea che a questo mondo si possa riconoscere il lavoro di qualcuno perché lo merita non esiste più: nel riconoscimento dev'esserci per forza la collusione interessata, l'alleanza furbesca, il patto di clan, e i lettori sono solo delle comparse acritiche, alle quali è riservata la parte dei gonzi. Questo è il senso delle insinuazioni di Luigi, il quale si spinge oltre,e insinua che,se io intervengo facendo osservare quali sono i fondamenti metodologici del libro, non ho altro scopo che quello di difendere i miei interessi, o chissà che cos'altro. Vede, questo è il punto: in un mondo siffatto, quello suggerito da Luigi, non esiste più il merito, esiste solo la furbizia, non esiste più il riconoscimento dei valori, esiste solo l'atto servile che remunera indifferentemente chi vale e chi non vale a seconda dell'interesse di parte, la penna e la parola sono solo strumenti di adulazione (da una parte) e di sopraffazione (dall'altra). Nello stesso messaggio in cui digrigna i denti contro le scelte di Nuti, non manca di far notare come la rivista "Guitart", nel suo numero recente, abbia pubblicato un'ampia intervista rilasciata dal sottoscritto: ebbene, non può trattarsi di una normale scelta editoriale del direttore Gianvito Pulzone, dev'essere per forza "agiografia": si occupano di me, quindi ci dev'essere sotto un intrigo a mio illecito favore. Non è remora alcuna, per Luigi, il fatto che, due settimane or sono, un concertista l'abbia scostato da sé, smentendo categoricamente le sue affermazioni, non su opinioni, ma su fatti nudi e crudi: non c'è brutta figura che tenga, è già pronto a ripartire con il prossimo bersaglio delle sue insinuazioni. E Lei si aspetta da me che io subisca la professione di stima di un individuo del genere in silenzio? Che io taccia, forte del fatto che le sue parole non possono recare danno alla "mia immagine"? Ebbene, si sbaglia. Io non sono di quei tipi che si ritirarono sull'Aventino, convinti del fatto che il loro dignitoso silenzio, che proteggeva la loro intemerata maestà di senatori, fosse più eloquente della parola che avrebbero potuto opporre, forte e chiara; non assomiglio al mio conterraneo Badoglio, che suggerì al re di lasciarli fare, i ragazzi della marcia su Roma, tanto erano solo chiassate giovanili. Quando si deve protestare, si protesta, al diavolo la maestà. Qui ci sono settecento lettori: debbono sapere che io, con un personaggio del genere non ho nulla che fare, e che la sua stima conclamata mi dà fastidio. dralig
  12. mi sembra un pò oddensivo... ognuno può esprimere la prorpia opinione! e se io voglio stimare qualcuno posso farlo, anche se la stima non è corrisposta! E io posso - con lo stesso diritto - manifestare il mio imbarazzo o la mia repulsione per pubbliche attestazioni di una stima che non gradisco: o il diritto a esprimere la propria opinione è esclusivo dei distimati? dralig
  13. La mia stima per Lei è pari a zero, e la mia disistima è invece così completa da augurarmi che sia anche reciproca. La smetta di stimarmi, e mi disistimi come io disistimo Lei: mi sentirò meglio. dralig
  14. Caro Frédéric, la rivista in questione - forse tu non hai abbastanza anni sulle spalle per ricordartelo, e allora ti aiuto io - circa 20 anni fa fece recensire il mio Manuale di storia della chitarra - quello che ora, nella stessa collana, è stato sostituito dal libro di Nuti - da Griselda Ponce de Leon, che stroncò il libro - quello stesso libro che Luigi "preferisce" - accusandomi di voler demolire la figura di Segovia e minacciando - testuale - di far brillare i coltelli. Nella sua recensione, tra l'altro, erano stati ampiamente travalicati i confini della critica, e c'erano gli estremi della querela. Prevalse la carità cristiana dell'editore del manuale. Nonostante la fiera opposizione di "Chitarre", il libro ebbe sei o sette ristampe, una seconda edizione, e avrebbe dovuto essere ristampato l'anno scorso, se io non lo avessi ritirato perché lo ritenevo superato nei contenuti: superato dai risultati delle mie stesse ricerche. La risposta alla signora de Leon venne dalla famiglia Segovia e dalla Fondazione intitolata al suo nome, che mi chiamarono al ruolo di direttore artistico. Auguro all'autore del nuovo manuale, per il futuro del suo libro, una bella recensione, come quella che ricevette a suo tempo il mio. dralig
