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Angelo Gilardino

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  1. Come ha reagito? Come una persona mite e gentile, che vede riparato un torto subito anni prima. Senza di lei, quella musica non sarebbe esistita, e questo qualcuno doveva dirlo. Tra l'altro, non mi limitai a dirlo in occasione della "prima". Più avanti nel tempo, scrissi anche un articolo per "Seicorde". Se vuoi, te ne posso mandare il testo privatamente. dralig
  2. La raccolta di sette Preludi intitolata "La serra" fu composta da Barbieri per chitarra normale. Nell'edizione, figurano alcune alternative tra chitarra esacorde e chitarra eptacorde perché il chitarrista genovese che curò l'edizione, Federico Orsolino, era eptacordista, ma non ci fu una precisa opzione del compositore per quest'accordatura. Barbieri scrisse la sua musica per chitarra (oltre a "La serra", ben tre concerti con orchestra) in età matura, ispirato dalla sua passione per una giovane chitarrista genovese, sua allieva di armonia. Non corrisposto - la chitarrista in questione si sposò all'estero -, al momento della pubblicazione cambiò la dedica, e il nome di Orsolino prese, nel frontespizio, il posto di quello di Elisabetta Tagore. Quando diedi a Savona la prima esecuzione pubblica della raccolta (anno 1976), raccontai brevemente in pubblico la storia. L'interessata era in sala. dralig
  3. Chiedo scusa per averLa trasformata in lettrice. Mi fa piacere che Lei abbia colto il senso del mio intervento e Le auguro di raggiungere i Suoi obiettivi. Non si dolga del fatto di dover coltivare la Sua passione musicale senza grandi progetti concertistici: l'esperienza mi induce a pensare che la condizione ideale per fare musica sia la Sua. dralig
  4. Se non vuole polemiche, non le susciti. Qui si sta discorrendo pacificamente di un tema proposto da una lettrice, senza allusioni all'età - anagrafica o mentale - dei partecipanti. Le si potrebbe rispondere che, oltre a liberarci dal vecchiume, sarebbe auspicabile liberarci anche dal giovanilismo tracotante e spaccone, ma così facendo il contenuto della discussione si impoverirebbe senza alcuna utilità per nessuno. Scusi, perché dice "ci libereremo"? Rappresenta qualcun altro, oltre a se stesso? E se è libero, perché non domanda ai vecchi schiavi: "Quando vi libererete?" Infatti, nessuno ha parlato di problemi che affliggono "le nuove generazioni" (la discussione è tecnica, non biblica), ma di uno specifico problema che - in quanto posto da una lettrice reale, non dal personaggio di un romanzo - ha poco da giovarsi nel venire trattato a suon di proclami delle nuove generazioni che tale problema non hanno, o dicono di non avere. Quando Lei non sapeva camminare, aveva - si suppone - dieci mesi, e il Suo non era un problema, era una situazione normale, alla Sua età di allora. Se non avesse saputo camminare in modo soddisfacente a tre anni, e i suoi genitori si fossero rivolti a dei medici per avere aiuto, sarebbe stato intelligente - da parte dei dottori - rispondere loro che ormai quella era una questione vecchia, priva di importanza per "le nuove generazioni"? Di questo egualitarismo nella tecnica, non vi è attualmente traccia nelle prestazioni dei chitarristi. Alcuni di loro - una buona percentuale - hanno ottima tecnica, altri - una percentuale notevolissima - hanno chiari limiti tecnici, lo si evince facilmente dai dischi che essi hanno inciso e pubblicato, nonché dai loro concerti. Nei più importanti concorsi di chitarra, ai giudici viene richiesto di formulare specifiche valutazioni sulla tecnica. Immagino che quella delle scale a 240 sia una boutade, perché la maggioranza dei chitarristi di oggi non sa farle nemmeno a 180, e non mi riferisco agli