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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. La ringrazio per la solerte risposta, ma sopratutto sono molto felice di aver messo le mani su un duetto, che possiamo quasi definire "sconosciuto". A quanto pare dunque, ve ne sarebbero molti altri? E' un work in progress, o c'è già qualcos'altro di concreto?!

     

    Grazie di nuovo

     

    Se siano molti, non lo so - è un autore che conosco pochissimo. Sono sicuramente parecchi, come può vedere nel sito del lascito Boije, da dove si possono anche scaricare le copie delle edizioni d'epoca:

     

    http://www.muslib.se/ebibliotek/boije/

     

    dralig

  2. Spulciando qua e là nella rete, insieme allo studio n.3 di Regondi e un Im Walde di J.Franz ( :?: ) ho trovato anche un duetto all'apparenza e anche chitarra in mano, molto ben fatto, di un tale A.Darr.. è in Mi maggiore, e mi è sembrato ricco di sfumature ed anche abbastanza complesso... Qualcuno sa qualcosa di questo Darr?! Sembra spuntato fuori dal nulla, eppure è un lavoro di ottima fattura nell'ambito dei duetti.

     

    Grazie in anticipo

     

    His talents in composing and performing on the guitar are well documented but his abilities in singing and on the zither are little known to present day music fans of the guitar. Darr was born at Schweinfurt, Germany, 1811 and died at Augsburg, in 1866. At the age of eighteen he began his musical activities in performance and travelled throughout Europe performing before royal courts. At the end of his tour in Russia, he remained in St. Petersburg to teach and perform and after three years returned to a position in Wurzburg. At this time he teamed-up with Frederick Brand and began a relationship as a guitar duet performing throughout Germany until his death October 22, 1866. (See P. Bone).

     

    Adam Darr fu uno dei massimi esponenti dell'arte della chitarra in Germania nel pieno Ottocento. Nacque a Schweinfurt nel 1811 e morì ad Augsburg nel 1866. Era un virtuoso della chitarra, ma non soltanto - suonava anche la cetra e cantava. Diede concerti nelle corti europee e, dopo una permanenza a San Pietroburgo, tornato in patria diede vita a un duo con un altro chitarrista, Frederick Brand. Scrisse musica per due chitarre (tra cui il pezzo da Lei trovato) proprio per alimentare il repertorio del duo, e compose anche per chitarra sola. Dal poco che ho letto, mi sembra un musicista ben preparato e, ovviamente, la sua musica calza perfettamente la chitarra. Attualmente, se ne sta occupando uno studioso tedesco, quindi credo che potremo leggere presto uno studio monografico su di lui.

     

    dralig

  3.  

    E' vero, ma le differenze stilistiche e compositive si possono sottolineare con altri termini, mentre i vocaboli "moderno" e "contemporaneo" non hanno altro scopo di fissare cronologicamente le composizioni. Altrimenti la filastrocca di Margola sarebbe un brano contemporaneo. Secondo me una cosa che andrebbe modificata nei conservatori è il criterio di scleta del brano di musica contemporanea da portare , per esempio, al quinto, perché se si porta un brano come quello che ho citato, tecnicamente (e interpretativamente) non si dimostra per niente di saper affrontare scritture differenti.

     

    Infatti, nel programma d'esame nulla afferma che lo scopo di quella prova è rivelare la preparazione del candidato nell'affrontare "scritture differenti". Gli viene richiesto solo di eseguire un brano moderno o contemporaneo, non "contemporaneo con scrittura differente". E nemmeno i programmi di compimento medio e di diploma impongono di dar prova di tale capacità. Si può benissimo suonare brani di musica contemporanea con scrittura classica.

