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Angelo Gilardino

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  1. Un concerto per chitarra e orchestra? Sarebbe importante sapere quale, quando e dove. Finora risulta che l'unico chitarrista che i Berliner servirono in una registrazione fu Behrend. Conosco il retroscena della singolare scelta dei Berliner, ma non li posso documentare e quindi non li rendo pubblici. Grazie alle ricerche svolte da Frédéric Zigante, che ha esplorato gli archivi Rai, sono ora in possesso della registrazione che Mario Gangi effettuò con l'orchestra dell'Angelicum di Milano del "Concerto dell'Argentarola" di Ennio Porrino (diretta dallo stesso compositore). E' un concerto magnifico, eseguito con musicalità e con sicurezza, e ho ritenuto fosse mio dovere segnalarlo a Filippo Michelangeli, il direttore di "Seicorde", per la pubblicazione in CD nella serie "I maestri della chitarra": è una registrazione storica, ed è un peccato mortale lasciarla a funghire negli archivi Rai. Spero che Michelangeli riesca a sbrogliare la matassa burocratica e a ottenere il permesso di pubblicazione. dralig
  2. L'ho ascoltato pure io...hai ragione, niente di che. Non certo a causa dei Berliner. dralig
  3. Non c'è niente di indiscreto, è come chiedere l'onorario di un qualsiasi professionista, o la quotazione di un quadro di un pittore. Dipende dal compositore: Penderecki costa 200mila euro (così mi è stato detto da un chitarrista che lo aveva interpellato per un concerto per chitarra e orchestra). Tra chitarristi che compongono anche per altri strumenti, si spende molto meno: il più famoso e quotato (non cito il nome) chiedeva alcuni anni fa 50mila dollari per un lavoro per chitarra e orchestra (e li ha ottenuti più di una volta, anche da clienti italiani). Una buona regola, secondo me, è quella di fissare il compenso in base alla durata dell'esclusiva che i committenti vogliono: stabilita una cifra di base (10mila euro) con la quale il committente si assicura la prima esecuzione e l'esclusiva per un anno, per ogni ulteriore anno di esclusiva, 3mila euro, da corrispondere anno per anno. Quando cessa l'esclusiva, il compositore è libero di pubblicare il pezzo e di permettere così a chiunque di suonarlo. dralig
  4. La Sua riflessione mi porta di getto a farne un altra. Nel mio immaginario (probabilmente poco realistico) c'è la figura del compositore che - emozionato da una persona, da un paesaggio, da un altra forma d'arte, da una particolare situazione, da uno stato emotivo - compone spontaneamente ed ispirato. Le faccio quindi questa domanda (che in realtà estendo a tutti i compositori presenti su questo Forum) : come riesce un compositore a conciliare questa contrapposizione che si crea fra composizione spontanea emozionale da quella "a commessa" ? Voglio dire: nel Suo percorso artistico ha notato differenze emozionali differenti fra le Sue composizioni "sponatanee" rispetto a quelle "a commessa" ? Spero di aver formulato la domanda in maniera comprensibile. Grazie Taltomar Non esiste nessuna contrapposizione. Il compositore scrive sia spontaneamente che su commissione. Se scrive spontaneamente, in genere si cura di collocare il pezzo nella portata di un certo numero di esecutori e di formazioni - quindi, se è intenzionato a scrivere un pezzo per strumenti a plettro, evita di scriverlo per otto mandolini e un basso tuba; se accetta una commissione, lo fa perché si sente stimolato dalla specificità della richiesta, oltre che dall'onorario. Intendo dire che la cosiddetta ispirazione può benissimo sorgere anche dal desiderio di corrispondere a un desiderio altrui: quando il giovane maestro Luigi Vedele mi chiese di comporre un pezzo per chitarra e percussione, io gli dissi di no, e gli feci la controproposta di comporre un lavoro per chitarra e vibrafono, idea che, senza il suo invito, non mi sarebbe mai venuta in mente. Lui accettò e il pezzo venne fuori in due mesi. E poi, chi ha detto che l'offerta di 50 mila euro per comporre un Concerto o una Sonata non possa far sorgere una potente e subitanea ispirazione? dralig
