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Angelo Gilardino

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  1. 1957...Ero da poco orfano indigente di padre (famiglia ex-agiata). Studiavo chitarra e violoncello e mi arrabattavo con lavoretti per sopravvivere. Tra i vari lavoretti, c'era anche quello di voltapagine per i pianisti che accompagnavano cantanti d'opera (ripasso spartiti) e strumentisti, e Dio sa se ho imparato da quelle, che per me erano lezioni. Assistevo come uditore (di straforo, grazie alla complicità degli inservienti della scuola e del suo direttore, che chiudeva un occhio) alle lezioni di perfezionamento di pianoforte tenute nella mia città da un famoso docente. Nel mese di settembre, sostenni l'esame di teoria e solfeggio come privatista al conservatorio di Milano. Appena giunto, con un'ora e mezza di anticipo, mi sedetti nel chiostro d'ingresso - a quell'ora deserto - e di lì a poco passò - con il suo incedere da sacerdote - lui, quello che io consideravo (e considero tuttora) il più grande musicista italiano dei Novecento, Giorgio Federico Ghedini, allora direttore del conservatorio. Colui del quale sono oggi considerato un erede artistico... dralig
  2. Contiene quasi esclusivamente musica stampata e pubblicata, e nessun manoscritto di opere inedite o sconosciute.La raccolta è il frutto della passione bibliografica di una vita: ci sono tutte le prime edizioni della collana Segovia-Schott, della Biblioteca Fortea, della collezione Pujol-Max Eschig, della collezione Scheit-Universal, praticamente l'intero catalogo chitarristico Ricordi Buenos Aires (con le tutte le vidalite, le chacarere e i gatos di tutti i più remoti compositori-chitarristi argentini), le edizioni Romero y Fernandez, Nuñez, Monzino e Garlandini, La chitarra (Modena), insomma tutta la musica per chitarra, conosciuta e ignota, disponibile all'epoca in cui il maestro Mautino era attivo. Ho visto la collezione quand'era ancora nel suo studio. Ero insieme all'allora allievo, oggi brillante concertista, Luigi Attademo, e resistetti alla tentazione - invero forte - di offrire una somma alla gentile erede, e di comperare il lascito in blocco: feci prevalere in me il senso del dovere, che mi spingeva a fare di quel piccolo tesoro una risorsa disponibile a tutti, e consigliai la donazione alla biblioteca del conservatorio di Alessandria. Non ho mai raggiunto l'intima convinzione di aver fatto la cosa giusta. dralig
  3. Oh si che ricordo! Io decisi per il nailon, abbandonando il budello, solamente come conseguenza della mia predilezione per il suono con le unghie che, come certamente sai, funzionano perfettamente e rendono al massimo solo con il nailon. Ma ci fu un periodo in cui tentai di mescolare il nailon e il budello: adoperavo il cantino di budello perché era esente dal clang. Lo squilibrio di suono era però intollerabile. Fu un passaggio lento e travagliato, comunque. I calibri. Le corde Pirastro avevano (da 1 a 6): 13.5, 17.5, 21.5, 16, 19.5, 24. Ce n'erano anche di più piccole (sempre Pirastro), ma io puntavo sempre a quelle massime - per correggere il mio attacco un po' troppo veloce. A quell'epoca, non mi potevo permettere corde Pirastro se non di rado, e mi accontentavo delle corde prodotte da "Premiado taller cuerdas de tripa Gato Negro", il cui diametro era at random, e la cui intonazione era da avemaria. Il cantino non era tanto diverso da una lenza per i lucci. C'era un dilettante riccone che mi invitava spesso a casa sua e mi faceva suonare offrendomi poi la cena che - lo sa Iddio - in quei tempi era graditissima. Ebbene costui teneva sul tavolo della sua imponente salle à manger un vassoio stracolmo di Pirastro - esibizione epulonesca che acuiva in modo atroce la mia crisi di astinenza da corde. Quando mi chiedeva come