studenti, ma a coloro che danno concerti e incidono dischi. Siamo fatti tutti allo stesso modo, ma non con le stesse misure e con le stesse capacità, e comunque la discussione verte sul fatto che una lettrice non era soddisfatta della velocità dei suoi arpeggi, e, nella biblica assemblea dei "più o meno", sul fatto che a lei non piaceva il suo "meno" e cercava consigli: che le sono stati dati, insieme all'esortazione di distinguere tra ciò che era migliorabile e ciò che non lo era. Si può migliorare l'italiano di chi scrive "qualcuno a detto", ma non trasformarlo in uno scrittore: quindi, non siamo tutti uguali e, se alcuni problemi di ortografia e di grammatica sono risolvibili, sarà bene chiarire che l'imparare a mettere le "h" alle voci dell'indicativo presente del verbo avere non ci renderà uguali a chi vince i premi letterari. Per l'appunto. La lettrice voleva migliorare il suo arpeggio, non diventare un genio. E dell'arpeggio si è parlato. Risulta che la lettrice si sia rivolta impersonalmente ai docenti che partecipano a questo forum, quindi che stava volonterosamente cercando. Se abbia trovato o meno quel che cercava nelle risposte che ha ottenuto - inclusa la Sua -, sarà bene che sia lei stessa a giudicarlo. Chi si nasconde, non scrive pubblicamente le sue opinioni. E invece di esortare alla diffidenza, io esorto ad andare a verificare che cosa ci sia "dietro" le affermazioni che ciascuno fa pubblicamente, anche sulla propria tecnica. Infelicissima metafora. Infelice sia nei confronti della persona che ha posto un problema di tecnica chitarristica, sia nei confronti di una intera categoria di esseri umani. Lei non ha letto - o non ha capito - quello che è stato scritto: non si è minimamente fatto riferimento a delle menomazioni, ma a dei problemi di efficienza nell'ambito della normalità, alla possibilità di migliorare tale efficienza - e a tal proposito sono stati offerti degli specifici consigli, anche da parte di esponenti delle "nuove generazioni", non solo del "vecchiume" - e all'evidenza del fatto che ciascuno ha, umanamente, dei limiti: anche coloro che fanno le scale a 240, e che magari amerebbero farle a 300. Qui, si stava conversando, poi è arrivato "qualcuno" a distribuire apprezzamenti sull'età e sulle sedie a rotelle. Se questo è lo stile delle "nuove generazioni", a molti sembrerà opportuno mantenere in uso lo stile del "vecchiume". dralig
  5. Attenzione, io non ho detto - e se l'ho lasciato intendere me ne dolgo - che esista per forza "un problema" neurologico. Ci sono cervelli da virtuosi e cervelli non da virtuosi, e questo non è un problema, si tratta di differenti modi di essere. Un violinista che suonava splendidamente la Sonata a Kreutzer non si azzardò mai a eseguire un Capriccio di Paganini, ciò non di meno fu un grande violinista... La psiche è un'entità i cui poteri sono immensi. In senso inibitorio, come ci hanno dimostrato gli psicoanalisti, da Freud fino ai contemporanei, può fare danni terribili. Le disposizioni di un chitarrista si manifestano fin dai primi mesi di studio. C'è una fase di formazione di base, durante la quale si imparano i fondamenti della tecnica: se guidata bene, non dura più di un paio d'anni, alla fine dei quali si può già valutare il profilo del futuro chitarrista. Se un passo che richiede una determinata tecnica non viene risolto in mezz'ora, è inutile insistere con gli stessi mezzi: si può solo peggiorare la situazione. Bisogna esaminare il problema e capire come risolverlo. Questo non è facile, e sia nella diagnosi che nella terapia il maestro è determinante. La scuola permette a ciascuno di adoperare al meglio e di sviluppare al massimo i proprii mezzi, ma non può trasformare una persona in un'altra. dralig