  15. Mi permetto di suggerirLe di ripensarci. Non depone a favore della Sua serietà (professionale? ) il fatto che Lei accetti l'incarico sapendo che viene scelto perchè ha già espresso, in totale anonimato per quanto ne sò, un orientamento non favorevole sul libro su un news group. E ancora meno depone a favore della serietà della direzione della rivista che eventualmente vorrà pubblicare la Sua recensione. Quanto alla Bibliografia, se leggesse un pò più attentamente il libro, magari incluse le note a pié di pagina, capirebbe perchè nessuno Le ha risposto. Caro Frédéric, l'episodio dimostra efficacemente - e con un'eloquenza che va molto al di là della coscienza che ne possono avere i protagonisti - quali siano i metodi in atto in certa editoria chitarristica: come vengono affidati gli incarichi di scrivere recensioni, da chi, a chi, e come - con quali procedimenti e con quale stile. Non occorre aggiungere altro. dralig
  16. Sono un difensore d'ufficio della decenza, e non lo sono come musicista, lo sono come persona. In questo caso, Le assicuro che ce n'è bisogno. Prendermela? No, carissimo, io non me la prendo minimamente. Sto solo sbrigando una pratica di lavoro: imposta dalla decenza, per l'appunto. dralig
  17. Se Lei lo avesse letto - e non si fosse limitato a un frettoloso conteggio del numero di pagine dedicate a Tizio piuttosto che a Caio - avrebbe preso atto del proposito dell'autore, che non si è mai sognato di scrivere e di presentare il suo volume né come un'opera scientifica né come un romanzo. Basta leggere le prime tre pagine per rendersene conto. Scusi, a chi si riferisce quando usa il termine "spiegarci"? Lei parla a nome di una collettività? Chi rappresenta? Una corte di giustizia? Un partito? Una categoria di utenti? E perché l'autore "dovrebbe" spiegarvi? E' sottoposto a un interrogatorio in cui "voi" siete gli inquirenti? Indossate, "voi", qualche veste che vi intitoli a esigere, dall'autore di un libro, giustificazioni sul suo operato? Siete qualcosa di più di semplici lettori che hanno acquistato un volume? Questo vi dà il diritto di criticarlo, ma non certo quello di sottoporre l'autore a una serie di domande alle quale egli "dovrebbe" rispondere: lo farà se ne avrà voglia, non perché "dovrebbe". "Voi" non siete una una polizia politica, anche se vi comportate un po' peggio della Gestapo (almeno, quella leggeva i documenti, prima di interrogare chi li aveva scritti). Infine, dato, e non concesso (non c'è nulla nel libro che affermi qualcosa del genere), che l'autore mi consideri "il vertice dei compositori", perché Le dà tanto fastidio? Non Le è sufficiente il Suo dissenso? Non riesce ad ammettere che altri possa considerare la mia opera diversamente da come la considera Lei? E che lo manifesti? Che cosa vuole, che altri mi facciano piccolo piccolo, per la Sua pace e per quella dei Suoi compari? Il volume che Lei seguita a preferire al nuovo manuale di Nuti era obsoleto: necessitava di un sostanziale rifacimento di tutta la parte riguardante l'apporto segoviano al repertorio del Novecento storico - apporto che risultava ben diverso dopo i ritrovamenti nell'archivio di Linares - e di un poderoso aggiornamento della musica scritta negli ultimi tre decenni. Dato il ruolo che la storia della chitarra mi ha riservato in questi frangenti (i trenta volumi della collezione "The Andrés Segovia Archive" li ho pubblicati io, non uno dei convenuti che oggi esigono spiegazioni), ho ritenuto corretto (la deontologia professionale non è per me una locuzione, ed evito il conflitto di interessi istintivamente, senza nemmeno bisogno di pensarci) declinare le pressanti richieste dell'editore, nei cui scaffali il "mio" vecchio manuale era venuto a mancare per esaurimento delle copie. E' stata ovviamente un'iniziativa del direttore delle Edizioni Bèrben quella di cercare un altro autore. Lo ha individuato, ha creduto nel suo lavoro, ha speso tempo, denaro e cure editoriali infinite per colmare quello che, nel suo catalogo, avvertiva come un vuoto. A "voi" il libro non piace? C'è troppo spazio per Gilardino e troppo poco per Gangi e Carfagna? Benissimo: se questo è un errore storico, il tempo e i lettori ne faranno giustizia. In fondo, le opere di tutti questi autori sono pubblicate: chiunque può leggerle e valutarle, dunque, qual è il problema? "Oggettivamente", come direbbe Roberto Fabbri, proprio nessuno. "Soggettivamente", lo state creando "voi", con le vostre ossessioni. dralig