migliorare il suo suono, che era disumano, io gli consigliavo di adoperare le gato negro, corde - gli dicevo - più adatte al suo attacco (ecco come si può ingannare il prossimo dicendogli la verità). E si effettuava il cambio alla pari: che Iddio mi perdoni (credo che l'abbia già fatto, altrimenti sarei già negli inferi). Purtroppo, Epulone abbandonò la chitarra per l'alpinismo, e io ripiombai nel purgatorio delle gato negro. Un dettaglio: molti anni dopo, quando l'acquisto delle corde non era più un problema (per la verità, mi venivano spesso regalate dai fabbricanti), chiesi alla Rose Augustine se poteva farmi dei cantini un po' più grossi. Mi sorprese il fatto che me ne inviasse un paio di dozzine a giro di posta, senza fiatare. Seppi poi (da Alice Artzt) che le aveva già pronte per un committente che da molto tempo le aveva rivolto la stessa richiesta: Andrés Segovia. dralig
  4. Negli anni Cinquanta, esisteva ancora l'alternativa tra corde di nailon e corde di budello: i negozi di musica le vendevano entrambe. Per montare le corde di budello in modo da ridurre il rischio di rottura (che era comunque alto), si usava un accorgimento della cui efficacia reale non ho mai potuto avere prove, ma che era comunque praticato da diversi maestri. Invece di avvolgere la corda oltre il capotasto direttamente sul corrispondente cilindro , la si intrecciava con una porzione di un'altra corda - presa da una corda sacrificale - ed era quest'ultima, non la corda "reale", a essere infilata e avvolta nel cilindro. Un lavoraccio che io non imparai mai a eseguire. Pare che, con questa "composizione", le corde di budello si spezzassero meno frequentemente. Ne hai mai fatto esperienza? dralig
  5. Si, ho ascoltato un paio di chitarre-lira Mozzani. Hanno un suono più scuro di quello della chitarra ordinaria, un po' ingolato, qualcosa di simile a un vecchio pianoforte verticale, per intenderci (fatte le debite proporzioni). dralig
  6. Paganini e Legnani - per fare solo due nomi - usano sovracuti ben oltre il si ordinario. Io credo che il concertista che usasse una chitarra lira come questa dovrebbe farsi scrivere dei pezzi ad hoc, e non solo per usare appieno l'estensione dello strumento (quattro ottave), ma anche per centrare le sue peculiarità di suono. dralig
  7. Sono liberamente consultabili o occorre essere allievi del conservatorio? Le musiche custodite nelle biblioteche dei conservatori sono accessibili - previa osservanza di un regolamento stabilito da ogni singola istituzione - a coloro che vengono autorizzati dal direttore o, per lui, dal bibliotecario: e qui si aprono scenari diversi, a volte confortanti, a volte no. L'esperienza insegna che tutto si gioca e si risolve nell'ambito di relazioni fiduciarie. In genere, i bibliotecari dei conservatori italiani hanno ottima preparazione e sono disposti a collaborare (con qualche eccezione), ma occorre guadagnarsi la loro fiducia presentando credenziali ineccepibili e agendo con tatto e diplomazia. dralig
  8. Grazie Carlo. Il tuo messaggio reca - tra le pieghe, ma è il caso di esplicitarla - la precisazione che, nel disco di Arnoldo Foa contenente le liriche di Federico Garcia Lorca, anche il commento musicale eseguito da Piero Gosio ( "Lamento per la morte di Ignacio Sanchez Mejias") è stato composto da Mario Gangi: questo non risultava chiaro dal vecchio LP, e si poteva supporre che, oltre a essere l'egregio esecutore, Gosio fosse anche l'autore della musica. Non mi sorprende che Gangi tenesse in grande stima Gosio. E sono sicuro di non essere il secondo, dopo Gangi, a stimare il maestro alessandrino. Alberto Mautino ha lasciato tre chitarre Gallinotti ai suoi eredi. Le ho provate di persona, e ne ho constatata l'ottima qualità. Una in particolare è eccellente. Mautino fu un collezionista appassionatissimo