  6. Carissimo Piero, qual è la differenza - dal punto di vista strettamente fisico - tra la performance di un atleta e quella di uno strumentista? La domanda, rivolta a te, è del tutto retorica, ma non sarà male, credo, chiarire il concetto per chi ci legge. Perché un velocista che corre i 100 metri in meno di dieci secondi non prosegue, dopo il traguardo, alla stessa velocità, per altri 9900 metri, polverizzando così il record dei 10mila metri? Lo sappiamo tutti: non può farlo a causa dell'accumulo di acido lattico nei suoi muscoli, con conseguenze respiratorie, cardiache, etc. Se un miracolo lo liberasse dall'acido lattico, nessuno lo fermerebbe, e lui sarebbe ben felice di andare avanti per altri 1000 secondi a quell'andatura. Un chitarrista che fa 7 note consecutive in mezzo secondo accumula acido lattico? Le sue pulsazioni cardiache accelerano? Il suo respiro si fa affannoso? No. Ma allora perché non prosegue alla stessa velocità per dieci minuti? Se il suo apparato osteo-muscolare (che tu giustamente chiami in causa) gli permette di suonare sette note in mezzo secondo - essendo chiaro a tutti che ciò richiede uno sforzo fisico insignificante -, nulla gli impedirebbe di continuare, e smetterebbe solo perché stremato dalla noia, ma non dalla fatica. In altre parole, a impedirgli di continuare non è un fattore fisico. Se lo fa per mezzo secondo, in senso strettamente fisico lo può fare per mezza giornata. Il problema è quindi neurologico. Il cervello del chitarrista in questione non riesce a impartire gli impulsi a qualunque velocità, ma solo fino a un certo limite, oltre il quale i suoi circuiti non funzionano più. Il lavoro che suggeriamo - da diversi punti di vista - non ha influenza su questo quadro. Funziona solo per economizzare e controllare l'esecuzione degli impulsi evitando blocchi e dispersioni: questo si, in senso strettamente fisico, cioè nel movimento. Ma la mente resta quel che è. Ciao. Il tuo vecchio maestro, dralig.
  7. Ecco, per un giovane musicista che si sta (brillantemente) formando, il luogo comune è più velenifero della peste. dralig
  8. E perché mai? Sono un tipo calmissimo, non mi arrabbio mai, e comunque qui proprio non ce n'è motivo, neanche per un tipo alla Filippo Argenti. dralig
  9. Non ho letto l'articolo in questione, ma non mi interessa. Non esiste una tecnica specifica del tremolo, degli arpeggi, degli accordi, delle note singole, etc. Queste sono tutte applicazioni della medesima tecnica fondamentale. dralig
  10. Il Quartetto Santorsola esegue "Veneziana - Ricordo di Alexandre Tansman", secondo movimento della composizione intitolata "Feste lontane - sinfonietta" di Angelo Gilardino. dralig
  11. La forza necessaria per eseguire un arpeggio chitarristico è quella di un bimbo di cinque anni: basta e avanza. Non occorre quindi irrobustire le dita in senso fisico, ma imparare a controllarne il movimento sulle corde e ad adoperare "direzionalmente" la forza che ciascuno di noi ha in abbondanza (rispetto allo sforzo richiesto). Suonare lento e forte è il modo migliore per acquisire direzionalità e controllo. In questo senso le dita devono "irrobustirsi": diventando più precise ed efficaci nel "condurre" la forza che abbiamo già, non nell'aggiungerne (non occorre). Ricordi che il cervello mappa i movimenti esattamente come li compiamo: se noi eseguiamo un arpeggio, il cervello mappa "tutto" ciò che fa parte dell'azione, compresa la sensazione tattile del contatto con le corde. Per questo non serve a nulla esercitare i movimenti senza chitarra (il cervello mappa inb tal caso un'altra categoria di movimenti, e non la associa, come noi crediamo, all'azione del suonare). Bisogna focalizzare l'azione delle dita sul loro obiettivo (le corde). Forte e lento. Così facendo, lo sforzo diminuisce progressivamente, fino a ridursi allo stretto necessario, e di conseguenza l'azione facilitata diventa anche più veloce. Con il limite determinato dai neuroni di ciascuna persona. Naturalmente, studiare lentamente serve solo se si mantengono inalterati i movimenti. Se, rallentando, si cambia tipo di movimento rispetto a quando si suona a tempo, studiare lentamente non serve a nulla. dralig
