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Angelo Gilardino

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  1. Nell'affermare che la conoscenza storica è imprescindibile nel giudicare le opere, non ho implicato - e spero che nessuno lo abbia supposto - che è l'unica conoscenza necessaria: esiste ovviamente anche l'analisi. Storici ed analisti sembrano oggi alquanto distanti nell'esercizio della critica, ma chiaro che i due saperi concorrono nella formazione del giudizio con uguale efficacia. Casella dovrebbe ricordare Segovia anche perché questi gli chiese di comporre per chitarra, ma lui (Casella) non lo fece. Gli promise addirittura un Concerto! Se è vero che Segovia perdette parecchie occasioni - e sono stato, credo, il primo a muovergliene pubblicamente rimprovero, in sede storica - dobbiamo anche ricordare i treni che egli cercò di far passare per la stazione della chitarra, e che passarono senza fermarsi: Casella,si, e anche Pizzetti. E altri... dralig
  2. Nell'invitare a comprendere le composizioni messe sul leggio al di là della pura e semplice decifrazione, non ho mai pensato che, così facendo, si possa generare equivoco confondendo Topolino con Thomas Mann: la comprensione non dà luogo a facili accettazioni. Riferendomi in particolare al compositore californiano, ho suggerito di leggere la sua musica per chitarra in una prospettiva diversa da quella che sembrava manifestarsi nel giudizio di Alfredo: è ovvio che, se avessi reputato Harris un autore topolinesco, non avrei speso l'esortazione a comprenderne la situazione storica e culturale. Ha scritto musica decentissima, per questo merita di essere letto, e per leggerlo bene bisogna riferirsi al suo mondo, non soltanto al nostro. Forza, esploriamolo. Qui - come diceva van Gogh - "possono parlare soltanto i nostri quadri". dralig
  3. Se i professori di strumento ad arco in orchestra accordassero come i chitarristi, i concerti delle ore 21 inizierebbero alle 21.40 con ogni violino, ogni viola, ogni violoncello e ogni contrabbasso accordati in modo diverso, quindi, in pratica, con l'orchestra fuori tono. dralig
  4. Dando per scontato che la chitarra sia in ordine e le corde siano buone, si accordano a orecchio le corde a vuoto, non occorre altro. dralig
  5. La Sonata non nacque come tale. Rosetta aveva già composto parecchi lavori per chitarra sola, quando io - che ero, e sono, amico di Sergio Abreu - gli suggerii di scrivere un pezzo per due chitarre per due amici brasiliani. Lui compose un pezzo "alla brasiliana", divenuto poi il terzo tempo della Sonata. A Sergio piacque molto, e mi chiese di intercedere presso il compositore affinché scrivesse un'intera Sonata. Sulle prime il compositore disse di no, ma poi si mise al lavoro e scrisse il primo e il secondo movimento. A questo punto, rimaneva il finale, e io gli proposi il tema di Mozart-Sor, al quale lui preferì il tema di Mozart "puro". Non so perché la revisione fu fatta solo da Sergio. Io con suo fratello non ho mai avuto contatti. dralig
  6. Il tema è "Das Klinget So Herrlich" da "Il Flauto Magico" di Mozart, finale atto I, misure 293-325. Alla scena partecipa Papageno con la scatola magica per ammansire le belve (nella partitura c'è il Glokenspiel). Su questo tema, Sor scrisse le sue celeberrime Variazioni op. 9. In realtà, la fonte a cui Sor attinse non fu la partitura di Mozart, ma una sua variante, che circolava a Londra quando egli scrisse le Variazioni. Debbo quest'ultima precisazione alla cortese competenza dell'amico Arthur Ness, che ha messo a punto una mia precedente affermazione: io avevo considerato il tema di Sor come una prima variazione dell'aria di Mozart, ma lui ha trovato la fonte in una pubblicazione londinese dell'epoca. Fui io a suggerire a Rosetta di scrivere un ciclo di variazioni sul tema mozartiano. Egli attinse a uno spartito dell'opera di Mozart,, quindi risalì alla forma originaria del tema. A quell'epoca, il termine "spartito" non aveva il significato che ha oggi, e designava propriamente la riduzione per canto e pianoforte di un'opera lirica. Infatti, la pratica dei cantanti che lavoravano con il pianista, prima di presentarsi in teatro a provare con l'orchestra, veniva chiamata "ripasso spartiti". La Sonata per due chitarre di Rosetta è stata incisa in LP (poi riversato in CD) dal duo Mario Fragnito-Lucio Matarazzo e dal duo Caputo-Pompilio. dralig