     

    dralig

     

    E' vero, non è scritto che quello è lo scopo, ma secondo me non guasterebbe. Io credo che nella musica moderna/contemporanea ci siano delle pagine bellissime, anche per chitarra (di cui si parla). I gusti ovviamente possono differire dai miei, ma credo che durante un percorso di studi, l'allievo debba saper affrontare anche questo tipo di scrittura. Una volta "maturato" musicalmente, sceglierà il proprio repertorio e forse dimenticherà del tutto le tecniche meno usuali, ma sono esperienze che vanno fatte, non crede?

     

    Basta guardare i repertori dei concertisti che hanno studiato con me.

     

    dralig

  4. Albayalde da chi è pubblicato?

     

    Cercavo anche "I asked it for you" (o una roba simile) di un compositore inglese, quello degli elefanti sullo sparito, per intenderci.

     

    "Albayalde" è pubblicato da Zimmermann.

    "You asked for it", pubblicato da Universal, è una composizione di David Bedford, nella quale è richiesto il barrito, che si ottiene strofinando le dita della mano destra, bagnate, sul fondo della chitarra.

     

    Un vecchio chitarrista della mandolinistica vercellese - del quale fui allievo nel 1954 - eseguiva il tremolo multicorde con uno spazzolino da denti, il glissando multicorde con un collo di bottiglia e - molto prima di Marco - conosceva già tutti gli effetti derivanti dall'uso della lametta da barba sulle corde. Però non immaginò mai di essere un compositore d'avanguardia, anzi, andava fiero della sua abilità nell'accompagnamento arpeggiato di "Speranze perdute", valzer di tale A. Morelli, e nel "Valzer fantastico" di Enrico Marucelli. Il suo pezzo forte era la "Zingaresca"di Navone.

     

    dralig

  5.  

    E' vero, ma le differenze stilistiche e compositive si possono sottolineare con altri termini, mentre i vocaboli "moderno" e "contemporaneo" non hanno altro scopo di fissare cronologicamente le composizioni. Altrimenti la filastrocca di Margola sarebbe un brano contemporaneo. Secondo me una cosa che andrebbe modificata nei conservatori è il criterio di scleta del brano di musica contemporanea da portare , per esempio, al quinto, perché se si porta un brano come quello che ho citato, tecnicamente (e interpretativamente) non si dimostra per niente di saper affrontare scritture differenti.

     

    Infatti, nel programma d'esame nulla afferma che lo scopo di quella prova è rivelare la preparazione del candidato nell'affrontare "scritture differenti". Gli viene richiesto solo di eseguire un brano moderno o contemporaneo, non "contemporaneo con scrittura differente". E nemmeno i programmi di compimento medio e di diploma impongono di dar prova di tale capacità. Si può benissimo suonare brani di musica contemporanea con scrittura classica.

     

    dralig

  6. Capisco.......quindi non c'è poblema se mi presento a un concorso di musica contemporanea con Castelnuovo-Tedesco e Rodrigo. :D

     

    Certo che no, a meno che le regole specifiche di quel concorso non delimitino l'epoca della composizione (ad esempio: "un brano scritto negli ultimi 10 anni").

     

    L'idea del "contemporaneo" oggi non si può più associare alla musica che sola era considerata tale negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta.

     

    Si è finalmente capito e accettato il fatto che non è la scelta dei materiali a determinare il valore di una composizione, e nemmeno la sua "contemporaneità".

     

    dralig

  7. Ma allora col termine "contemporaneo" cosa intendiamo?

    Per me musica contemporanea vuol dire musica scritta con un linguaggio che possa dirsi contemporaneo in senso storico o che faccia un uso nuovo di un linguaggio già sfruttato.In questo senso la Sonata classica non ha nulla di contemporaneo,mentre Albayalde è espressione di un'estetica a noi vicina,quella delle provocazioni avanguardiste.La Sonata de fuego invece penso possa inscriversi nel filone delle provocazioni raffinate,come la Fantasia sobre fantasia;perciò inserirei anche questa tra le composizioni contemporanee per il nuovo significato che assume lo stile tradizionale.