  12. Quello che descrive è solo un espediente. Per acquisire velocità, occorre ridurre lo sforzo che ogni dito deve compiere per spostare la corda. Perché una corsa a ostacoli è meno veloce di una corsa piana sulla stessa distanza? Ovviamente, perché gli ostacoli obbligano l'atleta a uno sforzo supplementare. Quindi, non potendo diminuire la resistenza delle corde, occorre aumentare la potenza della leva che le aziona: riducendo lo sforzo, l'azione risulta più facile e fluida, quindi più veloce. L'esercizio migliore è quello che richiede il maggior impegno energetico alle dita: quindi suonare ogni nota forte, curando che le dita non si estendano passivamente durante la pressione sulle corde e non si flettano senza controllo dopo lo svincolo, e non curarsi, in questa fase, della velocità. Qualcuno prescrive ai proprii allievi anche esercizi per rinforzare le dita indipendentemente dalle corde. Non credo che ciò sia molto utile, però nemmeno dannoso. Va da sé che il migliore degli esercizi conduce ognuno di noi a colmare il proprio limite di velocità. Questo limite non è determinato soltanto da fattori fisici, ma anche da particolari facoltà cerebrali. dralig
  13. Probabilmente si riferisce alla tecnica dell'attacco preparato o, in inglese, planting. Consiste - per quanto riguarda l'arpeggio che Lei indica - nel collocare in anticipo tutte le quattro le dita della m.d. a contatto con le corde (come se dovesse poi eseguire un accordo perfettamente placcato), e nell'estrarle a una a una. Questo procedimento offre, alla maggioranza degli esecutori, una maggior scorrevolezza (velocità), anche se dà problemi nel controllo dell'intensità delle note singole e, qualche volta, del ritmo. dralig
  14. Bellissimo ma inutile, purtroppo. L'inadeguatezza, la neghittosità e l'indolenza del chitarrista medio nei riguardi del repertorio e dei suoi valori si moltiplicano esponenzialmente nei gruppi di chitarristi. I compositori che scrivono per chitarra sola (e i loro eventuali editori) non hanno molte possibilità di vedere la loro musica sui leggii dei chitarristi, e quando ci arriva, è ben raro che venga compresa per quello che è: non è la lettura, ma sono altri fattori a determinare il "successo" o meno di una composizione e del suo autore. Scrivendo per gruppi di chitarre, la situazione peggiora, e molto, al punto che - nella misura in cui un compositore può scegliere di scrivere per chitarra sola o per gruppi di chitarre senza tradire il proprio pensiero musicale e le proprie esigenze - è consigliabile evitare la scelta multichitarristica, che risulta perdente da tutti i punti di vista. Ci si può arrischiare a scrivere per più chitarre a seguito della commissione o della richiesta di un gruppo con il quale si ha un rapporto diretto e personale, e quindi la certezza che la propria opera non verrà coperta dal silenzio: a parte questi casi, in linea generale, e se non ci sono esigenze proprie, meglio astenersi. Chiereghin è uno dei tanti, bravi compositori la cui opera è da molti anni bloccata nell'ascensore al primo piano. La lista degli autori che, come lui, hanno scritto buona musica per chitarra, rimasta poi nell'ombra, è assai lunga. Il dato che meno fedelmente rivela e misura il valore delle loro composizioni chitarristiche è quello riflesso nella quantità e nella frequenza delle esecuzioni da parte dei chitarristi. Non c'è da lamentarsi: fanno quello che possono e che sanno fare. L'unico atteggiamento positivo nei confronti di tale realtà è quello di incoraggiare e di sostenere i pochi che hanno l'intelletto e il coraggio di fare diversamente, esplorando il repertorio. Si consideri però che la lista dei brani da leggere è sterminata, e che un singolo esecutore, anche se bravo e volonteroso, nella sua intera carriera, riesce a venire a capo di duecento pezzi... dralig