di musiche: rincorreva quelli che oggi si chiamano (impropriamente) spartiti in tutto il mondo, e ne adunò alcune migliaia. Quando mi fu chiesto dall'onestissima erede che fare di quella imponente raccolta, suggerii di farne dono alla biblioteca del conservatorio "Antonio Vivaldi" di Alessandria, e feci i passi necessari per stabilire il contatto. La donazione ebbe luogo, e da allora in poi sentii soltanto lamenti per l'ingente lavoro di catalogazione che gli spartiti avrebbero reso necessario. Non ricevetti nemmeno una lettera di ringraziamento dall'istituzione. Cordialità. dralig
  9. Auspico che tutte le chitarre della terra abbiano come proprietari chitarristi che le amano e che le suonano bene. Dimenticavo: per datare uno strumento che non abbia una datazione in cartiglio o in marchio, bisogna far riferimento a strumenti già certamente datati, che presentino forti somiglianze di lavorazione e di materiali. A spanne, daterei la chitarra lyra in fotografia agli ultimi anni Venti - non sto a spiegare il perché, per non risultare prolisso -, ma per essere più coerente dovrei esaminare lo strumento di persona. Per certo, è molto bello. dralig
  10. Intanto, complimenti vivissimi per essere il proprietario di uno strumento come quello che ci mostra la fotografia. Eviti di montare corde da chitarra acustica e si faccia istruire da un liutaio su come montare corde di budello sintetico con fissaggio a strozzatura. dralig
  11. Ecco, per cercare di ridare una qualche utilità (agli occhi sconsolati dei lettori di questo thread), credo che la cosa più opportuna da fare sia il cercare, su Piero Gosio, informazioni di prima mano, provenienti da testimonianze di persone che ebbero che fare con lui negli anni della sua militanza professionale. Nessuno potrebbe, al riguardo, essere più autorevole e attendibile di Mario Gangi, il maggior chitarrista italiano dell'epoca, che spaziava dal repertorio classico alla musica leggera, e che era il riferimento principale dei chitarristi italiani. Sicuramente egli conobbe Gosio. Carlo Carfagna, che ha tuttora contatti con il maestro Gangi - ora ritiratosi dall'attività - potrebbe consultarlo e riceverne una preziosa testimonianza, tale da arricchire il thread (indipendentemente da Zoroastro, Platone, Erasmo da Rotterdam, Papa Ratzinger, vescovi, parroci e chierichetti, tutti convocati a proposito di un chitarrista che suonava da mancino a corde invertite) con qualcosa di sostanziale. Carlo, se mi leggi, procedi, per favore! dralig
  12. Caro Fabio, ha ragione, ho semplificato nel riassumere eventi e protagonisti. Quanto alla lingua, non è dalla Sua che intendevo prendere le distanze: rileggendo ora il mio messaggio, mi rendo conto che la mia conclusione può suggerire questa non voluta pretesa, e me ne scuso. Non arriviamo sempre alle stesse conclusioni, ma il criterio con cui adoperiamo l'italiano è certamente lo stesso. Riconosco, inoltre, la mia inidoneità nel somministrare alle classi in lotta il trattamento da Lei comminato: sinceramente, temo di non potermelo permettere. dralig
  13. Certo. Facciamo però correre uno sguardo sul panorama offertoci da questo thread. Riassumo: 1) Segnalo un video con il chitarrista Gosio, sconosciuto ai più - come a me - che suona da mancino con accordatura capovolta e ne elogio la prestazione; 2) alcuni lettori si uniscono all'apprezzamento; 3) arriva uno che, per il mio messaggio, definisce me "totem", famuli adulatori gli intervenuti e ridicola la performance di Gosio, allegando al tutto un corposo estratto delle sua "filosofia" in cui se la prende oscuramente con non identificati burocrati della chitarra, lamenta l'oblio di Segovia e auspica l'avvento di un giovane che liberi il mondo oppresso dal complotto chitarristico dei burocrati; lo vorrebbe maleducato e, per