    Che senso ha scrivere convintamente in stile settecentesco oggi?Io credo nessuno,così come non ha senso scrivere un sonetto o dipingere alla Caravaggio.......a meno che non si debba accontentare un committente.

     

    Alla parola "contemporaneo" si dovrebbe dare il senso che ha, quello attribuitole dal vocabolorio, che lo definisce aggettivo qualificativo di ciò che è e che accade nella stessa epoca o nello stesso momento.

     

    Che la musica aleatoria alla "Albayalde" fosse "più vicina a noi" è affermazione basata sulla supposizione che il "noi" indichi tutta la contemporaneità di allora. Indicava, invece, una ristrettissima minoranza. Negli USA, a nessuno è mai importato niente delle vicende musicali postweberniane europee e, anche chez nous, molti compositori non hanno scritto musica secondo i dettami della polizia darmstadtiana. Nell'anno in cui Marco scrisse "Albayalde", Castelnuovo-Tedesco scriveva i "Caprichos de Goya".

     

    L'idea di considerare l'uso dei linguaggi musicali (e non solo) come una linea che progredisce nel tempo, e che avanza, è tramontata da decenni: era una delle fisse di Adorno e dei suoi pretoriani. La storia l'ha sconfitta.

     

    dralig

  8. Ma il criterio della data di composizione accomunerebbe brani come la Fantasia para un gentilhombre e Le marteau sans maitre...Soprattutto nel repertorio chitarristico ,in cui in genere le cose sono successe in ritardo, credo ci sia bisogno di distinguere la musica in base all'idea che c'è dietro e non con le date.

     

    ...ecco che le discussioni sono incominciate.

    Nel 1926, Ponce compone il "Théme variè et Finale" e nel 1927 la "Sonata classica": agli occhi dei lettori-ascoltatori di allora, il primo era contemporaneo e la seconda - scritta in perfetto stile haydniano - no?

    Nel 1963, Tomas Marco compone "Albayalde" - non un solo parametro musicale definito, lametta da barba sulle corde. etc -; nel 1998, lo stesso autore scrive la "Sonata de fuego" in piena tonalità e in stile tradizionalissimo: è contemporaneo solo il brano del 1963?

     

    Posso elencare decine di casi del genere...

     

     

    dralig

  9. ok Angelo, ma per quale motivo nel cosidetto Repertorio Moderno si collocano un certo tipo di opere, e nel Repertorio Contemporaneo, altre?

    In base a quali elementi si creano queste, come le chiami tu, etichettature convenzionali?

     

    E' solo una questione "cronologica", ossia, dal 1900 al 1950, il Repertorio è Moderno, e dal 1950 in poi è Contemporaneo?

     

    Credo che l'unico criterio oggettivo sia quello della data di composizione.

    Ogni altro criterio conduce a discussioni senza basi e quindi senza fine...

     

    dralig

  10. Non oserei mai mettere in dubbio la preparazione di Mosso, il fatto è che, aldilà degli aspetti tecnici da Lei citati, non mi piace come suona il trittico.

    Trovo che, esclusa la seconda, le Canzoni non scorrano bene, anche se non metto in dubbio gli aspetti tecnici dell'opera...

     

     

    Gli arrangiamenti che preferisco sono quelli di Arturo Benedetti Michelangeli...

     

    Che possa non piacerti, è del tutto ammissibile. Che le canzoni "non scorrano" non è vero: le ho rifatte di sana pianta - mantenendone l'originario dettato polifonico - con trasposizione di tono, allargamento a parti late, scordatura, proprio per assicurare loro un assetto idiomatico perfetto e un rendimento sonoro soddisfacente.

    dralig

  11. OT.

    Bellissimo lavoro le tre canzoni piemontesi di Mosso.

    Preferisco l'op. 46 di Duarte.

    Le tre canzoni di Mosso non mi sono mai piaciute.

    Meglio il I quaderno...