  7. Non credo . La funzione della placchetta aggiunta è diversa, ha lo scopo di correggere in una determinata zona lo spessore della tavola, causa della sparizione repentina della nota. dralig
  8. Il risultato non è garantito, ma è altamente probabile. Se non funziona subito, occorre aumentare lo spessore del tassello. dralig
  9. è vero!! un classico delle fiere di liuteria! iofaccio sempre la figura del mobiliere perchè non le suono ma le batto -discretamente-un pò dappertutto e ascolto il risultato... Altro che mobiliere. Se fosse vero quel che diceva Segovia: "La chitarra è come una donna", i Suoi collaudi avrebbero fatto di Lei "il mostro di Cuneo", "il Barbablu della Val Granda"... dralig
  10. Se io fossi un liutaio, mi rifiuterei di cedere un mio strumento a chi non lo sapesse provare. dralig
  11. Ma no, in ogni caso non mi sono riferito a questa o a quella chitarra in particolare, ho enunciato un buon metodo per collaudare gli strumenti. E' ovvio che un allievo deve essere istruito anche in questa pratica - nessuno nasce con infusione di scienza. Comunque, se vuol vedere all'opera i tonni, non ha che da fare una visita alla prossima esposizione di strumenti musicali... dralig
  12. Ragazzi, l'ultima cosa da fare quando si prova una chitarra per l'acquisto, è suonarla. Bisogna invece provarla. Per provarla si fa quanto segue: 1) accuratissima accordatura; 2) confronto tra gli armonici e le note tastate al XII tasto; se c'è uno scarto notevole e ricorrente su tutte le corde, la prova è finita; 3) suonando p, si suonano tutte le note su tutti i tasti e su tutte le corde, lasciando estinguere il suono senza interromperlo: le note che non planano diminuendo, ma si interrompono di colpo, non sono usabili; attenzione alle note sui tasti da VII in su nei bassi, specialmente quelle della quinta corda: bisogna verificare che la fondamentale non sparisca troppo presto lasciando posto all'ottava superiore (se anche questo avviene, le note in questione non sono usabili); supera l'esame lo strumento che ha un paio di note deboli e corte, a patto che non si trovino sulle prime tre corde e non comunque sul cantino; sono accettabili le note deboli oltre il XIV tasto nelle corde 2 e 3, ma non sul cantino.Se lo strumento ha più di due note deboli o se ne ha anche solo una, ma in zona critica, non serve; 4) si suona la sesta corda a vuoto e si controlla l'insorgenza del sol diesis (doppia decima maggiore); se si constata che il mi sesta a vuoto è in realtà un bel bicordo di decima, la chitarra non serve; 5) si suonano note scelte sui vari registri con intensità e modi di attacco differenti, e si verifica la risposta dello strumento: una chitarra che non cambia timbro con sufficiente prontezza non si raccomanda a esecutori sensibili, ma solo a macinatori di note; 6) infine, se proprio si vuole, si suona qualche frammento di brani, avendo però ben presente che, così facendo, non si fa altro che tentare di imporre i modi d'attacco acquisiti sulla propria chitarra a uno strumento diverso, con ovvie conseguenze; 7) si osserva discretamente il collega che, per provare una chitarra, si butta nel suo repertorio, come se stesse facendo un concerto, e si constata (silenziosamente) che l'interessato non ha la più pallida idea di che cosa sia il collaudo di uno strumento. Se lo compra, e due settimane dopo scopre che il si bemolle sul cantino è un plic, gli si spiega caritatevolmente che è solo colpa sua, e che il non averlo scoperto entro pochi minuti dall'inizio della prova è un grave indizio di "tonnaggine". dralig
  13. Non lo sapevo nemmeno io, prima di inventarlo. dralig
  14. Se la Sua chitarra si mangia solo il do diesis superiore della seconda corda, può dirsi fortunato. Per tentare di porre rimedio all'inconveniente, suggerisco quanto segue: 1) procurarsi un piccolo tassello dello stesso legno della tavola armonica, con uno spessore di circa 1 mm. e con un diametro di 4-5 cm. 2) applicarlo alla tavola, dall'esterno, disponendo le fibre in senso parallelo a quelle del legno della tavola, e tenendolo fermo con una matita appuntita (non con un dito); 3) suonare la nota difettosa, cambiando posizione al tassello fino a che non si individua il punto giusto, cioè quello che aggiusta la risposta della tavola permettendo alla nota di assestarsi e di suonare normalmente; 4) tracciare con un pennarello il cerchio intorno al tassello nella posizione giusta; 5) incollare il tassello all'interno della tavola nella posizione perfettamente corrispondente a quella individuata all'esterno e delimitata con il pennarello (operazione piuttosto difficile per un chitarrista, ma facilissima per qualunque liutaio o ebanista); 6) lavare il cerchio tracciato sulla tavola, se dà fastidio. Il rimedio funziona otto volte su dieci. I liutai non vogliono sentirne parlare. dralig