  15. Lo stato di salute di uno strumento si misura unicamente nella qualità e nell'ampiezza del suo repertorio e, da questo (essenziale) punto di vista, la chitarra gode di ottima salute. Il Novecento è stato davvero il suo secolo d'oro, assai più dell'Ottocento. Altro discorso è quello che si deve fare sullo stato di salute dei chitarristi: questo dipende dalla loro padronanza del repertorio, ed è quindi un fatto individuale. Ci sono chitarristi colti e chitarristi ignoranti, con una grande varietà di gradi di conoscenza e di ignoranza, fino al paradosso dei chitarristi colti che lottano quotidianamente per ridurre il loro grado di ignoranza e di chitarristi talmente ignoranti che ignorano persino di essere tali. dralig sono idealmente d'accordo ma la musica va dove la portano i musicisti e io, fossi chitarrista, pretenderei qualcosa in piu dalla categoria La botte dà il vino che ha. A me piacerebbe che la si smettesse di ascrivere i comportamenti - meriti e demeriti - dei chitarristi al bilancio del loro strumento. La chitarra - intendendo con ciò la musica scritta per chitarra - è ricca, e se i chitarristi non lo sanno, o non sanno trarne vantaggio per sé, peggio per loro. Del resto, va così en peu partout. Un collega ha svolto in conservatorio una piccola inchiesta su un campione di quindici studenti, domandando loro qual è il nome di battesimo di un famoso artista del Novecento che di cognome fa Morandi: solo quattro hanno risposto "Giorgio". Non perciò ne concluderemo che la pittura naviga in cattive acque. dralig
  16. Lo stato di salute di uno strumento si misura unicamente nella qualità e nell'ampiezza del suo repertorio e, da questo (essenziale) punto di vista, la chitarra gode di ottima salute. Il Novecento è stato davvero il suo secolo d'oro, assai più dell'Ottocento. Altro discorso è quello che si deve fare sullo stato di salute dei chitarristi: questo dipende dalla loro padronanza del repertorio, ed è quindi un fatto individuale. Ci sono chitarristi colti e chitarristi ignoranti, con una grande varietà di gradi di conoscenza e di ignoranza, fino al paradosso dei chitarristi colti che lottano quotidianamente per ridurre il loro grado di ignoranza e di chitarristi talmente ignoranti che ignorano persino di essere tali. dralig
  17. l'orchestra zitta e i solisti suonano? ma che senso ha un concerto così lungo? sei ore??? Non è una soluzione infrequente, anzi, Barrueco, per la televsione francese, ha registrato un concerto in cui eseguiva Aranjuez e, nella seconda parte, un recital. Dopo tutto, in termini di mera durata, un concerto per chitarra e orchestra non credo che superi i 30-35 minuti, e la seconda parte può comodamente contenere il secondo tempo di un recital solistico di altrettanti 30 minuti. Indubbiamente, per i solisti è un'impresa non da poco, tant'è che la commissione è stata affidata a personaggi con una solida preparazione. Dubito fortemente, e dalle parole del M° Gilardino si evince che non sarà così, che i tre solisti si esibiranno nella stessa serata... EB Ho scritto chiaramente che i tre solisti si esibiranno "uno per serata", e del resto è ovvio: se così non fosse, cio' se i tre concerti con orchestra venissero eseguiti nello stesso programma, non vi sarebbe alcun bisogno di aggiunte di brani per chitarra sola. L'orchestra, ovviamente, si schiera soltanto quando viene eseguito un concerto, non mentre un solista si esibisce da solo. dralig