non lasciarlo senza esempio, provvede di persona; 4) arriva un altro che: a) dice che a suonare la chitarra da mancino e con accordatura capovolta sono in molti (ma, alla domanda di fare dei nomi, ne indica solo uno); accusa Selvafiorita di non sapere quel che dice; 5) arriva un altro ancora al quale non sta bene che io elogi, biasimi, parli, taccia; ha evidentemente in gran dispitto il fatto che io esista, ma non intende dichiararlo esplicitamente; 6) segue un parapiglia in cui, tra altre delizie, Fabio Selvafiorita minaccia di sottoporre le classi sociali a un trattamento riprovevole e, oltretutto, di problematica attuazione, anche per un giovane gagliardo qual egli è. "Il nostro strumento"? Non è più "nostro" della lingua che crediamo di avere in comune: la vostra, signori, è assai diversa dalla mia. dralig
  14. Non essendoci alcun apprezzabile vantaggio tecnico-musicale nel saper suonare da mancino con corde al rovescio, non trovo, caro Ermanno, un motivo concreto che spieghi tua invidia (alla quale comunque non credo). Deve trattarsi di un puro vezzo estetizzante, del genere di quello che spingeva un chitarrista tosco (noto mangione iscritto a questo forum) a rivendicare a tavola il possesso del "gusto assoluto", per contrapporlo alle gesta di un chitarrista del quale si diceva che fosse capace di trascrivere dai dischi, non soltanto le note di un brano, ma anche le diteggiature della mano sinistra. Alla domanda: ma a che serve?, dal momento che le musiche si trovano già bell'e pronte in commercio, la risposta non poteva essere che: non serve a nulla, ma è bello poterlo fare. dralig
  15. Ehm...(nei fumetti della mia epoca infantile l'interiezione con cui si manifesta imbarazzo si scriveva così, e non mi sono aggiornato), a voler dir lo vero, io a Salvatore Di Giacomo, e precisamente alla sua lirica "Nu pianeforte 'e notte", avrei reso devoto ed esplicito (nel titolo, con un passo della lirica in epigrafe) omaggio, con il secondo movimento della mia "Sonata mediterranea" per chitarra sola. Questa composizione ha attratto l'interesse di eccellenti interpreti (tra gli altri, l'ha incisa in CD il prode Giulio Tampalini), ma il suo autore è rimasto single. Io fui il maestro del Suo maestro - oggi è lui che pulisce le bucce alle mie composizioni, dall'alto della sua dottrina di armonista, segnando spietatamente tutte le scandalose violazioni delle regole in cui - ormai dimentico de lo bello stile - incorro: quelli che la vulgata dei miei allievi, una quindicina d'anni fa, definiva "cazziatoni", mi vengono elargiti senza risparmio, e se non mi offendo per quelli, si figuri se mi offendo per i Suoi buffetti... dralig
  16. Io sono un ex-concertista di chitarra con studi di composizione che, da 29 anni, ha barattato il concertismo con la composizione; accanto a questo fulcro primario, ho svolto (e svolgo, sia pure a rilento, da qualche anno) attività didattica e di ricerca musicologica. In questo quadro - di per sé già abbastanza personale - non è né obbligatorio né proibito occuparsi di altri generi di musica. Si dà però il caso che le passioni e le incombenze proprie di ciò che ho scelto di fare riempiano la giornata e gli spazi mentali a tal punto che ben poco resta per ogni altra cosa: non soltanto lamento deplorevoli lacune nel campo della canzone napoletana, ma anche dell'opera, del gregoriano e della musica medioevale, della musica rinascimentale e barocca, del jazz, della musica popolare, della musica rock, del flamenco e, a dire il vero, fuori dai miei interessi artistico-professionali di ex-strumentista, ora compositore strumentalista con focalizzazione chitarristica, mi appassiono pià facilmente alla pittura (come osservatore, beninteso) e alla letteratura (come lettore, sempre beninteso) che ad altri generi di musica; e le mie