     

    Meglio ancora andarci piano con i giudizi. Allora: Duarte non fa alcun lavoro di individuazione della natura diatonico-modale delle melodie, le carica di armonizzazioni cromatiche del tutto aliene e per di più tratta le melodie come dei temi, abbozzando poco probabili sviluppi.

     

    Mosso circonda le melodie di contrappunti modali che riflettono, oltre che la sua abilità compositiva, anche la sua finissima cultura musicologica - conosce alla perfezione la musica medioevale e rinascimentale e, invece di inscenare pretenziose e gratuite diversioni, rende preziosamente l'atmosfera arcaica in cui queste canzoni hanno avuto origini e persino - ne "I tre prinsi" - mette in atto una sezione di "redobles" nello stile vihuelistico.

     

    Preferire Duarte a Mosso significa essere molto lontani dal capire il valore di ciò che si legge e che si ascolta.

     

    dralig

  12. Al di là del fine, ci possono essere persone che non si rendono conto dei propri limiti e del proprio livello e tendono a strafare, e questo è già un pochino più frequente. Qualche allievo così in venticinque anni mi è capitato.

     

    Sinceramente non so se la norma sia ancora in vigore; so di almeno una persona che a Bologna venne radiata (qualche decennio fa, è vero) per aver suonato senza autorizzazione.

     

    Come tutte le norme, può essere usata bene o male, ma non mi sembra affatto, per i motivi spiegati prima, una ingiustizia in sè; e non incoraggerei la tendenza ad iscriversi ad un istituto riservandosi di non accettarne le regole che non ci piacciono.

     

    La fortuna di questa norma, caro Piero, sta nel fatto che nessuno la osserva: infatti, se fosse imposta a qualche studente conscio dei suoi diritti da un direttore eccessivamente conscio dei suoi poteri, sarebbe facile per lo studente - assistito da un legale - farla miseramente crollare.

    Il conservatorio opera nello stato, non al disopra del medesimo. E' soggetto per prima cosa alle norme costituzionali, e poi alle leggi. All'interno di questo sistema giuridico, può dettare norme e regolamenti per il proprio funzionamento, ma non può, con i medesimi, andare oltre la costituzione: lo vede anche un liceale che una norma del genere è lesiva della libertà personale, della libertà di espressione e configura un abuso di potere, in quanto instaura una sorveglianza su ciò che avviene al di fuori del conservatorio (in sostanza, esercita un'azione di polizia).

     

    Lo studente espulso dal conservatorio anni fa - che tu citi - doveva avere una gran voglia di uscirne, altrimenti gli sarebbe stato facile far diventare il direttore-poliziotto piccolo piccolo.

     

    Ciao.

     

    ag

  13.  

    non credo di aver capito bene

    ma da quel che ho compreso ti posso dire che la cosa è reciproca...nel senso...la Musica è in crisi...la figura del compositore in estinzione...e per dirla alla Allen, anche l'interprete non è che se la passi tanto bene...

    :lol:

     

    D'accordo, agonizziamo pure, però, in attesa che arrivi l'olio santo, 10mila euro per scrivere un pezzo si possono accettare senza riserve morali, non hanno controindicazioni e presentano una straordinaria varietà di impieghi.

     

    dralig

  14. Rimango sempre sinceramente sbigottito quando leggo che la chitarra è uno strumento così oscuro.

     

    Attenzione: non voglio discutere con voi della solita trita e ritrita minestra, questo thread non concerne l'argomentazione della chitarra come strumento popolare, come povertà o meno di repertorio, come strumento prettamente solista, etc ... , tutti argomenti già iperaffrontati in passato, ma su due asserzioni in particolare vorrei discutere con voi.

     

    H. Berlioz: è impossibile comporre bene per la chitarra senza saperla suonare.

     

    M. Castelnuovo-Tedesco: per quanto la chitarra sia un misterioso strumento, di cui non si può mai esser sicuri.

     

    Orbene, ma cos'ha di tanto "strano" la chitarra? Lo vogliamo chiarire una volta per tutte?