  5. Ho auspicato, e auspico, che a "governare il mondo" - non soltanto e non necessariamente in parlamento, ma ovunque si debba aver cura della res publica - siano in futuro giovani come Francesco, cioè presi da autentica passione per quello che fanno, e non gelidi manipolatori delle sorti altrui, a proprio spietato e insaziabile tornaconto. Io non sono un cattolico militante, ma mi faccio un obbligo di leggere tutto ciò che la cultura cattolica offre al mondo, dalle encicliche del Papa ai documenti della Cei, così come, a suo tempo, ho cercato - e cerco tuttora - di comprendere, leggendo, le altre culture: quella marxista, quella liberale, quella radical-libertaria. Riesco a dialogare con tutti, purché dall'altra parte ci siano intelligenza e buona volontà. dralig
  6. I direttori non hanno alcun interesse a chiamare, all'occorrenza, chitarristi scadenti: se gli strumentisti non sono validi, l'esecuzione tutta ne patisce, e il direttore finisce con il vedersi accollare colpe che non ha. Esiste evidentemente un problema di informazione: la nicchia della chitarra non è autoreferenziale, è soltanto debole, non ha la forza di trasmettere messaggi che giungano là dove si puote ciò che si vuole (almeno in parte). dralig
  7. Trascuratissima, e con qualche buon motivo. E' improbabile che un compositore possa sentirsi interessato, o addirittura ispirato, a comporre di sua iniziativa per chitarra e pianoforte: all'epoca del fortepiano, poteva avere un senso, oggi molto meno. Quindi, il compositore si muove su richiesta di un duo di chitarra e piano che, con le sue esecuzioni, gli offre la prospettiva di non vedere la sua opera sprofondare nel silenzio. A me sono giunte le richieste più rare - ho scritto una Partita per vibrafono e chitarra - ma non quella di comporre per chitarra e piano. Castelnuovo-Tedesco, che era un grande gentiluomo, pensò di far cosa gradita a Segovia e alla di lui seconda moglie, la bravissima pianista Paquita Madriguera, scrivendo per loro la sua bellissima Fantasia per chitarra e piano. Ahilui, quando la compose non era informato degli eventi: il matrimonio Segovia-Madriguera era andato a monte da cinque anni, e la Fantasia, da allora, trovò ben pochi interpreti. dralig
  8. A dire il vero, i pianisti insistono sui grandi concerti di un numero limitato di autori: Mozart, Haydn, Beethoven, Chopin, Schumann, Liszt, Brahms e, del Novecento, presentano normalmente i concerti di Ravel, Prokofiev, Bartok: nemmeno loro sono dei grandi esploratori del repertorio (quando mai suonano i Concerti di Mendelssohn o le "Noches" di Falla) ed è rarissimo che presentino i concerti di autori del Novecento paragonabili a quelli che hanno composto concerti per chitarra, o addirittura degli stessi autori. Io, per esempio, non ho mai ascoltato dal vivo uno dei concerti per pianoforte di Castelnuovo-Tedesco, di Ponce, di Villa-Lobos. E' vero che i chitarristi non sono dei campioni del loro repertorio con orchestra, ma trovo - fatte le debite proporzioni tra i rispettivi repertori - che nemmeno i pianisti siano ardimentosi: suonano si e no 10% dei concerti, e lasciano il rimanente 90% accuratamente sottochiave. Un'altra domanda da porsi, per valutare la situazione, è la seguente: quando viene pubblicata in CD una buona esecuzione di un concerto per chitarra e orchestra, che non sia Aranjuez, la Fantasia para un Gentilhombre, etc., qual è l'accoglienza che le riservano anche solo i chitarristi (non dico il pubblico in generale)? Ad esempio - piccola inchiesta - quanti, tra coloro che hanno nella loro discoteca il concerto di Rodrigo, magari con più di un'esecuzione, hanno anche il Concertino di Tansman nell'ottima, e fin qui unica, registrazione di Zigante? dralig