lacune sono ben più vistose e lamentevoli: sono single (nessuno mi vuole), non so cucinare (ultimamente, però, mi sono comperato una macchina per fare il caffé espresso), non so guidare e non ho un'automobile prestigiosa (lacuna, questa, particolarmente grave tra chitarristi, sembra), non sono iscritto a nessuna associazione di nessun genere (politico, sociale, religioso, sportivo, etc: niente), non so sciare, nuotare, giocare a tennis, a poker, a biliardo, non ho una console per i videogiochi, e non vado mai da nessuna parte, salvo una modesta vacanza annuale che mi concedo in un agriturismo umbro. Come vede, le cose di cui non mi occupo sono molte, quasi tutte quelle in cui eccelle un vero chitarrista al passo con i tempi. E, anche nel mio campo, sono poco affidabile: ho una lista di promesse incompiute nei confronti di interpreti che mi hanno chiesto un pezzo, da farmi vergognare. Gli editori per i quali lavoro mi stanno alle calcagna per scuotermi un po' (io li chiamo "i miei cr-editori"), ma con scarso successo. Tutto ciò Le scrivo non per fare dell'autobiografia, ma per rendere chiaro - con un'esemplificazione personale che mi auguro risulti efficace - che chi si occupa di "ben più vasto repertorio di musica classica" non ha confini tracciati per la sua ricerca: si traccia da sé la propria area, e ci lavora per una vita, con ovvi e naturali spostamenti di interessi, ed esercitando - specie nella terza età - una benevola tolleranza nei confronti delle proprie lacune, ormai definitive e irrimediabili. dralig
  17. La tecnica è la stessa, cambia tutta la diteggiatura. E' difficile per un destrimane. dralig
  18. Il numero del prossimo gennaio 2009 della rivista musicale (non chitarristica) "Suonare" pubblicherà un articolo di una pagina intera che ho scritto ieri, dopo i graziosi apprezzamenti rivolti al "totem", su Piero Gosio. Lo scritto riprende e sviluppa le informazioni che in questo forum ho dato in maniera sommaria. Così, la figura del maestro alessandrino verrà rievocata per migliaia (invece che centinaia) di lettori. Dice un proverbio spagnolo: "No hay mal que para bien no venga". dralig
  19. Gallinotti, 1946, offertagli in dono dal famoso liutaio suo conterraneo. dralig
  20. Copio fedelmente le note scritte da Mario Dell'Ara su Piero Gosio (nel volume "Pietro Gallinotti - Liutaio di Solero - 2006): "Piero Gosio, chitarrista, violinista e arrangiatore, nacque ad Alessandria nel 1921. Fin da giovanissimo manifestò spiccate attitudini per la musica. Iniziò all'età di sei anni lo studio della chitarra come autodidatta suonando la chitarra del padre, da mancino qual era, e senza invertire le corde. Sviluppò così una tecnica del tutto personale e straordinaria, applicata durante tutta la sua lunga carriera, che destava stupore e ammirazione in chi lo vedeva e ascoltava suonare. All'età di undici anni iniziò lo studio del violino con il maestro Ercole Giaccone, al Liceo Musicale di Alessandria, dove si diplomò brillantemente. Nel 1944 fu assunto nell'orchestra d'archi di Torino, diretta da Ruggero Maghini, La sua passione principale era però la chitarra e la musica jazz, Django Reinhardt in particolare. Già dall'età di sedici anni, nonostante l'ostracismo della cultura di regime, Gosio faceva parte di un complessino col quale si esibiva in provincia producendosi come chitarrista e arrangiatore di musica jazz. Sempre come chitarrista entrò a far parte delle orchestre di Pippo Barzizza e di Cinico Angelini e poi delle orchestre della Rai di Torino (1952) e di Milano (1957). Molto apprezzato per le sue doti di arrangiatore, elaborò partiture per i direttori che si susseguirono via via alla Rai: Barzizza, Trovajoli, Kramer, Bonocore, e tanti altri. Eclettico e versatile, fu presente in ogni genere di spettacolo, accompagnano la voce