    Io non riesco ad accettare frasi del genere per quanto possa adorare i due compositori testè menzionati.

     

    La chitarra non ha nulla di strano, ma indubbiamente è complessa, e la sua complessità non si svela tanto facilmente a chi non se ne impratichisce almeno un po': in questo senso aveva ragione Berlioz, anche se quello che scrisse non deve essere preso au pied de la lettre. Sommariamente, la complessità della chitarra si può descrivere così: non potendo essere ridotta a strumento monodico, dev'essere trattata polifonicamente, e la polifonia chitarristica si presenta come un quadro di combinazioni e di probabilità che è impossibile racchiudere in un complesso di regole. Infatti, la descrizione delle possibilità della chitarra attraverso una serie di diagrammi che rappresentano la tastiera risulta molto rozza, vaga e imprecisa: può rappresentare una serie di diteggiature possibili, ma lo fa staticamente, perché non può rappresentare i collegamenti e soprattutto non può rispondere degli effetti sonori che ne risultano. Storicamente, è stata tentata (Aguado, Pujol), ma non ha mai funzionato. Più sbrigativa la "didattica" di Segovia, che forniva ai compositori dei modelli (Sor, Ponce), affidandosi all'intuito di quei lettori, indubbiamente molto speciali. Ha dato frutti migliori, ma con il rischio dell'approssimazione, un rischio evidente nelle pagine dei vari Castelnuovo-Tedesco, Tansman, etc.

     

    Nello spiegare la chitarra ai compositori che non la suonano, io ho attaccato il problema da un altro lato. Una volta descritta la tastiera con una rappresentazione grafica particolare, invece di entrare nella selva infinita e oscura dei diagrammi delle posizioni, ho spiegato accuratamente le possibilità delle due mani in rapporto al reticolo corde-tastiera, partendo dall'origine (le mani) anziché dalla destinazione (la tastiera). Così facendo, il compositore ha un doppio controllo: capisce da sé che cosa si può fare e che cosa è impossibile osservando le mani e le combinazioni digitali. Pare che funzioni.

     

    dralig

  15. Non sono compositore e non ho fatto studi di composizione a livello professionale, per cui non posso parlare per esperienza personale. Ma, almeno a titolo di testimonianza, confermo il fatto che almeno tre dei compositori con i quali ho collaborato più intensamente credono nel sistema dell’insegnamento tradizionale dell’armonia. Oltre a Cappelli (che studiò con Manzoni) e Ugoletti (che studiò con Donatoni) c’è Molino, anch’egli allievo di Donatoni ed autore addirittura di un “ Manuale di Armonia Tonale” edito da Curci nel 1999. Nella prefazione al manuale Molino da’ le ragioni della sua posizione, che riporto in parte:

     

    “Nello studio e nell’insegnamento della composizione si nota oggi uno squilibrio notevole: si sviluppa molto l’analisi delle caratteristiche di un momento particolare del linguaggio tonale, talvolta addirittura di un momento particolare della produzione di un singolo autore e si approfondisce poco il linguaggio tonale nelle sue caratteristiche sintetiche.

    L’interesse filologico è patrimonio fondamentale del 20° secolo e ci ha insegnato a non ignorare mai l’esempio storico, occorre però non esasperarne l’importanza. Per imparare l’uso di un linguaggio è indispensabile l’apprendimento della grammatica e della sintassi. Così è anche negli studi di composizione riguardo al linguaggio tonale.