  9. Gli è, caro Fabio, che io non ho mai proposto ad alcuno di "condividere" la mia concezione salvifico-escatologica, e in ciò ho manifestato, se non amore per il mio prossimo, certamente un autentico rispetto per le altrui convinzioni: mi fa stupire, dunque, la Sua mancata condivisione di ciò che io ho sempre tenuto accuratamente per me, limitandomi a darne discreta testimonianza là dove si aprisse un discorso qual è quello ora qui in atto. Dialetticamente, lo ammetto, mi sono scoperto, offrendoLe la possibilità di definire "utopia" quello che io penso e in cui credo, mentre Lei, che dichiara di non voler rivelare il Suo pensiero, non esita a trafiggere quello altrui - anche quando l'operazione, attuata nei confronti di messaggi molto ingenui, risulta culturalmente un poco sleale -, ma La prego di constatare e di riconoscere che la mia escatologia salvifica è stata determinante ai fini della creazione della mia musica, e che perciò non è forse giusto, filosoficamente, definirla "utopia", nemmeno quando essa, manifestandosi al di fuori del processo estetico, si mostra come pensiero. Il cristiano direbbe che non è caritatevole, e il laico direbbe che non è corretto, puntare il proprio strale alla radice, fingendo di non vedere l'albero che ne è nato. A questo solo, e non ad altro, doveva servire la mia "concezione". Infatti, ho scelto di essere musicista, non altro. E si dà il caso che anche i musicisti pensino e parlino: per favore, però, non citiamo le loro parole come quelle dei filosofi. dralig Se lo sleale e il trafiggere messaggi altrui riguarda il suo messaggio e l'estetica ...le do ragione...tra l'altro è una opinione che condivido...per questo preferisco non nominarla (detto con faccino sorridente allegato, che poi infatti non è mai vero...è assai probabile che questa esperienza di forum, con quasi 2500 messaggi, di blog, di tumblr, e altre cosette rechi sempre una traccia labile di un percorso)....ma avevo in mente wittgenstein...su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere...mi sembra una buona massima. ...se il "trafiggere" e lo sleale culturale riguarda invece le mie risposte (che penso semplicemente serie, non culturalmente poco sleali) messaggi di altri utenti...beh...sono un poco perplesso. indipendentemente da chi pronuncia cosa (per me Ciccio ha lo stesso valore di Joseph Ratzinger) quel che conta che per me, detto terra terra, priva di coltura, è che la sostanza dell'ingenuità di quei discorsi si insinua e serpeggia in ambiti dove non dovrebbe stare minando la libertà della ricerca...si ricorda la frase la mia libertà finisce dove comincia la tua? ecco, io ho la percezione, ma la forte percezione, che la mia libertà sia minata da quelle "ingenue riflessioni", che trovo contro natura. Riporto allora un mio messaggio precedente che privo di cultura, riguarda invece la vita di ognuno di noi, non l'oltretomba o il potere dei simboli: Sterili divisioni? E quali sentimenti dovrebbe provare una persona che percepisce che "forze" più grandi di lui impediscono alla figlia, immobile e in stato vegetativo da quasi vent'anni, di adempiere alla sua volontà di lasciare questa vita? E quali sentimenti dovrebbe provare una persona malata che nutre speranze nella ricerca sulle staminali quando sente parlare di "cellule etiche" ? Queste sono le conseguenze di quelle incongruenze (i messaggi ingenui), che sono anche le fondamenta culturali di quel pensiero. La comprensione incomincia prima del dialogo, e dura anche quando questo è terminato. Io penso che i ragazzi come Francesco governeranno il mondo dopo di noi, e che lo faranno con passione amorevole, e non ho paura di quello che pensano, perché so quello che sentono. Ho fiducia nelle loro passioni. Mi preoccupa solo l'indifferenza. dralig