recitante di Arnoldo Foà (1953), vincendo il Festival di Sanremo [...] incidendo dischi per le canzoni napoletane interpretate da Giuseppe Di Stefano o ancora, prendendo parte al sestetto "A. Schoenberg" diretto da Bruno Maderna (Milano, 1965) e come arrangiatore per la Gershwiniana al Teatro alla Scala con Carla Fracci. [...] Nel repertorio classico rimane di lui un disco (1972) con musiche di Paganini nel quale, con la sua inseparabile Gallinotti del 1946, suona il Quartetto Primo con Alfonso Mosesti, violino, Carlo Pozzi, viola, e Giuseppe Petrini, violoncello, e accompagna Mosesti in Quattro Sonatine per violino e chitarra." Non occorre ch'io ricordi chi erano Maghini, Maderna e i componenti del Quartetto di Torino: con Maghini in Rai, o era buona la prima, o andavi dritto a casa. Sono lieto di aver ricordato ai lettori di questo forum la figura di Piero Gosio - mi riprometto di farlo anche in altra sede. Chapeau. dralig
  21. Alcuni utenti del forum apprezzano, come me, il singolare approccio chitarristico di Piero Gosio: che male c'è? Dov'è l'adulazione nei miei confronti, dove la piaggeria? Mi sembrano evidenti, agli occhi di chiunque conosca i fondamenti della tecnica chitarristica non tarreghiana, i pregi dell'impostazione della mano sinistra di Gosio: polso semiesteso (e non flesso), angolazione giusta, vibrato "naturale" (di chiara matrice violinistica: Gosio era diplomato in violino), cambio di posizione rapido e leggero. Che cosa c'è di strano che io lo osservi in un chitarrista, che tale impostazione metteva in atto nel 1957, quando i metodi di chitarra e l'insegnamento corrente prescrivevano il polso sinistro flesso e la presentazione della mano con l'asse centrale perpendicolare al piano delle corde? E' una constatazione di fatti evidenti, di natura tecnica, non una beatificazione: l'essere d'accordo non implica nessuna adesione fideistica, nessuna genuflessione. Perché mai io dovrei dire: zitti, non adulatemi? Come posso sentirmi in diritto di intromettere un "io" in un semplicissimo dialogo riguardante un collega quasi sconosciuto? Che c'entro "io", che c'entrano gli utenti che mi vorrebbero adulare? Non sarà che ad alcuni dà fastidio il fatto che esistano delle concordanze, e non solo delle divergenze? Non sarà che qualcuno ha scambiato l'autonomia delle opinioni e dei giudizi con la necessità di essere sempre e comunque in disaccordo? Negli anni Sessanta, dichiaravo un'intervista rilasciata a "Strumenti e Musica" che, nello studio del suono della chitarra, era utile e opportuno considerare anche le esperienze e i risultati raggiunti dai virtuosi del plettro, e portavo ad esempio il suono creato da Django Reinhardt. Lo ritenevo, e lo ritengo, un musicista geniale, e ho cercato di imparare qualcosa anche dal suo modo di suonare. Ne ritrovo tracce nel suono del maestro torinese - che mi dolgo di non aver conosciuto di persona: lo segnalo ai lettori in questa luce, non dico che sia stato un'alternativa a Segovia, dico che è stato un chitarrista interessante, singolare: che cosa ho fatto, se non quello che qui fanno tutti, quando ritengono di avere qualcosa di utile, o semplicemente di curioso, da dire? No, non va bene: non ha parlato AG, ha parlato il totem, e quelli che sono d'accordo sono adulatori. Mi spieghi, Mr Gasgas: da un lato Lei non comprende perché io "me la prenda tanto" con le "celebrazioni", e dall'altro non comprende perché io non zittisca i miei "adulatori": forte di una siffatta logica, io credo che Lei debba incominciare con il comprendere sé stesso. Intanto, ho compreso che, ch'io parli o ch'io taccia, per Lei sono in fallo. dralig