  18. Il maestro Pino Racioppi, direttore artistico del festival di Lagonegro, mi ha comunicato - e lo riferisco qui perché non ho vincoli di segretezza, ma si tratta di notizie che egli solo potrà confermare - che, oltre al normale ciclo di concerti allegati al festival di agosto (che avrà luogo regolarmente) - è in programma anche un ciclo di tre concerti per chitarra e orchestra, organizzati per celebrare il 25° anniversario della fondazione del festival. Questi tre concerti avranno luogo - ovviamente in tre serate, agli inizi di ottobre - in diverse sedi: Lagonegro, Potenza, Matera. Protagonisti sarebbero l'Orchestra della Magna Grecia e tre solisti(uno per ogni serata): Lorenzo Micheli, per il Concerto in Re di Castelnuovo-Tedesco, Dimitri Illarionov, per il Concerto di Novgorod di AG, Cristiano Porqueddu, per il Concerto di Oliena di AG. La parte di programma non occupata dai concerti con orchestra verrebbe affidata alla chitarra sola, quindi il compito dei tre concertisti, che dovranno eseguire, nella stessa serata, un concerto con orchestra e un mezzo recital, sarà particolarmente severo. Sottolineo che si tratta di un'iniziativa in fase di organizzazione, non di un cartellone già pubblicato - quindi prendiamo la notizia con tutte le cautele. dralig
  19. I diritti della "Canzone veneziana" sono stati riacquisiti dalla moglie del compositore. Il brano - in una versione revisionata e diteggiata da AG, diversa da quella a suo tempo edita da Zanibon - è stato pubblicato da "Seicorde". Se qualcuno vuole la musica, credo di potergli inviare il file PDF. Può inviarmi la richiesta dal mio sito. dralig
  20. L'opera di Napolén Coste - come quella di ogni altro autore - necessita per prima cosa di essere studiata a fondo. I chitarristi, nei suoi confronti, sono in debito e in grave ritardo, molto più di quanto non lo siano nei riguardi degli altri grandi del repertorio romantico, Mertz e Regondi. Direi che, al momento, la cosa più importante è leggere bene le sue composizioni. Una cosa è certa: gli Studi dell'op. 38 e gli Studi facili che egli ha annesso al metodo di Sor sono tra i lavori più belli di cui la chitarra disponga nel secolo XIX. dralig
  21. Spesso - e non solo nel caso in questione - conviene adoperare il barré completo invece del barré parziale, anche quando le corde da barrare sono soltanto due o tre. dralig
  22. Mesirca è senza ombra di dubbio il miglior esecutore delle trascrizioni per chitarra delle Sonate di Scarlatti che io conosca, però anche Vladimir ha ragione, nel clavicembalo suonano diversamente, molto più snelle e vive. Ho notato questa cosa anche in Bach, specialmente nel Preludio Fuga e Allegro 998 suonato da Gustav Leonhardt.. Nella trascrizione per chitarra suonano molto bene, sono tre brani che adoro (fra le altre cose li porto anche al diploma) però ascoltandoli al clavicembalo di Leonhardt sono ipnotici, specialmente l'Allegro. Scusa l'OT ma stavo ragionando su quanto detto da Vladimir... Torno a ragionare con le mie casse... SeeU La polifonia di Bach è - anche nelle composizioni strumentali, e a maggior ragione in quelle per clavicembalo e per organo - completa, cioè realizzata organicamente in ciascuna delle sue parti. E' ovvio che lo strumento per il quale i Preludi, le Fughe, le Invenzioni, le Partite, etc., furono scritte permetta un'esecuzione piena e scorrevole, rispettando lo sviluppo lineare e continuo di ogni singola voce. La polifonia di Scarlatti è ben diversa, non di rado abbandona il tracciato lineare di una voce per farne risaltare un'altra, è una polifonia allusiva, "simbolica", e proprio in questa sua irregolarità Kirkpatrick per primo ha individuato un influsso chitarristico. La rimando alla lettura delle note che accompagneranno il CD di Mesirca nel prossimo numero di "Suonare". Con questo, non intendo tentare di convincerLa di ciò di cui io sono convinto, ma proporLe argomenti per una riflessione su aspetti propriamente musicali, riconoscibili a una attenta lettura dei testi. Mettere sullo stesso piano di accessibilità, da parte della chitarra, Bach e Scarlatti, è possibile soltanto se si ci trova al di qua della conoscenza dello stile dell'uno e dell'altro. dralig