  10. Gli è, caro Fabio, che io non ho mai proposto ad alcuno di "condividere" la mia concezione salvifico-escatologica, e in ciò ho manifestato, se non amore per il mio prossimo, certamente un autentico rispetto per le altrui convinzioni: mi fa stupire, dunque, la Sua mancata condivisione di ciò che io ho sempre tenuto accuratamente per me, limitandomi a darne discreta testimonianza là dove si aprisse un discorso qual è quello ora qui in atto. Dialetticamente, lo ammetto, mi sono scoperto, offrendoLe la possibilità di definire "utopia" quello che io penso e in cui credo, mentre Lei, che dichiara di non voler rivelare il Suo pensiero, non esita a trafiggere quello altrui - anche quando l'operazione, attuata nei confronti di messaggi molto ingenui, risulta culturalmente un poco sleale -, ma La prego di constatare e di riconoscere che la mia escatologia salvifica è stata determinante ai fini della creazione della mia musica, e che perciò non è forse giusto, filosoficamente, definirla "utopia", nemmeno quando essa, manifestandosi al di fuori del processo estetico, si mostra come pensiero. Il cristiano direbbe che non è caritatevole, e il laico direbbe che non è corretto, puntare il proprio strale alla radice, fingendo di non vedere l'albero che ne è nato. A questo solo, e non ad altro, doveva servire la mia "concezione". Infatti, ho scelto di essere musicista, non altro. E si dà il caso che anche i musicisti pensino e parlino: per favore, però, non citiamo le loro parole come quelle dei filosofi. dralig
  11. Ci risponde Jean Genet, un grande scrittore che fu anche un deviato criminaloide, e che quindi ci parla dal profondo della sofferenza: "La santità consiste nel rendere utile il dolore." Utile in quale senso? Naturalmente, nel senso di una trasformazione in sapienza e in solidarietà. Chi ha patito, sa come il suo patimento poteva essere alleviato, e sa come soccorrere chi patisce. Genet non era un cristiano, ma aveva compreso a fondo il valore della solidarietà. L'intelligenza laica e l'altruismo cristiano possono convergere. La vita di ciascuno ha il senso che ciascuno riesce a darle, con la sua volontà e il suo fare. In assenza di ciò, è chiaro che non ha alcun senso. Gli esseri umani nascono in condizioni enormemente diverse, e quindi per molti - la maggioranza - è assai difficile costruire una vita che abbia senso. E' tuttavia evidente che molte persone non sanno cogliere il favore delle circostanze che permetterebbero loro una vita piena di senso. L'affermazione "la vita non ha senso" andrebbe spesso sostituita da un'altra, più veritiera: "Non ho saputo né voluto dare un senso alla mia vita, e ora sono qui a lamentare il fatto che la vita non ha senso, il che è evidentemente insensato". Lei usufruisce di un dono, quello della fede. Io sono convinto che, quando si tratta di vera fede, e non di un abbaglio della follia e della disperazione (dalle quali sorge molto spesso il fanatismo religioso, che non ha nulla che vedere con la fede), chi ne è toccato sa che non è dono elargito a tutti, sa che lo Spirito Santo scende sugli uomini con decisioni imperscrutabili (al punto da posarsi imperiosamente sull'ideologo avverso, sul volgare peccatore, sul potente criminale), e rispetta profondamente l'operato di chi, pur non illuminato dalla fede, opera per il bene del suo prossimo. In questo mondo, il cristiano e il laico hanno, nei riguardi del loro prossimo, gli stessi doveri. Cambia la prospettiva del servizio che rendono, prospettiva religiosa per i cristiani e puramente etica per i laici, null'altro. Io metto sullo stesso piano il cristianesimo aggressivo e giudicante di molti cattolici e il laicismo tronfio e derisorio di molti laici: penso che entrambi stiano arando il mare. dralig