  18. Non Le sarà difficile segnalare ai lettori quali sono i libri di storia della chitarra pubblicati in qualunque lingua e in qualunque parte del mondo (a parte il Suo e quello dei Suoi coautori, "naturalmente",) nei quali la figura e l'opera di Mario Gangi sono presentate con un rilievo maggiore di quello riservatoLe dal manuale di Nuti. Autori e titoli, per favore. Io porto un solo esempio: il manuale di storia della chitarra più diffuso al mondo - non ne sostengo il valore, mi riferisco solo a un dato "oggettivo", cioè numerico, del quale anche Lei, per la Sua conoscenza dell'editoria, è certamente informato - è il volumetto "A Concise History of the Classic Guitar" di Graham Wade, pubblicato da Mel Bay. Scritto in inglese, è una sorta di bignamino della chitarra letto in tutto il mondo English speaking, quindi dall'Australia all'Islanda. Mi dedica un'intera pagina (178) e non menziona (me ne rammarico) il nome del maestro Gangi. L'autore non è nemmeno da lontano un mio amico, anzi, ci stiamo - come si dice - cordialmente antipatici. Vuole per cortesia informare tutti i lettori - e anche me - delle iniziative che Lei avrà certamente e "oggettivamente" assunto per protestare contro tale omissione? Non mi sfiora la mente, infatti, il sospetto che Lei, subito sollecito - a poche settimane dalla pubblicazione - nel deplorare il fatto che Nuti riservi così poco spazio al maestro romano, abbia lasciato passare sotto silenzio il fatto - ben più rilevante, data la diffusione universale del libro - che Wade, storico di Segovia e di Bream, ne ignori l'esistenza tout court. dralig
  19. Non so a quale mio "solito" Lei si riferisca ma, per poterlo fare, deve per forza essere un mio "solito" lettore: non Le sarà dunque difficile portare qualche esempio della parzialità dei miei giudizi - o anche, più modestamente, delle mie opinioni - in cui sia riscontrabile quello che Lei afferma, cioè il mio uso di due pesi e due misure. Aspetto e - ne sono certo - aspettano anche i lettori di questo thread. Come esempio di oggettività, il Suo è davvero notevole: di grande finezza e modestia. Se la Sua "oggettività" è così evidente, e indiscutibilmente superiore rispetto a quella mostrata da altri autori, perché si preoccupa tanto di sottolinearla? Crede che i lettori, in atto e in potenza, siano degli sprovveduti da indirizzare con mementi e precetti sulla retta via e da preservare da cattivi consiglieri? Teme che la Sua "oggettività" possa passare inosservata? Se io mi sentissi - come Lei - forte di una mia "oggettività" (dalla quale, Gliene do certezza, mi sento ben distante) - non spenderei una sola parola a favore della sua evidenza, e aspetterei i riconoscimenti unanimi. Men che mai mi spenderei nel tentativo di sminuire l'opera altrui che, priva del sommo valore dell'"oggettività", non può rappresentare alcuna minaccia per la mia. Perché infierire sui meno bravi, sui "meno oggettivi"? Non sono mica Maramaldo... Veda di mettersi d'accordo con sé stesso: o è obiettivo o non lo è. Io non mi aspetto giudizi "oggettivi": mi accontento del fatto - mi creda, davvero raro - che i miei lettori sappiano leggere. Quanto al mio ruolo, vede, la complessità dei giudizi che ne decretano o ne negano l'importanza, o addirittura la primarietà, è così immensa - nel presente e nella prospettiva del futuro - da rendere davvero futile ogni mia (per fortuna, non esistente) suscettibilità al riguardo. Il compito di un autore è creare le sue opere e, se gli è possibile, pubblicarle. Il resto lo fanno gli altri: sono e saranno così tanti, che rendere l'orecchio e aguzzare la vista per quel che dice o scrive uno di loro, è come occuparsi del mare con un cucchiaino da caffè. A consegnarmi (eventualmente) alla storia della chitarra sono e saranno le cose che ho scritto io, non quello che ne scrivono gli altri. Come diceva Vincent van Gogh: noi possiamo parlare solo con i nostri quadri. dralig