    Si spiega con quanto detto il quadro, spesso preoccupante, di tante scuole di composizione, che, sottolineando soltanto le differenze tra un autore e l’altro, non osano più riconoscere gli aspetti comuni, rinunciando ad un paziente ed indispensabile studio del linguaggio tonale. Ciò porta, in certi casi, a una notevole confusione e alla perdita della preziosa tradizione artigianale della musica tonale. Questa, spogliata dei vecchi assiomi di un certo insegnamento accademico – che saltava l’osservazione degli esempi storici – e ricondotta all’oggettiva struttura di un linguaggio così importante nel corpo della tradizione musicale che ci precede, è invece un passaggio obbligato per il compositore, per lo studioso e per l’interprete di oggi”

     

    La musica che si ascolta oggi nelle sale da concerto e nelle incisioni discografiche è con grande prevalenza musica tonale. E' quindi fuori discussione la necessità di conoscere a fondo l'armonia tonale, sia da parte dei compositori che da parte degli interpreti. La padronanza dell'armonia tonale costituisce una forte agevolazione anche nell'acquisizione di una eguale padronanza della musica atonale, seriale, seriale-integrale, politonale, polimodale, etc.

     

    Chi compone oggi può usare la tonalità come uno dei possibili ambiti: se gli serve, è giusto che ne faccia uso. Lo stesso si può dire dell'atonalità, della serialità, della politonalità, etc: sono tutti ambiti storicizzati, e il potervi accedere senza restrizioni è utilissimo, allarga il campo delle possibilità. Con una differenza fondamentale, rispetto a mezzo secolo fa: nessuno oggi - se non qualche rudere vetero-marxista o, all'opposto, qualche innocente chitarrista-compositore - può tentare di squalificare a priori l'uso della tonalità, o della serialità, o di qualunque altro linguaggio musicale, su basi ideologiche, fideistiche, di scuola di pensiero: il giudizio sui materiali, e le relative magistrature, chiese e guerre sante, sono finiti, e speriamo che non ritornino.

     

    dralig

  16. Qualcuno hai mai ascoltato o letto qualche brano da quest'opera di Rekhin? Mi interesserebbe qualche parere o commento, anche per capire i motivi della sua non-popolarità..

     

    Grazie.

     

    Io ho letto il ciclo e ho ascoltato l'esecuzione di alcuni Preludi e Fughe da parte di Dimitri Illarionov. Penso che siano buoni. Si tratta di un compositore preparato, capace di costruire forme complesse con mano sicura, e pur non essendo chitarrista ha un buon controllo dello strumento.

    dralig

  17.  

    La differenza sta nel fatto che la musica non produce oggetti materialmente assoggettabili al diritto di proprierà da parte di acquirenti-collezionisti, perciò il mercato della musica è molto più piccolo di quello dell'arte.

     

    dralig

     

    vero

    è un peccato

    la loro vivacità ben sostituirebbe la flemma e l'incompetenza di molti editori che non hanno nemmeno la possibilità (volontà?)di stampare e distribuirele partiture dei loro compositori più importanti

    poi, sarebbero numerose le novità

    p.es: non le piacerebbe avere, chessò, come gadget, un pupazzetto carillon in platino di Boulez (con una variazione serial integrale della marsigliese) da sostituire al polveroso similmarmoreo beethoven? :lol::lol::mrgreen:

     

    Non ho mai tenuto immagini necrofile in casa, alle pareti tengo solo dipinti vivi e talvolta freschi di colore. Comunque, non sarebbe Boulez, grande musicista che amo detestare.

     

    dralig

  18. Anch’io credo sia un articolo esemplare. Esemplifica e racconta molto bene il provincialismo italiano, il cui servizio pubblico è pronto a spendere 100.000 euro a puntata per la produzione della soapopera Incantesimo (per non parlare di una puntata di sanremo) ma guai al solo pensiero di avere un simil pompidou, un palais de tokyo o una simil tate...guai a sostenere che un museo accartociato risollevi l’economia di un paesino basco mai cagato dal mondo...

    fatico a credere poi che il pubblico dei "lettori" del quotidiano, ignari (esclusi i presenti ovviamente) di chi sia Ugo Nespolo, (però pronti sicuramente in modo incondiziato a condividere la Verità dell’autore) posseggano anche l’onestà intellettuale tale da non annoverare tra orifizi ed escrementi anche l'ottimo lavoro del Nespolo stesso. Sono sicuro che li, senza targhetta, verebbe considerato un degenerato pure lui, insieme magari ad un Palladino o Ajmone (a Cattelan Serra e Kapoor o Barney, invece, l’italico buonsenso comune riserva il cappio, o gli esaurimenti isterico-nervosi)...