  12. Non sarò io a difendere l'indifendibile. Io credo invece alla necessità - essa sola salvifica - dell'individuazione e del perseguimento di valori comuni a tutte le culture (per esempio, l'arte), e a una solidarietà "leopardiana" tra tutti gli esseri viventi. Questo è possibile, se a vincere sarà l'intelligenza. Altrimenti, è certo che la catastrofe, che può rimanere allo stato latente fintanto che il pianeta è abitato da cinque o sei miliardi di persone, esploderà inevitabilmente quando la popolazione giungerà a raddoppiarsi, senza abbandonare le reciproche intolleranze. dralig
  13. E' precisamente allora che i riconoscimenti, non cercati, ti giungeranno. dralig
  14. Forza e coraggio: si incomincia da un'aspirazione, da un'esigenza interiore. Tutto il resto - le capacità tecniche, lo stile - si acquisiscono a partire da questa, che Gian Francesco Malipiero chiamava "intima commozione". Non serve "mettere la firma", bisogna spenderci la vita. Molti, che falliscono, non si rendono conto del fatto che la differenza essenziale tra loro e chi è invece riesce a creare qualcosa di autentico e di vero, non risiede tanto nel talento, ma in questa assoluta serietà, che spinge a non risparmiare nulla di sé, a investire tutto nel proprio tentativo, a rischiare, nella grande scommessa, il senso della propria esistenza. dralig
  15. La potenza dei mezzi di comunicazione crea le star anche nel campo della spiritualità e dell'altruismo. Sono convinto che in questo mondo esistano tante persone che sacrificano la loro esistenza nel tentativo - talvolta ai loro stessi occhi pressoché impotente - di alleviare le sofferenze altrui: i loro nomi non assurgono agli onori delle cronache, spesso questi ignoti periscono, sopraffatti dalle circostanze avverse, e la loro storia non viene letta da nessuno. Per ogni Teresa di Calcutta, icona dell'abbandono di sé all'impeto della carità, meritatamente giunta alla gloria, ci sono migliaia di anonimi, non meno grandi, che soccombono nel silenzio: la loro voce non ci giunge. E' necessario essere - o farsi, se non lo si è - consapevoli del fatto che amare il prossimo fino al sacrificio di sé, insegnato limpidamente dal Vangelo, non è sentimento esclusivamente cristiano: lo si può vivere nella sua pienezza, fino all'estremo, anche fuori dalla Chiesa, in piena "noche oscura del alma". Non dimentichiamo, del resto, la confessione della stessa madre Teresa, che non nascose la caduta della sua fede e, in lei, il silenzio di Dio, e che, ciò nonostante, continuò a manifestare in opere la sua pietas: si può giungere alla stessa altezza in virtù del cristianesimo o in virtù dell'umanesimo, perchè entrambi, se intesi a fondo e vissuti senza riserve egoistiche, ispirano gli stessi comportamenti. Spiace leggere, nei messaggi dei giovani, accuse roventi: i cristiani che si annettono stati in essere speciali, esortativi e missionari, mostrando scarsa conoscenza, quando non velato o aperto disprezzo, delle culture non cristiane; e i laici che infieriscono nel ricordare le nefandezze compiute in nome di Gesù Cristo e nel sottolineare le incongruenze culturali del cattolicesimo contemporaneo. Questa strada non conduce da nessuna parte, se non a un perpetuarsi delle storiche e sterili divisioni che hanno procurato, al genere umano, soltanto calamità. dralig
  16. A 67 anni, più che proseguire, si tratta di concludere. Manca, nel catalogo, un Quintetto per chitarra e archi: il picco raggiunto dal Quintetto di Mario Castelnuovo-Tedesco intimidisce chiunque voglia scriverne un altro (responsabilmente, si capisce). Forse, però, in questo declinare del 2008, chissà... dralig