  20. Il documentarsi e l'approfondire non fanno forse parte della storia personale di ogni studioso? In quale modo l'attingere alla propria storia personale esclude che si possa, con ciò, essere documentati e, nel proprio scrivere, profondi? L'avere quale sorgente di sapere la propria storia personale implica che si debba per forza essere poco documentati e superficiali? Quanto all'oggettività storica, nessun filosofo o scienziato oggi accamperebbe la pretesa di incarnarla. Lei, caro maestro Fabbri, ha scritto un libro di storia della chitarra. Ritiene di aver raggiunto, nella sua rappresentazione della storia dello strumento, l'oggettività? Il catalogo Pocci comprende, per il solo Novecento, alcune decine di migliaia di composizioni: per essere oggettivi nel riferirne in sede storica, è imprescindibile averle lette e studiate tutte. Lei lo ha fatto? E se non lo ha fatto, a che cos'altro ha attinto, se non alla sua storia personale (di concertista, di studioso, di ricercatore, etc.)? Secondo Lei il giudizio di qualità su autori e opere si deve formulare a partire dalle scelte dei concertisti? Dato e non concesso che quello che Lei afferma sia vero, chi è lo storico della chitarra? La pizia dei chitarristi e l'eco dei loro gusti? Se, nel 1940, qualcuno avesse scritto in un libro di storia della chitarra che Barrios era un compositore geniale, l'avrebbe fatto senza il minimo supporto dei chitarristi di allora, che ignoravano il maestro paraguayano e la sua opera. Avrebbe per questo dovuto essere rimproverato di non essersi attenuto alle indicazioni dei gusti correnti? Non è lo storico qualcuno che cerca la verità al di là delle parvenze e delle mode? Il lavoro per chitarra di Frank Martin non ha avuto "nessun tipo di riscontro concertistico" per 30 anni, e la "Sonata" di Antonio José per 60 anni: nel frattempo, si suonavano brani di cui è oggi caritatevole non dire nulla. Che cosa avrebbe dovuto fare, lo storico che già allora fosse stato capace di distinguere il grano dalla paglia, dedicare tre righe alle "Quatre Pièces Brèves" perché ignorate dai chitarristi e dieci pagine ai Valzer Venezuelani di Lauro? Se i concertisti vogliono che le loro scelte siano rispettate - ed è fuori di dubbio che ne abbiano pieno diritto - imparino a rispettare le scelte di chi non crede, come loro, che Rachmaninov sia migliore di Bartok. Si tengano la larga messe di applausi, successi, notorietà, denaro, che perviene loro, ma non pretendano che gli storici prendano a modello la loro arte. Questa mi sembra una riflessione molto seria. . Osserviamo insieme i vari trattati di storia della musica esistenti - anche solo in lingua italiana. E' fuori di dubbio che i loro autori hanno preso in considerazione soprattutto - se non esclusivamente - i compositori: anche riferendosi alla storia recente, nessun autore oggi scrive, in una storia della musica, un capitolo dedicato a Rubinstein a fronte dell'immancabile capitolo dedicato a Stravinskij. Una storiografia dell'interpretazione musicale esiste certamente, ma al momento non si integra con la storia della musica: se ci interessa un'esegesi dei maggiori pianisti del Novecento, dobbiamo leggere, per esempio, i bellissimi libri di Piero Rattalino, ma non la storia della musica della Utet, nella quale troveremmo ben poche risposte alle nostre attese. Credo che una storia dell'interpretazione chitarristica sia importante e utile, ma non credo che il non averla inclusa in un libro di storia della chitarra del Novecento sia ascrivibile a colpa dell'autore, che ha operato una scelta - quella di trattare della musica e non degli interpreti: non ha nemmeno escluso di poterlo fare, o che altri lo faccia. E' uscito un libro di storia della chitarra, non la nuova Costituzione del Regno delle Seicorde. dralig