  15. Dobbiamo sforzarci di cogliere il significato e il valore delle opere collocandole nel quadro storico e culturale in cui hanno avuto origine, altrimenti rischiamo di assomigliare agli ideologi degli anni Cinquanta e a tutte le categorie di inquisitori che hanno tormentato l'umanità (non solo i compositori e non solo gli artisti) negli ultimi diecimila anni - cioà quelli di cui abbiamo cognizione storica. Harris era un musicista californiano (di residenza), il suo mondo era contiguo a quello della musica da film, del jazz, delle canzoni di Sinatra. L'idea di una musica che non avesse in sé il progetto "naturale" della comunicazione era del tutto estranea a quella cultura e a quel mondo: il pensiero musicale non era mai disgiunto dalla categoria dell'"entertainement" - e si trattava semmai di collocarsi, in quella categoria, a un livello piuttosto che a un altro. Harris si rivolgeva a un mondo chitarristico che vedeva passare ogni anno, per un paio di concerti a Los Angeles, la meteora di Segovia, e per il resto faceva riferimento a figure quali quelle di Laurindo Almeida, che suonò per primo le Danze di Pedrell, e che nello stesso tempo lavorava a Hollywood incidendo quotidianamente le pennellate di chitarra delle colonne sonore. In quel mondo, Castelnuovo-Tedesco era guardato come una sorta di guru della sapienza musicale esoterica. E' rispetto a tutto ciò che va letta e compresa la musica per chitarra di Albert Harris. Segovia la suonò perché serviva al suono della sua chitarra. Noi oggi, se vogliamo, possiamo leggerla come riflesso gentile, grazioso, sereno, di un mondo che si è rivelato a noi da lontano, con i film, con le canzoni belle e ben arrangiate, con la sua immagine paradisiaca da un lato e periclitante dall'altro (la perenne minaccia dei terremoti). Dobbiamo capire, caro Alfredo, dobbiamo sforzarci di capire. Altrimenti, rischiamo di rimanere soli con i nostri giudizi un po' cattivi, dei quali, tra l'altro, nessuno si cura. dralig
  16. Credo, Marcello, che lo scrivere pezzi come quelli di Harris, nei primi anni Settanta, avesse, negli USA, un significato diverso da quello che poteva avere lo scrivere in modo simile in Europa. Là, non c'era il funzionario di partito che, all'indomani di un'esecuzione del "Nocturnal" di Britten, avrebbe scritto che si trattava di "musica da dimenticare", delle "Canzoni piemontesi" di Mosso che era "musica inconsistente", e della "Sonatina" di Rosetta che era "morta prima ancora di essere oggetto di parto". Quindi, la "Suite" di Harris, in California, non rappresentava - consciamente o inconsciamente - un atto di sfida al regime. Là, un concertista non avrebbe mai ricevuto una telefonata di un direttore artistico, che gli ingiungeva di togliere dal programma di una sua annunciata serie di recitals, il Ricercare di Franco Margola (compositore definito "fascista"), e di sostituirlo con una composizione "suggerita", pena la cancellazione dei concerti. Poi cancellati, naturalmente: a resistere a Stalin, non fu solo Bulgakov. dralig
  17. terrificanti. Non direi, a me sembrano un lavoro di scuola, un bel compito. Trovo che Harris abbia fatto di meglio con la Sonatina. dralig
  18. Io credo che, nell'ambito delle sue scelte estetiche, avrebbe potuto trovare pagine ugualmente propizie e però di maggior spessore musicale. Le Danze di Pedrell erano segoviane al massimo, ed erano molto più alte dei lavoretti di Moreno-Torroba; i Caprichos de Goya di Castelnuovo-Tedesco erano ritagliati su misura per lui, ma - per stare a lavori concepiti negli stessi anni - egli preferì la "English Suite" di Duarte; le Mazurke di Tansman erano anche migliori della "Cavatina", ma egli si spese nelle Variazioni di Albert Harris... dralig