  17. Ma no, ma no: a crocifiggere Cristo non furono dei laici, dei liberi pensatori, dei filosofi: furono invece - Lei lo sa benissimo - i sommi sacerdoti, i custodi della religione, Anna e Caifa. L'agnosticismo romano - ormai indifferente agli dei pagani - avrebbe fatto grazia della vita al grande accusato - non lo trovava colpevole di nulla - e Pilato volle, con il famoso lavacro delle mani, prendere le distanze da quello che - in base al codice romano - giudicava un crimine assurdo, Quando - alla domanda se egli si reputasse re - Cristo gli rispose che il suo regno non era di questo mondo, Pilato constatò che il suo lavoro era finito, che egli non aveva alcun motivo per mandare a morte quell'innocente: non era nemico di Cesare, e dei regni ultraterreni a Roma non importava nulla. A volere Cristo appeso alla croce furono le autorità religiose del tempio. In nome della religione si sono combatture tante guerre, si sono commesse tante nefandezze, si sono inflitte tante sofferenze, da far sembrare le critiche rivolte dalla cultura laica alla Chiesa, oggi, come qualcosa di ragionevole (indipendentemente da quanto le si condivida) e di niente affatto pericoloso: lo sa benissimo Papa Ratzinger, che sta dialogando con i non credenti alla ricerca di una comune vocazione al bene, sia esso cercato con l'aiuto della fede o semplicemente - da parte di chi non crede - con il rispetto comunque dovuto all'essere umano. Si ricordi del titolo di un grande libro scritto da un filosofo ateo, Jean Paul Sartre: L'esistenzialismo è un umanesimo. dralig
  18. "...Volgendo stancamente il capo, come chi volga il capo Per un addio a La Rochefoucauld, come se la strada Fosse il tempo e lui fosse là al fondo della strada." dralig
  19. Il Caravaggio ha raffigurato con somma potenza quel momento. Matteo era un ebreo che riscuoteva dai suoi compatrioti le tasse per conto dei romani, quindi uno spregevole collaborazionista, l'ultimo tra coloro che potevano essere toccati dalla fede. Il Caravaggio ha dipinto in modo perfetto il suo sgomento, il suo stupore, potremmo dire persino la sua incredula rabbia, come se stesse dicendo a Gesù - usando le parole di un contemporaneo: "Ma che c...o vuoi? Proprio a me dovevi chiedere di venirti dietro?", e però, nel momento stesso in cui ringhia la sua ribellione, sente di non potersi esimere, perché ciò che è appena nato in lui è più forte di lui, di tutta la sua vita precedente, di tutte le sue convinzioni e persino della sua manifesta immoralità. Mikhail Bulgakov, ne "Il maestro e Margherita", fa di Matteo il messo che recapita i messaggi di Cristo risorto e glorificato a Woland, dopo che questi ha messo Mosca a ferro e fuoco. Woland non cela il suo disprezzo per l'ebreuccio rinnegato che ha "mollato tutto" per seguire Gesù, però obbedisce al comando che Matteo gli reca: "Digli che sarà fatto". Non capisce, Woland, come mai al Maestro, che ha dedicato la sua vita a scrivere il libro su Gesù, venga concessa la pace, ma negata la luce. Woland è il principe di questo mondo, e i suoi servitori li paga meglio... dralig
  20. D'accordissimo: non perdiamo dunque il senso delle sue parole di grande rispetto e di profonda stima per la cultura laica appena pronunciate in occasione del suo dialogo con il presidente francese. dralig
  21. Proprio tutti - anche se non so a chi si riferisca - mi sembra un po' allarmante. Anche perché, nel prossimo giugno, può darsi benissimo che staremo tutti (e tutti per davvero) pensando a come comperare pane e albicocche verdi - altro che biglietti per voli intercontinentali. dralig
  22. Il Concerto, che fu eseguito per la prima volta da Giuliani alla Redoutensaal di Vienna il 3 aprile 1808. fu pubblicato nel 1810 a Vienna da Bureau des Arts ed d’Industrie. L’organico orchestrale comprende gli archi e due flauti, due oboi, due clarinetti, due fagotti e due corni. Il titolo originale recita: GRAND CONCERTO/ pour la Guitarre/ avec accompagnement de grand Orchestre/ Composé et Dédié/A Son Altesse Impériale le Prince/Eugène/Vice Roi d’Italie/par/son très humble et très soumis serviteur/MAURO GIULIANI/Op. 29/ L’accompagnement s’y trouve arrangé in Quartett. Il numero d’opera è errato. Le parti non pubblicate nell’edizione viennese si trovano manoscritte alla Bayerische Staatbibliothek di Monaco di Baviera, anche se è invalsa la pratica – divenuta anzi prevalente – di eseguire il Concerto nella versione per chitarra e archi. Anton Diabelli, editore oltre che compositore, pubblicò nel 1922 – tre anni dopo la partenza di Giuliani da Vienna – una versione per chitarra e pianoforte. Le parti, dunque, non sono diverse: quando si esegue la versione con i soli archi, semplicemente si omettono i fiati. dralig