  23. Si colloca il dito 1 come barré sul dodicesimo tasto (conviene prendere tutte e sei le corde anche se non è indispensabile, ma la posizione è più salda), si prende il si bemolle fondamentale con il secondo dito in quinta corda, il do diesis con il quarto dito in seconda corda e le altre note (sol in terza corda e mi in prima corda) sono già prese dal barré. La risposta è data in base a quello che ho capito della domanda. Se non ho inteso bene, prego riformulare il quesito. dralig
  24. Non vorrei imbarcarmi - e tentare di imbarcarti - in una discussione estetica, ma trovo che, nella misura in cui è lecitamente eseguibile con la chitarra, la musica di Scarlatti si trovi in uno stato di rivelazione molto più felice di quello che le è offerto dal clavicembalo. Proprio per i valori che tu giustamente sottolinei, e che non sono propriamente valori armonici, ma di pura invenzione lineare (se non vogliamo dire melodica), la dizione della chitarra, che permette di "modulare" le intensità e i modi di attacco molto più sensibilmente del clavicembalo, nonché per gli specifici attributi che alla melodia conferisce il vibrato, la chitarra è in grado di profilare le linee con un'infinità di nuances che al clavicembalo sono precluse: questo risulta evidente fin dal primo ascolto di una qualsiasi sonata nelle due versioni. Non è, e non sarà mai, in discussione il primato del clavicembalo nei riguardi della musica di Scarlatti, anche perché la chitarra può eseguire al massimo la settima parte del corpus sonatistico scarlattiano. E' però fuori discussione anche il fatto che Scarlatti aveva assorbito un fortissimo influsso chitarristico, e a mettere in rilievo questo aspetto fu proprio l'interprete scarlattiano principe: il clavicembalista Ralph Kirkpatrick. Quindi, non ti resta che aggiungere, alla tua lodevole conoscenza scarlattiana, anche una buona audizione del miglior Scarlatti chitarristico oggi disponibile in CD. C'è una monografia di Luigi Attademo, e la rivista "Suonare" - che è letta da tutti i musicisti, e dai pianisti in particolare - sta per uscire proprio con un CD di Alberto Mesirca interamente dedicato a Scarlatti. Se una rivista musicale - non chitarristica - si prende una responsabilità del genere, non lo fa senza prima aver sottoposto la registrazione al vaglio di pianisti e clavicembalisti. E io mi sono impegnato a scrivere le note che accompagneranno il CD. Te ne propongo un ascolto molto attento, dopodiché, se vuoi, torneremo sul tema. ag
  25. Senza contestare l'incontestabile, cioè che il genio di Scarlatti si manifesta pienamente nelle sue Sonate, mentre quello di Paganini viveva soprattutto nel gesto del virtuoso - e nelle sue composizioni ne raccogliamo soltanto una parte - resta il fatto che, in senso strettamente compositivo, i due maestri sono contigui: cioè, sono due grandi strumentalisti (significa: compositori di musica strumentale) che hanno lavorato nella stessa linea "sonatistica" italiana, adoperando mezzi quasi identici. Anch'io - che non sono un "trascrizionista" nato - amo Scarlatti come risulta nel suono della chitarra. E' più bello che nel clavicembalo. dralig
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