  21. Per la verità, qui non c'è stata alcuna discussione. Aprire una discussione su un libro di storia (dedicato a qualunque argomento) comporta necessariamente e primariamente - oltre ad aver letto attentamente il libro in questione - il riferirsi all'impostazione metodologica adottata dall'autore: la si accetta - e allora si passa al grado successivo, cioè si valuta il modo con cui tale impostazione è stata attuata nella trattazione specifica - o la si contesta - e allora si debbono portare argomenti per dimostrare la debolezza dei fondamenti adottati dall'autore. Il libro di Nuti propone una lettura della storia della chitarra non in senso cronologico-lineare, o in senso nazionalistico-culturale, cioè, in sostanza, una lista di personaggi e di fatti da elencare "oggettivamente" (di oggettivo, beninteso, possono esserci soltanto i dati anagrafici, i titoli e le date di pubblicazione delle opere: a questo scopo, provvede egregiamente il catalogo Pocci che, d'altra parte, non si pone come libro di storia), ma in senso estetico, cioè individuando, nel Novecento chitarristico, le linee portanti del repertorio creato dagli autori. Una volta stabilite tali linee - ed è quello che l'autore fa con estrema chiarezza nella parte introduttiva - è stata operata una scelta di compositori e di opere ritenute particolarmente efficaci e significative, non in un quadro "assoluto" di valori che nessuno oggi è in grado di stabilire "oggettivamente" (il Novecento deve ancora trovare un assetto critico ai livelli massimi, quelli degli Schoenberg e degli Stravinskij, figuriamoci quelli dei compositori-chitarristi!), ma per la loro forza esemplificativa delle tendenze individuate dall'autore. E' questa la scommessa di Nuti: gli studenti di musica, quelli dei conservatori riformati, che scrivono tesi di laurea, sono interessati a una storia della chitarra scritta in chiave estetica e non come un elenco di autori e di opere? E' una scommessa coraggiosa, alla quale partecipa un editore altrettanto coraggioso. Se questa impostazione risulterà valida o meno, lo giudicheranno i lettori, è ovvio, ma soltanto, tra loro, quelli che hanno interesse a comprendere e a valutare i fenomeni storici ad di là della cronaca spicciola, o peggio del pettegolezzo: in altre parole, i tipi che abbiamo visto all'opera in questo thread, agli effetti del "successo" (intendo, con tale termine, il conseguimento degli obiettivi comuni all'autore e agli editori) del volume, non contano niente, semplicemente perché non hanno capito niente. Teoricamente, potrebbe anche darsi che l'impostazione, in sé valida, non abbia trovato una realizzazione sufficientemente forte e argomentata: credo che un autore serio qual è Nuti sia sinceramente interessato (e il suo messaggio ne è prova) a prendere in considerazione rilievi che si appuntino su "come" egli ha realizzato i suoi presupposti. In questo senso egli ha inteso aprire una discussione, non per dar voce a chi è solo capace di volgari insinuazioni e di laide chiacchiere. dralig
  22. Quando l'andare oltre la materia (trascendere) diventerà una cosa semplice. Per ora, non lo è affatto. dralig
  23. Questo è un titolo fenomenale per un libro! Avrei anche materiali in abbondanza, senza dover lavorare di fantasia, anzi... dralig Siamo qui tutti che aspettiamo... Si tratta di priorità. Di questi tempi - ad esempio - sto ripulendo per la pubblicazione la partitura del concerto per chitarra e orchestra di Jean Absil e sto orchestrando l'Hommage à de Falla, sempre per chitarra e orchestra (di cui esiste solo la versione per chitarra e pianoforte) di Alexandre Tansman. Mi sembrano temi più meritevoli che il raccontare le gesta dei non pochi mascalzoni che hanno operato in campo chitarristico. Quando proprio non avrò più musica da scrivere o da revisionare, magari spiegherò come facevano certi tipi a ottenere da Segovia le dichiarazioni a loro favore che oggi esibiscono. Ma non è urgente, non aiuterebbe nessuno a vivere meglio, non arricchirebbe il repertorio della chitarra e, se risultasse interessante, lo sarebbe solo per la qualità della prosa, non certo per i contenuti. dralig
  24. Il Concerto è stato pubblicato senza alcuna revisione strumentale e la parte solistica corrisponde esattamente al manoscritto autografo. Da lì in poi, i vari interpreti hanno apportato modifiche - non soltanto nel finale - per rendere la parte chitarristica più sonora, o più scorrevole, etc. Lei provi a sperimentare le diverse, diversissime soluzioni che risulteranno possibili nei punti in cui rispettare l'originale alla lettera non darà risultati soddisfacenti, e decida in base ai risultati della Sua sperimentazione. dralig
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