  23. In realtà i virus non sono forme di vita secondo la classificazione biologica, in quanto, tipicamente, non muoiono, né si riproducono se non mediante alterazione del codice genetico dell'organismo cui si attaccano... EB Non pretendo di rivelarti nulla, ma saprai (e non mi sembra alieno al contenuto della discussione) come questa realtà risponda alla descrizione che, del male, dà la teologia classica: il male è un non-ente, non esiste di per sé, si manifesta soltanto come attentato al bene, o suo parassita, allo scopo di annichilirlo o comunque di sottrargli forza e vita. Concezione che troviamo ben manifesta anche nella letteratura: colui che si presenta in quel di Palestrina al nostro collega Adrian Leverkuhn, il grande compositore, offrendogli collaborazione per scrivere l'opera fuori dal tempo, è vestito da lenone (Thomas Mann, Doctor Faustus), si percepisce che egli vive a carico delle persone le cui anime riesce a comperare; e le terrificanti pagine manniane non sono che un ampliamento, una riscrittura, del colloquio tra Ivan Karamazov e il misterioso visitatore, anch'egli manifestamente parassitario. Il grande Fiodor aveva fatto un'immagine del pensiero dei padri della chiesa. dralig
  24. Ben diverso è il riposo di Sant'Agostino dall'anelito del Leopardi: il santo di Ippona trova Dio, il Leopardi - proprio nella poesia che Lei ha citato - si stupisce di come l'uomo possa sentire in sé - dinanzi allo spettacolo della bellezza - un palpito e un'aspirazione che poi trovano, alla fine della loro strada, soltanto il nulla. Nessuno, potendo, si negherebbe alla fede, a meno di essere stolto: il fatto è che essa non sorge a comando o per effetto di volizione. E' un dono misterioso e irrazionale, a volte subitaneo e persino violento: la fede che invase Saulo sulla via di Damasco era stata cercata e voluta? L'illuminazione che stravolge l'Innominato è risultato di una volontà di trovare Dio? Il senso del mio intervento, Francesco, non era quello di scindere arte e religione - e come potrei, dopo aver composto "Lecons de Ténèbres"? -, ma, per un atto di lealtà culturale, alla quale tutti dobbiamo essere esortati, di tanto in tanto, far osservare come la ricerca della bellezza e la nobiltà del pensiero possano svilupparsi anche là dove non vi è la luce della fede. "Scrittore grande, anche se non illuminato dalla fede": questo il giudizio che il più autorevole critico cattolico diede di Ernest Hemingway all'indomani della sua morte. E null'altro che questo io intendevo, là dove il Suo messaggio sembrava voler dire che, senza fede, nulla abbia senso. Siamo giusti, e impariamo anche dalle grandi anime che non sono state toccate dalla Rivelazione. Leggiamo Bernanos e Mauriac, ma anche Sartre e Camus: le loro lezioni sono ugualmente alte e splendenti. dralig
  25. Lungi da me il proposito di separare arte e religione ma, per puro scrupolo di obiettività, faccio osservare che si sono gettati a capofitto, con i risultati che ben conosciamo, poeti del calibro di Giacomo Leopardi, che in Dio proprio non credevano. C'è un umanesimo laico che ha fatto la storia - e la storia dell'arte - parallelamente a quello cristiano. Questo per la verità, e senza smettere di essere colui che ha scritto gli "Studi di virtuosità e di trascendenza". dralig
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