    Ma questo in fondo è il gioco dell’arte: un complesso sistema di convenzioni che scorre, inesorabile, nei secoli dei secoli e che è sostanzialmente indifferente (per fortuna) alle lamentele che ogni tanto passano per la periferia dell’opera...detto questo condivido il giudizio di Nespolo circa alcune derive tragicomiche del postmoderno e della “ripetizione differente” dei baffi alla gioconda...ma da questa considerazione ad identificare tutto il mondo dell’arte come di orifizi ed escrementi ce ne vuole (anche perchè la mediocrità non paga e non ha mai pagato)...

    sul fatto che quanto sostiene Nespolo valga anche per la musica...non sono affatto d’accordo...il giro d’affari e la forza lavoro mobilitata che ruota intorno al “sistema musica contemporanea” non è assolutamente paragonabile a quello stratosferico che si è andato imponendo con il sistema delle gallerie e dei musei d’arte. Il confronto è inesistente. Magari esistesse un tale circuito fosse solamente per promuovere meglio la diffusione delle partiture e la ristampa o traduzione in italiano di moltissima letteratura critica...o per meglio finanziare le orchestre e gli ensemble e favorire una maggiore circolazione di tutto...talenti e partiture...

     

    La differenza sta nel fatto che la musica non produce oggetti materialmente assoggettabili al diritto di proprierà da parte di acquirenti-collezionisti, perciò il mercato della musica è molto più piccolo di quello dell'arte. Per ogni altro verso, invece, il discorso di Nespolo vale per tutte le arti.

     

    dralig

  19. Visitando la discografia del chitarrista Michael Troster ( http://www.michael-troester.de/cd-g.html ) sono venuto a conoscenza del Concierto de Castilla per chitarra e orchestra di Torroba..non sapevo che lo spagnolo avesse scritto per questo organico; volevo dunque chiedere se questo Concierto de Castilla fu scritto (come credo) per Segovia, magari sotto sua stessa richiesta, e se quest'ultimo lo propose in concerto (che l'abbia anche inciso non mi risulta proprio..).

     

    Grazie ;)

     

    PS si sarà capito che sono molto interessato circa la storia del repertorio segoviano del '900 :roll::? ?

     

    Moreno-Torroba incominciò a scrivere un concerto per Segovia nel 1926, ma non lo portò a termine. Il Concierto de Castilla non fu mai né eseguito né inciso da Segovia.

    Lo suonò in prima esecuzione Narciso Yepes.

     

    dralig

  20. Per quanto riguarda il substrato “artigianale” e di conoscenza dell’armonia tonale, Buda raccontava di un episodio capitatogli quando era studente di Cappelli in conservatorio a Cesena. Veniva proposta agli allievi una modulazione (da Do maggiore a Si maggiore, poniamo) e ciascuno di loro era invitato a sedersi al pianoforte per eseguire la sua modulazione: terminato il giro degli allievi, Cappelli ripartiva dal primo e gli chiedeva di farne un’altra, diversa dalla prima. Al secondo o terzo giro gli allievi cominciavano ad esaurire la tavolozza delle loro possibilità. A quel punto si sedeva al pianoforte Cappelli e ne faceva sentire loro forse un’altra decina…

     

    Perdonate la domanda poco informata...in una situazione come quella descritta, quanto contano, al di là della tecnica, l'intuizione e la fantasia creativa?

    Perchè quelle temo siano difficili da "imparare"...

     

     

     

    Butterfly

     

    Contano tutto. Chiunque può imparare degli schemi di modulazione: si tratta di tecnica, nemmeno tanto complessa. La partita vera inizia dopo...

     

    dralig

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