  19. Era - come altri interpreti romantici - un creatore che si serviva della musica altrui per realizzare la propria poetica. Le sue scelte di repertorio non erano quindi operate con un metro critico, ma con una misurazione - in parte istintiva, in parte esperita nello studio - delle affinità tra le opere e il suo mondo sonoriale. Anche se, nell'individuare e nel selezionare i pezzi, non scendeva sotto un certo livello qualitativo, non si tirò indietro di fronte a pagine piuttosto modeste, che però gli offrivano quelle opportunità di suono che egli cercava. Non si preoccupò mai di scavare a fondo nelle intenzioni del compositore, prova ne sia il fatto che manipolò non soltanto le pagine scritte da musicisti che non sapevano nulla di chitarra e che, nel comporre per le sei corde, andavano a tentoni e avevano bisogno del suo aiuto, ma anche pagine scritte da maestri come Sor, che non avevano certo bisogno di aggiustamenti: eppure, nel farle sue, doveva per forza forgiarle adattandole al suo suono e al suo stile. La piaga del segovianesimo consistette nel tentativo di adottare quel modo di sentire e di fare musica, da parte di persone che non avevano nulla da dire: Segovia è stato probabilmente, insieme a Picasso, il maestro più caricaturato del Novecento: la fila di scimmie che si allungata dietro le loro orme è stata davvero processionale. dralig
  20. beh in quanto a supponenza il giudizio che spesso i grandi interpreti riservano all'opera dei compositori non è seconda a nessuno... Si attuano, nei rispettivi giudizi, differenti forme di conoscenza e di sapere. Molto spesso si sono dati e si danno casi di giudizi ottusi e finanche volgari da parte di interpreti riguardo compositori e opere, ma è nota anche l'intansigente durezza di alcuni autori nei confronti di chi suona (non faccio nomi...), dralig
  21. Non credo che filtrasse il repertorio pensando a un legame con la tradizione. Cercava piuttosto musica che, senza scendere di qualità, risultasse propizia per il suo modo di suonare, soprattutto per il suo suono. Poteva quindi accogliere brani essenzialmente melodici, come quelli di Moreno-Torroba, o più scavati e profondi, come quelli di Mompou, o più elaborati formalmente, come le Sonate di Ponce, Castelnuovo-Tedesco e Manen, ma non rinunciava mai a una sonorità corrispondente al suo "mondo". Suonò pochissimi brani scritti, nel Novecento, da chitarristi-compositori: un paio di Canzoni catalane di Llobet, la Nortena di Jorge Gomez Crespo, la English Suite di Duarte, oltre alla mezza dozzina di pezzi di HVL. Mentre possiamo immaginare che avrebbe potuto adottare, che so, la "Sonata" di Antonio José - che non conobbe mai -, proprio non riusciamo a immaginarlo alle prese con il Nocturnal. Il suo mondo e il suo stile erano molto ben definiti, ed è incredibile l'ingenua supponenza di André Jolivet, che non riusciva a rassegnarsi all'idea che la sua musica no gli piacesse. dralig
  22. Segovia non suonò alcuna composizione atonale. Se vogliamo rifarci alla cronologia, i compositori più giovani, tra quelli le cui opere fecero parte del suo repertorio, furono John w. Duarte e Albert Harris. dralig
  23. Caro Giorgio, saper usare Finale non esime dal conoscere a fondo le regole della notazione musicale, anzi presuppone tale conoscenza, altrimenti è come usare Word senza conoscere a fondo l'ortografia e la grammatica. La notazione è una disciplina che non viene insegnata nel corso di composizione, ma dovrebbe far parte del bagaglio di ogni musicista. Lo dico perché ho dovuto impararmela da autodidatta, e non sono tuttora sicuro di saperla proprio per bene. Diciamo che me la cavo. dralig
  24. Se le cose che scrive sono destinate a essere lette da altri, sarà bene che impari le regole della notazione così come sta imparando quelle del contrappunto. Altrimenti, La aspettano brutte sorprese. dralig
  25. Credo che stiamo parlando di due cose diverse. La calligrafia musicale e la notazione sono intimamente legate, ma non sono la stessa cosa. Il Mertz proposto da Neuland è calligraficamente molto buono, ma la notazione non è impeccabile. La grammatica che regola la scrittura dei simboli musicali è una materia che non si impara nel corso di composizione: bisogna studiarsela da sé. I pochi manuali esistenti sono scritti in inglese. La scrittura dei solfeggi del Pedron è normale, senza infamia e senza lode. Considera il fatto che si tratta di una scrittura facilissima, limitata a una sola linea. I problemi di notazione sorgono nella scrittura polifonica e nelle partiture orchestrali. La musica per chitarra è quella che presenta i maggiori problemi di notazione. dralig
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