  22. Allora parli e scriva dei Suoi princìpi e del Suo modo di considerare la chitarra senza tentare di appiccicare etichette fasulle alle persone che partecipano a questo forum. Che diventino dogmi, lo ha detto solo Lei. Io sono qui senz'altro scopo che quello di colloquiare serenamente di musica per chitarra, di storia della chitarra, di repertori, di studi, di ricerche: dico quello che so e che mi pare opportuno dire, esattamente come fa, in questo forum, chiunque altro, senza mai arrogarmi precostituzioni di autorità: faccio parlare il mio lavoro e, nelle discussioni, i miei argomenti. Non scrivo per cercare consensi e non mi inquieto per i dissensi - purché manifestati con correttezza. Come persona, rifiuto nel modo più risoluto ogni etichettatura che tenti di spossessarmi della mia umanità e, in questo senso, trovo la definizione di "totem" gravemente offensiva: lede il mio modo di sentire me stesso, il mio rispetto degli altri, la passione e la sofferenza che ogni giorno mi costa la mia opera di compositore e di studioso: non si permetta mai più di riferirsi a me con apprezzamenti del genere di quello che ha infelicemente speso nel Suo messaggio. Glielo dico una volta sola, e non Glielo ripeterò. Angelo Gilardino
  23. Il Suo? E la scoperta che ciascuno coltiva una propria visione artistica, della quale la chitarra non è altro che strumento (per l'appunto), Le procura disappunto? Si rassegni, il Suo modo di sentire, pensare, agire, vale solo per la Sua persona e, in questo forum, come in qualunque altro consesso civile, soltanto la forza delle Sue idee e del modo con cui le professa e le esprime potrà darLe credito. Nient'altro. Consolidato ma in piena evoluzione - grazie all'apporto di chi crea, di chi studia e di chi ricerca. E manifesto il mio interesse nei confronti di un collega - si, considero Piero Gosio un mio collega, anche se io non ho mai accompagnato canzoni e lui non ha mai composto musica da camera: lo rispetto e lo segnalo a coloro che, come me, sanno levarsi il cappello di fronte a ciò che è autentico, anche se è piccolo e modesto. Dove siamo Glielo spiego subito: in un luogo virtuale dove a nessuno è permesso di chiamare "totem" un musicista vivo, vegeto e in piena attività senza infrangere le regole della buona educazione, del rispetto umano della deontologia: qui, prima che musicisti, siamo cittadini, e le opinioni in campo artistico e musicale si manifestano nei termini della convivenza civile. Se a Lei non piace il suono del maestro Gosio e non è d'accordo con chi invece lo apprezza, esprima il Suo dissenso adoperando i termini del lessico musicale e lasci stare le persone, evitando apprezzamenti che non hanno nulla che vedere con la critica e con la discussione. E' certamente ora di smetterla: di ingiuriare il prossimo e di tentare di infangare il lavoro altrui. Certo che, dopo aver qualificato come "ridicola" l'arte chitarristica del maestro Gosio, chiamare "filosofia" una cosa del genere denota un grande equilibrio e un'ammirevole modestia. E' mia convinzione che molti partecipanti siano muniti di senso del ridicolo, e che la loro presenza sia motivata anche dal fatto che, di occasioni di divertimento, questo forum è davvero prodigo. dralig PS Io non ho affatto dimenticato Segovia, e sono colui che egli ha designato per aver cura di una considerevole parte della sua memoria: quella legata al più grande contributo che egli ha dato alla storia della chitarra, il repertorio.
  24. ...il noto cantante napoletano, nonché attore, Nunzio Gallo. Gran bella voce. L Immagino che avrà cantato il repertorio classico napoletano, quelle canzoni che non sfigurano davanti alle romanze d'opera e ai lieder. Sai se esiste qualche CD nel circuito commerciale? O è roba solo da napoletani veraci? dralig
  25. Anche a me il suono ricorda quello di Django Reinhardt - un gran bel suono, bisogna ammetterlo - anche se prodotto con il plettro. dralig
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